Yarrow House
Residenza di Mrs Mariana Daltry,
della figlia Victoria
e di Miss Katherine Daltry
Miss Katherine Daltry, meglio nota come Kate, smontò da cavallo schiumante di rabbia. Prima della morte del padre, dalla quale erano trascorsi sette anni, di tanto in tanto si era irritata con la matrigna. Dopo la dipartita del genitore, però, quando la nuova Mrs Daltry, che aveva portato il titolo solo per pochi mesi, si era messa a spadroneggiare in casa, la ragazza aveva conosciuto il vero significato della parola “rabbia”.
Era quella che provava nel vedere i mezzani della tenuta costretti a pagare il doppio dell’affitto oppure a lasciare il cottage nel quale avevano trascorso una vita. Le montava dentro quando assisteva allo scempio dei campi che avvizzivano e delle siepi che crescevano incolte, perché la matrigna lesinava il denaro per la manutenzione della proprietà, o quando guardava i soldi del padre spesi a palate per abiti nuovi, cappellini e frivolezze d’ogni genere... in quantità tale che un anno intero non sarebbe stato sufficiente alla donna e a sua figlia per indossarli tutti.
La provava anche ricevere occhiate di commiserazione dai conoscenti che non la incontravano più alle cene senza considerare il fatto che era stata relegata in una camera della soffitta, con un mobilio stinto che rivelava di quanta poca considerazione godesse ormai in casa. Era giunta a odiare se stessa per non riuscire a mollare tutto e lasciarsi ogni cosa alle spalle e quell’ira era alimentata dalla vergogna, dalla disperazione e dall’assoluta certezza che il padre si stesse rivoltando nella tomba.
Kate salì le scale d’ingresso alla casa con piglio deciso e pronta alla battaglia, come avrebbe detto il genitore. «Salute, Cherryderry» disse al maggiordomo venuto ad aprirle la porta. «Rivestite il ruolo di valletto, adesso?»
«Lei li ha mandati a Londra a prendere un dottore. Due dottori, per essere precisi» replicò quello.
«Un altro dei suoi attacchi?» La ragazza sfilò i guanti di pelle con cautela, visto che, lungo i polsi, si stavano scucendo. Un tempo credeva che la matrigna, che tutti in casa chiamavano “Lei”, fosse di salute cagionevole, ma ormai non lo pensava più. Non dopo anni di falsi allarmi e di grida nel cuore della notte... sintomi, generalmente, di sonore indigestioni.
Anche se, come Cherryderry aveva detto una volta, la speranza era l’ultima a morire.
«Non si tratta di Lei, stavolta, ma di Miss Victoria.»
«Il morso?»
Il domestico annuì. «Il labbro pende verso il basso ed è gonfio. Così ci ha riferito stamattina la sua cameriera.»
Per quanto seccata, Kate sentì un moto di compassione. La povera Victoria non aveva nulla oltre al suo bel faccino e ai suoi vestiti ancora più belli, e le si sarebbe spezzato il cuore, se fosse rimasta sfigurata a vita.
«Devo parlare alla mia matrigna della moglie del vicario.» Kate porse il mantello al maggiordomo. «O meglio, della vedova che ieri ha sfrattato.»
Cherryderry aggrottò la fronte. «Ha anche deciso di sbarazzarsi dei topi e così, chissà perché, li ha confinati nella vostra stanza, signorina.»
Kate chiuse gli occhi per un istante. La giornata era cominciata male e stava peggiorando. Detestava i cagnolini di Victoria che, più o meno con affetto, tutti chiamavano “i topi”.
Di solito, riusciva a dimenticare di essere stata, un tempo, la padrona di casa. La madre era stata costretta a letto per anni, prima di morire, e comunque non si era mai potuta considerare una donna sana, perciò Kate aveva sempre fatto le sue veci, sedendo a tavola di fronte al padre e occupandosi del menu con Mrs Swallow... Aveva sempre pensato di debuttare in società, di sposarsi e di crescere i propri figli in quella casa.
