Tutto fa brodo
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Tutto fa brodo

Dagli scarti alle scorte: la mia rivoluzione in cucina

  1. 224 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Tutto fa brodo

Dagli scarti alle scorte: la mia rivoluzione in cucina

Informazioni su questo libro

Bastano dieci piccoli passi e tante idee innovative per rivoluzionare completamente la propria vita (almeno a tavola!). Iniziare è semplice: prendiamo le nostre cattive abitudini alimentari e mettiamole sul tavolo degli imputati. Mangiamo spesso «schifezze», cibi pronti solo per il gusto di cavarcela in fretta? Buttiamo cibi che ci potrebbero essere utili per la preparazione di altri piatti, non ci chiediamo da dove arrivi questa o quella materia prima, non pensiamo a quali verdure siano di stagione? Cuciniamo sempre le stesse cose, negli stessi identici modi, e solo al ristorante ci concediamo qualcosa di diverso? Se abbiamo risposto sì ad almeno una delle domande, allora abbiamo proprio bisogno di questo libro, in cui Lisa Casali ci porta alla scoperta di un nuovo mondo, fatto di varietà, risparmio, autoproduzione, metodi di cottura alternativi e sostenibilità ambientale. Non buttiamoci a capofitto in quest'avventura. Facciamolo con calma, in punta di piedi. Proviamo una ricetta di Lisa, seguiamo un suo consiglio, fermiamoci un attimo a riflettere su una qualsiasi delle nostre decisioni di ogni giorno. Poi, in men che non si dica, un piatto dopo l'altro, tutto si farà più chiaro e raggiungeremo quella consapevolezza che per troppo tempo è mancata nella nostra cucina. Saremo allora pronti per produrre in casa il nostro dado vegetale granulare, e di farlo a costo zero, utilizzando gli scarti della teglia di verdure che abbiamo appena infornato. La nostra lavastoviglie diventerà all'improvviso un meraviglioso strumento di cottura, ecologico e salvatempo. E anche il nostro balcone non sarà più lo stesso: come per magia ci regalerà fragoline di bosco, melanzane e pomodorini di stagione. Inizieremo allora a credere nel nostro potere di cambiare le cose, in qualcosa che ci farà stare davvero bene, perché la vera rivoluzione comincia dalla tavola. Comincia da noi.

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2015
Print ISBN
9788804652953
eBook ISBN
9788852064234

