
- 210 pagine
- Italian
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eBook - ePub
Due lune
Informazioni su questo libro
Salamanca ha un nome buffo, due nonni stravaganti e sangue pellerossa nelle vene. Ma queste non sono le uniche cose insolite nella sua vita: la mamma è svanita nel nulla e il padre sembra corteggiare una donna molto strana. E anche la sua amica Phoebe si diverte a circondarsi di misteri irrisolvibili.
Una storia di confidenze e sorprese, saggia e imprevedibile come la natura, onirica e profonda come un canto indiano.
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Informazioni
Print ISBN
9788804654698eBook ISBN
9788852067075Baci al pollo e alla mora
Gramps andava a tutta birra per il Wyoming, per strade piene di curve fiancheggiate da alberi che stormivano: “Corri, corri, corri” lungo fiumi che scorrevano borbottando “Presto, presto, presto”
Era tardi, quando siamo arrivati a Yellowstone. Tutto quello che siamo riusciti a vedere, quella sera, è stata una sorgente calda. «Yuppii!» diceva Gram. Non l’avevo mai vista così eccitata. «Vedremo l’Old Faithful» ripeteva in continuazione.
«Non ci vorrà molto, vero?» ho detto, e mi sono sentita una bestia, perché Gram ci teneva tanto.
«Non ti preoccupare, Salamanca» ha detto Gram. «Diamo solo un’occhiata a quel vecchio geyser e ci ributtiamo subito sulla strada.»
Ho pregato per tutta la notte l’olmo che c’era fuori. Ho pregato che non avessimo un incidente, che arrivassimo a Lewiston in tempo per il compleanno di mia madre e che riuscissimo a riportarla a casa. Più tardi mi sarei resa conto che avevo pregato per le cose sbagliate.
Quella notte Gram non è riuscita a dormire per l’eccitazione. Raccontava di tutto. Diceva a Gramps: «Ti ricordi quella lettera dell’uomo delle uova che avevi trovato sotto il materasso?».
«Dannazione, certo che me la ricordo. Avevamo avuto una discussione piuttosto vivace, per via di quella lettera. Tu dicevi che non avevi una dannata idea di come fosse arrivata lì. Dicevi che l’uomo delle uova doveva essere scivolato nella camera da letto per nasconderla.»
«Be’, è ora che tu lo sappia: ce l’avevo messa io.»
«Lo so» ha detto Gramps. «Non sono un babbeo.»
«È l’unica lettera d’amore che mi abbiano mai scritto» ha detto Gram. «Tu non me ne hai mai scritto neanche una.»
«Be’, perché non mi hai mai detto che ne volevi una?»
A me Gram ha detto: «Tuo nonno a momenti ammazzava l’uomo delle uova, per via di quella lettera».
«Porcaccia miseria» ha detto Gramps. «Non valeva la pena di ammazzarlo.»
«Falla finita» ha detto Gram. Si è girata su un fianco e mi ha detto: «Raccontami di Peeby». Ha incrociato le mani sul petto. «Raccontami cosa è successo con il pazzo.»
Quando vidi la fotografia del pazzo sulla scrivania schizzai fuori dall’ufficio più veloce di un fulmine e oltrepassai di corsa il sergente che era fermo nel parcheggio. Non c’era traccia di Phoebe. Corsi senza mai fermarmi fino a casa sua. Mentre passavo davanti alla casa della signora Cadaver, la signora Partridge mi chiamò dal portico.
Mi fermai. «È tutta elegante» dissi «sta andando da qualche parte?»
Lei annuì e discese barcollando i gradini, agitando il bastone davanti a sé.
«E ci va a piedi?» chiesi.
«Oh, no, è troppo lontano per queste gambe. Sta venendo Jimmy. Sarà qui da un momento all’altro.» La signora Partridge avanzò nel vialetto. Si muoveva con grande sicurezza. Un’automobile si fermò davanti alla casa. «Eccolo» disse. Chiamò l’uomo che era alla guida. «Sono pronta. Eccomi qua.»
Il guidatore saltò fuori dall’auto. «Sal?» disse. «Non avevo idea che voi due foste vicine di casa.»
Era il signor Birkway.
«Non siamo vicine di casa» dissi. «È Phoebe che abita qui accanto, in realtà.»
«Davvero?» disse. Aprì la portiera alla signora Partridge. «Forza mamma» disse.
«Mamma?» Guardai la signora Partridge. «Questo è suo figlio? Lei è sua madre?»
«Perbacco, naturalmente» disse la signora Partridge. «Questo è il mio piccolo Jimmy.»
«Ma si chiama Birkway.»
La signora Partridge disse: «Prima mi chiamavo Birkway. Poi sono diventata Partridge. Sono ancora Partridge.»
«Allora chi è la signora Cadaver?» chiesi.
«La mia piccola Margie» disse. «Si chiamava Birkway anche lei. Ora si chiama Cadaver.»
Mi rivolsi al signor Birkway: «La signora Cadaver è sua sorella?».
«Gemella» confermò il signor Birkway.
«Sono proprio uguali» disse la signora Partridge.
Quando se ne furono andati, bussai alla porta di Phoebe. Bussai a lungo. Non ci fu risposta. Una volta a casa le telefonai un sacco di volte. Nessuno rispose.
Il giorno dopo, quando la vidi a scuola, chiesi: «Dove sei stata? Ti ho chiamato un mucchio di volte… Ho qualcosa da dirti».
Lei si voltò da un’altra parte.
«Non voglio parlarne» disse.
«Ma, Phoebe…»
«Non ho nessuna intenzione di discuterne.»
