Gemelli si nasce, come si nasce maschi o femmine, belli o brutti, mori o biondi. Non te ne accorgi nemmeno, i primi anni, del fatto che sei gemello e quindi diverso, doppio. Ti sembra normale.
La difficoltà maggiore ce l’ha, forse, chi ti sta attorno, ed ecco spiegato il fioccare negli ultimi anni di pubblicazioni nonché di veri e propri manuali per sopravvivere ai gemelli (neanche fossimo una razza aliena), scritti da mamme di gemelli e da psicologi, con titoli davvero curiosi del tipo: Gemelli! Come cavarsela dall’attesa al primo anno di vita, Sono 2 gemelli! Come far fronte all’evento (felice) dalla gravidanza al primo anno, Gemelli... e adesso?, Vivere con i gemelli. Piccola guida alla sopravvivenza, e così via. Consigli pratici, indicazioni psicologiche per mamme e neonati, alla ricerca della soluzione giusta per affrontare gli impegni «raddoppiati» che due gemelli comportano rispetto a un figlio «singolo».
Tenere in grembo due gemelli non è sicuramente una cosa semplice. Durante i primi mesi di gravidanza forse non ci si accorge nemmeno, ma quando la pancia «lievita» a dismisura la sensazione di essere sulla soglia di una fase decisamente complicata viene anche alla mamma meno attenta o apprensiva. Proprio per il pancione troppo grande rispetto al normale, nostra mamma Giuliana, ormai giunta alla terza gravidanza, ha cominciato a nutrire il sospetto che fossimo in due; non si è, quindi, per niente stupita quando ha saputo di aspettare delle gemelle, visto che in famiglia ci sono due zie gemelle, sorelle maggiori di nostro padre Fernando. Dalla presenza di due battiti del cuore leggermente sfasati, il ginecologo, visitandola al quarto mese, le ha prospettato la possibilità che si trattasse di una gravidanza gemellare, eventualità poi confermata dall’ecografia. Alla fine degli anni Settanta non era usuale ricorrere all’ecografia nei primissimi mesi di gravidanza, a meno che non si sospettassero rischi per lo sviluppo del bambino o, in questo caso, dei bambini.
Dopo nove mesi abbastanza tranquilli (ci saremo date qualche calcio ma... chi se lo ricorda?), siamo nate nei giusti termini, a dieci minuti di distanza circa (secondo più, secondo meno), nel primo pomeriggio di un lunedì. Alcuni pensano che dieci minuti siano tanti, e di solito a stupirsi sono gli uomini, che evidentemente non hanno mai assistito a un parto, o persone davvero molto giovani e inesperte. Insomma, concedeteci questi dieci minuti di differenza... «Il tempo di nascere!», come siamo solite rispondere.
Silvia è nata per seconda, con la testa leggermente «a pera» perché era schiacciata in un angolino della pancia (che sia ben chiaro, ora la testa è perfettamente tonda!), e lo ricorda a Laura ogni volta che tende ad «allargarsi», a prendere troppo spazio per sé; Laura, invece, dal suo punto di vista, da sempre rinfaccia in tono bonario a Silvia di aver fatto tutto lei al momento della nascita e di averle aperto la strada: «Per te nascere è stato un gioco da ragazzi!» le ripete.
Solo intorno ai vent’anni ci siamo rese davvero conto di quanto partorire due gemelli fosse un evento straordinario, in occasione di un congresso medico a cui noi – studentesse universitarie – presenziavamo come hostess. L’agenzia per cui lavoravamo saltuariamente fra un esame e l’altro quella volta ci aveva cercato con un’insistenza che all’inizio non avevamo compreso. Poi ci è stato chiaro il perché: il congresso, che si teneva a Brescia, dove siamo nate e dove studiavamo, era tutto incentrato sulle problematiche dei parti gemellari e avere due hostess gemelle era davvero una chicca! I medici, nel vederci, hanno iniziato a farci domande di vario genere e, quando hanno saputo che nostra madre aveva avuto un parto naturale senza problemi, si sono stupiti, dicendoci che eravamo state davvero fortunate! In effetti, seguendo poi le relazioni in sala durante il congresso, ne abbiamo capito il motivo: anche nel caso in cui la gravidanza non presenti complicazioni, infatti, un parto gemellare desta sempre qualche preoccupazione in più e va seguito con un’attenzione particolare, visto che spesso avviene prima della trentasettesima settimana e a volte viene addirittura indotto, e quindi anticipato, per evitare rischi ai nascituri. Capita spesso, inoltre, che i gemelli si presentino entrambi in posizione podalica o comunque anomala; ed esiste poi un rischio specifico nelle gravidanze monocoriali, perché nel 15 per cento dei casi si può andare incontro alla trasfusione feto-fetale, cioè – semplificando molto – all’eventualità che i vasi sanguigni alimentino di preferenza un gemello a scapito dell’altro, che può anche morire. Ecco perché spesso viene preferito il parto cesareo a quello normale (la percentuale varia tra il 60 e l’80 per cento). Per fortuna nostra e della nostra mamma è filato tutto liscio.