MENODUE

Come trasformare i disastri in trionfi
Non cucino perché non sono capace, farei solo disastri.
Un disastro equivale a uno spreco. E allora impariamo a recuperare anche quello che a prima vista sembra immangiabile.
Anche sbagliare è importante: gli errori capitano a chiunque, e sono utili per imparare. Non fatene quindi un dramma se in cucina qualcosa non va come dovrebbe e, prima di disperare e buttare via tutto, fate un tentativo per recuperare. Fermiamoci a riflettere, prima di sprecare del cibo.
Lo saprete anche voi che a volte per rimediare a uno sbaglio è sufficiente cambiare prospettiva; magari non verrà fuori proprio quello che avevamo in mente quando ci siamo messi ai fornelli, ma può essere comunque un piatto che vale la pena mettere in tavola.
Cos’è fondamentale per non cadere nella tentazione di gettare quello che ci appare come un fallimento?
Fare autoironia e avere il coraggio delle proprie azioni. Nella solitudine della vostra cucina potete anche sistemare la frittata che si rompe senza sentirvi giudicati, credo che Julia Child lo sottoscriverebbe all’istante. Ciò non toglie che si può fare il possibile per migliorare i disastri, perché gli errori davvero irrecuperabili sono pochi. Quindi «Keep calm and cook on», come recita un cartello in un ristorante dove vado spesso a Milano.
Nella mia carriera di cuoca non professionista penso di aver sperimentato ormai qualunque tipo di errore, e li porto con fierezza sul petto come se fossero medaglie. I peggiori sono i contrattempi che capitano quando cucini di fronte a tante persone: cerchi di capire come affrontare l’emergenza e di mantenere il sorriso oltre alla calma, e hai quella gocciolina di sudore che scende dalla fronte mentre comunque continui a parlare come se tutto andasse benissimo e nel frattempo ti interroghi sul modo per rimediare al disastro. Questo capitolo, che riguarda gli stratagemmi per rimediare a piccoli e grandi disastri, è frutto proprio di questa esperienza. A volte è una questione di presentazione più o meno chic, altre invece è quasi legata alla sopravvivenza, soprattutto se quella che sta bruciando sul fornello in una nuvola di fumo nero è la vostra cena.
La prima volta che ho cucinato ho fatto un disastro. Con il tempo ho prodotto anche cose buone di cui sono felice, ma i miei errori fanno parte del percorso: all’età di sette anni, mentre affrontavo un «difficile periodo piromane», così battezzato dai miei genitori, decisi che era giunto il momento, approfittando dell’assenza di mia mamma, di cucinare per la prima volta, e soprattutto di inventare un nuovo piatto. Sapete, a quei tempi non esisteva ancora Junior MasterChef, quindi il mio genio è rimasto a lungo incompreso, gastronomicamente parlando. Piena di curiosità e buoni propositi aprii il frigo, la mia faccia era proprio all’altezza del cassetto delle verdure: lo aprii e tirai fuori sedano, carota, ma anche uva e pere. Li tagliai con quella che allora mi sembrò grande maestria e misi tutto nel bollitore del latte. Accesi il fuoco e rimasi a guardare: per un po’ mi sembrò curioso, poi evidentemente la mia attenzione fu catturata da qualcos’altro, tanto che venni richiamata al fornello solo quando si era già levato un abbondante fumo nero dalla pentola… A quel punto spensi, assaggiai e pensai: «Interessante…». E quella fu la mia prima volta ai fornelli. Subito dopo ricevetti in regalo un libro di cucina francese per bambini, anche se tra le ricette c’erano soufflé, risotti, arrosti, e persino le caramelle mou! La sperimentazione continuò, miracolosamente senza incendi né feriti (gravi). Ricordo di aver provato ogni ricetta del libro più e più volte: avevo trovato la mia bibbia, e proprio su questo primo manuale sperimentai tutti i possibili errori in cucina.
I peggiori disastri che ho combinato in questi anni di show cooking sono stati: cottura in lavastoviglie con contenitori che si sono aperti e che ovviamente ho dovuto buttare con tutto il loro contenuto, pesci troppo cotti per ansia da prestazione, bucce e baccelli così fibrosi che nemmeno un ruminante li avrebbe digeriti, latte che non caglia mentre stavo registrando un video sulla produzione di formaggio, dolci ancora crudi che si rompono in diretta tv.
La situazione più «bella» e spettacolare l’ho vissuta mentre stavo cucinando con il mio compare Federico Bernocchi, co-conduttore con me di Orto e mezzo. In una puntata girata a Venezia, Federico mi stava aiutando a preparare un gazpacho di gambi di asparagi quando all’improvviso gli si è aperto il frullatore tra le mani, e ha inondato se stesso e i presenti di crema verde. C’è persino un video su YouTube che testimonia questo «effetto speciale»! Quello sì che poteva essere un disastro, anche perché cucinare su un ripiano completamente sporco era impossibile. Aiutati dalla simpatia di Federico, in quella situazione ce la siamo cavata alla grande e l’abbiamo buttata sul ridere; il pubblico è stato al gioco, anzi, le persone non hanno dato molta importanza alla disavventura e si sono comunque arrangiate per assaggiare il gazpacho di gambi direttamente dal piano di lavoro usando i gambi di sedano come cucchiai! E noi intanto ci siamo messi a cuocere in lavastoviglie, l’unica cosa che si era salvata e che era ancora pulita. Questo per ricordarvi che spesso il problema è più nella nostra testa che in quella degli altri.
