
- 168 pagine
- Italian
- ePUB (disponibile sull'app)
- Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub
Informazioni su questo libro
Questa è una storia da romanzo. Ma tutta vera. È la storia di Francesco Tarducci, conosciuto come Nesli dal milione di fan che lo seguono sui social e che lo considerano un poeta. La storia inizia a Senigallia, un pomeriggio d'estate del 1997. C'è una pistola. C'è il rumore di uno sparo. Il migliore amico di Nesli perde sangue. Poi gira gli occhi e allenta la presa. "Pippo non mi morire cazzo!" Per la prima volta Nesli racconta la sua storia dolorosa e controversa, i suoi momenti più difficili, proprio quelli in cui ha imparato che la fine non è mai veramente la fine. E se adesso canta "andrà tutto bene" è perché lo ha sperimentato sulla sua pelle.
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Informazioni
eBook ISBN
9788852067945Categoria
Biografie in ambito musicaleSETTEMBRE 2010 DOPO IL SEMINTERRATO DI BOVISA, FINO A OGGI
Io sono un marziano. Asfalto e viaggi nel tempo.
Per diventare la persona che vuoi essere a volte è necessario passare dalla distruzione. La consapevolezza ha un prezzo, e per me ha avuto un costo salato. Ha voluto prendersi tutto, anche il Francesco di prima. Sono morto e poi risorto, ho perso tutto quello che avevo. L’amore di una vita, gli amici che chiami “famiglia”, un progetto di lavoro: credevo fossero importanti, invece l’unica cosa che davvero conta è sapere chi sono.
Guardarmi allo specchio
e vedere me stesso.
Comincia tutto con La fine, che porta due anni di concerti in giro per il paese, l’Alcatraz di Milano, il disco nuovo, la musica che diventa un mestiere. Ho voglia di non stare fermo, di andare avanti.
«Faccio tutto» ho detto all’agenzia che mi organizza le date. «Qualsiasi cosa: concerti, matrimoni, funerali, convention.»
Vivo nel seminterrato e voglio suonare il più possibile.
Un giorno mi chiama l’agenzia.
«C’è da fare un compleanno» dicono.
«In che senso?»
«Ha chiamato la mamma di una ragazza che festeggia, e tu saresti il regalo. Dovresti uscire dalla torta.»
«No, dalla torta non ci esco. Già l’idea del compleanno non mi piace.»
«E va bene, non uscire dalla torta. Vai lì e suona due canzoni.»
Ci vado anche se non ne ho voglia.
Carlo mi porta in questo enorme agriturismo, dove mi chiudono in una stanza per non farmi vedere.
Che palle, non voglio suonare. Continuo a lamentarmi, mi immagino una ragazzina un po’ sfigata. Allora Carlo va a dare un’occhiata, anche per capire com’è il posto e come sono gli invitati che partecipano alla festa.
Torna dopo un po’, scosso.
«Carlo, che problema c’è?»
«Fra, sono tutte splendide. Giuro che non ho mai visto una tale quantità di belle ragazze tutte insieme.»
«E lei, la festeggiata, com’è?»
«È bellissima, la più bella di tutte.»
Poi arriva il mio momento. Scendo una gradinata, la vedo. Ed è un colpo di fulmine. In un istante ci ricasco, è un mattone che mi cade in testa.
Quando ho svuotato l’appartamento di Niguarda, credevo che non avrei mai più amato.
Cazzo, quanto mi sbagliavo.
Mi avevano spezzato il cuore, ma eccomi ancora qui, con la voce rotta per l’emozione.
Canto per lei, poi scendo dal palco e la raggiungo. Carlo mi ricorda che, secondo i piani, dopo avere suonato saremmo dovuti tornare a casa.
«Carlo, no. Devo fare una cosa.»
Vado da lei, e guardandola mi pare di conoscerla già.
«Sei bellissima» le dico.
Mi faccio dire dall’organizzatore della serata il suo nome; la sera stessa la cerco, la trovo e le scrivo. Domenica all’ora di pranzo mi risponde. Lunedì sera vado da lei.
Vive in campagna, mentre guido per raggiungerla sono terrorizzato.