Ciò, tuttavia, era successo prima che il padre morisse e che lei si trasformasse in una sorta di domestica tuttofare, relegata in soffitta.
Salì le scale in preda a un profondo malessere e trovò la matrigna seduta davanti alla toeletta, intenta a studiare il proprio incarnato. La luce pomeridiana le cadeva sulle spalle, accendendole i capelli di strani riflessi gialli e metallici. Indossava un abito da mattino con un corpetto di maglia lilla trattenuto da un nastro sotto il seno. Un vestito delizioso... per una debuttante.
Mariana non si rassegnava al fatto di non essere più giovane. In verità, non aveva mai accettato il superamento dei vent’anni, e così continuava a vestirsi come la ragazza che era stata un tempo. In effetti bisognava riconoscerle un’indubbia qualità: era coraggiosa e sprezzava con fierezza le convenzioni che avrebbero dovuto governare una donna non più nel fiore degli anni.
«Ah, vedo che hai smesso di vagabondare in mezzo ai tuoi compari e ti sei decisa a rincasare» disse acida.
Kate gettò un’occhiata al boudoir della matrigna e si avvicinò a una pila di abiti ammonticchiati sopra uno sgabello. La stanza era invasa da vestiti di cotone impalpabile e sete luccicanti. «Devo parlarvi della signora Crabtrees» le disse, dandosi da fare per potersi sedere.
«Santo Iddio, spero che tu sia riuscita a gettar fuori di casa quella donna.» Mariana si accese un cigarillo. «Sai bene che la settimana entrante riceverò la visita di quell’idiota di avvocato incaricato di controllare la mia gestione della proprietà. Se mai dovesse vedere le condizioni di quel cottage, simile a una porcilaia, mi farebbe un mucchio di storie.»
«Dalla morte del marito, Mrs Crabtrees è stanca e spaventata. E la casa non è una porcilaia, ma solo disorganizzata. Non potete sfrattarla. Non ha un posto in cui andare.»
«Che sciocchezze.» La matrigna si avvicinò allo specchio per guardarsi le labbra. «Sono certa che ce l’ha. E magari sta pure con un uomo. Il marito se n’è andato da più di un anno. Vedrai se non ho ragione.»
Per Kate, parlare con quella donna era come chiudersi in un gabinetto buio: non si sapeva mai cosa aspettarsi e, comunque, l’eventuale sorpresa sarebbe stata negativa.
«Ciò che dite è crudele» ribatté quindi, alzando il tono di voce di un’ottava per trasmettere maggiore autorevolezza.
Mariana si strinse nelle spalle. «Sono stanca di questo argomento, inoltre devo dirti qualcosa di più importante. Stasera avremo a cena lord Dimsdale e tu starai a tavola con noi.» Gettò uno sbuffo di fumo, simile a una nuvola grigia che si levava da una piccola pipa di rame.
«Cherryderry me l’ha detto. Come mai?» Lei e la matrigna avevano rinunciato ormai da tempo alle formalità. Si detestavano reciprocamente. Perché, dunque, si sarebbe dovuta presentare a tavola?
«Tra qualche giorno, incontrerai i parenti di Dimsdale.» Mariana accese un secondo cigarillo. «Grazie al cielo sei più snella di Victoria, così non ci saranno problemi a adattare i suoi abiti. Sarebbe stato peggio il contrario.»
«Di che cosa state parlando? Stento a credere che lord Dimsdale possa avere alcun interesse a cenare con me o a presentarmi la sua famiglia. E, devo dire, il sentimento è reciproco.»
Prima che Mariana potesse chiarire la situazione, la porta della camera si spalancò. «La pomata non funziona» piagnucolò Victoria, avvicinandosi alla madre senza neppure vedere Kate. S’inginocchiò davanti alla genitrice e le nascose il volto in grembo.
