Taylor Swift
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Taylor Swift

  1. 240 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Taylor Swift

Informazioni su questo libro

Questa è la biografia completa e aggiornata di Taylor Swift, la cantante dalle origini country che da quasi un decennio spopola nelle classifiche di tutto il mondo. Il libro racconta in maniera esaustiva e divertente come Taylor sia stata capace di conquistare un successo di dimensioni globali prima ancora di avere vent'anni. Ricco di foto e di aneddoti, offre un dettagliato resoconto dettagliato sulla sua vita pubblica e privata: la storia delle canzoni, gli amori, le scelte professionali e le passioni più intime. Un libro imperdibile per conoscere il cuore di una delle cantanti più amate degli ultimi anni.

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Informazioni

 All’Event to Prevent della Candies Foundation, 7 maggio 2008. (Eckstein/Retna Digital)
All’Event to Prevent della Candies Foundation, 7 maggio 2008. (Eckstein/Retna Digital)
CAPITOLO 1

FRETTA DI CRESCERE

Taylor nel 1994. (Andrew Orth/Retna)
Taylor nel 1994. (Andrew Orth/Retna)
13 dicembre 1989. Al numero 1 in classifica c’era We Didn’t Start the Fire di Billy Joel, l’inno dei baby boomers, ma nella cittadina di Wyomissing, in Pennsylvania, nessuno sospettava che quel giorno si fosse accesa una scintilla, Taylor Alison Swift, destinata a bruciare le classifiche meno di vent’anni dopo.
Ansiosi di spianarle la strada in ogni modo, i genitori – Andrea Swift, un’affermata donna d’affari, e Scott Swift, un mediatore di borsa – scelsero il nome di conseguenza: secondo Andrea, leggendo “Taylor” su un biglietto da visita o un curriculum vitae, i suoi futuri datori di lavoro non avrebbero capito se era un ragazzo o una ragazza. “Voleva avviarmi a una carriera negli affari” spiegherà Taylor a “Rolling Stone”. Oggi non farà parte di un consiglio d’amministrazione, ma Andrea Swift è tutt’altro che delusa dalla figlia superstar.
I primi anni di vita, Taylor li trascorse negli undici acri di una coltivazione di alberi di Natale a Wyomissing, seconda attività della famiglia, una proprietà che ospitava parecchi gatti e sette cavalli. Cavallerizza precoce, da bambina praticava l’equitazione agonistica: “Sono cresciuta in una piccola fattoria, ma da piccola mi sembrava il posto più grande, magico e meraviglioso del mondo”, un posto dove “correre in libertà e andare ovunque volessi seguendo il filo dei miei pensieri”. A due anni trovò un compagno di giochi con l’arrivo del fratellino Austin, e quando Taylor ne aveva quattro Andrea decise di abbandonare il lavoro per dedicarsi ai figli.
In The Best Day, una canzone d’amore per la famiglia, Taylor racconta che gli Swift erano molto uniti. “Mia madre è una delle mie migliori amiche” ha spiegato a “Girls’ Life”. “Lei c’è sempre, sempre. È l’unica persona che è capace di guardarmi negli occhi e dire: ‘Stammi a sentire, ora basta piangerti addosso’. Capisci cosa intendo? E io ho bisogno di una persona così.” La madre, inoltre, ha giocato un ruolo determinante nel suo incredibile successo: “Mi ha insegnato la razionalità e la concretezza. Sono cresciuta accanto a una donna forte, e probabilmente è per questo che oggi non faccio mai le cose a metà”.
Il legame speciale che unisce madre e figlia non sfugge a Scott Swift. “La gente continua a dirmi: ‘Il rapporto tra Andrea e Taylor è davvero unico’” ha dichiarato al “Tennessean”. “È una cosa straordinaria. Non conosco tante madri e figlie che lavorano fianco a fianco come quelle due.” Oggi Scott ha smesso di essere sempre accanto a Taylor, ma continua a rappresentare un punto di riferimento fondamentale. Se Andrea è una madre severa ma affettuosa, realistica e sincera, Scott è un pezzo di pane: “Papà è un orsacchiottone, mi dice sempre che tutto quello che faccio è perfetto”. Come la moglie, Scott mette la propria esperienza a disposizione della figlia, aiutandola a prendere decisioni economicamente vantaggiose: “Come uomo d’affari, è un genio” dice Taylor. “Non faccio che ricevere consigli sulla mia gestione finanziaria e sugli investimenti che dovrei fare. Secondo me, un artista deve farsi carico di ogni aspetto della sua carriera.”
In quanto genitori, Andrea e Scott si compensano a vicenda. “Ho una madre razionale, concreta e realistica” ha confidato Taylor al “Tennessean” “e un padre con la testa fra le nuvole, gentile, affettuoso e ottimista. Ecco perché sono diventata una sognatrice che adora volare con la mente in posti dove l’amore è eterno ed è tutto coperto di lustrini: l’ho preso da papà. Ogni volta che scendo dal palco lui mi dice che sono stata fantastica, o che si è commosso standosene vicino al mixer a guardarmi. Mamma, invece, mi dice la verità.”