Siamo nate gemelle identiche, omozigoti o monovulari, cioè provenienti dallo stesso ovulo fecondato, quindi dello stesso sesso. I gemelli dizigoti o eterozigoti, invece, sono geneticamente fratelli e, come i fratelli, hanno in comune il 50 per cento del DNA, quindi possono assomigliarsi molto o essere assai differenti. Sono gemelli «di nascita», perché condividono il grembo materno e nascono insieme, e anche gemelli da un punto di vista psicologico, perché si sviluppano insieme; ma non sono nati dallo stesso ovulo e quindi possono essere dello stesso sesso ma anche di sesso diverso. Teoricamente (e praticamente succede molto più spesso di quanto si creda!) una donna potrebbe portare in grembo due gemelli di padri diversi se avesse rapporti con due uomini negli stessi giorni!
Una vicenda finita sui giornali nel 2010 riguarda proprio un caso di superfecondazione: in Turchia, un uomo che sospettava di tradimento la moglie, prima di chiedere il divorzio, ha preteso il test di paternità per i figli gemelli e con grande sorpresa ha scoperto di essere il padre di uno solo dei due (il risultato è certo perché l’analisi è stata effettuata per sicurezza due volte in laboratori diversi). La moglie, che da anni aveva una relazione con un uomo sposato, probabilmente aveva avuto rapporti sessuali nella stessa giornata con l’amante e con il marito ed era rimasta incinta di entrambi! I due ovuli sono stati fecondati da materiale genetico differente, cosa che, come dicevamo, non è impossibile, ma sicuramente non frequente: sembra che casi di superfecondazione si verifichino una volta su un milione! Benché le probabilità siano, quindi, davvero basse, solo un anno prima, esattamente nel mese di maggio del 2009, aveva fatto il giro del mondo la notizia di un altro caso di superfecondazione: questa volta è successo negli Stati Uniti, in Texas, dove Mia Washington, che ha ammesso di essere stata infedele, ha dato alla luce due gemelli i quali al test di paternità si sono rivelati figli di padri diversi. La bella notizia è che il suo fidanzato le ha perdonato l’infedeltà e ha deciso di crescere entrambi i gemelli come suoi. Per questi casi potremmo creare una terza categoria: dopo i gemelli identici e i gemelli fratelli, anche... i gemelli per caso!
La nostra è una battuta, ma gli studiosi parlano davvero di una terza categoria di gemelli, una casistica recentemente scoperta, molto rara, e la cui natura è ancora tutta da studiare: sono i gemelli, appunto, del terzo tipo, definiti anche ovocitari, semiomozigoti o anche semidentici, perché, da un punto di vista genetico, sono una via di mezzo tra gemelli monozigoti e dizigoti. Questi gemelli nascono quando uno stesso ovulo viene fecondato contemporaneamente da due spermatozoi; di solito l’embrione non riesce a sopravvivere, ma in un caso su diecimila sì. Quando ciò avviene, si è di fronte a una doppia paternità cromosomica e quindi i gemelli condividono solo il 75 per cento del patrimonio genetico, invece che il 100 per cento come tutti i gemelli omozigoti. Il «Journal of Human Genetics» descrive il caso di due gemelli americani che rientrano probabilmente in questa terza categoria. Individuati in Arizona nel 2007, condividono completamente il patrimonio genetico della madre, e questa è la prova che l’ovulo fecondato è stato uno solo; ma nelle loro cellule si trovano due differenti set di cromosomi paterni. I due gemelli sono in salute, ma uno dei due presenta i segni di ermafroditismo, cioè ha contemporaneamente ovaie e testicoli. I gemelli di questo tipo possono, quindi, essere anche di sesso diverso, pur essendo omozigoti.
