Poirot e i quattro
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Poirot e i quattro

  1. 210 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Informazioni su questo libro

Poirot e i quattro In Poirot e i quattro, il grande Hercule non si trova a fronteggiare i soliti assassini occasionali, ma un nemico assai più pericoloso: un'intera organizzazione, capeggiata dalle quattro più terribili menti criminali del mondo. Guidati da un diabolico mandarino cinese, questi quattro geni del male hanno un piano ambiziosissimo: impadronirsi dell'intero pianeta servendosi di misteriosi e potenti mezzi di distruzione. Una partita insolitamente rischiosa per il principe degli investigatori, che però anche questa volta, sostenuto dal fedele capitano Hastings, riuscirà a sventare la minaccia. Ricorrendo anche a una risorsa inaspettata…

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2015
eBook ISBN
9788852066313
1

L’ospite inatteso

Ho conosciuto persone che sanno godersi una traversata della Manica, persone che riescono a starsene sedute tranquille sul ponte ad aspettare che la nave sia attraccata al molo, per poi ritirare i bagagli con calma e sbarcare. Io non sono tra queste. Appena salgo a bordo, ho la sensazione che la traversata sia troppo corta per poter fare qualcosa in tutta tranquillità. Così continuo a trascinare le mie valigie da una parte all’altra e, se scendo nel ristorante per consumare un pasto, mando giù un boccone dopo l’altro, senza masticare, con la paura che la nave possa inaspettatamente arrivare in porto mentre io mi trovo sotto coperta. Forse questo mio atteggiamento mi viene dal tempo della guerra, quando le licenze erano così brevi che era molto importante assicurarsi un posto vicino alla passerella per poter sbarcare tra i primi e non perdere neppure un attimo di quei due o tre giorni di libertà.
Quella mattina di luglio, appoggiato al parapetto, guardavo le bianche scogliere di Dover avvicinarsi lentamente e mi chiedevo come alcuni passeggeri potessero restarsene tranquillamente seduti senza neppure alzare lo sguardo su quel primo scorcio della loro terra. Forse, però, la loro situazione era diversa dalla mia. Senza dubbio, molti di loro tornavano da un fine settimana trascorso a Parigi, mentre io tornavo dal mio ranch in Argentina, dopo un anno e mezzo. Nonostante avessi fatto fortuna laggiù e sia a me sia a mia moglie piacesse la vita facile e libera del Sudamerica, sentii un nodo alla gola mentre la costa si avvicinava.
Ero sbarcato due giorni prima in Francia, dove avevo sbrigato alcuni affari urgenti, e adesso ero diretto a Londra. Sarei rimasto lì per qualche mese, il tempo necessario per rivedere i vecchi amici, e, tra questi, uno in particolare, un omino con la testa a forma di uovo e gli occhi verdi: Hercule Poirot. Volevo fargli una sorpresa. Nella mia ultima lettera dall’Argentina non avevo accennato a quel viaggio che, del resto, avevo deciso all’ultimo momento, per via di alcune complicazioni negli affari. Così, avevo spesso pensato con piacere alla sua gioia e alla sua sorpresa nel rivedermi.
Ero sicuro che lo avrei trovato vicino al suo quartier generale. Erano ormai lontani i giorni in cui le sue indagini lo portavano da una parte all’altra dell’Inghilterra. Adesso che la sua fama era così vasta, non gli andava più di lasciarsi completamente assorbire da un solo caso. Con il passare del tempo, tendeva sempre più a farsi considerare una specie di “consulente”, uno specialista cui ricorrere nei casi più gravi, come uno di quei celebri medici che hanno il loro studio in Harley Street. Non gli era mai piaciuta l’idea che la gente comune ha dell’investigatore: una specie di segugio umano che si camuffa nei modi più strani per seguire le tracce dei criminali, fermandosi a misurare ogni impronta.
