L'Odissea raccontata ai bambini
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L'Odissea raccontata ai bambini

  1. 224 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Informazioni su questo libro

Un grande classico riccamente illustrato a colori.

«Ti dirò il mio nome. Io sono Ulisse, figlio di Laerte, famoso per la mia astuzia.

Vivo sull'isola di Itaca, dominata dal monte Nerito, ricoperto di boschi frondosi, e circondata da altre isole. Non vi è cosa più dolce della patria e della famiglia.

Anche se si vive in una casa magnifica, quando si sta lontano da loro, se ne sente moltissimo la mancanza.»

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2015
Print ISBN
9788804654841
eBook ISBN
9788852065972

L’ASTUZIA VINCE SULLA FORZA

«Per terra c’era un enorme ramo di olivo verde, che il gigante stava facendo seccare. Ne tagliai via un ramo secondario, e dissi ai miei uomini di pulirlo. Misi quindi nel fuoco una delle estremità perché si indurisse, e lo nascosi sotto al mucchio di sterco che c’era nella grotta.
«Polifemo tornò al tramonto, e fece le stesse cose che aveva fatto la sera prima: terminato il lavoro, prese altri due miei compagni, li scagliò al suolo e li divorò.
«Quando vidi che aveva finito, mi avvicinai a lui e gli offrii il vino dolce che avevo portato. Gliene riempii una coppa, lui lo bevve tutto in un sorso e ne chiese dell’altro. Prima però mi domandò come mi chiamavo, perché voleva farmi un regalo come suo ospite.
«Per altre tre volte gli diedi da bere il vino dolce e fortissimo, poi gli dissi: “Ciclope, il mio nome è Nessuno, così mi chiamano tutti. Ora non dimenticarti del regalo che mi hai promesso”.
«E Polifemo, crudele, mi rispose: “Nessuno lo mangerò per ultimo. Questo è il regalo che ti faccio”.
«Mentre il Ciclope parlava, il vino fece il suo effetto, e lui cadde all’indietro, completamente ubriaco e in preda al sonno. Dall’enorme bocca gli usciva del vino insieme a pezzi di carne.
«Polifemo lanciò un tremendo urlo di dolore che rimbombò  per tutta la grotta.»
«Polifemo lanciò un tremendo urlo di dolore che rimbombò per tutta la grotta.»
«Allora misi di nuovo il ramo nel fuoco e quando la punta diventò incandescente, con l’aiuto di altri quattro uomini, lo conficcai nell’unico occhio che aveva e lo feci ruotare, in modo da bruciarglielo completamente.
«Polifemo lanciò un tremendo urlo di dolore che rimbombò per tutta la grotta.
«Noi lasciammo il ramo conficcato nell’occhio e corremmo a metterci al riparo.
«Il gigante, grondante di sangue, si strappò via il ramo, lo lanciò al suolo e con alte grida chiamò gli altri Ciclopi. Questi, quando lo sentirono, accorsero all’imbocco della grotta che era ancora tappato dall’enorme roccia, e gli domandarono che cosa stesse accadendo e se ci fosse qualcuno che lo stava uccidendo.
«Da dentro la grotta Polifemo rispose: “Nessuno mi sta uccidendo”.
«A quelle parole, i Ciclopi gli dissero: “Allora, se nessuno ti uccide, avrai qualche malattia, e noi non possiamo fare nulla per te. Prega Zeus che ti faccia guarire”. E se ne andarono.
«Io dentro di me sorridevo, pensando che il mio inganno aveva funzionato molto bene.
«Il gigante Polifemo, rimasto cieco, pativa dolori terribili. Muovendosi a tentoni, tolse la roccia dall’entrata della grotta e vi si mise seduto davanti, tendendo le braccia per controllare se, mescolati al gregge, uscissimo anche noi.
«Cominciai allora a pensare in che modo avremmo potuto scappare.
«Presi tre montoni dal vello folto e scuro, e li legai insieme. Alla pancia del montone di mezzo legai uno dei miei compagni, che si teneva aggrappato alla bestia, e lo stesso feci con gli altri. Per me scelsi il montone più grosso e col vello più abbondante, e mi aggrappai alla sua pancia.
«Il gigante Polifemo, rimasto cieco, pativa dolori terribili.»
«Il gigante Polifemo, rimasto cieco, pativa dolori terribili.»
«Al sorgere del sole gli animali uscirono dalla grotta. Polifemo li palpava per controllare che non stessimo uscendo in groppa ad alcuni di loro, ma la pancia non gliela toccò.
«Il montone a cui mi ero aggrappato era il suo preferito; il gigante si meravigliò che uscisse per ultimo, perché di solito era sempre il primo. Lo afferrò, ma anche a quello non tastò la pancia, e lo lasciò andare, con me attaccato.
«Quando fummo tutti fuori, slegai i miei compagni, e con un cenno delle sopracciglia gli ingiunsi di non dire neanche una parola.
«Senza fare rumore tornammo alla nave, portando con noi alcuni di quei montoni.
«Una volta al largo, gridai a Polifemo: “Ciclope, non avresti dovuto approfittare della tua forza per cibarti dei miei compagni. Eravamo tuoi ospiti, e gli dèi ti hanno castigato”.
«All’udire quelle parole, il gigante afferrò la cima di una montagna e la scagliò nella direzione da cui proveniva la mia voce. Per poco la roccia non si abbatté sulla nave, col rischio di distruggerla; precipitò fortunatamente poco più avanti, e la forza dell’onda che sollevò ci portò un’altra volta a riva.
«Il montone a cui mi ero aggrappato era il suo preferito…»
«Il montone a cui mi ero aggrappato era il suo preferito…»
«Con un gesto comandai che tutti si mettessero a remare con quanta più forza avevano, e così riuscimmo a riportarci al largo.
«Eravamo ormai abbastanza lontani, e anche se i miei compagni mi supplicavano di non dire altro per non fare infuriare Polifemo ancora di più, io di nuovo mi rivolsi al gigante e gli urlai: “Ciclope, se qualcuno ti chiede chi è stato ad accecarti, digli che è stato Ulisse, figlio di Laerte, e che la sua patria è Itaca”.
«All’udire ciò, con la sua voce di tuono Polifemo replicò: “Un grande indovino mi disse, tempo fa, che Ulisse mi avrebbe reso cieco. Ma io mi aspettavo che arrivasse un uomo come me, possente, di grande forza, e non un piccoletto come te, che mi ha ingannato”.
«E poi, con alte grida, il Ciclope chiese a suo padre Poseidone, il dio del mare, che Ulisse non facesse mai ritorno alla sua terra. E se invece era destino che la rivedesse, che ciò accadesse più tardi possibile e dopo mille patimenti, su una nave non sua e dopo aver perso tutti i compagni.
«Poi lanciò contro di noi un altro enorme macigno; ma dato che ci eravamo allontanati, questa volta cadde dietro la nave, e l’onda che provocò ci sospinse in avanti, verso l’isoletta dove ci stavano aspettando gli altri compagni.
«Poi lanciò contro di noi un altro enorme macigno…»
«Poi lanciò contro di noi un altro enorme macigno…»
«Là ci spartimmo i montoni di Polifemo, mangiammo carne in abbondanza e bevemmo fino al calare del sole. Poi ci riposammo, e non appena spuntò il sole ci imbarcammo e partimmo, con il cuore pieno di tristezza per i compagni scomparsi.»

