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Una dolce vendetta
- 100 pagine
- Italian
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Una dolce vendetta
Informazioni su questo libro
Judith e Max, il marchese di Denbigh, sono stati fidanzati, ma lei ha interrotto la relazione, travolta dalla passione per un altro uomo. Ora che Judith è una giovanissima vedova con due figli, dopo un matrimonio infelice, Max ha l'occasione per vendicarsi, seducendola e abbandonandola, per farla soffrire come ha sofferto lui. Ma il desiderio di vendetta si trasforma a poco a poco in un sentimento che Max pensava di non provare mai più...
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Informazioni
eBook ISBN
97888520669171
Le faceva uno strano effetto prepararsi nuovamente per una serata. E ancor più strano le sembrava indossare un abito azzurro. Era passata direttamente dal nero ai colori vivaci quando aveva smesso il lutto la settimana prima, senza alcun passaggio intermedio di grigio o di color lavanda.
Ma non era solo strano. In un certo senso le sembrava ci fosse qualcosa di sbagliato nel prepararsi per uscire lasciando i bambini a letto nella loro camera. Specialmente dopo aver rinunciato a quel che sarebbe stato per loro un gran divertimento. Aveva deciso di non andare in Scozia a trascorrere il Natale con sua sorella. Il viaggio sarebbe stato troppo faticoso per i bambini, specialmente per Kate, che aveva appena tre anni.
Un mese prima aveva rifiutato l’invito a passare il Natale con la famiglia di Andrew ad Ammanlea, sebbene la tenuta di campagna offrisse ai bambini la possibilità di correre liberi e di godere della compagnia di innumerevoli loro coetanei. Aveva rifiutato perché quel posto le dava la sensazione che la sua identità venisse fagocitata dal gran numero dei presenti. E poi perché non aveva particolare desiderio di ricordare Andrew.
Il pensiero la fece sentire maggiormente in colpa. Era stato suo marito, dopo tutto, e il padre dei suoi due bambini.
Tutto faceva presagire che avrebbero finito per trascorrere il Natale da soli a Londra, loro tre, con Amy. Non era granché come prospettiva, ma sempre meglio delle altre due alternative.
Azzurro. Judith Easton fece scorrere le mani sul morbido tessuto di seta del suo nuovo abito da sera abbassando lo sguardo sui bordi svolazzanti e sulle scarpette di seta dello stesso colore. Adorava l’azzurro. Che meraviglia guardarsi senza vedere solo e sempre vestiti neri. Anche dopo una settimana l’eccitazione di aver smesso il lutto non era scemata.
I capelli biondo chiaro scendevano sulle orecchie, raccolti poi in riccioli dietro la nuca. Era una pettinatura elegante, pensò, anche se forse un turbante sarebbe stato più consono alla sua età e al suo stato vedovile.
Aveva ventisei anni. Li dimostrava? si chiese osservandosi allo specchio? Di certo non si sentiva così vecchia. Essere di nuovo a Londra nella casa dei suoi genitori, che in quel momento si trovavano in Scozia, l’aveva riportata di colpo indietro nel passato. Non sembrava fossero passati otto anni dal suo debutto in società . Anche se vi erano due bambini nella loro cameretta che dimostravano il contrario.
Si allontanò dallo specchio raccogliendo il mantello e il ventaglio. Non voleva pensare alla stagione del suo debutto. Il ricordo le causava solo vergogna e imbarazzo. L’unica consolazione era il pensiero di essere sfuggita a un matrimonio spaventoso. Ma a dire il vero quello che ne aveva preso il posto non le aveva causato altro che delusione e sofferenza.
Entrò in punta di piedi nella camera dei bimbi, ma Rupert era seduto sul letto, intento a leggere un libro e persino Kate era sveglia, le guance arrossate e i grandi occhi scuri spalancati.
— Mamma — chiese con il labbro inferiore che le tremava — non stare via tanto.
— Quando ti sveglierai domattina — disse Judith chinandosi a baciarla — sarò già tornata da un pezzo. La tata sarà qui con voi, non c’è nulla di cui aver paura. E la zia Amy sarà in casa.
— Il signor Freeman non sarà qui anche lui domani, vero, mamma? — chiese Rupert guardandola accigliato al di sopra del libro.
— È stato così gentile da offrirsi di accompagnarmi da lady Clancy questa sera — rispose Judith avvicinandosi al letto del figlio e chinandosi a dargli un bacio sulla fronte. — Tutto qui.
— Bene — fu la risposta di Rupert prima di reimmergersi nella lettura.
Claude Freeman, una vecchia conoscenza di Andrew, era venuto a porgerle i suoi rispetti quando aveva saputo del suo arrivo a Londra due mesi prima e faceva loro visita a intervalli regolari. Era un omone dai modi pomposi. Sfortunatamente i suoi sforzi per accattivarsi la simpatia dei figli di Judith si erano rivelati inutili.
