
- 294 pagine
- Italian
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eBook - ePub
I prigionieri del Caduceo (Urania)
Informazioni su questo libro
Se il SSN (Servizio sanitario nazionale) non funziona, ci rivolgiamo alla ASL (Azienda sanitaria locale) per chiederne ragione, e, in caso di controversie, facciamo intervenire il TAR (Tribunale amministrativo regionale) affinché siano rispettati i nostri diritti di pazienti. Ma nel futuro immaginato in questo romanzo i pazienti non hanno alcun diritto, perché la classe medica ha preso il potere e i cittadini si sono trasformati nei prigionieri del Caduceo. Per fortuna la rivolta fermenta sotto le lenzuola e tre ribelli, tre Anormali, prenderanno nelle mani le sorti dell'umanità per vendicarla...
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Informazioni
Argomento
LetteraturaCategoria
FantascienzaI PRIGIONIERI DEL CADUCEO
Nota dell’autore
Nonostante si tratti di un libro nuovo, scritto di recente, questo non è il primo Caduceus Wild con il mio nome in copertina.
L’originario Caduceus Wild apparve su “Science Fiction Stories” diretta da Robert A.W. Lowndes, in quattro puntate fra il gennaio e l’aprile del 1959, a firma di Ward Moore e Robert Bradford, ed era una collaborazione fra noi due e la scrittrice Jean Ariss.
Da allora, questo mondo è cambiato insieme a molte delle nostre aspettative su quelli futuri. Allo stesso tempo, molte delle nostre ansie e presentimenti rimangono ancora.
Dunque, ci si è sforzati di costruire il nuovo romanzo sull’armatura ideologica dell’originale e di usare, ovunque possibile, il materiale concepito per quell’opera.
Larch
Inerpicandosi sull’ultima salita, il piccolo treno sferragliante, con due soli passeggeri a bordo, esalò il grigio miasma del diesel nella limpida, immobile aria della foresta e si fermò alla stazione d’arrivo.
— Dev’essere qui — disse il ragazzo, balzando a terra nella luce di metà pomeriggio. — Siamo al capolinea. Ma dov’è Shelby?
L’uomo scese sulla banchina, quasi con altrettanto vigore. Aveva quarantadue anni ma poteva passare per un trentacinquenne, con un fisico robusto e curato e una leggera spolverata d’argento nei capelli castani e nella barba più scura. — Calma, Jode — l’uomo ammonì il suo compagno di viaggio, che aveva dieci anni. — Niente nomi, ricordi? Lascia perdere che l’ho fatto io, ed evitiamo tutti e due di fare il suo; la conoscono in troppi. Finché siamo a Orthohaven teniamo un profilo basso, come dicevano nel ventesimo secolo.
— Okay, Larch... ooops! Certo che è difficile ricordarsene. Ma dov’è mia sorella?
— Non doveva venire al treno. Ci aspetta una camminata nel bosco per arrivare da lei. Pensi di farcela?
— Andiamo! — urlò Jode. Diede una strattonata allo zaino per sistemarlo bene, corse sul bordo della banchina e saltò giù, accanto a una piccola insegna con una freccia che indicava una pista fra le sequoie.
Anche Larch si aggiustò lo zaino e cominciò a marciare nella stessa direzione.
— Solo un attimo... signore.
La donna giovane e tarchiata era emersa dalla piccola baracca della stazione nel silenzio più assoluto, grazie alla suola rugosa, piatta e spessa delle sue oxford,1 dall’inverosimile colore bianco.
Larch gemette ed emise la prevista protesta rituale. — Oh, no, anche qui. Siete incredibili. Chi ha mai sentito parlare di un controllo medico nel mezzo di una foresta primordiale?
L’infermiera sorrise con plateale mancanza di sincerità. Tese una mano rosea, tozza, che sembrava lavata di frequente. — Buonasalute. E ora la sua cartella medica, prego. E anche quella di suo figlio, se la tiene lei.
— Mio nipote — la corresse Larch, ricambiando in ritardo la formula di saluto. — Buonasalute.
Jode, che era tornato indietro dal sentiero nel bosco, aprì la bocca come per parlare; poi la chiuse e osservò Larch con attenzione, in apparenza deciso a non perdere alcun indizio del dramma che stava per essere messo in scena.
Da una tasca del giaccone Larch estrasse due fascicoli con copertina in plastica, della grandezza di un passaporto, con molte pagine strettamente rilegate. Uno dei due, però, era visibilmente più spesso dell’altro, mostrando la differenza fra la cartella medica di un adulto e quella di un bambino. Li consegnò. — Da questa parte — ordinò l’infermiera, facendo strada verso la porta aperta alle sue spalle.
La piccola stazione era spoglia e funzionale, divisa al centro da un bancone scrupolosamente pulito, dalla superficie bianca, dietro il quale andò la donna, lasciando Jode e Larch sul lato opposto, frapponendo la giusta distanza ufficiale mentre esaminava i documenti.
