
- 344 pagine
- Italian
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eBook - ePub
Le avventure di Sherlock Holmes
Informazioni su questo libro
Io l'ho incontrato a dodici anni, sir Arthur. Me l'ha presentato mio padre, quando ha deciso che ero abbastanza grande per divertirmi leggendo, e per capire che i superpoteri non erano soltanto una faccenda da muscolosi ragazzi americani con strani costumi colorati che svolazzavano per i cieli di Gotham City o Metropolis, ma che potevano anche consistere nella capacità di capire, con una semplice occhiata, il mestiere di una donna dalla manica del suo cappotto.
Dalla prefazione di Maurizio de Giovanni
Una serie di racconti di Arthur Conan Doyle scelti e presentati da Maurizio de Giovanni.
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Informazioni
Print ISBN
9788804654681eBook ISBN
9788852065415UNO SCANDALO IN BOEMIA

1
Per Sherlock Holmes rimase sempre la Donna per eccellenza. Raramente l’ho inteso menzionarla altrimenti: ai suoi occhi lei eclissa tutte le appartenenti al bel sesso. Non che lui provasse per Irene Adler un’emozione che potesse far pensare all’amore. Ogni specie di emozione, e l’amore sopra ogni altra, era aborrita da quel cervello freddo, preciso, mirabilmente equilibrato. Io credo che lui fosse la macchina ragionatrice e osservatrice più perfetta che si sia mai vista al mondo; ma come innamorato si sarebbe messo in una posizione falsa. Non parlava mai delle cosiddette dolci passioni se non con scherno o irrisione. Per l’osservatore che era in lui, esse erano preziose, costituivano ottimi mezzi per togliere il velo ai motivi e alle azioni umane: ma per il ragionatore sperimentato che era altresì in lui, ammettere tali intrusioni nella struttura delicata e sapientemente composta del proprio carattere sarebbe stato apportarvi un elemento disgregatore che avrebbe gettato l’ombra del dubbio su tutti i suoi risultati mentali. Per una natura come la sua, un’emozione violenta era peggio che “grattare” malamente uno strumento sensibile, o rompergli una delle sue potentissime lenti d’ingrandimento. Tuttavia, per lui non esisteva che una donna, e questa donna era la defunta Irene Adler, di dubbia e discutibile memoria.
Non vedevo Holmes da parecchio tempo. Il mio matrimonio ci aveva separati. La mia immensa felicità e tutto il mio interesse nella vita concentrato nella mia casa – come è naturale in un uomo che si trova per la prima volta a possedere un focolare domestico di sua esclusiva proprietà – avevano assorbito tutte le mie cure. Holmes, invece, che con la sua mentalità di bohémien odiava ogni forma di sistemazione, era rimasto nel nostro alloggio di Baker Street, sprofondato tra i suoi vecchi libri, in uno stato di pigra incoscienza, procuratogli dall’uso della cocaina, a cui si alternavano impeti di selvaggia energia, quando la sua ambizione e la sua perspicace natura erano risvegliate da qualche avvenimento degno di nota. Era come sempre profondamente attratto dallo studio del delitto, e dedicava le sue facoltà meravigliose e i suoi straordinari poteri di osservazione a seguire gli indizi e a chiarire i misteri che la polizia ufficiale era stata costretta ad abbandonare come insolubili. Di quando in quando, mi giungeva qualche vaga notizia dei suoi successi: avevo letto che lo avevano chiamato d’urgenza a Odessa per risolvere il famoso caso Trepoff; che era riuscito a sbrogliare la complicata matassa della tragedia occorsa a Trincomalee ai fratelli Atkinson; mi era noto infine che aveva portato a termine, con grande tatto e successo, un’importante missione per la casa regnante di Olanda. Ma a parte questi segni della sua attività, che condividevo con tutti gli altri lettori della stampa quotidiana, ben poco sapevo del mio vecchio compagno e amico.
Una sera – era il 20 marzo del 1888 – stavo ritornando da una visita a un paziente (poiché avevo ormai ripreso a esercitare la professione di medico), quando mi trovai a passare da Baker Street. Davanti a quella nota casa, che sarà sempre associata nella mia mente al mio innamoramento e ai sinistri avvenimenti rammentati nello Studio in rosso, fui assalito dal vivo desiderio di rivedere Holmes e di constatare di persona in quale maniera stesse attualmente impiegando le sue doti eccezionali. La sua stanza era brillantemente illuminata, e alzando gli occhi mi fu possibile vedere la sua figura alta e magra, nitidamente stagliata, passare e ripassare due volte dietro ai vetri della finestra. Camminava avanti e indietro a passi rapidi, energici, la testa sul petto, le mani intrecciate dietro la schiena. Per me, che conoscevo tutti i suoi stati d’animo, tutte le sue abitudini, quell’atteggiamento e quei modi furono subito chiarissimi. Si era sicuramente rimesso al lavoro. Doveva essersi svegliato dai chimerici sogni che la cocaina creava in lui, e in quel momento stava certo studiando qualche nuovo problema giudiziario. Suonai il campanello e venni introdotto nella stanza che un tempo era stata in parte anche mia.