— Devo andare — disse lei rialzandosi e sorridendo a entrambi. — Il signor Freeman mi starà già aspettando. Dormite bene.
— Mamma — fece Kate — sei carina.
Judith le sorrise mandandole un bacio sulla punta delle dita.
Continuò a sentirsi in colpa mentre scendeva le scale. Lei e Andrew erano vissuti in campagna per tutta la loro vita coniugale. Gli unici eventi sociali in quei lunghi anni erano state le cene e le riunioni del luogo e anche quelle non molto numerose. Anche se a onor del vero sarebbe stato più preciso dire che lei era vissuta in campagna per tutto quel tempo. Andrew, infatti, trascorreva settimane o addirittura mesi da solo in città .
Claude era nell’ingresso, alto e imponente nel mantello da sera con il cilindro di seta. Sembrava ancora più robusto accanto ad Amy, piccola e minuta come un uccellino. Una lunga lotta contro il vaiolo aveva lasciato irrimediabili segni della malattia sul suo incarnato. Era fatta per il matrimonio e per la maternità , aveva sempre pensato Judith, ma entrambe le cose le erano state negate da un fato crudele. Era la sorella maggiore di Andrew. Judith l’aveva invitata a vivere con loro dopo la morte del marito dato che nessuno della sua famiglia sembrava curarsi di lei. E Amy aveva accettato con incredibile gioia ed entusiasmo.
— Judith — esclamò Amy mentre Claude le toglieva dalle mani il mantello per avvolgerglielo sulle spalle — come sei carina. Il nero non ti si addice proprio.
E non si addiceva neppure a lei. Quella tinta sembrava fatta apposta per toglierle le ultime vestigia di grazia. Anche i capelli sembravano di un biondo più sbiadito. Amy doveva avere ormai trentasei anni, pensò Judith. Il tempo correva veloce.
— Condivido pienamente, signora Easton — fece Claude arretrando di un passo e inchinandosi galantemente. — Susciterò l’invidia di tutto il bonton stasera.
Judith sorrise. Cominciava a provare una certa eccitazione al pensiero di partecipare nuovamente a una serata di gala, pur trattandosi di una semplice soirée e non di un ballo vero e proprio. Aveva ricevuto pochi inviti negli ultimi mesi e aveva scelto con molta cura l’occasione per la sua prima apparizione.
Sì, lo spirito era risollevato, quanto a questo nessun dubbio. Ma sentiva anche una certa apprensione stringerle lo stomaco in una morsa. Probabilmente era una sensazione naturale per una che tornava in società dopo otto anni. Ma sapeva che c’era dell’altro.
Si sarebbero ricordati del vecchio scandalo? si domandò. L’avrebbero snobbata? Lei stessa ne dubitava. Di certo se fosse stata in disgrazia non avrebbe ricevuto alcun invito. E Claude non sarebbe stato così desideroso di accompagnarla se le avessero dato l’ostracismo.
Ma qualcuno si sarebbe ricordato che era stata ufficialmente fidanzata per due mesi durante la season di sette anni prima e che aveva rotto il fidanzamento senza neppure annunciarlo al fidanzato, per poi fuggire e sposare Andrew.
Si era comportata molto male. Persino allora se ne era resa conto pienamente. Ma era così giovane e terrorizzata. Non se l’era sentita di affrontare le conseguenze del suo colpo di testa. Non che di fatto i suoi sentimenti avessero subito alcun cambiamento, dato che non aveva mai provato il benché minimo amore o affetto per il fidanzato; comunque non era stata in grado di affrontare la questione in modo adeguato. Era fuggita con sua sorella e con una cameriera, lasciando ai genitori un biglietto e l’arduo compito di sistemare la faccenda come meglio potevano prima di lanciarsi al suo inseguimento.
Sorrise risoluta a Claude. Erano ormai passati quasi otto anni, lo scandalo apparteneva al passato. Adesso lei era una persona completamente diversa, con un nome diverso. E stava per ricominciare la sua nuova vita senza Andrew.
Era libera. Il solo pensiero era esaltante.
— Sei sicura di non volere venire con noi? — chiese ad Amy. Era una domanda sciocca da farsi sulla porta di casa, ma non era certo la prima volta che glielo chiedeva.
— Non ho mai partecipato a una serata del gran mondo, Judith — rispose Amy. — Morirei di vergogna e non saprei dove nascondermi. Vai pure e divertiti. Io starò a casa a sorvegliare i bambini. Già immagino quante conquiste farai stasera.
Judith rise. — Allora, buona notte — disse — ma una volta o l’altra riuscirò a trascinarti con me, Amy.
