Il segreto di Greenshore
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Il segreto di Greenshore

  1. 112 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Il segreto di Greenshore

Informazioni su questo libro

Sir George e Lady Hattie Stubbs desiderano movimentare la festa che stanno organizzando nella loro dimora estiva: invece della solita, noiosa caccia al tesoro, una indimenticabile Caccia all'assassino. Ne affidano la regia alla celebre giallista Ariadne Oliver, che a sua volta coinvolge l'amico Hercule Poirot. Il suo intuito femminile ha forse percepito qualcosa di sinistro nell'aria rarefatta di Greenshore? Fatto sta che nei giardini della grandiosa villa con tempietto neoclassico e approdo privato sul fiume il delitto simulato si consuma davvero, e la presenza dell'investigatore si rivelerà provvidenziale… Scritto nel 1954 ma rimasto inedito per oltre sessant'anni, Il segreto di Greenshore fa rivivere le più classiche atmosfere della campagna inglese in una narrazione ricca di colpi di scena, accompagnata da un raffinato scandaglio psicologico dei personaggi.

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2015
Print ISBN
9788804654346
eBook ISBN
9788852067037

1

Fu la signorina Lemon, l’efficiente segretaria di Poirot, a prendere la telefonata.
Posato il taccuino stenografico, sollevò il ricevitore e senza troppa enfasi rispose: «Trafalgar 8137».
Hercule Poirot si appoggiò allo schienale della poltroncina e chiuse gli occhi. Mentre tamburellava le dita sul bordo del tavolo con tocco lieve e riflessivo, l’investigatore continuava in silenzio a cesellare l’elegante periodo della lettera che stava dettando.
Coprendo il ricevitore con la mano, la signorina Lemon chiese sottovoce: «Accetta una chiamata da Lapton, Devon?».
Poirot corrugò la fronte. Quel nome non gli diceva nulla.
«Chi mi cerca?» domandò circospetto.
La signorina Lemon tolse la mano e riprese a parlare.
«A Riyad?» fece, dubbiosa. «Oh, ma certo. E il cognome, prego?»
Di nuovo si rivolse a Hercule Poirot.
«La signora Ariadne Oliver.»
Poirot inarcò le sopracciglia all’istante. Un ricordo gli affiorò alla mente: capelli grigi scompigliati dal vento… profilo aquilino…
Si alzò e prese il posto della signorina Lemon.
«Parla Hercule Poirot» annunciò pomposamente.
«Il signor Hercules Porrot in persona?» domandò sospettosa l’operatrice.
Poirot la rassicurò.
«È in linea con il signor Porrot» disse allora la voce.
L’inflessione fievole e acuta lasciò il posto a un magnifico e profondo contralto che costrinse Poirot ad allontanare il ricevitore dall’orecchio.
«Signor Poirot, è davvero lei?» domandò la signora Oliver.
«In persona, madame
«Sono la signora Oliver. Chissà se si ricorda di me…»
«Ma certamente, madame. E chi mai potrebbe dimenticarla?»
«Be’, talvolta capita» rispose la signora Oliver. «Non di rado, in verità. Temo di non avere una personalità poi così interessante. O forse è perché cambio sempre acconciatura. Ma tutto questo non c’entra: spero di non interromperla mentre è spaventosamente occupato.»
«No, no, lei non mi conturba affatto.»
«Conturbarla? Perbacco, lungi da me avere siffatte intenzioni! Il fatto è che ho bisogno di lei.»
«Bisogno di me?»
«Sì, e all’istante. Può prendere un aereo?»
«Non prendo mai l’aereo, mi dà il voltastomaco.»
«Anche a me, e in ogni caso dubito che in treno ci metterebbe di più. L’aeroporto più vicino è Exeter, se non sbaglio, e si trova a miglia da qui. Venga in treno, dunque: mezzogiorno in punto da Paddington. Scenda a Lapton. Ha tutto il tempo, per la precisione tre quarti d’ora, se il mio orologio non sbaglia, cosa che di norma fa.»
«Ma lei dove si trova, madame? Qual è il problema?»
«A Greenshore House, Lapton. Verrà a prenderla un taxi alla stazione di Lapton.»
«D’accordo, ma perché ha bisogno di me? Qual è il problema?» ripeté convulsamente Poirot.
«I telefoni, li mettono nei luoghi più impensabili» disse la signora Oliver. «Quello da cui le parlo è nell’atrio… C’è un tale viavai di gente… Non la sento bene, ma la aspetto qui. Sono tutti così emozionati. Arrivederci.»
Con un secco click, la donna riappese. Dal ricevitore proveniva un lieve ronzio.
Perplesso e frastornato, Poirot riappese a sua volta e mormorò qualcosa sotto i baffi. La signorina Lemon teneva la matita a mezz’aria, indifferente. Con voce inespressiva ripeté le ultime parole che lui le aveva dettato prima dell’interruzione.
«… mi consenta di assicurarle, mio caro signore, che l’ipotesi da lei avanzata…»
Poirot aveva perso ogni interesse per l’ipotesi avanzata.
«Era la signora Oliver» disse. «Ariadne Oliver, la giallista. Avrà letto…» Qui però si fermò, ricordando che la signorina Lemon leggeva soltanto manuali e disdegnava frivolezze quali i romanzi gialli. «Vuole che la raggiunga nel Devonshire oggi stesso, immediatamente, fra…» Poirot gettò un’occhiata all’orologio «… trentacinque minuti.»
La signorina Lemon sollevò le sopracciglia con evidente disapprovazione.
«Quando si dice ridursi all’ultimo» osservò. «E per quale ragione?»
«Ottima domanda! Non me l’ha spiegato.»
«Davvero strano. Come mai?»
«Perché» rispose Hercule Poirot pensieroso «aveva paura che qualcuno la sentisse. Non poteva essere più evidente.»
«Questa poi» sbottò la signorina Lemon indignata, affrettandosi a difendere il suo principale. «La gente ha certe pretese! Chiederle di uscire di corsa per imbarcarsi in chissà quale impresa! Un uomo del suo calibro! L’ho sempre detto io, artisti e scrittori sono degli squilibrati, privi del benché minimo senso della misura. Desidera che mandi un telegramma: “Desolato impossibile lasciare Londra”?»
Allungò la mano verso il telefono, ma la voce di Poirot la fermò.
«Du tout!» esclamò. «Al contrario, voglia cortesemente chiamarmi subito un taxi.» Quindi alzò la voce. «Georges! Infili qualche effetto personale nella mia valigetta, e alla svelta, devo prendere un treno.»