“No, Hastings, amico mio” era solito dire. “Lasciamo fare queste cose a Giraud e ai suoi amici. Hercule Poirot usa un sistema tutto suo: ordine, metodo e le piccole cellule grigie. Standocene comodamente seduti in poltrona riusciamo a vedere cose che agli altri sfuggono e non ci buttiamo subito sulle conclusioni, come il nostro stimatissimo ispettore Japp.”
No, non c’era pericolo che Hercule Poirot fosse molto lontano da casa sua.
Arrivato a Londra, lasciai i bagagli in un albergo e mi recai immediatamente al vecchio indirizzo. Quanti bei ricordi! Salutai velocemente la mia vecchia padrona di casa, corsi su per le scale e bussai alla porta di Poirot.
«Avanti!» gridò una voce a me tanto familiare.
Entrai. Poirot era in piedi, davanti a me. Teneva in mano una valigetta che lasciò cadere con grande fracasso quando mi vide.
«Mon ami Hastings!» gridò il mio amico. «Mon ami Hastings!»
Si precipitò verso di me e mi strinse in un forte abbraccio. Seguì un fiume di parole alquanto sconnesse: esclamazioni, domande impazienti, risposte incomplete, messaggi di mia moglie, spiegazioni sul mio viaggio uscirono tutte alla rinfusa.
«Immagino che qualcuno abbia occupato le mie vecchie stanze» gli dissi quando ci fummo un po’ calmati. «Mi piacerebbe poter abitare di nuovo qui con voi.»
L’espressione di Poirot cambiò con sorprendente rapidità.
«Mon Dieu! Che chance épouvantable! Guardatevi attorno, amico mio!»
Solo allora esaminai la stanza. Contro la parete era appoggiato un enorme baule di modello antidiluviano; lì vicino c’erano parecchie valigie, disposte in fila, dalla più grande alla più piccola. Non potei che trarre un’unica conclusione.
«Siete in partenza?»
«Sì.»
«Per dove?»
«Per il Sudamerica.»
«Cosa?!»
«Già. È davvero buffo, vero? Devo andare a Rio. Ogni giorno mi ripetevo: “Non gli dirò niente nelle lettere. Chissà come sarà sorpreso, il mio buon Hastings, quando mi vedrà”.»
«Ma quando dovete partire?»
Poirot guardò l’orologio.
«Tra un’ora.»
«Proprio voi, che dicevate sempre che per nulla al mondo avreste fatto un lungo viaggio per mare!»
Poirot chiuse gli occhi e si strinse nelle spalle.
«Non parlatemene, amico. Il mio medico mi ha assicurato che non si muore di mal di mare… e poi, si tratta di una volta sola. Mai, capite, mai ritornerò!»
Mi fece sedere su una poltrona.
«Ecco, vi dirò come sono andate le cose. Sapete chi è l’uomo più ricco del mondo? Più ricco perfino di Rockefeller? Abe Ryland.»
«Quell’americano? Il re del sapone?»
«Proprio lui. È venuto da me uno dei suoi segretari per dirmi che qualcosa di poco chiaro stava succedendo in una grossa ditta laggiù, e per chiedermi di recarmi sul luogo per indagare. Ho subito rifiutato. Gli ho risposto che bastava che mi esponessero i fatti per dare la mia opinione di esperto. Ma quello ha replicato che non era in grado di fare una cosa del genere. Sarei venuto a conoscenza dei fatti solo al mio arrivo laggiù. A questo punto, in altre circostanze lo avrei salutato definitivamente. Dare ordini a Hercule Poirot è pura impertinenza! Ma il compenso che mi offrivano era così cospicuo che, per la prima volta in vita mia, mi sono lasciato tentare dal denaro. Si trattava di un vero patrimonio… di una fortuna! E poi c’era un’altra cosa da cui mi sono lasciato tentare: voi, amico mio. In quest’ultimo anno e mezzo mi sono sentito molto solo. Allora ho pensato: “Perché no? Comincio a essere stanco di risolvere sciocchi rebus. Ormai sono famoso. Perché non accettare questa bella sommetta e andare a vivere da qualche parte vicino al mio vecchio amico?”.»
Quelle sue parole, colme di affetto, mi commossero.
«Così ho accettato» continuò. «E tra un’ora prendo il treno che mi porterà alla nave. Una delle tante ironie della sorte, vero? Vi confesserò, Hastings, che se la somma offertami non fosse stata così consistente, avrei esitato, perché ultimamente ho iniziato una piccola indagine per conto mio. Ditemi, che cosa si intende comunemente per i “Quattro”?»