Taylor ha ereditato la sicurezza e il senso degli affari dai genitori, ma il talento musicale viene dalla compianta nonna materna Marjorie Finlay, una famosa cantante lirica: “Ricordo i brividi quando la sentivo cantare. È stata una delle mie prime fonti d’ispirazione”. Al “Sunday Times” ha raccontato che la nonna “organizzava feste meravigliose a casa sua, durante le quali si metteva a cantare. Nel suo soggiorno o in chiesa, voleva essere sempre sul palcoscenico: lo adorava. Quando entrava in una stanza, la guardavano tutti, era più forte di loro: aveva quel non so che di irresistibile. Io lo vedevo che era diversa dagli altri”. Girando il mondo al seguito del marito, un costruttore di impianti di trivellazione, si era esibita in luoghi come Singapore, Porto Rico e il Vietnam. Quando Andrea aveva dieci anni la famiglia si stabilì in America e Marjorie apparve in opere e musical quali La sposa venduta, Il barbiere di Siviglia e West Side Story. Tra figlia e suocera, però, Scott Swift nota affinità che vanno oltre le doti musicali: “Entrambe avevano la capacità quasi magica di entrare in una stanza e ricordarsi all’istante i nomi di tutti. Taylor ha la grazia e il fisico della madre di Andrea, la quale aveva un dono incredibile: ogni volta che entrava in una stanza, tutti si innamoravano di lei”.
Sin da molto piccola, Taylor dimostrava di aver preso dalla nonna. Era straordinariamente brava a imparare le canzoni a memoria, tanto che a tre o quattro anni “andavamo a vedere i film di Walt Disney e all’uscita dal cinema, mentre tornavamo a casa in macchina, cantavo tutte le canzoni parola per parola, e i miei si accorgevano che, una volta finite le parole, cominciavo a inventarmele. Insomma, ero una di quelle ragazzine fastidiose che corrono di qua e di là cantando davanti agli sconosciuti”.
Taylor non era patita solo del canto, ma anche delle storie. “Non volevo fare altro che chiacchierare e ascoltare storie” ha raccontato alla giornalista Katie Couric. “Quando andavo in macchina con mamma la facevo impazzire.” Come tutti i bambini desiderava le favole della buonanotte, ma non si accontentava sempre degli stessi libri e ne pretendeva di nuovi: “Mi rifiutavo di dormire senza una storia, e ne volevo sempre una nuova”. Non a caso Andrea confessava che la sua energica bambina “era capace di sfinirmi”.
Non ci volle molto perché Taylor cominciasse a inventarsi le sue storie. “Scrivo senza accorgermene” ha detto al “Washington Post”. “Scrivo in continuazione.” Il suo amore per il linguaggio “nasce dalla poesia, dal tentativo di trovare la combinazione perfetta di parole, con il numero perfetto di sillabe e la rima perfetta, in modo che esploda sulla pagina”. Amava il Dr Seuss e Shel Silverstein: “Mi accorsi subito che la poesia mi restava in testa” ha spiegato a “Rolling Stone” “mi piaceva ripetere quelle rime e cercarne altre. A scuola non vedevo l’ora di fare poesia: ‘Oh no, dobbiamo scriverne un’altra?’ si lamentavano i miei compagni, io invece sfornavo tre pagine di versi”. In quarta elementare vinse un concorso nazionale di poesia con un componimento intitolato Il mostro nel mio armadio, e un anno, durante le vacanze estive, scrisse persino un romanzo di trecentocinquanta pagine. Ricorda Andrea: “Non faceva altro che scrivere. Se con la musica non avesse funzionato, penso che avrebbe studiato giornalismo o provato a diventare una scrittrice”.
Al di là della musica e delle storie, la piccola Taylor dimostrava un’altra dote che le sarebbe tornata utile nella scalata al successo: perfettamente a suo agio davanti alla telecamera, era capace di assumere pose che persino Tyra Banks avrebbe definito grintose. “Ho delle sue foto a cinque anni per dei biglietti di Natale” ha raccontato Andrea alla rivista inglese “Sugar” “Taylor era in posa: il fotografo mi disse che dovevo portarla a Los Angeles per farle fare la modella, ma grazie al cielo non gli diedi retta.” Un sollievo condiviso da milioni di fan.
Undicenne, nei panni di Kim nel musical Bye Bye Birdie, al Berks Youth Theatre con Cody Derespina, Chris Brossman e Jessica Flamholz, marzo 2001. (Diane Staskowski, “The Reading Eagle”)
Undicenne, nei panni di Kim nel musical Bye Bye Birdie, al Berks Youth Theatre con Cody Derespina, Chris Brossman e Jessica Flamholz, marzo 2001. (Diane Staskowski, “The Reading Eagle”)

