«Miei alleati» cominciò Skara. «Amici miei.» Come se chiamarli amici potesse farli sentire meno suoi nemici. «Ho pensato fosse saggio convocare soltanto noi sei per discutere la nostra situazione senza troppe... interruzioni.» Intendeva riferirsi a quelle zuffe fatte di discussioni meschine, insulti e minacce che strangolavano le loro affollate assemblee.
Re Uthil e re Gorm si guardavano in cagnesco. Padre Yarvi e Madre Scaer si guardavano in cagnesco. Sorella Owd sedeva comoda, le braccia cupamente incrociate. Dal mare sospirava un vento che agitava l’erba dei tumuli, facendo rabbrividire Skara nonostante la giornata calda.
Un incontro intimo, fuori porta, con le farfalle a svolazzare tra i fiori che crescevano sulle tombe di genitori che Skara aveva a malapena conosciuto. Un incontro intimo di due re, tre ministranti, e lei. E con la collera di Gran Madre Wexen che stava per abbattersi su di loro.
«La nostra situazione, dunque.» Madre Scaer roteava un bracciale elfico sul polso sottile, ancora e ancora. «Una faccenda davvero spinosa.»
«Diecimila guerrieri del Gran Re stanno calando su di noi» disse Uthil. «E fra loro svettano i vessilli di molti eroi famosi.»
«E altri attraversano gli stretti dallo Yutmark, ogni giorno» aggiunse Gorm. «Dobbiamo ripiegare. Dobbiamo abbandonare il Throvenland.»
Skara sussultò. Abbandonare Punta Bail. Abbandonare la sua terra e il suo popolo. Abbandonare il ricordo di suo nonno. Il pensiero la fece sentire male. Persino peggio.
Uthil si lasciò scivolare la spada sguainata dalla mano, finché la punta non si piantò nell’erba. «Non è così che vedo la vittoria.»
«E dov’è che la vedi?» domandò implorante Skara, sforzandosi di sedere dritta e stendere sul proprio volto l’espressione dignitosa d’una regina, anche se avrebbe di gran lunga preferito rannicchiarsi a piangere sotto lo scranno. Ma Uthil si limitò a rigirare delicatamente la spada, il viso indurito come le scogliere più in basso.
«Sono sempre pronto ad affidarmi alla mia fortuna in battaglia, ma non sono solo. Devo pensare a mia moglie e a mio figlio. Devo pensare a cosa posso lasciargli.»
Skara si sentì lo stomaco in gola e si sforzò di tenerlo a bada. Quando persino il re di ferro non poteva sostenere che l’acciaio è la risposta, la situazione era davvero disperata.
Madre Scaer voltò la testa rasata e si sputò alle spalle. «Forse è giunto il momento di inviare un uccello a Gran Madre Wexen.»
Padre Yarvi sbuffò. «Madre Adwyn ha detto chiaramente che Gran Madre Wexen non farà mai pace con me.»
«Così dici tu.»
Yarvi socchiuse gli occhi. «Pensi che stia mentendo?»
Scaer ricambiò l’occhiataccia. «Come al solito.»
«Re Fynn fece pace con Gran Madre Wexen» disse Skara, la voce spezzata. «E quanto bene ne ha ricavato!»
Ma i due re sedevano in silenzio meditabondo mentre Madre Scaer si protendeva, con gli avambracci tatuati appoggiati sulle ginocchia. «Ogni guerra è solo un preludio alla pace. Un negoziato di spade anziché di parole. Vediamo di recarci da Gran Madre Wexen finché abbiamo ancora qualcosa su cui accordarci...»
«Niente accordi!» latrò una voce. «Niente pace.»
Thorn Bathu stava aggirando a gran passi il tumulo più vicino. Da principio, al vederla, Skara provò un moto di letizia. Proprio la donna che occorre quando si affrontano imprese impossibili. Ma Thorn strattonò una catena e si fece seguire da un prigioniero vacillante, con le braccia legate dietro la schiena e un sacco insanguinato sul viso. Poi Skara vide una figura che li seguiva avvolta in un mantello di stracci e con il cappuccio alzato. Infine incontrò gli occhi di Thorn, che cerchiati di nero ardevano di una collera quasi dolorosa da sostenere.