«Be’, credo che ci si riferisca innanzitutto alla Conferenza di Versailles o anche ai famosi “Quattro” del mondo del cinema. È un termine usato da gente di basso livello.»
«Capisco» osservò Poirot molto perplesso. «Vedete, mi sono imbattuto in questo termine in circostanze tali per cui nessuna delle vostre spiegazioni è valida. Sembra si riferisca a una banda internazionale di delinquenti, o a qualcosa del genere. Solo che…»
«Solo che?» lo sollecitai.
«Ho l’impressione che si tratti di qualcosa di molto vasto. Ma è solo una mia idea, niente di più. Ah, devo finire di fare le valigie! Il tempo stringe!»
«Non partite!» lo pregai. «Cancellate la prenotazione. Partirete con me, sulla stessa nave, tra un po’.»
Poirot si raddrizzò e mi lanciò un’occhiata di rimprovero.
«Ah, ma allora non avete capito. Ho dato la mia parola: la parola di Hercule Poirot! Nulla può trattenermi adesso, se non una questione di vita o di morte.»
«Il che è improbabile» mormorai tristemente. «A meno che, all’ultimo momento… la porta si apra ed entri l’ospite inatteso.»
Avevo appena finito di citare quel vecchio detto, con un sorriso, che un rumore nella stanza accanto ci fece sobbalzare.
«Che cos’è stato?» chiesi sorpreso.
«Ma foi!» rispose Poirot. «Sembra proprio che il vostro “ospite inatteso” sia entrato nella camera da letto.»
«Ma come potrebbe aver fatto? Per entrare c’è solo la porta di questa stanza.»
«La vostra memoria è eccellente, Hastings. Ora, passiamo alle deduzioni.»
«La finestra! Allora è un ladro! Ma che scalata… Mi sembra quasi impossibile.»
Mi ero alzato per avvicinarmi alla porta chiusa della camera da letto, quando il rumore di qualcuno che toccava la maniglia mi bloccò.
La porta si aprì adagio e, sulla soglia, apparve un uomo. Era sporco di polvere e di fango dalla testa ai piedi e aveva un volto scarno, emaciato. Ci fissò per un momento, poi vacillò e cadde. Poirot corse da lui, gli si inginocchiò accanto e poi, alzando lo sguardo, mi disse: «Del cognac… presto!».
Presi subito un bicchiere, versai un po’ di cognac e glielo diedi. Poirot riuscì a fargliene bere un sorso; poi, insieme, lo sollevammo e lo adagiammo sul divano. Dopo qualche minuto l’uomo aprì gli occhi e volse attorno uno sguardo quasi vacuo.
«Che cosa volete, monsieur?» gli chiese Poirot.
L’uomo dischiuse le labbra e disse con una voce strana, meccanica: «Signor Hercule Poirot, Farraway Street 14».
«Sì, sì, sono io.»
L’uomo parve non capire e ripeté con lo stesso tono di prima: «Signor Hercule Poirot, Farraway Street 14».
Poirot provò a fargli alcune domande. Ma l’uomo o non rispondeva, o ripeteva la stessa frase. Poirot mi indicò il telefono.
«Chiamate il dottor Ridgeway perché venga subito qui.»
Il medico, che per fortuna era in casa e che abitava a pochi passi da lì, arrivò immediatamente.
«Di che si tratta, allora?» chiese.
Dopo aver ascoltato la breve spiegazione di Poirot, il medico cominciò a visitare il nostro strano ospite che sembrava non vedere né lui né noi.
«Uhm!» esclamò alla fine. «Un caso davvero strano!»
«Febbre cerebrale?» chiesi io.
Il me...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Prefazione di Laura Grimaldi
  4. Poirot e i quattro
  5. 1. L’ospite inatteso
  6. 2. L’uomo del manicomio
  7. 3. Scopriamo qualcosa su Li Chang Yen
  8. 4. L’importanza di un cosciotto di montone
  9. 5. Scomparsa di uno scienziato
  10. 6. La donna sulle scale
  11. 7. I ladri del radio
  12. 8. In casa del nemico
  13. 9. Il mistero del gelsomino giallo
  14. 10. Indaghiamo a Croftlands
  15. 11. Un problema di scacchi
  16. 12. La trappola
  17. 13. Il topo entra nella trappola
  18. 14. La bionda ossigenata
  19. 15. La terribile catastrofe
  20. 16. Il cinese moribondo
  21. 17. Il Numero Quattro vince ancora
  22. 18. Nel labirinto
  23. Postfazione di Laura Grimaldi
  24. Copyright