IL PRIMO PALCOSCENICO

Attorno ai dieci anni Taylor decise che voleva seguire le orme della nonna e cantare in pubblico. Una settimana dopo aver visto Charlie e la fabbrica di cioccolato fece un provino per la compagnia teatrale: lo superò, e siccome era alta le assegnarono memorabili ruoli da protagonista quali Sandy in Grease, Kim in Bye Bye Birdie e Maria in Tutti insieme appassionatamente. “Il mio stile canoro era molto più country che Broadway” ammetteva però Taylor e, per quanto le piacesse stare sul palco, ad appassionarla era soprattutto il karaoke alle feste dopo le ultime repliche degli spettacoli: “Cantare pezzi country con il karaoke era la cosa che più adoravo al mondo”. Shania Twain, Dixie Chicks, Faith Hill: Taylor aveva la possibilità di cimentarsi nelle canzoni che ascoltava sin da quando un album di LeAnn Rimes l’aveva fatta innamorare del country a sei anni. Le sue intense performance non passarono inosservate: “Un giorno qualcuno disse a mamma: ‘Sa, sua figlia dovrebbe proprio cantare il country’. Era come se tutti ci fossimo resi conto nello stesso momento che quello era il mio futuro”.
Un giornale locale pubblica la foto di Taylor, vincitrice di un concorso nazionale di poesia. (“The Reading Eagle”)
Un giornale locale pubblica la foto di Taylor, vincitrice di un concorso nazionale di poesia. (“The Reading Eagle”)
Taylor si mise a spulciare l’elenco del telefono a caccia di altri posti in cui esibirsi. Uno di quelli che frequentava più spesso era il Pat Garrett Roadhouse di Strausstown, in Pennsylvania, che spesso organizzava concorsi di karaoke. Taylor cominciò a partecipare ogni settimana, portandosi dietro i genitori: “Immagino fossero un po’ imbarazzati vedendo la loro figlioletta cantare in quel bar pieno di fumo, ma sapendo quanto ci tenevo mi lasciavano fare”. Un anno e mezzo dopo, la sua interpretazione di Big Deal di LeAnn Rimes le valse non solo il titolo di campionessa di karaoke, ma anche la possibilità di aprire per Charlie Daniels, leggenda del country e vincitore del Grammy, all’anfiteatro dall’altra parte della strada. Va detto che, nel caso di questa “apertura”, Taylor andava in scena alle dieci del mattino mentre Charlie Daniels suonava alle otto di sera, ma per un’undicenne era comunque un exploit clamoroso.
Dimostrando un fiuto che già all’epoca rendeva fieri i suoi genitori, Taylor scoprì un altro modo per farsi conoscere: cantare l’inno nazionale agli eventi sportivi. Inviava demo ovunque, si esibiva regolarmente per i Reading Phillies, la squadra di baseball giovanile del luogo, e accettava tutti gli ingaggi che riusciva a ottenere, dai raduni del club di giardinaggio vicino a casa fino agli US Open di tennis, a dodici anni: “Mi ero resa conto che cantando quel solo brano potevo farmi ascoltare da ventimila persone senza nemmeno avere un contratto discografico” spiegherà a “Rolling Stone”. A undici anni ebbe un momento di gloria in occasione di una partita dei Philadelphia 76ers. Seduto a bordo campo c’era il rapper e guru hip hop Jay-Z, che dopo la performance le batté il cinque: “Me ne vantai per un anno di fila” ricordava lei.
Taylor continuò a cantare l’inno americano, ma fu il tanto sospirato contratto discografico a introdurla a un pubblico molto più vasto. Alle World Series del 2008 intonò The Star-Spangled Banner durante il terzo gioco dell’incontro Philadelphia Phillies-Tampa Bay Rays. Per quanto lo avesse già fatto centinaia di volte, esibirsi per una partita così importante la intimoriva un po’: “L’inno nazionale non è difficile dal punto di vista dell’estensione, perché lo canto da un sacco di tempo. Il problema è il silenzio assoluto nello stadio, quarantamila persone sugli spalti e tu sei l’unica a cantare. [...] È un momento davvero surreale”.
Taylor era felice di essersi fatta un nome grazie a uno degli eventi sportivi più importanti del paese, ma quello che più contava per lei era conquistarsi un pubblico. Un giorno vide in televisione uno special su Faith Hill, uno dei suoi idoli, che parlava di Nashville, la patria del country: “Ecco la terra promessa del country. È lì che devo andare”.
Decise allora di registrare un demo cantando i suoi pezzi country preferiti con le basi del karaoke, quindi, durante una vacanza di primavera, convinse la madre ad accompagnarla nella leggendaria città: fu così che Andrea portò Taylor e Austin a Nashville. Entrando nelle case discografiche in Music Row, Taylor consegnava il demo e annunciava spavalda: “Ciao, sono Taylor, ho undici anni e voglio un contratto”. Tuttavia, per quanto adorabile fosse il coraggio dell’aspirante star, le etichette non si lasciavano intenerire: “In pratica mi dicevano: ‘Ah, che carina, ma sei solo una bambina’ oppure ‘smetti di sognare, va’ a casa e torna quando avrai diciott’anni’. Ma io non li ascoltavo: non accettavo l’idea di dover aspettare i diciott’anni per diventare un’artista importante”. I discografici erano sicuri che alle ragazze non interessasse quella musica: “Il profilo demografico degli ascoltatori del country corrisponde a quello delle donne trentacinquenni” le ripetevano, ma lei non ci credeva: “Non può essere vero, io il country lo ascolto e so che ci sono altre ragazze che lo ascoltano. [...] Perciò non mi rassegnavo”. Naturalmente aveva ragione lei: forse i discografici non lo sapevano ancora, ma nel giro di qualche anno Taylor gliel’avrebbe dimostrato.