EOLO E L’OTRE DEI VENTI

«Arrivammo all’isola di Eolia, cullata dalle onde, circondata da un’alta muraglia e con al centro una rupe altissima e impervia. Lì viveva Eolo, il dio dei venti, che mi trattò come un amico. Mi fece domande su molte vicende: su Troia, sul ritorno dei Greci… Così ci fermammo da lui per un mese.
«Quando volli andarmene, Eolo chiuse il soffio dei venti dentro un otre, ricavato dalla pelle di un bue di nove anni, e me lo donò. Eolo aveva il dominio su tutti i venti: aveva il potere di placarli o di farli soffiare con forza. Se qualcuno avesse aperto l’otre, i venti sarebbero usciti e si sarebbe scatenato un uragano.
«Legò l’otre al fondo della nave con uno splendente filo d’argento, perché non potesse sfuggirne neanche il più piccolo alito. Lasciò libero soltanto il vento Zefiro, perché sospingesse le nostre navi con il suo dolce soffio.
«Navigammo senza posa per nove giorni e nove notti. Il decimo giorno, scorgemmo finalmente in lontananza la nostra Itaca. Allora, vedendo che ormai stavamo per arrivare a casa e stremato perché ero rimasto sempre io al timone, mi lasciai vincere dal sonno.
«Mentre dormivo, i miei compagni parlarono dei molti doni che io stavo portando a casa, quando invece loro tornavano a mani vuote. E credendo che l’otre che mi aveva dato Eolo fosse pieno d’oro e d’argento, decisero di aprirlo, pensando forse di spartirsi il contenuto.
«Non appena sciol...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Sull’Olimpo gli dèi parlano di Ulisse
  4. Il viaggio a Itaca della dea Atena
  5. Telémaco reagisce
  6. Telémaco si reca a Pilo a trovare Néstore
  7. La visita di Telémaco al re Meneláo
  8. La storia di Próteo
  9. I pretendenti tendono una trappola a Telémaco
  10. Gli dèi entrano in azione: la missione di Ermes
  11. Ulisse in balìa delle onde
  12. Ulisse arriva al paese dei Feaci
  13. Ulisse nel palazzo di Alcínoo
  14. La gara sportiva
  15. Il canto dell’aedo Demódoco
  16. Ulisse comincia a raccontare le sue avventure: i Lotòfagi
  17. Il Ciclope Polifemo
  18. L’astuzia vince sulla forza
  19. Eolo e l’otre dei venti
  20. La maga Circe e i suoi incantesimi
  21. Il dio Ermes aiuta Ulisse
  22. Circe annuncia nuovi pericoli a Ulisse
  23. Due nuove avventure: il canto delle Sirene, e Scilla e Cariddi
  24. I buoi del Sole
  25. Il ritorno di Ulisse a Itaca
  26. La conversazione di Atena con Ulisse
  27. Ulisse con il porcaio Euméo
  28. Ulisse inventa un’altra storia
  29. Telémaco ritorna a Itaca
  30. Ulisse si rivela a suo figlio Telémaco
  31. Ulisse ritorna al suo palazzo
  32. La regina Penelope parla con il vecchio mendicante
  33. La vecchia Euricléa riconosce Ulisse
  34. La gara con l’arco
  35. Ulisse e Telémaco uccidono i pretendenti
  36. Il più bel risveglio di Penelope
  37. Penelope riconosce Ulisse
  38. Ulisse si rivela a suo padre
  39. E la pace tornò a Itaca
  40. Copyright