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Disponibile fino al giorno 5 Dec |Scopri di più
Perfido intrigo
- 368 pagine
- Italian
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Perfido intrigo
Informazioni su questo libro
L'incontro tra Isabella Fleur Bradshaw e Adam Kent sembrava senza conseguenze: lui sarebbe tornato al suo matrimonio senza amore, un'unione vissuta come un dovere quotidiano, e lei alla sua vita da aristocratica decaduta, costretta ad arrangiarsi per sopravvivere. Ma, in quella notte magica, tra loro era nato qualcosa, una passione destinata a durare. La strada verso la felicità non sarà però così facile...
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Informazioni
eBook ISBN
97888520667881
La calca fuori del Drury Lane Theater si era ormai diradata. L’ultima carrozza, con i suoi due occupanti, stava scomparendo oltre la curva. I pochi spettatori che erano giunti a teatro a piedi, si erano ormai da tempo incamminati per la loro strada.
Soltanto un gentiluomo, alto, avvolto in un mantello nero era rimasto nella via. Aveva appena rifiutato un passaggio sull’ultima vettura, dicendo agli amici che preferiva fare due passi a piedi.
Eppure non era completamente solo. Guardandosi intorno, i suoi occhi si posarono su una figuretta che se ne stava immobile a ridosso del palazzo, il mantello scuro quasi quanto la notte stessa. Una prostituta, lasciata indietro da compagne più fortunate, che sembrava ormai aver perso ogni opportunità di trovare un cliente rispettabile.
La donna non si muoveva, e data l’oscurità , era impossibile capire se lo stesse guardando. Avrebbe potuto avvicinarsi, uscire dall’oscurità e sorridergli. Avrebbe potuto offrirsi a lui, oppure spostarsi in cerca di una posizione più propizia.
Ma non si mosse.
Lui la fissò domandandosi se continuare a piedi verso casa, come aveva programmato, o se concedersi una notte di svago. Non riusciva a vederla chiaramente. Non capiva se fosse giovane, affascinante, carina, pulita, tutte qualità indispensabili per il suo eventuale cambiamento di piani.
Vide che la ragazza lo stava guardando mentre le si avvicinava. Indossava un mantello, ma non portava niente sul capo. I suoi capelli erano raccolti sulla nuca. Impossibile dire quanti anni avesse o se fosse graziosa. Non disse una parola e non si mosse. Non fece uso di nessuna arte di seduzione e non disse parole ammaliatrici.
Si fermò a pochi passi da lei. Gli arrivava alle spalle. La sua statura era appena superiore alla media, e il suo corpo era molto sottile.
— Stai cercando un cliente per questa notte? — le domandò.
La ragazza annuì in modo quasi impercettibile.
— Quanto?
Dopo qualche esitazione, lei disse una cifra. La osservò in silenzio per qualche secondo.
— E il posto è qui vicino?
— Non ho un posto dove andare — disse. La voce era dolce, senza la durezza dell’accento cockney che si aspettava.
Le lanciò un’occhiata indagatrice. Avrebbe dovuto proseguire fino a casa, immerso nei suoi pensieri, proprio come aveva programmato. Decisamente non era nel suo stile ritirarsi con una passeggiatrice in un anfratto di negozio.
— C’è una locanda nella strada accanto — disse poi, volgendosi e incamminandosi in quella direzione.
Lei gli si affiancò in silenzio. La ragazza non fece alcun tentativo di prendergli il braccio e lui non glielo offrì.
Lo seguì nel rumoroso vestibolo della locanda Bull and Horn e gli rimase silenziosamente alle spalle mentre lui prenotava una stanza al piano di sopra pagandola in anticipo. Lo seguì su per le scale, il passo talmente leggero che dovette voltarsi più volte, per assicurarsi che ci fosse ancora.
Le cedette il passo per farla entrare nella stanza e chiuse la porta a chiave dietro di sé. Sistemò la candela che aveva portato con sé in un candeliere a muro. Il tumulto del vestibolo non era granché diminuito nonostante la distanza.