Ma qual è la cosa peggiore che può capitarvi in cucina?
Secondo me, che dopo aver cucinato un piatto con amore e attenzione, inventando o seguendo una ricetta, all’assaggio risulti cattivo. «Cattivo» è volutamente una parola generica, perché non sempre è facile individuare l’origine del problema per porvi rimedio; a volte un piatto semplicemente «non è buono», e nonostante l’impegno non avete alcuna voglia di portarlo in tavola. Questi sono i momenti più difficili per un cuoco, soprattutto amatoriale, ma non fatevi scoraggiare e cercate di vedere il piatto da un’altra angolazione per avere l’intuizione che lo trasformerà. Nella mia esperienza ho realizzato piatti troppo cotti, troppo salati, piccanti all’inverosimile, e ho bruciato di tutto, pentole comprese, ma l’onta più grande è quando un piatto è proprio cattivo. Di solito se la questione è davvero grave può darsi che il problema non sia vostro (almeno non direttamente), e che dipenda invece dalle materie prime: magari il pesce non era così fresco, le verdure ormai passate a miglior vita, le salse zoppicanti. Una volta ricordo di aver preparato una maionese immangiabile; avevo usato un extravergine novello fruttato intenso, e l’aroma era talmente forte da risultare sgradevole abbinato al tuorlo. Mi è poi successo a casa di amici di preparare una spaghettata aglio e olio terribile; mi sono presto resa conto che il problema era nell’olio, completamente rancido. Il mio consiglio quindi, prima di passare in rassegna tutti i problemi pratici e le possibili soluzioni, è di verificare che gli ingredienti usati in cucina siano di qualità, ben conservati e non troppo vecchi; e anche di stare usando l’ingrediente giusto per la ricetta in questione: l’olio extravergine è un ingrediente meraviglioso, ma di certo non si sposa con tutti i piatti (e lo dice una che lo considera il migliore amico che esista!). Tenete poi conto che un olio si conserva al massimo un anno chiuso in una bottiglia di vetro scura e in luogo fresco e asciutto; se la bottiglia è aperta e quindi non piena, l’ossidazione è ancora più rapida, per cui occorre consumarlo rapidamente. Se assaggiate l’olio che usate per cucinare con un cucchiaino dovreste sentire un profumo piacevole, e sentire al palato qualche nota amara o piccante; se invece il gusto è piatto e poco gradevole, l’olio è sicuramente rancido e in quel caso è meglio buttarlo. Vi sconsiglio persino di usarlo per realizzare dei prodotti di bellezza, perché se è completamente ossidato può solo far danni.
Tra i possibili disastri in cucina, quello che nasce dal «troppo» è un grande classico: non pensate di essere solo voi a salare troppo, purtroppo possiamo vantarci in tanti di questo errore. Il rimedio della nonna che forse sanno anche i bambini è quello della patata, che addolcisce e ne assorbe una parte, ma aiuta anche se il problema è l’eccesso di spezie in zuppe, minestre, brodi e salse. Sbucciate la patata, aggiungetela al piatto, lasciate cuocere per 15 minuti, quindi fate riposare ancora per qualche minuto a fuoco spento prima di toglierla dal brodo. Ovviamente potete anche decidere di tagliarla a pezzetti e servirla con la zuppa! Il trucco funziona anche con la pasta, se in cottura vi accorgete di aver salato troppo l’acqua; in alternativa potete eliminarne una parte e sostituirla con nuova acqua non salata e bollente.
Un altro eccellente mitigatore per eccessi di sale, peperoncino e spezie è il latte, sia vaccino sia vegetale; aggiungerne qualche cucchiaio a una salsa la diluisce e la addolcisce (in alternativa potete ottenere un effetto simile anche con la panna da cucina). Tra i latti vegetali, quello che fa più miracoli come pacificatore è il latte di cocco. Anche se non è a metro zero, è un ingrediente dal gusto unico, capace di trasformare completamente ogni piatto e di renderlo irresistibile; per esempio, se vi ritrovate con una salsa troppo salata o delle verdure stufate piccantissime, unite del latte di cocco e servite su un letto di riso bianco: sarà una cena irresistibile, che la vostra famiglia vi chiederà di rifare il prima possibile. A me una volta si è aperta la confezione di peperoncino direttamente sul wok mentre facevo saltare delle verdure, e solo il latte di cocco è riuscito nel miracolo di riportare quel piatto alla commestibilità senza che gli ospiti mi facessero causa! Se avete esagerato con il sale in uno spezzatino potete anche aggiungere piselli o altri legumi già cotti o un po’ di verdure, che assorbiranno il sale e arricchiranno il piatto di fibre e vitamine.
