Non senza di te
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  1. 304 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Informazioni su questo libro

Le sorelle Essex, orfane del visconte Brydone, vengono accolte nella casa del duca di Holbrook. Nell'attimo stesso in cui Tess, la maggiore delle quattro fanciulle, incontra Lucius Felton, facoltoso amico del loro benefattore, scatta la scintilla della passione. Ora la reputazione delle sue sorelle è in pericolo: Tess deve sposarsi, ma Lucius esita. Potrà davvero rinunciare a lei?

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2015
eBook ISBN
9788852066696

1

Holbrook Court, residenza del duca di Holbrook, in prossimità della cittadina di Silchester
Settembre 1816, pomeriggio

— Sono lieto di annunciarvi che i cavallucci a dondolo sono stati consegnati, vostra grazia. Se volete venire a ispezionarli, li ho fatti portare nella nursery. Le bambine non sono ancora arrivate.
Raphael Jourdain, duca di Holbrook, smise di attizzare il fuoco nel camino monumentale del suo studio e si girò. Nel tono compassato di Brinkley, il maggiordomo, si avvertiva chiaramente una nota di fastidio. Il suo scontento di fronte alla prospettiva di dover tenere a bada quattro vivaci bimbette era d’altra parte condiviso dal resto del personale, composto in prevalenza da domestici ormai anziani. Be’, avrebbero dovuto adattarsi anche loro alla nuova situazione, pensò Rafe. Non aveva chiesto lui di avere dei marmocchi per casa.
— Cavallucci a dondolo? — commentò una voce strascicata, proveniente dalla poltrona situata a destra del camino. — Splendida idea, Rafe. Splendida idea. Non è mai troppo presto per far familiarizzare le giovani generazioni con quel nobile quadrupede che è il cavallo. — Garret Langham, conte di Mayne, levò in alto il bicchiere verso il padrone di casa. I suoi riccioli neri erano in fascinoso disordine, la sua lingua quanto mai tagliente, e i suoi modi franchi e bruschi rasentavano l’arroganza. Da qualche mese, in particolare, si era incattivito, e i suoi commenti erano sempre cinici e sarcastici. — Alla tua salute, paparino, e a quella delle tue giovani apprendiste di sport equestri — aggiunse, scolando d’un fiato il contenuto del bicchiere.
— Piantala! — fece Rafe di rimando, ma senza prendersela troppo. Mayne era la compagnia meno adatta, al momento, con le sue battute velenose e il suo umore nero. Ma c’era da sperare che col tempo sarebbe guarito dal suo stato, frutto, come lui stesso gli aveva confidato, di una recente delusione amorosa.
— Perché si parla di cavallucci, al plurale? — chiese Mayne. — Che io ricordi, nelle nursery, in genere, ci si accontenta di un solo cavallo a dondolo.
Rafe ingollò un sorso di brandy. — Non mi intendo molto di bambini — disse — ma rammento bene che io e mio fratello litigavamo sempre disputandoci gli stessi giocattoli. Così ne ho comprati quattro.
Seguì un istante di silenzio, mentre il conte si chiedeva fino a che punto Rafe sentisse la mancanza del fratello, morto cinque anni prima. Accantonò l’idea di interrogarlo sull’argomento. Decise virilmente che era meglio mettere al bando le malinconie.
— Vuoi proprio conquistare il cuore di queste piccine, a quanto pare — disse invece. — In genere, chi si trova caricato dell’incombenza di fare il tutore a un orfano, l’affida a una balia e se ne lava le mani. In fin dei conti, non hai alcun legame di sangue con loro.
— Tutte le bambole del mondo non basterebbero a compensarle della crudele privazione che hanno subito — rispose Rafe, stringendosi nelle spalle. — Certo, il loro padre avrebbe dovuto pensare un po’ di più alle responsabilità che aveva nei loro confronti, quando ha deciso di sfidare la sorte montando uno stallone.
La conversazione stava scivolando pericolosamente verso il genere di emozione che Mayne voleva evitare a tutti i costi. — Andiamo a dare un’occhiata a questi cavallucci, allora — esclamò, abbandonando di scatto la poltrona. — Sono anni che non ho più occasione di vederne uno.
— Giusto — disse Rafe, posando prontamente il suo bicchiere sul tavolo. — Brinkley, se nel frattempo arrivano le bambine, accompagnatele di sopra, le riceverò direttamente nella nursery.
Poco più tardi i due uomini si ritrovarono al centro di uno stanzone al secondo piano. Le pareti erano decorate in modo vivace con immagini dipinte, tratte dalle favole più note. Quattro bambole dai lunghi riccioli d’oro stavano allineate su una panca. Altre quattro troneggiavano sui quattro letti, e c’erano poi altrettanti tavolini, ciascuno con un uguale numero di scatole a sorpresa. In mezzo a tutto ciò, facevano bella mostra quattro cavalli a dondolo, con folte criniere di autentici crini di cavallo, la cui testa era alta quanto la vita di un uomo.
— Gesù — esclamò Mayne.
Avanzando verso il centro della stanza, Rafe inciampò sul sostegno ricurvo di uno dei cavalli, facendolo oscillare rumorosamente avanti e indietro sul pavimento di legno. Una porta laterale si spalancò, e da essa si affacciò una donna massiccia con un grembiule bianco.
— Oh, siete arrivato, vostra grazia — disse, con un largo sorriso. — Siamo qui che aspettiamo le piccole. Volete vedere le nuove bambinaie, adesso?
— Fatele entrare, signora Beeswick.