Non mi accolse con soverchia effusione: veramente ciò non accadeva mai. Tuttavia fu contento di vedermi, credo. Senza quasi parlare, ma con un’espressione affettuosa nello sguardo, mi buttò il portasigari e mi indicò, nell’angolo vicino, la cassetta dei liquori e una bottiglia di seltz. Poi si mise davanti al fuoco e prese a studiarmi con quel suo modo stranamente introspettivo.
«Il matrimonio le si confà» osservò infine. «Ho l’impressione, caro Watson, che lei sia aumentato di tre chili e mezzo dall’ultima volta che ci siamo visti.»
«Tre chili» corressi.
«Davvero? Avrei detto un tantino di più: credo proprio che siano tre chili e mezzo, Watson, non tre. E si è rimesso a esercitare, a quel che vedo. Non me l’aveva mica detto l’ultima volta, che aveva questa intenzione!»
«E come lo sa, allora?»
«Lo vedo, lo deduco. Come pure mi risulta che poco tempo fa lei si è terribilmente infradiciato e che la sua domestica è un campione di stupidità e goffaggine.»
«Senta, Holmes!» esclamai. «Questa passa il segno! Garantito che se lei fosse vissuto nel Medioevo, l’avrebbero bruciata sulla pubblica piazza come stregone e indovino. È esatto che giovedì ho fatto una passeggiata in campagna e che sono tornato a casa in condizioni pietose; ma, dal momento che mi sono cambiato d’abito, non riesco proprio a capire come abbia fatto a indovinare questo particolare. In quanto alla nostra cameriera, Mary Jane, è un fatto che è incorreggibile, e mia moglie le ha dato gli otto giorni, ma francamente anche qui non vedo come lei abbia potuto immaginare che...»
Sherlock Holmes fece un risolino e si fregò soddisfatto le lunghe mani nervose.
«È di una semplicità tale!» mi rispose. «I miei occhi mi dicono che nella parte interna della sua scarpa sinistra, proprio dove batte il riflesso del camino, il cuoio è segnato da sei piccoli tagli quasi paralleli. Questi sono stati evidentemente prodotti da qualcuno che ha raschiato assai in malo modo gli orli della suola per rimuoverne una spessa crosta di fango. Di qui, come vede, la mia doppia deduzione, che lei è uscito con un tempo pessimo, e che tra la servitù londinese si è scelto un soggetto particolarmente incapace almeno in fatto di pulitura di scarpe. In quanto alla ripresa della professione, se un tale entra nella mia stanza con addosso puzzo di iodoformio, ha sull’indice destro una macchia nera di nitrato d’argento, e un rigonfiamento nel suo cappello indica dove se ne sta nascosto lo stetoscopio, sarei veramente uno sciocco se non deducessi che quel signore è un attivo seguace di Esculapio.»
Non potei trattenermi dal ridere, nel constatare la facilità con la quale Holmes mi spiegava il suo procedimento deduttivo. «Quando lei mi delucida le sue argomentazioni» dissi «tutto mi sembra così ridicolmente semplice che non riesco a capire come non ci possa arrivare io stesso, per quanto poi, a ogni esempio successivo del suo ragionamento, mi senta sconcertato e disorientato, finché lei non torna nuovamente a spiegarmi il suo modo di procedere, in apparenza tanto evidente e lineare. Eppure sono sicuro che i miei occhi sono capaci di vedere né più né meno di quanto vedono i suoi.»
«Proprio così!» annuì, accendendo una sigaretta e lasciandosi cadere in poltrona. «Però lei vede, ma non osserva. Si tratta di una distinzione semplice. Per esempio: chissà quante volte ha visto i gradini che portano dal vestibolo in questa stanza!»
«Oh, infinite volte!»
«Quante, precisamente?»
«Be’, parecchie centinaia di volte!»
«Può dirmi quanti sono, allora?»
«Quanti sono? Ma, veramente non lo so!»