La prostituta era rimasta immobile al centro della stanza e lo fissava. Era giovane, anche se non proprio una bambina. Doveva essere stata graziosa, un tempo, ma ora il suo viso era pallido e tirato, le labbra secche e screpolate, gli occhi cerchiati di scuro. I capelli, di un colore rossastro, non avevano corposità o lucentezza. Li portava legati semplicemente sulla nuca.
Il gentiluomo si tolse mantello e cappello e vide gli occhi di lei posarsi sul suo viso fissandosi sulla brutta cicatrice che gli deturpava la guancia sinistra dall’occhio fino alla bocca e al mento. Si rese conto della propria bruttezza, con i bruni capelli ribelli, gli occhi cupi, il grande naso aquilino. E il pensiero di sentirsi brutto agli occhi di una prostituta lo fece infuriare.
Attraversò a grandi passi la stanza e le sbottonò il mantello che la ragazza non aveva fatto alcun tentativo di togliersi, e lo buttò poi su una sedia.
Con sua grande sorpresa, lei indossava un abito di seta azzurra, dalle maniche lunghe, la scollatura modesta, senza alcun ornamento. Ma quell’abito, per quanto pulito, era logoro. Probabilmente un dono di qualche cliente soddisfatto, che lei aveva indossato per settimane ogni giorno e ogni notte.
La ragazza sollevò leggermente il mento, guardandolo con fermezza.
— Spogliati — l’apostrofò lui, irritato dalla sua calma e dal fatto che appariva diversa da tutte le altre prostitute che aveva conosciuto in gioventù e durante gli anni trascorsi nell’esercito. Si sedette su una sedia dall’alto schienale accanto al caminetto spento osservandola con gli occhi socchiusi.
Per qualche secondo lei non si mosse, poi cominciò a spogliarsi, piegando accuratamente ogni indumento dopo esserselo tolto e appoggiandolo per terra. Non lo guardava più, continuando a tenere gli occhi fissi sui propri movimenti. Solo quando arrivò alla camiciola, l’ultimo indumento rimastole addosso, esitò, gli occhi fissi a terra. Ma dopo un attimo si tolse anche quella, facendola passare sopra la testa, ripiegandola e mettendola sopra il mucchio di indumenti.
Lasciò cadere le braccia lungo i fianchi e alzò nuovamente lo sguardo su di lui, gli occhi fissi e inespressivi.
Era troppo magra, davvero troppo. Eppure vi era qualcosa nella snellezza delle lunghe gambe, nella forma aggraziata dei fianchi, nella vita sottile che eccitò il gentiluomo che la guardava. Per la prima volta si sentì lieto della decisione presa. Ne era passato di tempo.
— Sciogliti i capelli — le ordinò.
La ragazza sollevò le braccia per ubbidirgli piegandosi poi per sistemare le forcine sopra la pila di indumenti. I capelli le caddero sulle spalle e fino a metà schiena quando si rialzò. Capelli puliti, ma senza vita e senza splendore, di un biondo rossiccio. Alzò una mano per togliere una ciocca che le era caduta sul viso, gli occhi sempre fissi su di lui.
L’uomo si sentì sommergere da un’ondata di desiderio. — Sdraiati sul letto — le disse alzandosi in piedi e cominciando a spogliarsi.
Lei tirò indietro le coperte e si distese sul letto, le gambe unite, le braccia lungo i fianchi, il palmo delle mani appoggiato sul materasso. Non cercò di coprirsi. Girò la testa di lato e lo osservò.
Lui si spogliò completamente. Si rifiutava di avere dei pudori con una sgualdrina, o di cercare di nascondere i segni violacei delle ferite sulla gamba e sul fianco sinistro, che lo facevano fremere di disgusto ogniqualvolta si guardava allo specchio e di certo dovevano risultare repellenti a chiunque vi avesse posato gli occhi. Gli occhi di lei vi si soffermarono e poi ritornarono quietamente al suo viso.
Aveva del coraggio, la sgualdrina. O forse semplicemente non poteva permettersi di perdere neppure il più repellente dei clienti.
Era in collera. Con se stesso per essersi ridotto ad andare con una prostituta, cosa che non faceva da anni. E per sentirsi così vulnerabile davanti a una donna di quel genere. E con lei per essere così controllata da non mostrare neanche la repulsione che provava davanti al suo aspetto. Se lo avesse fatto, almeno, avrebbe avuto una ragione per maltrattarla.