La donna posò subito il cigarillo e cinse le spalle della figlia in un abbraccio. «Sssh, bambina mia» la consolò. «Vedrai che la crema farà effetto. Ci vuole solo un po’ di tempo. Te lo prometto. Hai la mia parola. Funzionerà e il tuo volto tornerà a essere bello come prima. Sappi, inoltre, che ho mandato a prendere due dei migliori medici di Londra.»
«Guardami il labbro, Kate!» Victoria sollevò la testa. «Sono rovinata.» Gli occhi luccicavano di pianto.
Il labbro inferiore aveva effettivamente un aspetto allarmante. Intorno a quella che pareva essere un’infezione, era gonfio e violaceo e la bocca pareva essersi storta da un lato.
Kate si alzò per vedere più da vicino. «Cosa dice il dottor Busby?»
«È passato ieri, ma è un vecchio stupido» sentenziò Mariana. «Non ci si poteva aspettare che comprendesse l’importanza della situazione e non aveva nulla di efficace da offrire. Niente di niente!»
Kate girò alla luce il viso della ragazza. «Credo che il morso si sia infettato. Sei certa che quella crema vada bene?»
«Stai forse dubitando del mio giudizio?» gridò Mariana, scattando in piedi.
«Sì. Se Victoria si ritroverà con il labbro deforme perché voi le avete suggerito l’uso di chissà quale rimedio comprato a Londra, la colpa sarà solo vostra.»
«Insolente!» La matrigna avanzò d’un passo.
La figlia, però, intervenne. «Basta, mamma. Kate, pensi davvero che la crema non sia indicata? Il labbro pulsa in maniera insopportabile.» Victoria era molto carina: aveva la carnagione perfetta, occhi grandi e teneri, dall’aria sempre languida, come se avesse appena versato lacrime d’amore o stesse per farlo. Una considerazione assolutamente adatta a quella circostanza, visto che, per amore o per altro, quella mattina Victoria non aveva fatto che piangere. Anche in quel momento due lacrimoni le stavano correndo giù per le guance.
«Secondo me, c’è un’infezione all’interno della ferita.» Kate corrugò la fronte. «Il labbro si è rimarginato in fretta, ma...» Premette piano sul gonfiore e l’altra gridò. «Dovrà essere inciso.»
«Mai!» ruggì Mariana.
«Non lo permetterei mai. Non in faccia!» replicò Victoria, tutta tremante.
«Non vorrai rimanere sfigurata, vero?» chiese Kate, paziente.
Victoria la fissò, pensierosa.
«Non si farà nulla fino all’arrivo dei dottori da Londra» stabilì Mariana, sedendosi di nuovo. Nutriva un entusiasmo quasi selvaggio per qualsiasi cosa, o persona, che provenisse dalla capitale. Kate sospettava che un simile atteggiamento fosse da imputare alla sua infanzia trascorsa in campagna, ma considerato che la matrigna evitava qualsiasi riferimento al passato, non ne era certa.
«Speriamo che arrivino presto, allora» disse Kate, chiedendosi, in cuor suo, se un’infezione al labbro rischiasse di propagarsi anche al sangue. No. Forse no... «Perché volete che partecipi alla cena?»
«Per via del mio labbro» replicò Victoria, tirando su con il naso come un maialino.
«Per il labbro» ripeté Kate.
«Non posso farmi vedere conciata così, no?» aggiunse la ragazza, che come al solito dava tutto per scontato.
«Victoria dev’essere presentata a un membro molto importante della famiglia Dimsdale, fra qualche giorno» intervenne la matrigna. «Se tu non fossi così impegnata a girovagare per la tenuta ascoltando le tristi storie di donne piagnucolose, lo sapresti. Lui è un principe. Un principe, capisci?»
Kate si rimise a sedere sullo sgabello e fissò le sue interlocutrici. Mariana era dura e brillante come un penny ...