Di noi due chi è la più vecchia? Laura, come abbiamo detto, è nata prima, quindi, secondo un parere assai comune, sarebbe Silvia la più vecchia o, per essere buoni, la più grande! Secondo un’antica credenza popolare o, come si dice oggi in gergo, una leggenda metropolitana, il primo nato sarebbe infatti il secondo a essersi formato, e quindi teoricamente il più «giovane». Il paragone è quello dell’ascensore: chi entra per primo esce per secondo. Il primo a darci questa spiegazione è stato un vicino di casa (incontrato proprio in ascensore!), che ci ha fatto mimare tutta la scena utilizzandoci come cavie. Già allora rimanemmo molto perplesse di fronte a questa teoria, che però abbiamo scoperto essere ancora una credenza assai diffusa tra la gente. Quando spieghiamo che in realtà non è così, percepiamo in molti un sentimento di delusione, come se avessimo smontato un mito, e qualcuno ci guarda anche con sospetto, non convinto fino in fondo della nostra versione.
I gemelli omozigoti sono concepiti nello stesso momento, quindi non esistono un prima e un dopo; tuttavia, neanche quando i gemelli sono dizigoti c’è modo di stabilire quale concepimento sia avvenuto prima e quale dopo. Del resto neanche nei certificati e all’anagrafe risulta l’ordine di nascita! Quindi Laura deve rassegnarsi a quei dieci minuti in più, volente o nolente! In fondo – scherza Silvia – si tratta solo di qualche ruga in più in cambio di un po’ di rispetto in quanto «maggiore»!
Quando siamo nate, le infermiere ci hanno immediatamente infilato il braccialettino con il nome, che nostra madre ha preferito tenerci al polso per almeno un mese dopo aver lasciato l’ospedale. Lei ci riconosceva, ma non si sa mai... un momento di stanchezza o di confusione e Silvia sarebbe diventata Laura e viceversa!
Se fra le paure più diffuse tra i bambini, soprattutto intorno agli undici, dodici anni (la cosiddetta età prepubere), c’è quella di essere stati adottati, la nostra era invece proprio quella di essere state scambiate, e ci risulta che questo timore sia presente anche in altre coppie di gemelli.
La distinzione fra omozigoti e dizigoti è la più semplice e si basa sulla diversa modalità con cui avviene il concepimento. I gemelli omozigoti, però, possono a loro volta essere di vari tipi. Cercando di semplificare il più possibile, possiamo affermare che ci sono embrioni che si dividono nei primissimi giorni e quindi avranno placenta e sacco divisi (come è anche per i gemelli dizigoti); se la separazione è più tardiva, la placenta resta in comune ma le sacche sono diverse (è il nostro caso), e sono i cosiddetti gemelli monocoriali diamniotici; se, infine, la divisione avviene ancora più tardivamente, tra i nove e i quindici giorni, i gemelli hanno stessa placenta e stesso sacco e sono quindi definiti monocoriali e monoamniotici. È proprio quest’ultimo tipo ad avere più problemi durante la gravidanza, con il rischio, per esempio, dell’attorcigliamento e della compressione dei cordoni che può accadere nei primi tre-quattro mesi. Quando, infine, la divisione avviene oltre il quindicesimo giorno, allora potrebbe verificarsi il caso di gemelli congiunti, detti «siamesi».
Non ci è mai successo di incontrare dal vivo dei gemelli siamesi, ma abbiamo visto vari documentari al riguardo, come sarà capitato a tutti voi. L’incidenza di gemelli siamesi è di 1,5 casi su 100.000, ossia un caso ogni 68.000. Per quanto il rapporto fra gemelli sia stretto (noi viviamo e lavoriamo insieme), non è facile nemmeno per noi immaginare cosa realmente significhi condividere anche una parte del proprio corpo e quindi non potersi mai davvero staccare. Come probabilmente molti sanno, «siamese» è un termine derivato dal caso più celebre di gemelli siamesi, Chang e Eng Bunker, nati appunto nel Siam (l’odierna Thailandia) all’inizio dell’Ottocento e uniti al torace da una striscia di cartilagine (oggi l’operazione per separarli sarebbe semplicissima), che divennero famosi lavorando negli Stati Uniti per il circo Barnum.