E il pensiero lo disgustò e lo fece adirare maggiormente.
Chinandosi su di lei, la prese per le braccia spostandola in posizione diagonale sul letto. Afferrandola per i fianchi, l’attirò a sé, fino a che non la mise con le ginocchia ai bordi del letto e i piedi che sfioravano il pavimento.
Le fece scivolare le mani sotto i fianchi, aprendole le gambe, divaricandogliele poi maggiormente con le ginocchia. Le sue dita si insinuarono nella carne morbida esplorandola, aprendola.
Lei lo osservava in silenzio.
Una volta trovata la posizione adatta entrò in lei con un unico affondo.
Udì l’urlo strozzato che le si fermò in gola e vide che si mordeva le labbra chiudendo strettamente gli occhi. Sentì i muscoli chiudersi spasmodicamente in difesa e attese, sopra di lei, dentro di lei, guardandola con occhi aggrondati, fino a quando il respiro non cominciò a fuoriuscire nuovamente dai suoi polmoni e i muscoli si rilassarono un poco. I suoi occhi erano fissi sul volto di lui.
Fece scivolare le mani sotto di lei tenendola fermamente sul materasso mentre si alzava e si abbassava prendendo quel piacere per cui l’aveva richiesta.
Lei rimase immobile e rilassata, con le braccia aperte sul letto, mentre l’uomo si muoveva dentro e fuori di lei, gli occhi che si soffermavano un attimo sulla cicatrice per poi tornare a incontrare i suoi. Solo una volta abbassò lo sguardo per vedere cosa le stesse facendo. Aveva i capelli sparpagliati sul letto, un po’ di lato rispetto al corpo, nel punto in cui lui l’aveva scostata obliquamente.
Infine l’uomo chiuse gli occhi rilassandosi dentro di lei, chinando il capo fino a sfiorarle i capelli. E insieme alla liberazione finale, sentì una fitta indefinibile di rimorso.
Si rialzò liberandosi dal suo corpo e si avvicinò al catino di fianco al letto. Vi versò dell’acqua dalla brocca, immergendovi poi un asciugamano e, dopo averlo strizzato, ritornò verso il letto.
— Ecco — disse porgendole l’asciugamano. Lei non si era mossa se non per richiudere le gambe. I piedi poggiavano sempre sul pavimento, gli occhi erano sempre aperti. — Pulisciti con questo — proseguì lanciando un’occhiata ai fianchi sporchi di sangue.
La ragazza allungò una mano a prendere l’asciugamano, ma la mano tremava in modo così incontrollato che la lasciò ricadere sul letto e, voltando la testa, chiuse gli occhi. Lui le afferrò il polso e tenendolo ben stretto, le mise in mano la salvietta.
— Quando hai finito, puoi rivestirti — e così dicendo si voltò e cominciò a vestirsi.
Il fruscio dietro di lui gli rivelò che la ragazza si era ripresa e stava rivestendosi. Eppure quando alla fine si volse, si accorse che le mani le tremavano talmente da non riuscire ad allacciare i bottoni del mantello. Fece pochi passi verso di lei e scostandole le mani, l’aiutò ad abbottonarsi.
Lanciando un’occhiata alle sue spalle, si avvide che le lenzuola erano macchiate di sangue. Doveva averle causato una bella lacerazione.
— Quando è stata l’ultima volta che hai mangiato? — le chiese.
Lei continuò a lisciare il mantello a occhi bassi.
— Quando faccio una domanda, esigo una risposta — fu il breve commento di lui.
— Due giorni fa.
— E che cosa hai mangiato?
— Del pane.
— Hai deciso soltanto oggi di intraprendere questa professione?
— No, ieri, ma nessuno mi ha voluta.
— Non ne sono ...
Indice dei contenuti
- Copertina
- Frontespizio
- PERFIDO INTRIGO
- 1
- 2
- 3
- 4
- 5
- 6
- 7
- 8
- 9
- 10
- 11
- 12
- 13
- 14
- 15
- 16
- 17
- 18
- 19
- 20
- 21
- 22
- 23
- 24
- 25
- 26
- 27
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- Copyright