«Yilling lo Splendente ha attaccato Thorlby» fece lei con voce crudele, buttando il prigioniero in ginocchio con un calcio davanti ai tre sovrani e ai loro tre ministranti. «Ha bruciato mezza città . La regina Laithlin è ancora là con suo figlio, a occuparsi dei feriti. Ha ucciso uomini, donne, bambini. Ha ucciso...» diede un colpo di tosse strozzato, snudò i denti e riuscì a controllarsi di nuovo e a sollevare il mento affilato, gli occhi sfavillanti. «Ha ucciso Brand.»
Gorm lanciò di sbieco uno sguardo cupo alla sua ministrante. Il pugno di Uthil sbiancò sull’elsa della spada. Padre Yarvi sbarrò gli occhi e sembrò accasciarsi sulla sedia.
«Dèi» bisbigliò, il viso prosciugato di tutto il colorito.
«Mi... dispiace tanto...» balbettò Skara. Ricordava il momento in cui Thorn l’aveva abbracciata quando fu portata per la prima volta a Thorlby. Avrebbe voluto fare lo stesso per lei, adesso. Ma Thorn aveva il viso così deformato dalla rabbia che Skara osava a malapena guardarla, figuriamoci toccarla.
La nuova arrivata si buttò indietro il cappuccio lacero. Una donna del Sud, dalla pelle scura, snella come una frusta e col lato sinistro del viso disseminato di bruciature. Un tempo, Skara avrebbe fatto una smorfia di disgusto, ma si stava abituando alle cicatrici.
«Saluti, grandi re, grandi regine, grandi ministranti» si inchinò lei, mostrando zone calve per le bruciature nella zazzera di capelli grigi. «Nella terra degli alyuk mi chiamano Sun-nara-Skun. A Kalyiv mi chiamano Scarayoi, La Viandante delle Rovine.»
«E come ti chiamano qui?» sbottò Madre Scaer.
«Lei è Skifr» mormorò Yarvi.
«Skifr la strega?» Scaer arricciò il labbro orripilata. «La ladra di reliquie elfiche? Denunziata da Gran Madre Wexen?»
«Proprio lei, colombella mia.» Skifr sorrise. «Gran Madre Wexen ha bruciato la mia casa e ucciso la mia famiglia, perciò sono l’acerrima nemica della vostra acerrima nemica.»
«Il miglior alleato possibile.» Lo Spezza-spade aggrottò la fronte gettando uno sguardo all’uomo incatenato. «Dobbiamo giocare agli indovinelli su questo visitatore?»
Thorn sbuffò e gli tirò via il sacco dalla testa.
All’inizio la vista della sua faccia diede a Skara la nausea. Una massa informe, malconcia, rigonfia e livida, un occhio gonfio sbarrato e il bianco dell’altro chiazzato di rosso. Poi si accorse che lo conosceva. Era uno di quelli che si trovavano nella Foresta la notte in cui bruciava. Uno di quelli che aveva riso quando re Fynn era ruzzolato nella buca del fuoco. Sapeva che avrebbe dovuto odiarlo, ma l’unica cosa che provava alla vista del suo viso devastato era pietà . Pietà e disgusto per ciò che gli era stato fatto.
Sii generosa con i nemici come con gli amici, le diceva sempre suo nonno. Non per il loro bene, ma per il tuo.
Tuttavia Thorn era di umore tutt’altro che generoso. «Questi è Asborn Senza-paura, Compagno di Yilling lo Splendente.» Affondò le dita nei suoi capelli incrostati di sangue e con una torsione gli girò il volto verso di lei. «È stato catturato durante il saccheggio di Thorlby, e ha dimostrato di avercela un po’ di paura, in fin dei conti. Di’ loro quello che mi hai detto, verme!»
La bocca di Asborn ciondolava inerte e sdentata, gracchiando parole sconnesse. «Un messaggio... è giunto a Yilling lo Splendente. Di attaccare Thorlby. Quando... e dove... e come attaccare.» Skara sussultò quando il respiro gorgogliante dell’uomo scrocchiò. «Avete... un traditore... in mezzo a voi.»
Padre Yarvi si sporse sulla sedia, serrando la mano rattrappita a parodiare un pugno. «Chi è?»