Spostandoci ai giorni nostri, uno dei casi più recenti è quello di due gemellini nati nell’aprile del 2014 in Pennsylvania, Andrew e Garette Stancombe, che, uniti al torace, condividono il cuore, il fegato e altri organi vitali. Un’operazione chirurgica che tentasse di separarli è stata rifiutata dai genitori, perché la percentuale di sopravvivenza per entrambi sarebbe davvero bassissima; certo, anche una vita che contempli la condivisione di organi vitali non è facile e presenta rischi altissimi, ma gli Stancombe hanno espresso il desiderio che i gemellini continuino a lottare insieme come sono nati. Nello stesso mese, invece, altri due gemelli siamesi, Owen ed Emmett Ezell, sono stati separati dopo una rarissima operazione eseguita a Dallas, in Texas: erano nati congiunti al torace, all’intestino e al fegato.
Nel mese di febbraio 2015 sono state operate con successo due gemelline, Knatalye Hope e Adeline Faith Mata, nate solo dieci mesi prima, nell’aprile del 2014, unite a livello di torace e addome (condividevano anche alcuni organi interni). L’eccezionale operazione, durata ventisei ore, è stata eseguita sempre negli Stati Uniti e sempre in Texas, da un’équipe di oltre venticinque persone tra chirurghi, anestesisti e infermieri specializzati.
Molto famoso è poi il caso delle gemelle Abby e Britty Hensel, del Minnesota, che hanno due cuori, due teste, due coppie di polmoni e colonne vertebrali separate che però si uniscono in un unico bacino e apparato genitale; riescono a camminare come se fossero una sola persona, pur avendo ognuna il controllo di una sola gamba e un solo braccio. Protagoniste di vari documentari, hanno persino preso la patente! Continuando con altri casi (ma se ne potrebbe parlare davvero a lungo), sono da ricordare Ronnie e Donnie Galyon, nati nel 1951, uniti al livello del bacino, attualmente riconosciuti come i gemelli siamesi più longevi, avendo battuto i nostrani Giovanni e Giacomo Battista Tocci, che vissero sessantatré anni (1877-1940). Ronnie e Donnie, oggi in pensione, lavoravano come attrazione in un circo per aiutare la famiglia e con i loro spettacoli divennero negli Stati Uniti e nell’America latina delle vere e proprie celebrità .
Ci sono poi stati casi ancora più incredibili, come quello accaduto in Cina, dove un bambino di due anni, Xiao Feng, è stato portato con urgenza in ospedale nell’ottobre del 2013 perché la sua pancia era cresciuta a dismisura. I medici che lo hanno visitato hanno scoperto che nel suo grembo stava crescendo un feto. Xiao Feng è stato immediatamente operato e il feto è stato asportato.
All’inizio del 2015 la cronaca ha messo in luce un altro caso: quello di una neonata di Hong Kong, che è risultata «incinta» di due gemelli. A sole tre settimane dalla sua nascita, avvenuta presso il Queen Elizabeth Hospital, ha dovuto subire un intervento per l’asportazione di due tumori all’addome, che poi si sono rivelati essere appunto due feti all’ottava settimana di gestazione circa; ognuno aveva quattro arti, la colonna vertebrale, la gabbia toracica e gli intestini, ma avevano peso diverso (rispettivamente 14 e 9 grammi).
Si tratta di fatti molto rari, ma non impossibili, e fanno venire in mente il libro di Stephen King, La metà oscura, in cui a Thad Beaumont, dodicenne e futuro scrittore di successo, viene asportato dal lobo prefrontale un «teratoma fetale», contenente le tracce del gemello mai nato («teratoma» deriva dal greco teras, che vuol dire «mostro», e onkoma, che significa «gonfiore»). Il termine fa riferimento in sostanza a un caso limite in cui, durante una gravidanza gemellare, uno dei due feti muore e «si nasconde», lasciando traccia nell’altro che continua a vivere. Fino a non molto tempo fa tutto ciò era considerato ai confini della realtà , tanto che leggendo Stephen King molti avranno pensato si trattasse semplicemente della fervida immaginazione dello scrittore, maestro nel creare suggestioni irrazionali.