Sua cognata le sorrise, ma il suo sguardo si fece pensoso non appena la porta si chiuse alle spalle di Judith e del signor Freeman. A volte avrebbe dato non so che per… ma era troppo vecchia per sperare ancora. Inoltre non poteva lamentarsi della sua sorte. Viveva in una casa dove si sentiva amata e utile. Ed era a Londra, dove aveva voluto recarsi da sempre.
Amy si girò e cominciò a salire le scale per recarsi in camera.
Intanto lo stato d’euforia di Judith aumentava. lord e lady Clancy l’accolsero con molta gentilezza e Claude la prese sotto braccio accompagnandola nel salone. Qui si fermarono a chiacchierare con un gruppetto di persone la cui conversazione a Judith parve particolarmente interessante. Poco dopo Claude si allontanò, ma lei continuò a discorrere piacevolmente sentendosi completamente a suo agio.
Tuttavia, dieci minuti dopo la signora accanto a Judith si voltò sorridendo a un nuovo arrivato.
— Dunque siete venuto, milord. Unitevi a noi, ve ne prego. Immagino conosciate già tutti, eccetto forse la signora Easton. Il marchese di Denbigh, signora.
Perché sentì di colpo lo stomaco contrarsi? Le ginocchia le erano diventate a un tratto così deboli da non poter più sostenere il suo peso.
Non era cambiato, a meno che non fosse possibile sembrare ancora più duro e più altezzoso di otto anni prima. Sembrava snello a prima vista, ma l’ampiezza del torace e delle spalle suggeriva una certa forza muscolare. E questo non era mutato con gli anni, notò subito lei.
Il suo volto era sempre scarno, angoloso, duro, le stesse labbra sottili e gli stessi occhi grigio acciaio, sovrastati dalle palpebre pesanti che avrebbero potuto conferire al volto un’aria sonnolenta, se lo sguardo non avesse sempre mantenuto un’espressione predatrice. I capelli scuri erano leggermente spruzzati di grigio sulle tempie. Questo era nuovo, invece. Eppure aveva solo… quanti? Trentaquattro anni? Trentacinque?
La vista di lui e la sua vicinanza riuscivano ancora a riempirla di un terrore cieco e irragionevole. Irragionevole perché lui non l’aveva mai trattata se non con la più squisita cortesia. Ma anche con il benché minimo accenno di calore, d’altra parte.
Ogni volta che entrava in una stanza, lei provava l’impulso di fuggire lontano. Anche adesso se ne sarebbe andata volentieri, a respirare di nuovo a pieni polmoni.
— Signora Easton — disse lui con quella voce carezzevole di cui si era dimenticata fino a quel momento. E così dicendo si inchinò rigidamente.
— Milord — rispose chinando a sua volta il capo.
— Ma certo che si conoscono — saltò su a dire un gentiluomo del loro gruppo scoppiando a ridere. — Credo anzi che fossero fidanzati un tempo, non è così, Max?
— Sì — rispose il marchese di Denbigh puntandole addosso i suoi occhi d’acciaio senza il benché minimo accenno di sorriso. Ma del resto lei non si ricordava di averlo mai visto sorridere. — Molto tempo fa.
— Non credo di poter venire, Nora — aveva detto il marchese di Denbigh tre giorni prima della notte della festa. Si era recato a porgere i suoi omaggi ai Clancy nel loro palco a teatro tra i due atti della rappresentazione.
— Non ti si vede quasi mai in città , Max — protestò lady Clancy. — Saranno passati due anni dall’ultima volta. E anche quando ci sei, rifiuti qualunque invito. È una vera provocazione. Sto pensando di disconoscerti come cugino.
— Secondo cugino — la corresse lui avvicinando l’occhialino e facendo scorrere pigramente lo sguardo lungo gli altri palchi. — E poi sono qui stasera, no? Perciò non mi si può accusare di essere un recluso.
— Tutto solo nel tuo palco — ribatté lei. — È inumano, Max. Bastava una parola da parte tua e saresti potuto venire con noi. Sei sicuro di non volere partecipare alla nostra festa? Sarebbe un gran colpo per me. Voci del tuo arrivo in città hanno causato una grande agitazione. Se intendi rimanere per l’intera season, avrai ben presto una lista intera di madri pronte a sfoderare le unghie per ottenere la tua attenzione.
— Farebbero molto meglio a impiegare le loro energie in progetti più facili — rispose lui continuando a osservare i palchi attraverso l’occhialino.
— C’è da chiedersi cosa tu sia v...
Indice dei contenuti
- Copertina
- Frontespizio
- UNA DOLCE VENDETTA
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- 2
- 3
- 4
- 5
- 6
- 7
- 8
- 9
- 10
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- 15
- 16
- Copyright