Ho passato diversi anni a fare esperimenti in cucina prima di scrivere il mio primo libro e aprire il blog; sono stati anni davvero divertenti e stimolanti, perché era tutto nuovo e ogni scarto era una grande sfida. Tutte le settimane, solitamente il mercoledì, qualche volontario scelto tra la cerchia degli amici si prestava per venire da me a cena e assaggiare i frutti della sperimentazione. Buona parte di quei primi tentativi li ho fatti insieme a Tommaso Fara, amico chef e coautore del mio primo libro. I nostri successi si sono trasformati nel contenuto di quelle pagine, mentre ovviamente dei disastri non se ne è saputo nulla fuori dalle porte della cucina, tranne per i testimoni che erano presenti e che sono sopravvissuti per raccontarlo.
Tra i piatti peggio riusciti ci sono stati un paté di fegato che Tommaso volle provare a fare, nonostante le mie urla disperate, frullando il fegato a crudo, e di cui nemmeno vi sto a raccontare il risultato; fidatevi, e semplicemente non imitateci. Un altro è stato uno sformatino di scarti di cardo di mia creazione; avevo provato a non setacciare i cardi, ma semplicemente a frullarli. Non so bene come descriverlo, voi immaginate una matassa di fili affettata e servita su fonduta di formaggio… In una parola: non commestibile. Visto che il problema era solo di «leggera fibrosità» e il gusto era invece ottimo, ho recuperato idea e ricetta aggiungendo un passaggio in più. In fondo sbagliare è anche divertente, oltre che liberatorio. Ve lo posso garantire, la prima cosa che faccio quando succede a me, se non sono impegnata in uno show cooking serio e istituzionale, è riderci sopra.
Con sale e spezie capita di esagerare, ma ogni tanto accade proprio l’esatto contrario, ovvero di avere piatti poco sapidi, non saporiti, insignificanti, che al pensiero di portarli in tavola ci mettono già tristezza. Non fatevi scoraggiare se la zuppa non sa di niente, giocatevi piuttosto qualche trucchetto per farla rinascere! Un pizzico di sale è di sicuro la prima cosa da fare. La seconda è tirare fuori gli alleati numeri uno della cucina ricca di gusto, e che personalmente penso siano indispensabili in gran parte delle preparazione: aglio e cipolla. Aglio e cipolla se ci vogliono ci vogliono, e mi rifiuto di sostenere le ricette «senza».
Scegliete tra aglio e cipolla, oppure usate entrambi se volete lanciare al galoppo tutta la cavalleria, tritateli finemente e aggiungeteli al piatto. Fate cuocere ancora per 4-5 minuti, quindi assaggiate. Spesso uno spicchio d’aglio e un pizzico di sale sono sufficienti per far fiorire ciò che prima sapeva di poco. Un altro ingrediente magico è il dado granulare, uno dei miei cavalli di battaglia, che si prepara con bucce di cipolla e carota, foglie di sedano e sale grosso, e di cui trovate la ricette completa nel capitolo Menosette.
C’è poi un ingrediente meraviglioso, considerato dalla maggior parte delle persone uno scarto, di cui io faccio incetta; è il solo capace di donare a una zuppa o a un brodo «quel» gusto, così intenso, ricco, grasso, irresistibile, confortante, che mi fa pensare a mia nonna e alla mia infanzia felice. Sto parlando della crosta del parmigiano reggiano o del grana padano. Raschiate la superficie esterna con un coltellino e lavatela bene strofinandola prima di usarla, quindi unitela alla zuppa e lasciate cuocere per almeno 10 minuti in pentola a pressione e 20 minuti in quella tradizionale. Una volta assaggiata, vi renderete conto che con questo trucco anche il più triste dei minestroni non sarà più lo stesso.
Un piccolo miracolo lo fa anche il miso, una fantastica pasta fermentata, solitamente di soia, ricchissima di fermenti probiotici e dal gusto sapido e piacevole: un cucchiaio di miso sciolto in poco brodo e aggiunto alla zuppa la trasforma. Il miso dura tantissimo e si conserva in frigorifero in un vasetto con il coperchio. Fatene scorta nei negozi di prodotti naturali, se non siete ancora pronti per autoprodurlo.
A proposito del «troppo», c’è anche il problema del «troppo cotto». Scuocere la pasta è una vera tragedia per noi italiani, mentre all’estero mostrano molta più elasticità su questo concetto; a meno che non vi troviate in Germania o nel Regno Unito, quindi, se avete stracotto gli spaghetti rinunciate alla spaghettata e optate per il piano B: l’importante è avere un piano di riserva che ci permetta comunque di sfamare gli affamati e di cavarcela a testa alta.
Qual è il piano B se la pasta scuoce?
Niente di meglio di un ottimo sformato al forno o di una frittata di pasta. La versione più classica della pasta al forno prevede di mescolare la pasta avanzata con besciamella e ragù di carne o vegetale; una delle mie ricette preferite per usare la pasta scotta o anche un avanzo di pasta già cotta, tuttavia, è la ...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Tutto fa brodo
  4. INTRODUZIONE. Una grande storia d’amore
  5. MENODIECI. Ridurre le proteine nel piatto
  6. MENONOVE. L’orto come esperienza mistica
  7. MENOOTTO. Non solo il cuore
  8. MENOSETTE. Da scarti a scorte
  9. MENOSEI. Tutto fa brodo
  10. MENOCINQUE. Cuocere in lavastoviglie e altri ferri del mestiere
  11. MENOQUATTRO. Gli assi nella manica per i giorni bui
  12. MENOTRE. Metti una sera una lumaca a cena...
  13. MENODUE. Come trasformare i disastri in trionfi
  14. MENOUNO. Scaduti
  15. ZERO. Rivoluzione in cucina
  16. Copyright