Come la vedo mi manca l’aria.
Mi tremano le gambe, ammetto.
Sono fatto così, sottolineo i miei difetti mostrando le mie debolezze, subito.
Restiamo a parlare a lungo, abbiamo una vita intera da raccontarci.
Quello che ci diamo è come se fosse il primo bacio per entrambi.
Ti guardo che ridi
Ed è così
È bello così
Mi voglio convincere di aver trovato l’altra metà di me. E, da quel momento, cerco di vederla ogni volta che posso. All’inizio è solo di pomeriggio, poi resto anche la sera. E ancora non basta. Trascorro sempre più tempo in campagna, in questo piccolo paese che sembra una versione italiana della Terra di Mezzo degli hobbit.
È tutta una scoperta reciproca, anche se in qualche modo è come se ci conoscessimo da sempre.
«Sei strano» mi dice. «Non ho mai sentito uno che parla come te.»
Per lei è nuovo il mio accento, ogni cosa che dico, come ragiono, le espressioni che scelgo.
Scopre la città, il mio mondo e i miei amici e la mia musica, il seminterrato con i pavimenti neri e le luci colorate. Le nostre giornate non sono più quelle di prima, io frequento sempre meno casa mia, lei smette di vedere le amiche.
Scopro la nebbia padana della prima mattina, quella coltre bianca impenetrabile, la pianura dei campi fuori dalla finestra, il negozio di alimentari del paese che ha tutto, il bar della piazza e il carretto della verdura che passa una volta alla settimana. A volte viene lei da me in Bovisa, altre volte stiamo nel suo appartamento, in cui tutto racconta di lei.
La vita con lei è un film, ma diverso da quelli che ho vissuto prima.
Per il mio compleanno organizza una caccia al tesoro a casa: in ogni stanza trovo un regalo e un indizio che mi porta al pacchetto successivo. L’ultimo biglietto mi dice di scendere in strada: lì trovo un’auto ad attendermi. Dentro c’è lei, vestita in abito da sera, con una bottiglia di spumante in mano.
Io mi innamoro di lei, ma anche del suo mondo. E lei si trova alla perfezione nel mio. Organizziamo serate da me con i suoi amici e i miei e restiamo tutti a dormire nel grande open space.
Viaggiamo, giriamo, dormiamo in masserie e visitiamo laghi; torniamo dalle mie parti e stiamo dai miei, lei passa i pomeriggi sdraiata sotto al sole, con il mare davanti, sul terrazzo di casa. In quei momenti tutto sembra perfetto. E non penso minimamente a quanto possa essere fragile la felicità.
Con il sole in faccia
Con tutti i nostri limiti
Ti guardo che vivi
Ed è così
È giusto così
Vestiti di niente
Per un anno ci vediamo un po’ da me, un po’ da lei, un po’ in giro – perché casa è dove c’è lei. Poi, come è finito il periodo della torre di Niguarda, finisce anche la mia vita nel seminterrato.
Io sono pesante e pressante, vivo e lavoro con Jac, gli sono addosso, lo bersaglio di progetti e idee, tanto che alla fine non ce la fa più.
«Fra, dammi spazio.»
Ma io non sono capace. Non ci troviamo più.
Agli appuntamenti di lavoro io racconto le mie idee, spiego quello che vorrei fare. Jac tace: brutto segno.
Io ho ancora urgenza di fare e di crescere; ma per farlo ci vuole energia, parlantina, desiderio di comunicare. E Jac non mi segue più. Vorrebbe rallentare, cercare altri artisti da seguire, non pensare sempre al lavoro. Cominciamo a discutere.
Nella primavera del 2011 riprendiamo il tour, ma il contributo di Jac diminuisce di giorno in giorno. Lui non viene più in giro con noi, resta a casa limitandosi a fare un blando lavoro di ufficio e di coordinamento. Le date nuove mi sembrano una fatica inutile: dopo avere girato l’Italia per un anno, il morale è basso. Veniamo da mesi fighissimi, da un inverno esaltante di concerti e locali pieni; le date che l’agenzia mi trova in questa nuova parte di tour invece sono di compromesso, in posti sbagliati, alcune proprio oltre il limite dell’accettabile. Il problema è che quando lo scopro è già tardi.
