Ho iniziato a staccarmi dal mondo dei ristoranti in modo graduale. Come succede con una qualsiasi forma di dipendenza. Con calma e pazienza, prima o poi si riesce a venirne fuori.
Io l’ho fatto una volta per tutte anche grazie a quella che può essere considerata un’occasione arrivata come un lampo a ciel sereno.
Un’azienda del settore con la quale collaboravo di tanto in tanto mi contattò telefonicamente. La voce amica era quella di Serafino, il direttore commerciale.
Con il suo fare schietto e immediato, senza troppi preamboli mi chiese: «Marcè, che ne dici di lavorare con noi in modo continuativo? Sai, noi crediamo molto in alcuni progetti di divulgazione…». E mentre mi parlava, il film della mia vita mi scorreva veloce nella mente.
Le pause di riflessione di Serafino tra una frase e l’altra sembravano eterne, ma parevano create apposta per lasciarmi il tempo di prendere coscienza di quello che mi si chiedeva. È un classico di Serafino, e io lo adoro per questo.
Accettai la proposta.
Caso vuole che questa azienda, immersa nel verde della Maiella, sia nata proprio nel medesimo anno in cui a me veniva diagnosticata la celiachia. Parallelismi? Casualità? Forse.
Secondo me esistono situazioni e disegni già tracciati. Esattamente come accade quando sfogliamo quei libri per bambini, ricchi di personaggi e vignette dove tratti e confini sono già chiari, e a noi spetta solo il compito di colorare, a piacere, le figure che li animano.
Questa probabilmente è la nostra mission terrena: dare tono e vivacità alla vita a nostro gusto e piacere, e colorarla con infinite tinte e sfumature!
Destino ha voluto che io e lei (l’azienda) ci siamo incontrati lungo il cammino – che fa rima con destino – di entrambi.
Dopo che prese il via questa nuova collaborazione, per darle forma mi chiusi in casa e cominciai a sperimentare i prodotti dell’azienda per conoscerli e analizzarli a fondo. Lavorai sodo per ottenere dei piatti degni davvero di una rivale pietanza con glutine.
Alla fine dei miei giorni di clausura ero riuscito a creare un primo ricettario caratterizzato da innovazione culinaria e gastronomica. Con questo gironzolavo su e giù per l’Italia, proponendo i miei piatti realizzati con pasta secca o semifresca e farine dello sponsor.
E già dall’approccio a quella nuova esperienza capii in pieno che stavo facendo realmente ciò che più desideravo: “predicare”, “divulgare il verbo”, informare e gridare a tutti, fuori dalle quattro mura di un ristorante, che mangiare bene senza glutine è possibile.
Mollai tutto per mettermi in viaggio e iniziare un’attività tutta mia.
Da un’amica che bazzicava in ambito pubblicitario mi lasciai convincere che aprire una pagina social avrebbe aiutato la diffusione e la condivisione del mio messaggio. Per dare maggiore risonanza al mio lavoro, agli eventi e ai cooking show, aprii una pagina Facebook, anzi due, per non farmi mancare proprio nulla. E, precisamente, una pagina con profilo personale e una di respiro più aziendale alla quale, oltre al mio nome e cognome, aggiunsi la dicitura CHEF GLUTEN FREE.
Sono pagine catalizzatrici di curiosi, interessati, seguaci, amici, conoscenti, spioni, ma soprattutto persone in cerca di consigli, di un supporto, di una voce amica… Andate a farci un giro, se vi va. Vi aspetto lì con altri 13.000 amici!
La decisione di collaborare con quell’azienda fu una scelta dettata dal cuore e non da interessi economici. Non ci credete? Vi garantisco che il mio precedente impiego come executive chef mi assicurava entrate ben più sostanziose, inoltre lavoravo vicino a casa e gli orari erano assolutamente nella norma.
Come sempre, la mia è stata una scelta emotiva, dettata soprattutto dalla voglia di fare cultura e di sensibilizzare il maggior numero di persone possibile. Se ti chiudi in un ristorante puoi indottrinare una clientela fissa o di passaggio, ma non potrai mai coinvolgere persone nuove, tutti i giorni, provenienti dalle più disparate regioni d’Italia e Paesi del mondo. Questa è la grande differenza tra quello che non riuscivo a fare prima e quello che riesco a realizzare adesso!
Sono diventato testimonial di questa azienda e ho abbinato la mia immagine al loro prodotto, anche attraverso una serie di ricette. Insomma, ci ho messo la faccia.
Il mio desiderio e la mia felicità più grandi stanno nella condivisione e nel far capire a tutti che, con pochi accorgimenti e i giusti ingredienti di qualità, chiunque con un minimo di passione culinaria può avvicinarsi alla cucina gluten free senza fatica, traendone beneficio per sé e per gli altri.
Oggi insegno e trasmetto le mie conoscenze, oltre all’amore e alla passione che sono fondamentali quando si lavora con qualcosa di nobile come il cibo.
Ricordo bene il primo colloquio con il titolare. Attorno a quel tavolo ovale conobbi anche altre figure dell’azienda: chi mi porgeva cataloghi, chi confezioni di prodotto, bigliettini da visita o pasta sfusa. Presto i convenevoli vennero messi a tacere quando il titolare mi chiese con quali ricette intendevo comunicare al meglio il loro prodotto.
«Direttore» risposi «se mi avete chiamato per fare la chitarrina con le polpettine di carne, allora avete di fronte la persona sbagliata. Perché la donna di casa le chitarrine con le polpettine e il sugo se le fa da sola e sono certo che le sa fare anche molto meglio di me. Io posso darvi un valore aggiunto, ideando piatti diversi, creativi e originali, al limite… reinterpretandola, la tradizione!» Proprio come le mie patate sabbiate alle fragole.