«Ecco! Lei non ha osservato! E non di meno ha visto! Questo è precisamente il punto! Io invece so che ci sono diciassette scalini, perché non solo ho visto, ma ho anche osservato. A proposito, dal momento che a lei questi piccoli problemi piacciono, e dato che ha avuto la bontà di registrare qualcuna delle mie modeste esperienze, può darsi che questo la interessi.» Così dicendo mi tese un foglio di grossa carta da lettere rosa, che era rimasto fino a quel momento spiegato sul tavolo. «È arrivato con l’ultima posta» mi spiegò Holmes. «Legga pure ad alta voce.»
Era un biglietto senza data, oltre che privo di firma e di indirizzo:
Verrà da lei questa sera, alle otto meno un quarto, un signore che desidera consultarla su un argomento della massima importanza. I servigi a una grande casa regnante europea da lei recentemente resi hanno dimostrato che lei è persona alla quale si possono affidare incarichi delicatissimi e della massima riservatezza. È ciò che ci è stato assicurato ovunque. Si trovi in casa per l’ora suddetta, e non si formalizzi se il suo visitatore porterà una maschera.
«Questo sì che si chiama mistero!» esclamai. «Ha la più pallida idea di quello che può voler significare tutto ciò?»
«Per il momento non ho ancora elementi sufficienti. È un errore gravissimo costruire teorie quando mancano gli elementi necessari. Senza volerlo, si incomincia ad alterare i fatti in modo che si adattino alle teorie, invece di far sì che le teorie collimino coi fatti. Ma che ne pensa del biglietto? Che cosa se ne può dedurre, secondo lei?»
Esaminai attentamente lo scritto e il foglio su cui era stato vergato.
«L’uomo che ha scritto questo messaggio è presumibilmente benestante» osservai, cercando di imitare i sistemi del mio amico. «Carta come questa non la si compra a meno di mezza corona al pacchetto. È particolarmente forte e rigida.»
«Ha proprio colto nel segno!» esclamò Holmes. «Non si tratta certamente di carta inglese: la osservi controluce.»
Feci come mi diceva, e vidi nella filigrana della carta una grossa “E” accompagnata da una piccola “g”, una “P” e una “G” maiuscole seguite da una “t” minuscola.
«Che cosa le dicono quei segni?» mi chiese Holmes.
«Stanno certamente a indicare il nome del fabbricante, o meglio il suo monogramma.»
«Niente affatto! La “G” con la piccola “t” sta per Gesellschaft, che in tedesco significa “Compagnia”: è un’abbreviazione normale, come da noi Co. Naturalmente la “P” sta al posto di Papier, carta. Adesso vediamo un po’ la “Eg”. Prendiamo il nostro Dizionario geografico continentale.» E così dicendo prese da uno scaffale un grosso volume rilegato in tela scura. «“Eglow”, “Eglonitz”... ecco qua: “Egria”. Si trova in un paese di lingua tedesca, in Boemia, non lontano da Carlsbad. “Famosa perché vi è morto Wallenstein, e per le sue numerose vetrerie e cartiere.” Ah, ah, ragazzo mio, che gliene pare?» I suoi occhi luccicavano, e dalla sigaretta gli uscì una trionfante nuvola di fumo azzurrognolo.
«Vuol dire che questa carta è stata fabbricata in Boemia» dissi.
«Precisamente, e l’uomo che ha scritto questo biglietto è un tedesco. Osservi il giro della frase: “I servigi a una grande casa regnante europea da lei recentemente resi”. Un francese o un russo si sarebbero espressi in maniera diversa; soltanto i tedeschi si mostrano così scortesi verso i loro poveri verbi! Non ci resta dunque che scoprire che cosa vuole questo tedesco, che scrive su carta di fabbricazione boema e, anziché mostrare la faccia, preferisce portare la maschera. Ma eccolo che viene, se non m’inganno, a risolvere tutti i nostri dubbi.»
In quel momento si intese infatti un forte scalpitio di zoccoli e uno stridio di ruote contro il bordo del marciapiede, cui seguì subito un vigoroso squillo di campanello. Holmes emise un fischio significativo.
«Dal rumore si direbbe una pariglia» disse. «Già» proseguì affacciandosi alla finestra, «è propr...
Indice dei contenuti
- Copertina
- Frontespizio
- Prefazione di Maurizio de Giovanni
- LE AVVENTURE DI SHERLOCK HOLMES
- Uno scandalo in Boemia
- La banda maculata
- La Lega dei Capelli Rossi
- L’uomo dal labbro storto
- Un caso di identità
- Cinque semi d’arancio
- L’avventura del carbonchio azzurro
- L’avventura del nobile scapolo
- L’avventura dei Faggi Rossi
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