Quattro giovani bambinaie si riversarono nella stanza dopo di lei. — Daisy, Gussie, Elsie e Mary — le presentò la tata. — Vengono dal villaggio, vostra grazia, e sono felici di poter lavorare a Holbrook Court. Siamo tutte ansiose di abbracciare quegli angioletti. — Le bambinaie si allinearono ai due lati della signora Beeswick, sorridendo e facendo l’inchino di rito.
— Gesù — ripeté Mayne. — Anche quattro bambinaie? Non sono troppe, Rafe?
— Perché? Tra me e mio fratello ne avevamo tre.
— Tre?
— Due per mio fratello, a partire dal momento in cui ereditò il titolo di duca, all’età di sette anni, e una per me.
Mayne sbuffò. — È assurdo. Quando hai incontrato l’ultima volta il padre delle tue pupille, lord Brydone?
— Oh, molti anni fa — disse Rafe, prendendo una scatola a sorpresa e azionando il meccanismo a molla che faceva saltare fuori il pupazzo. — La questione è stata sistemata per via epistolare. Lui mi ha scritto e io gli ho inviato il mio assenso.
— Non hai mai nemmeno visto in faccia le bambine affidate alla tua tutela?
— No. Sono anni che non vado in Scozia, e Brydone veniva qui solo per gli eventi ippici principali, Ascot, Silchester, e anche, ma non sempre, Newmarket. In tutta franchezza, credo che avesse a cuore solo i suoi cavalli e che non gli importasse granché di tutto il resto. Non si è nemmeno dato la pena di far inserire i nomi delle sue figlie nell’albo araldico. Ovviamente, dato che si tratta di quattro femmine, non si parla di eredità. La tenuta di famiglia è andata a un lontano cugino.
— Perché cavolo… — Mayne guardò le cinque donne presenti nella stanza e si controllò.
— Mi ha chiesto questo favore e non ci ho pensato due volte — rispose Rafe, con un’alzata di spalle. — Monkton, che era il candidato più logico per assumere la tutela delle bambine, ha tirato le cuoia l’anno scorso. Così Brydone mi ha chiesto di subentrare. Chi poteva pensare che sarebbe morto di lì a poco anche lui? È stato un incidente inatteso: quel cavallo lo ha sbalzato di sella. Anche se ha commesso una grossa imprudenza, montando un giovane stallone non ancora del tutto domato.
— Mai e poi mai ti avrei immaginato nelle vesti di padre — disse Mayne.
— Non avevo nessuna scusa che mi permettesse di sottrarmi. Grazie al cielo, sono abbastanza ricco per allevare quanti bambini voglio. Per giunta, Brydone mi ha offerto Starling, a titolo di ringraziamento. Gli ho scritto dicendo che accettavo in ogni caso di essere nominato tutore, e che non era necessario alcun allettamento. Ma lui me l’ha spedito ugualmente giù dalla Scozia, e certo un cavallo come quello nessuno si sognerebbe di rifiutarlo.
— Starling è figlio di Standout, vero?
Rafe annuì. — Patchem è suo fratello. Il fior fiore dei cavalli di Brydone è costituito dai suoi discendenti diretti. Non ce ne sono altri, in Inghilterra, che possano vantare un così alto lignaggio. Accarezzo la speranza che Starling possa vincere il Derby, l’anno prossimo, anche se non discende direttamente da Patchem, ma ha in comune con lui solo il padre.
— Che fine faranno, allora, i figli di Patchem? — domandò Mayne, con il fervido interesse che gli era tipico quando si parlava di cavalli. — Something Wanton, per esempio?
— Non lo so ancora. Ovviamente, le scuderie sono escluse dall’asse ereditario. Ho mandato su il mio segretario a occuparsi di queste questioni. Qualora i cavalli di Brydone dovessero andare alle figlie, li metterò all’asta e depositerò il ricavato in un fondo fiduciario. Le ragazze avranno bisogno di una dote, prima o poi, e non credo proprio che Brydone si sia dato la pena di provvedere in merito.
— Se Wanton sarà messo in vendita, sarò io il suo nuovo padrone. Sono pronto a spendere qualsiasi cifra per averlo. Non potrebbe esserci un acquisto migliore, per la mia scuderia.
— Sarei felicissimo anch’io di averlo nella mia — ne convenne Rafe.
Mayne aveva trovato nel frattempo un mucchietto di cavalli in miniatura di ferro battuto, e li stava riordinando in base al colore del mantello, in modo che ogni carrozza-giocattolo fosse trainata da una pariglia bene assortita. — Uhm, sono proprio carini — disse, quando ebbe finito di allineare cavalli e carrozze sulla mensola del camino. — Scommetto che quando le tue protette vedranno questo profluvio di giocattoli, tutti questi cavallucci, a dondolo e non, non avranno più alcun rimpianto per la loro aspra terra natia, la lontana Scozia. Peccato solo che non ci sia tra loro anche un maschietto.
Rafe l’osservò, pensoso. Il conte era uno dei suoi più cari amici, e sarebbe sempre rimasto tale. Ma avendo vissuto sempre una vita agiata e senza traumi, al riparo da qualsiasi preoccupazione, non aveva alcuna familiarità con la dimensione del dolore. Rafe sapeva invece fin troppo bene cosa significava sentirsi soli, sia pure in una confortevole nursery. Quintali di giocattoli non avrebbero mai potuto riempire il vuoto lasciato dalla morte di un padre. — Non credo proprio che tu…
In quello stesso momento la porta si aprì. Rafe s’interruppe e si girò.
Brinkley si affacciò sulla soglia, con un’aria insolitamente impacciata, per un maggiordomo della sua esperienza. Non capitavano del resto tutti i giorni sorprese come quella che lui si apprestava a fare al suo padrone. — Sono lieto di annunciare Miss Essex. E ancora Miss Imogen, Miss Annabel, e Miss Josephine.
Poi aggiunse, incapace di resistere alla tentazione di sottolineare il lato comico della faccenda: — Le bambine sono arrivate, vostra grazia.