Sciorinai qualche idea delle mie, tra cui la vellutata di piselli ai porri, aromatizzata alla liquirizia e germogli di soia. Calò il gelo. Inutile dire che il direttore ci rimase di sasso, tra lo schifato e lo sbalordito. Tuttavia, nonostante i chiari ed evidenti dubbi iniziali, mi diedero credito. Mandammo in stampa un ricettario con in copertina il mio faccione sorridente.
Che emozione: la gente iniziava ad ascoltare e a leggere il mio “verbo”.
Quel piatto tanto strano che proposi al direttore fu comunque un successo. Poco dopo, infatti, mescolato tra la gente al Gluten Free Expo a Brescia il direttore ne prese un piattino… e dopo averlo assaggiato, con un sorriso sornione mi sussurrò: «Però, devo dire che è buono. Non l’avrei mai creduto!».
Missione compiuta!
Lavorare nell’ambito del gluten free mi ha persuaso che anche Babbo Natale sia celiaco. Sono convinto che, se non lo fosse, tutto quello che mi è successo in questi ultimi anni non sarebbe stato possibile.
Io ci credo. Credo a Babbo Natale come un bambino che non vuole crescere. E vorrei continuare a farlo per sempre. Vorrei avere la leggerezza necessaria per prolungare il sogno e vivere nella magia di quell’uomo grande e grosso, buono come un nonno.
Babbo Natale durante le feste natalizie di due anni fa volle riservarmi un regalo bellissimo. Enorme, seppur non voluminoso. L’ho trovato impacchettato sotto l’albero di Natale.
Come da tradizione, tutto ha avuto inizio dalla classica letterina.
Volevo continuare a divulgare il verbo, ma in modo diverso. Scrissi quindi una mail – una letterina moderna informatizzata – al noto canale tematico culinario italiano, Gambero Rosso Channel, in cui esprimevo il desiderio di raccontare la celiachia a tutti attraverso un programma tv.
Dopo poco la risposta arrivò, tanto sperata quanto inattesa. Accolsero il mio appello e mi convocarono a Roma, per un primo colloquio esplorativo.
Bianca, la responsabile di produzione, mi accolse con un bel sorriso e mi fece subito i complimenti per la mia giacca rossa a quadretti bianchi. La scelta, la mattina in cabina armadio, non era stata casuale. Taglio sartoriale, tessuto di maglia, colore assolutamente natalizio.
Ho iniziato parlando di me, del mio percorso personale e professionale, cercando di farle capire come il mio vissuto e la mia intolleranza potessero diventare un format. Lei comprese subito chi aveva di fronte: un pazzo dalle idee chiare! Non ci volle molto per convincerla e ottenere il provino con il regista. Oh, che ci crediate o meno, ’sta celiachia acchiappa. E poi te la ritrovi ovunque! Pensate che la vicina di stanza di Bianca è celiaca e quella di scrivania intollerante… Che dire, giocavo quasi in casa!
E poi, un programma totalmente dedicato alla celiachia ancora non esisteva, mai nessuno aveva proposto ricette esclusivamente gluten free in tv.
Al provino ci andai tre settimane dopo; era quasi Natale. Nonostante le tre telecamere che mi fissavano come bazooka puntati, ero sereno, consapevole di quello che sapevo fare e che potevo trasmettere. Da ragazzo ho studiato recitazione e un po’ di teatro. I cooking show poi mi hanno abituato a lavorare senza imbarazzo davanti a un pubblico che ti punta gli occhi addosso per tanto tempo. Quindi, durante quel provino, non mi sentii mai a disagio.
La difficoltà maggiore stava piuttosto nel coordinare occhi, bocca e mani: dovevo cucinare, spiegare le mie ricette e guardare in camera. Tutto contemporaneamente. Con il mio fido matterello, la spianatoia, la farina e le uova preparai l’impasto per realizzare in diretta la mia speciale pasta sfoglia senza glutine e me la cavai egregiamente, tanto che non mi fecero nemmeno finire la mia prima mezzaluna.
Fu il regista a fermarmi. «Basta così, abbiamo già visto quello che ci serve. Va benissimo. Si parte!»
Incredibile, poche ore prima dormivo comodamente nel lettone del mio appartamento di provincia, e ora lavoravo in tv!
Così la macchina si mise in moto. Dopo soli due mesi da quella folle idea avevo un programma tutto mio in tv.
Senza glutine, con gusto questo il titolo della trasmissione che suggerii alla produzione e così fu chiamata.
Cercammo gli sponsor, molti dei brand con cui collaboravo (anzi, direi tutti!) decisero di partecipare aderendo con quello che tecnicamente viene definito product placement. La produzione del Gambero ne coinvolse altri, sino al raggiungimento del budget operativo.
Dodici puntate, ogni puntata due ricette, intervallate da notizie più tecniche, suggerimenti e quelle che chiamano “pillole”, elargite dal sottoscritto stravaccato comodamente sul divano in pelle del set, trasformato in un luminoso loft.
Il set aveva una dotazione da sogno: cucina a penisola, ricca dispensa, frigo, area con affisse idee e ricette, divano, luci, oggetti d’arredo disposti in modo apparentemente caotico. A incorniciare il tutto, un’enorme vetrata su Roma.
A fine luglio 2014 presi armi e bagagli e partii alla volta di Roma, con la valigia piena di strumenti, emozione, volontà e una scritta a pennarello su quello che sarebbe diventato il mio blocco ricette per il programma. In rosso, per caricarmi, mi ero scritto una sorta di mantra: «Bravo, Marcello!».
Per una settimana dormii nella foresteria del Gambero Rosso, la stessa dove sono passati i grandi chef che hanno lavorato per il canale.
Incontrai m...