Quelli che in apparenza e grossolanamente potrebbero sembrare rari casi di gemelli siamesi in cui uno dei due non cresce accanto ma dentro l’altro, in realtà sono classificabili entro una casistica ben precisa che è quella del fetus in fetu o del teratoma, che, pur non essendo da un punto di vista strettamente medico la stessa cosa, possiamo considerare due fenomeni molto simili e appartenenti allo stesso spettro di malformazioni: semplificando molto, potremmo dire che nel fetus in fetu lo sviluppo dell’embrione è più completo (spesso è presente anche la colonna vertebrale), mentre il teratoma è una massa informe. Questi fenomeni sono molto più rari di quello dei gemelli siamesi: infatti, ne è colpito un bambino ogni 500.000 nati e nel mondo risultano registrati circa duecento casi, ma quando si verificano lasciano letteralmente a bocca aperta.
Un altro fenomeno che è collegato a quelli dei gemelli siamesi e del fetus in fetu, e che in un certo senso ne rappresenta un continuum, è quello del gemello parassita, che si verifica quando un embrione gemello inizia lo sviluppo in utero, ma la coppia non risulta completamente separata e l’embrione dominante si sviluppa a scapito dell’altro. A differenza dei gemelli siamesi, per uno dei due lo sviluppo si arresta durante la gestazione e rimane a uno stadio prematuro. Il gemello non sviluppato è definito come parassita, piuttosto che siamese, perché non è completamente formato o è comunque totalmente dipendente dalle funzioni del corpo del feto completo. Il gemello parassita può determinare delle vere e proprie malformazioni nel gemello vivo e formato, tali da rendergli molto difficile la vita o da trasformarlo in un fenomeno da baraccone. È quanto è successo a Rudy Santos, filippino di circa sessant’anni, soprannominato e conosciuto come Octoman, uomo piovra, perché ha sempre vissuto con attaccate al bacino e all’addome una gamba e due braccia, che si sono sviluppate quando il suo gemello è morto nel grembo materno ed è successivamente stato assorbito nel suo corpo. Un gemello parassita di cui c’è traccia anche in un paio di capezzoli e in una testa non sviluppata con un orecchio e i capelli. Dell’uomo, che ha sempre rifiutato di essere operato, si trovano foto e video, caricati soprattutto fino al 2011, mentre negli ultimi anni sembra se ne siano perse le tracce. La sua malformazione fisica non gli ha impedito di prendere moglie e di avere anche una bellissima figlia.
Ha convissuto per diciassette anni con il suo gemello parassita Workitu Debebet, una ragazza etiope di famiglia povera che aveva due gambe e due braccia fuse nel suo bacino. Un intervento chirurgico pionieristico, eseguito in otto ore, ha riportato la giovane alla normalità : ora va a scuola, fa amicizia con i compagni e spera in un futuro con un matrimonio e un lavoro.
L’ideale, in questi casi, è riuscire a intervenire chirurgicamente quando i soggetti sono ancora bambini, come è successo al piccolo Paul Awino, nato nel 2014 in un villaggio dell’Uganda orientale con quattro gambe e quattro braccia. I medici del Mulago Hospital, nella capitale Kampala, dopo aver diagnosticato che si trattava di un caso di gemello parassita, decisero di staccarlo dai resti dal «fratellino», che non aveva né testa né cuore. Il bimbo è stato operato con successo e conseguentemente accettato dai genitori, che sulle prime erano spaventati ed erano arrivati a pensare che il figlio fosse vittima di qualche stregoneria.
È stato invece adorato come una divinità il piccolo nato in India, nel Bengala Occidentale, sempre nel 2014: aveva quattro gambe e quattro braccia e tutti, compresi i genitori, lo hanno considerato una benedizione perché somigliava al loro dio Brahma. Una folla di persone si è accalcata all’ospedale dove è nato il bambino, subito ribattezzato Baby God, tanto che è dovuta intervenire la polizia. È quanto successo anche a Lakshmi Tatma, bambina indiana nata con quattro braccia e quattro gambe oltre che con una serie di organi interni in sovrannumero. I genitori non avevano pensato di operarla benché fosse deforme, proprio perché così somigliava a uno dei loro dèi; purtroppo la bambina non riusciva né a camminare né a gattonare. Intorno ai due anni, nel 2008, è stata finalmente sottoposta a un lungo e...