2

Macinati a tutta birra i primi duecentonovanta dei trecentoquaranta chilometri del tragitto, il treno percorse gli ultimi cinquanta mandando sbuffi delicati e quasi contriti, quindi si fermò alla stazione di Lapton. L’unico passeggero a scendere fu Hercule Poirot. Superando con prudenza l’interstizio tra il gradino del treno e la banchina, si guardò intorno. All’altro capo del convoglio vide un facchino indaffarato nello scompartimento dei bagagli. Poirot prese la valigetta e risalì la banchina, poi consegnò il biglietto e uscì dalla stazione.
Trovò ad attenderlo una Humber Saloon. L’autista in uniforme gli si avvicinò.
«Il signor Hercule Poirot?» domandò con deferenza.
Presa la valigetta di Poirot, gli aprì la portiera. L’automobile si allontanò dalla stazione, superò il ponte sulla ferrovia e imboccò una strada di campagna che subito schiudeva alla vista un magnifico panorama fluviale.
«Il Dart, signore» spiegò l’autista.
«Magnifique!» esclamò compiacente Poirot.
Lunga e irregolare, la stradicciola s’inerpicava tra due siepi verdi per poi ridiscendere. Mentre l’auto saliva, videro due ragazze che arrancavano lentamente sotto il peso dei loro zaini. Portavano i calzoncini corti e un foulard attorno alla testa.
«C’è un Ostello della gioventù appena sopra di noi, signore» disse l’autista, che evidentemente si era nominato cicerone di Poirot nel Devon. «Upper Greenshore, lo chiamano così. La gente vi si ferma per un paio di notti, e al momento sono pieni. Quaranta o cinquanta a notte.»
«Ah, certo» replicò Poirot. Stava riflettendo, e non per la prima volta, che viste da dietro erano veramente poche le esponenti del sesso femminile alle quali donavano i calzoncini corti. Chiuse gli occhi, sofferente.
«Sembrano assai cariche» mormorò.
«Sissignore, ed è una bella tirata dalla stazione o dalla fermata degli autobus. Poco più di tre chilometri. Se non ha nulla in contrario,» esitò «potremmo dare loro un passaggio.»
«Ma sicuro, ma sicuro» annuì benevolo Poirot.
L’autista rallentò e fermò l’auto di fianco alle giovani. Due volti rossi e sudati si alzarono speranzosi. La portiera venne aperta e le ragazze salirono a bordo.
«È molto gentile, prego» disse educatamente una delle due con un accento straniero. «Strada è più lunga che io penso, sì.» L’altra, che chiaramente non masticava l’inglese, si limitò ad annuire parecchie volte con riconoscenza mormorando un «Grazie».a
Portava un paio di occhialoni seriosi e dal foulard sfuggivano dei riccioli castano chiaro.
La giovane che parlava inglese continuò a conversare allegramente. Arrivava da Rotterdam ed era in Inghilterra per due settimane di vacanza. Aveva già visto Stratford-on-Avon, Clovelly, la cat...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Prefazione
  4. Il segreto di Greenshore
  5. 1
  6. 2
  7. 3
  8. 4
  9. 5
  10. 6
  11. 7
  12. 8
  13. 9
  14. 10
  15. Agatha Christie e Il segreto di Greenshore
  16. Copyright