2

La prima cosa che Teresa Essex notò fu che i due inglesi stavano giocando con dei giocattoli. Giocattoli! Si accordava con tutto quello che aveva sempre sentito dire a proposito degli inglesi: gracili, mingherlini, immaturi, tremanti di freddo al primo refolo di vento.
E tuttavia, erano solo uomini, anche se nella versione inglese.
Tess aveva poco più di sedici anni quando si era accorta che gli uomini applicavano in modo piuttosto esteso la nozione di “giocattolo”. Lanciando un’occhiata a Josie e sfiorando una spalla di Imogen, fece schierare le sorelle in modo che fossero perfettamente allineate. Annabel si era già messa in riga, la testa leggermente reclinata di lato, per dare il giusto risalto ai riflessi dorati dei suoi bei capelli color biondo miele.
I due gentiluomini, intanto, le stavano fissando con un’espressione attonita, fin troppo imbambolata, perfino per due inglesi. Una cosa alquanto imbarazzante. Non erano per la verità le creature fragili, con le gambe secche, che si era aspettata di vedere, basandosi sulle descrizioni che aveva sentito. Uno dei due sembrava uscito da un’illustrazione di una rivista di moda, per la sua tenuta elegantissima e i fitti riccioli neri. Non aveva l’aria fatua di un dandy, tuttavia. I dandy non avevano quel lampo malizioso negli occhi. L’altro era alto, con un accenno di pancia e una massa aggrovigliata di capelli castani, con un ciuffo che gli ricadeva sulla fronte. Un lupo solitario, forse.
— Bene — disse infine Tess, poiché nessuno si decideva a parlare. — Siamo spiacenti di avervi interrotto mentre eravate così impegnati. — Lo disse con una dose appropriata di ironia, giusto una sfumatura. Perché capissero che non erano solo delle rozze bellezze campagnole piovute giù dalla Scozia, che potevano essere lasciate in un angolo della stanza e ignorate. Erano delle gentildonne, dopo tutto, anche se non erano vestite alla moda.
Quello più elegante accennò un inchino e si fece avanti, dicendo: — Quale deliziosa sorpresa, Miss Essex. Sono lieto di fare la vostra conoscenza.
C’era qualcosa di strano nel suo tono, come se stesse sforzandosi di non scoppiare a ridere. Comunque le baciò la mano con perfetta galanteria.
A questo punto anche quello più alto, il lupo solitario, si riscosse, come avrebbe fatto un cane con il pelo fradicio d’acqua, e le venne vicino. — Perdonate la mia goffaggine — disse. — Sono Rafe Jourdain, duca di Holbrook. Temo di avere preso una cantonata riguardo alla vostra età e a quella delle vostre sorelle.
— La nostra età? — Tess inarcò graziosamente le sopracciglia, comprendendo tardivamente perché ci fossero tanti giocattoli e perc...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Non senza di te
  4. 1
  5. 2
  6. 3
  7. 4
  8. 5
  9. 6
  10. 7
  11. 8
  12. 9
  13. 10
  14. 11
  15. 12
  16. 13
  17. 14
  18. 15
  19. 16
  20. 17
  21. 18
  22. 19
  23. 20
  24. 21
  25. 22
  26. 23
  27. 24
  28. 25
  29. 26
  30. 27
  31. 28
  32. 29
  33. 30
  34. 31
  35. 32
  36. 33
  37. 34
  38. 35
  39. 36
  40. 37
  41. 38
  42. Epilogo
  43. Copyright