«Solo Yilling lo sa.» Il suo unico occhio chiazzato di sangue continuava a fissare quelli di Skara. «Forse costui siede qui, adesso... in mezzo a voi.» La bocca fracassata si arricciò in un sorriso scarlatto. «Forse...»
Thorn lo colpì sulla faccia massacrata. Facendolo crollare sul fianco e sollevando il braccio per colpirlo ancora.
«Thorn!» gridò Skara, stringendosi il seno. «No!» Thorn la fissò esterrefatta, il viso dilaniato al tempo stesso per la furia e per il dolore. «Ti prego, se continui a fargli del male, danneggi te stessa. Danneggi tutti noi. Ti supplico, abbi un po’ di pietà !»
«Pietà ?» sfuggì all’altra, le lacrime che correvano sulle guance sfregiate. «Hanno avuto pietà di Brand?»
«Non più di quanta ne abbiano avuta per mio nonno.» Skara sentì che anche i suoi occhi bruciavano mentre si protendeva disperata. «Ma dobbiamo essere migliori di loro!»
«No. Dobbiamo essere peggiori.» Thorn sollevò selvaggiamente Asborn per la catena, alzando il pugno chiuso, ma lui si limitò a sorridere ancora di più.
«Arriva Yilling lo Splendente!» gorgogliò lui. «Arriva Yilling lo Splendente e la Morte lo accompagna!»
«Oh, la Morte è già qui.» Skifr si voltò, sollevando il braccio, con un oggetto di metallo nero stretto in pugno. Ci fu uno scoppio assordante che fece sobbalzare Skara sulla sedia, una nebbiolina rossastra schizzò dalla nuca di Asborn mentre veniva rigettato sul fianco coi capelli in fiamme.
Skara aveva gli occhi sbarrati, raggelata dall’orrore.
«Madre Guerra proteggici» disse in un soffio Gorm.
«Che cosa hai fatto?» strillò Madre Scaer, balzando in piedi e facendo ribaltare lo sgabello sull’erba.
«Rallegratevi, colombelle mie, perché vi ho portato gli strumenti della vostra vittoria.» Skifr agitò l’oggetto micidiale, con un cirro di fumo che si arricciava da un foro all’estremità . «So dove possiamo trovarne altre, di queste. Reliquie al cui confronto questo potere sembrerà un giochetto. Armi elfiche, forgiate prima dello Spezzarsi di Dio!»
«Dove?» chiese Yarvi, e Skara rimase sconvolta nel vedere i suoi occhi luccicare bramosi.
Skifr inclinò la testa da un lato. «A Strokom.»
«Pazzia!» strillò Madre Scaer. «Strokom è proibita dal Ministero. Chiunque vi si avventuri si ammala e muore!»
«Io ci sono stata.» Skifr sollevò un lungo braccio a indicare il bracciale elfico che ardeva arancione al polso di Thorn. «E ho portato via quel gingillo, e calco ancora questa terra. Non conosco suolo proibito. Io sono la Viandante delle Rovine e conosco tutte le strade. Persino quelle che possono tenerci al sicuro dal malanno di Strokom. Ditelo, e io metterò nelle vostre mani delle armi a cui nessun uomo, nessun eroe, nessuna armata potrà mai resistere.»
«Andando così incontro a una maledizione?» ringhiò Madre Scaer. «Avete perso il senno?»
«Io conservo ancora il mio.» Re Uthil si era alzato con calma, con calma si era diretto verso il cadavere di Asborn e con calma gli si era accovacciato accanto. «Il grande guerriero è quello che respira ancora quando banchettano i corvi. Il grande re è quello che guarda bruciare le carcasse dei suoi nemici.»
Ficcò il mignolo nel foro netto sulla fronte di Asborn, e quel fuoco folle che sembrava essersi estinto tornò ad avvampargli nello sguardo. «L’acciaio deve essere la risposta.» Estrasse il mignolo, rosso, e lo fissò inarcando un sopracciglio. «E questo non è altro che un acciaio diverso.»
Skara chiuse gli occhi, stringendo forte i braccioli dello scranno. Cercando di calmare il respiro affannoso e lo stomaco in subbuglio, e di reprimere l’orrore. Orrore alla vista della magia. Orrore nel vedere un prigioniero ucciso sotto i suoi occhi. Or...