L’altro estremo del bancone era evidentemente l’ufficio ferroviario. Un fascio di orari, un rotolo di biglietti, una cassa in acciaio chiusa a chiave. Il lato dove si trovavano loro era tutt’altra cosa. Dietro l’infermiera incombeva una batteria di macchinari: tre scaffali pieni di bottiglie e confezioni di farmaci; un contenitore in vetro con strumenti medici d’uso quotidiano: l’occorrente per suture e aspirazioni, tubi nasogastrici, siringhe, oftalmoscopi, otoscopi e altri strumenti diagnostici, sonde ed estensori per ogni orifizio, pinze, bisturi e forcipi. E sulla parete una coppia di sfigmomanometri, uno a mercurio, uno aneroide.
— Tu sei Jimmy Archer, eh? — L’infermiera guardò Jode con aria critica. — Richiami per tutte le vaccinazioni. Nessuna malattia recente, nessuna ferita. — Jode non disse niente.
La donna diresse l’attenzione sul secondo fascicolo e si girò verso Larch. Lesse faticosamente, aggrottando le ciglia: — Fred Koyne. Trentacinque anni. Mastro stuccatore. Tre costole fratturate in un incidente in cantiere cinque anni fa. Trattato, curato, dimesso. Vasectomia alla data prevista. Vaccinazioni richiamate, autorizzazione valida. In caso di morte clinica, organi consegnati al Sistema della Banca Trapianti dell’Ama,2 eccetera, eccetera. Mmm.
Per conservare un’apparenza di calma, Larch si concentrò sul caduceo della spilla ufficiale in smalto nero che la donna portava sulla punta del colletto della divisa, e pensò: “Perché non l’immagine di un endoscopio come simbolo più adatto alla Medarchia Mondiale? Il Dottore è così preoccupato a sbirciargli dentro che il Paziente, con un po’ di fortuna, potrebbe riuscire a raddrizzare qualche torto nel mondo esterno senza che lui se ne accorga”.
La tarchiata infermiera in bianco continuava a prendersela calma con la documentazione di Larch, corrugando la fronte nella concentrazione.
“Dovrei sentirmi più teso” comprese Larch. “Questa donna potrebbe mandarci al tappeto, proprio qui, proprio all’inizio del nostro tentativo d’evasione. Potrebbe trovare in uno di noi qualcosa di ‘sbagliato’ reale o immaginario, che ci costerebbe giorni, settimane di ritardo.” Le loro possibilità dipendevano soltanto dall’umore e dall’inclinazione dell’infermiera. Non c’era dubbio che fosse tutto nelle sue mani. Non essendoci altri funzionari nella stazione, e un unico bancone, evidentemente lei fungeva sia da capostazione sia da ufficiale di polizia medica più alto in grado in tutta la zona di Orthohaven.
Shelby aveva commesso un errore scegliendo quel luogo come punto d’incontro e nascondiglio temporaneo? Era inaccessibile ai Pazienti se non mediante il maleodorante treno da cui erano appena smontati, che viaggiava su anacronistici binari di ferro, un pezzo da museo costruito generazioni dopo che il trasporto ferroviario era diventato obsoleto. Ma per i Dottori e tutti gli altri abilitati a possedere macchine airhopper era questione di un’ora d’auto, o di un balzo di quindici minuti dalla città. Soltanto i Dottori potevano attendersi che la propria presenza non venisse messa in discussione. Infatti, Orthohaven era un rifugio per le vacanze della crema della società medica. Solo poche famiglie di appartenenti all’Ama, l’organo legiferante del governo continentale, e i membri, con mogli e famiglie (adottive), della GCM (Generazione Clonata dei Medici) vi possedevano delle proprietà, insieme ad alcuni altri celebri specialisti. Nascosta nelle fitte foreste delle montagne c’era la Casa Bianca Estiva, residenza di villeggiatura di Owen Carvey, Direttore Sanitario d’America, una carica che fondeva tre precedenti posizioni di potere: presidente degli Stati Uniti, presidente del Messico e primo ministro del Canada. Come in un’altra epoca, anche nel 2055 il linguaggio popolare aveva trovato un modo per definire quel ruolo di capo assoluto; così, inevitabilmente, Carvey fu il Sommo Dottore.
Era stato proprio questo aspetto, l’eccezionalità dei residenti abituali, a condurre Shelby a scegliere Orthohaven. Chi avrebbe pensato di cercare lì un gruppo di Anormali sul punto di fuggire dal continente?
Nessuna legge nel codice civile e penale dell’Ama vietava a una persona normale di visitare Orthohaven, ma non esistendo impianti ricreativi pubblici era inutile farlo. Nessuno utilizzava il servizio passeggeri del treno trisettimanale, tranne qualche cuoco o donna delle pulizie che lavorava per una famiglia di residenti, o un servitore con la moglie di ritorno a casa dopo una visita in città.