Una sera mi trovo in un parco acquatico, con sei piste da ballo. Già la mattina eravamo partiti con il brutto tempo e poca convinzione.
Ragazzi, abbiamo già suonato in posti dove era meglio evitare, ultimamente. Andiamo in un parco acquatico e sta per piovere: siamo sicuri?
Ma tutti mi rassicurano: «Ma no, dài, vedrai che va tutto bene».
Arriviamo dopo sei ore di macchina, mi guardo intorno e capisco che non va affatto tutto bene.
Allora vado dal tour manager.
«Abbiamo già bucato molte date, io non ce la faccio.»
Bucare una data significa che non c’è gente, che il palco non è adatto, che il posto fa schifo, che non funziona niente. Se ne buchi un po’, poi ti passa la voglia. Soprattutto se sei in giro da un anno e mezzo, con centoventi date belle alle spalle.
Mi prendo male.
Il tour manager insiste: «Fai il sound check, poi tanto piove e vedrai che non si suona».
Senza convinzione faccio le prove. Tutte le condizioni per annullare ci sono: c’è poca gente, tempo brutto.
Alle undici di sera io sono in albergo, già convinto che sarebbe saltato tutto. E mi chiama il tour manager.
«Fra, non sono riuscito a gestirla, vieni che devi suonare.»
Ovvio che non ho scelta: quando arriva il momento non si può non salire sul palco, è una cosa sbagliata, è il peggio.
E io sbotto: mi incazzo con lui, urlo. Minaccio di andarmene, impazzisco. Poi prendo le mie cose, salgo sul palco e mi esibisco per quaranta minuti.
Dopo quella data mi trovo ad affrontare altri tre mesi di concerti. Solo che il clima si è rovinato: il rapporto di fiducia con il tour manager si è incrinato, Jac sta a casa, mentre Grego, il mio chitarrista, riceve un’offerta di lavoro a cui non vuole rinunciare e dobbiamo sostituirlo. Sono in tour con un gruppo di estranei.
Continuo a suonare, ma la mia testa resta a casa, dove c’è quello che credevo essere l’amore di una vita. Voglio solo tornare da lei, in campagna.
In campagna c’è solitudine, spazio, silenzio, tempo per fare cose e per pensare; riesco a togliere l’inutile dalla mia vita. C’è la mia felicità.
Sembra andare tutto bene. Sono innamorato, faccio musica. Tratto con una casa discografica indipendente per il nuovo disco. È una bella occasione.
Nell’estate 2011 partiamo per le vacanze. Passiamo le giornate al mare o in piscina, dove faccio mille telefonate di lavoro per discutere il contratto. Mi sento in piedi su un pallone, in bilico senza sapere che direzione avrebbe preso il mio futuro. Dopo la vacanza più lunga della mia vita, a settembre torno a Milano. Devo decidere in che casa and...
Indice dei contenuti
- Copertina
- Frontespizio
- ANDRÀ TUTTO BENE
- SENIGALLIA, GIUGNO 1997
- MILANO, GENNAIO 2010 E POI INDIETRO FINO AL 2007 - Come ritrovarsi con un contratto discografico firmato in tasca e sputtanare tutto, tuo malgrado.
- SEMPRE MILANO, SEMPRE GENNAIO 2010 E, ANCORA, INDIETRO FINO AL 2007 - Nel frattempo. Milano, la vita nelle torri e lacrime di sangue.
- MILANO, 2010 DI CORSA FINO A GENNAIO 2011 - Dalla torre di Niguarda al seminterrato in Bovisa: l’amore non era prima, l’amore è qui.
- SENIGALLIA, DAL 1993 FINO AL GIORNO DELLO SPARO - Non era cattiveria, era fame
- IERI, OGGI E DOMANI - Le mie famiglie
- DAL GIUGNO 1997 FINO AL 2004 - Dopo lo sparo
- SETTEMBRE 2010 DOPO IL SEMINTERRATO DI BOVISA, FINO A OGGI - Io sono un marziano. Asfalto e viaggi nel tempo.
- THE END - Andrà tutto bene
- Copyright