LA CHITARRISTA EMARGINATA

Tornata a Wyomissing, Taylor capì che doveva distinguersi dagli altri aspiranti artisti, così decise di imparare a suonare la chitarra e iniziare a scrivere la propria musica: “Nashville è piena di voci meravigliose e donne bellissime, perciò dovevo trovare il modo di farmi notare. Pensai allora di partecipare a un provino con un pezzo scritto da me, e quell’idea fu determinante”.
Una chitarra Taylor ce l’aveva già, sin da quando aveva otto anni: aveva anche preso qualche lezione, ma ben presto si era scoraggiata. A convincerla a riprovare fu un maestro sui generis: un ragazzo arrivato a casa per riparare il computer, dal quale Taylor imparò i primi tre accordi. Dieci minuti dopo aveva scritto la sua prima canzone, Lucky You. Ogni settimana il tecnico tornava a insegnare qualche altro accordo alla giovane allieva, che a dodici anni si esercitava già quattro ore al giorno, sette giorni su sette. In classico stile T-Swift, decise di suonare una dodici corde, più difficile della sei corde, proprio perché il suo prim...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Introduzione
  4. Capitolo 1. Fretta di crescere
  5. Capitolo 2. Prossima fermata, Nashville
  6. Capitolo 3. “A Place in This World”
  7. Capitolo 4. Taylor segreta: “Taylor Swift”
  8. Capitolo 5. A scuola dalle leggende
  9. Capitolo 6. La ragazza d’oro
  10. Capitolo 7. Taylor segreta: “Fearless”
  11. Capitolo 8. Il Fearless Tour
  12. Capitolo 9. Blonde Ambition
  13. Capitolo 10. Taylor segreta: “Speak Now”
  14. Capitolo 11. “Sparks Fly”
  15. Capitolo 12. Taylor segreta: “Red”
  16. Capitolo 13. Taylor pop star
  17. Capitolo 14. Love Stopies i video di Taylor
  18. Capitolo 15. Oltre la musica
  19. Capitolo 16. La Taylor Nation
  20. Capitolo 17. Ogni giorno è favola cronologia di Taylor Swift
  21. Copyright