Non riuscivo a immaginare cosa fosse successo. Fu un giorno terribile. Facemmo il compito in classe di matematica e scienze. Nell’ora di francese, l’insegnante ci fece una predica perché i nostri compiti erano un disastro. Poi arrivò l’ora di lettere.
Il signor Birkway entrò nell’aula e tutti cominciarono a mangiarsi le unghie e a battere nervosamente i piedi, a contorcersi e, in generale, a farsi venire l’ulcera chiedendosi se avrebbe letto i diari a voce alta. Io non riuscivo a staccargli gli occhi di dosso. Lui e Margaret Cadaver gemelli? Possibile? Quindi non era innamorato della signora Cadaver, non l’avrebbe sposata e portata via. Accidenti!
Il signor Birkway tirò fuori i diari, mise la carta gialla sulla copertina di uno di essi e lesse:
Questo è quello che mi piace di Jane. [Non c’era nessuna Jane, naturalmente. Stava usando un nome fittizio.] È in gamba, ma non si comporta come se sapesse tutto. Ha un buon odore. È carina. Mi fa ridere. È cordiale. E, ho già detto che è carina?
Mentre il signor Birkway leggeva, cominciai a chiedermi se era Ben che aveva scritto quelle cose di me, ma poi mi venne in mente che quando aveva scritto il diario neppure mi conosceva. Nell’aula si sentiva un lieve brusio, mentre tutti si muovevano sulle sedie. Christy sorrideva, Megan sorrideva, Beth Ann sorrideva, Mary Lou sorrideva. Ogni ragazza sorrideva. Ogni ragazza pensava che il diario parlasse di lei.
Guardai attentamente i ragazzi, uno per uno. Alex aveva lo sguardo fisso sul signor Birkway, Shigeru dormiva nell’ultima fila, altri scarabocchiavano, e poi vidi Ben. Sedeva con le mani sulle orecchie e lo sguardo fisso sul banco. Era chiaro: l’aveva scritto lui, ma non parlava di me.
Il signor Birkway esclamò: «Ah, l’amore, ah, la vita». Sospirando, tirò fuori un altro diario e lesse:
Jane non sa proprio niente dei ragazzi. Una volta mi ha domandato di cosa sanno i baci, così si capiva che non aveva mai baciato nessuno. Io le ho detto che sanno di pollo, e lei mi ha creduto. È così scema, a volte.
Mary Lou Finney quasi saltò fuori dal suo posto. «Testa di rapa» disse a Beth Ann. «Testa di manzo.» Beth Ann si girava una ciocca di capelli intorno a un dito. Mary Lou si alzò in piedi. «Non ti ho mica creduto; lo so anch’io di cosa sanno, e non è di pollo.»
Il signor Birkway guardò meravigliato quell’esplosione di collera.
Ben disegnò una vignetta con due figure filiformi che si baciavano. Sopra le loro teste c’era un fumetto con dentro un pollo che diceva: “Sbreck, berebek, sberebeck”.
Il signor Birkway girò alcune pagine dello stesso diario e lesse:
Odio scrivere. Odio leggere. Odio i diari. Odio le lezioni di lettere con insegnanti che parlano solo di simboli idioti. Odio le poesie idiote sui boschi innevati, e odio quando la gente dice che in quelle poesie i boschi simboleggiano la morte, o la bellezza, o il sesso, o qualunque altra cosa. Forse i boschi sono solo boschi.
Beth Ann si alzò e si guardò intorno con un fermo sguardo di sfida. «Signor Birkway» disse. «Odio tutto questo. Odio profondamente la scuola, odio profondamente i libri, odio profondamente la letteratura, odio profondamente i simboli e più di ogni altra cosa odio questi stupidi diari.»
Nell’aula piombò il silenzio. Il signor Birkway fissò Beth Ann per un minuto, e in quel minuto mi ricordò la signora Cadaver. Per un breve istante i suoi occhi furono proprio come quelli di lei. Ebbi paura che stesse per strangolare Beth Ann, ma poi sorrise e i suoi occhi tornarono di nuovo cordiali. Beth Ann si rimise a sedere molto lentamente e il signor Birkway disse: «Beth Ann, capisco perfettamente come ti senti. Mi piace questo passo».
«Sul serio?»
«È così onesto.»
Dovetti ammettere che non si poteva essere più onesti di Beth Ann.
Il signor Birkway disse: «Una volta mi sentivo esattamente come te».
«Lei?»
Il signor Birkway continuò: «Non riuscivo a capire perché il mio professore continuasse a parlare di simboli».
Si mise a rovistare nella cattedra. «Voglio farti vedere una cosa.» Tirò fuori delle carte, sparpagliandole dappertutto, e finalmente trovò quella che cercava. «Ah, ...
Indice dei contenuti
- Copertina
- Frontespizio
- Due lune
- Un viso alla finestra
- Tesoruccio comincia una storia
- Coraggio
- È quello che sto cercando di dirti
- Una damigella in difficoltà
- More
- Illinois
- Il pazzo
- Il messaggio
- Yuppii!
- Mi ritraggo
- Il letto nuziale
- Il saltellante Birkway
- Il rododendro
- Il serpente fa uno spuntino
- L’albero che canta
- Nel corso di una vita
- Il brav’uomo
- Pesci in cielo
- Il bacio alla mora
- Anime
- La prova
- Le Badlands
- Gli uccelli della tristezza
- Colesterolo
- Sacrifici
- La telefonata
- Il vaso di Pandora
- Le Black Hills
- La marea sale
- L’irruzione
- La fotografia
- Baci al pollo e alla mora
- Il visitatore
- L’Old Faithful
- Il piano
- La visita
- Un bacio
- Lo sputo
- Il ritorno a casa
- Il dono
- Il belvedere
- L’autobus e il salice
- Gram
- Bybanks
- Copyright