Infatti, anche con una popolazione mondiale disastrosamente ridotta, non c’era mai penuria di lavoratori domestici, a Orthohaven o in tutte le altre tenute di campagna di proprietà dei Dottori, ovunque fossero. Anche mezzo secolo dopo il lancio dell’ultima bomba batteriologica, in tutto il mondo le città erano evitate da chiunque riuscisse a trovare lavoro, o qualunque altra forma di sussistenza, altrove. Era stato nei centri metropolitani, ovviamente, che la pandemia si era scatenata nella maniera più spietata, decimando di oltre il sessanta per cento i miliardi di abitanti della Terra, che a loro volta rappresentavano una minaccia. Era storia passata ormai, ma il ricordo restava, e per natura gli esseri umani temevano che la storia potesse, in un modo o nell’altro, ripetersi.
Su questa paura si basava il tessuto del governo mondiale: la Medarchia. Pochi eletti investiti dell’autorità suprema. Dall’istante dell’esplosione delle bombe batteriologiche ad aerosol, nell’ultima fase della guerra, il primato dei medici fu incontestato. I dottori dovevano avere il completo controllo dei superstiti per prevenire ulteriori guerre, gli errori dietetici e il caos totale. L’ordine medico divenne così l’unico ordine legale e legittimo. Indiscusso.
O per meglio dire, discusso solo (finora) in segreto da uno sporadico ma crescente movimento sovversivo mondiale, di cui Larch Rosst faceva parte insieme alla sua fidanzata Shelby Harmon.
Per lunghe ore Larch, prima di salire a bordo del treno, aveva rischiato la pelle per trovare e affidare alle cure di Shelby il fratello Jode, arrestato nonostante la giovane età per essere interrogato e “trattato” dalla polizia medica, o Medipol.
— Ehi, zio Fred — disse Jode — quand’è che ci rimettiamo in cammino?
— Calma, nipote. Dobbiamo aspettare che la signora abbia finito.
L’infermiera, che mostrava di non averli sentiti, continuò a studiare la cartella di Larch, voltando lentamente le pagine. Infine richiuse il fascicolo. — Sembra in ordine — disse in tono poco convinto.
Era esitante perché sospettava di qualcuno dei dati attentamente falsificati? O perché la noia doveva essere grande in un lavoro come il suo, e preferiva trattenere il più a lungo possibile i pochi Pazienti che attraversavano il miserabile capolinea ferroviario di Orthohaven? La seconda cosa era più probabile, concluse Larch.
Era difficile definirla una ragazza attraente, con le ossa troppo grosse e la figura troppo robusta per la bassa statura. Era possibile che un uomo amasse questa donna con la passione risoluta, determinata che lui provava per Shelby Harmon? Certamente non con la folle, quasi incontrollabile devozione giovanile che aveva riversato sul suo primo amore, Kira, una delle prime martiri nella causa sovversiva. Ma chi era lui per dirlo? Nel poco scientifico mondo dell’amore, le possibilità illogiche abbondano. Sembrava probabile, tuttavia, che la tarchiata infermiera avesse riposto tutte le sue risorse nel lavoro, essendo assurta a una posizione di rilievo a un’età che lui giudicava più o meno la stessa di Shelby. Aveva osservato che era un tenente del corpo ausiliario della Medipol, con il grado dichiarato sull’altra punta del colletto, accanto a quella con il caduceo nero.
Con modi spicci, la loro esaminatrice aveva inserito un termometro in bocca a Jode; al lieve suono del bip lo rimosse bruscamente e lo lesse. Che non avesse annotato alcunché sulla cartella indicava, fortunatamente per loro, che Jode non aveva la febbre.
— E quale casa andrà a stuccare a Orthohaven, Fred Koyne?
— Qua...? Ah. — Il fatto che lei avesse scelto quel momento per inserirgli il termometro, nuovamente coperto con un rivestimento in plastica, gli diede il tempo di formulare una risposta. Al suono del bip, disse: — Niente stuccature per me questa settimana, tenente. Siamo solo in visita a mio fratello. Fa il giardiniere nella tenuta del dottor Freehausen.
Era assolutamente vero che esisteva un giardiniere chiamato Phil Koyne nella tenuta Freehausen. Larch conosceva da cima a fondo la storia personale di Phil Koyne, in caso l’interrogatorio si facesse più rigoroso.
Il vero Koyne era stato sottoposto a privazione della memoria, dopo la “modificazione” in osservanza di una sentenza del tribunale. Nessun profano sapeva con precisione che cosa implicasse il trattamento, se non che era permanente, irreversibile e sostituiva la pratica rudimentale delle lobotomie e dell’uso di farmaci psicotropi del secolo precedente. Parecchi anni prima, Koyne era stato arrestato e condannato per furto con omicidio. Mentre la sua abilità di giardiniere era rimasta intatta, attualmente non ricordava se avesse o meno un fratello chiamato Fred. E in ogni caso la storia non era immediatamen...
Indice dei contenuti
- Copertina
- Frontespizio
- I PRIGIONIERI DEL CADUCEO
- I PRIGIONIERI DEL CADUCEO
- LOT. Prima parte
- LA FIGLIA DI LOT. Seconda parte
- Copyright