
- 160 pagine
- Italian
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eBook - ePub
I segreti della principessa di Cadignan
Informazioni su questo libro
Collezionatrice di amanti, la dissoluta principessa di Cadignan non esita a ingannare il suo spasimante di turno esibendo una fallace immagine di sé. Una figura femminile tipica del "teatro" balzachiano.
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Informazioni
Print ISBN
9788804431855eBook ISBN
9788852064654I SEGRETI DELLA PRINCIPESSA DI CADIGNAN
(dalle Scene della vita parigina)
A Théophile Gautier1
Dopo i disastri della Rivoluzione di Luglio2 che distrusse non poche fortune aristocratiche sostenute dalla corte, la principessa di Cadignan ebbe l’abilità di attribuire agli avvenimenti politici la sua completa rovina, che era dovuta invece alle sue prodigalità. Il principe aveva abbandonato la Francia al seguito della famiglia reale lasciando a Parigi la principessa, non perseguibile a causa della sua assenza, in quanto i debiti, a saldare i quali non poteva bastare la vendita delle proprietà vendibili, pesavano unicamente su di lui. Le rendite del maggiorasco3 erano state messe sotto sequestro. Insomma gli affari di quella grande famiglia si trovavano in uno stato disastroso al pari di quelli del ramo primogenito dei Borboni.4 Questa donna, così celebre sotto il suo primo nome di duchessa di Maufrigneuse, prese allora la saggia decisione di vivere in un profondo isolamento, e volle farsi dimenticare. Parigi fu travolta in un turbine così vorticoso di avvenimenti che presto la duchessa di Maufrigneuse,5 sepolta nella principessa di Cadignan – un cambiamento di nome sconosciuto alla maggior parte dei nuovi attori della società saliti alla ribalta con la Rivoluzione di Luglio –, divenne come una straniera.
In Francia, il titolo di duca è superiore a tutti gli altri, anche a quello di principe,6 benché in codice araldico, senza sofismi, i titoli non significhino assolutamente niente, e vi sia uguaglianza perfetta fra i nobili. Tale ammirevole uguaglianza fu un tempo rigorosamente mantenuta dalla casa di Francia; e si conserva ancor oggi, almeno di nome, grazie alla scrupolosa abitudine, seguita dai re, di dare ai propri figli il semplice titolo di conte. E fu proprio in virtù di questa prassi che Francesco I offuscò lo splendore dei titoli che il pomposo Carlo V si attribuiva, firmando una risposta a lui indirizzata: Francesco, signore di Vanves. Ma Luigi XI aveva fatto molto di più quando aveva dato la figlia in sposa a un gentiluomo non titolato, Pierre de Beaujeu.7 Il sistema feudale fu poi così ben sgretolato da Luigi XIV, che il titolo di duca, durante il suo regno, divenne il massimo onore dell’aristocrazia, e il più invidiato. Ciò nondimeno, vi sono in Francia due o tre famiglie in cui il principato, provvisto un tempo di ricco appannaggio, viene posto al di sopra del ducato. La casa di Cadignan, che detiene il titolo di duca di Maufrigneuse per i primogeniti, mentre tutti gli altri si chiamano semplicemente cavalieri di Cadignan, è una di queste famiglie che fanno eccezione. Come anticamente due principi della casa di Rohan,8 anche i principi di Cadignan avevano diritto a un trono nel loro palazzo, e potevano avere al proprio servizio paggi e gentiluomini. Questa spiegazione è necessaria, sia per evitare le sciocche critiche di coloro che non sanno niente, sia per constatare la grandezza di un mondo che, a quanto dicono, se ne sta andando e che tanti spingono ad andarsene senza comprenderlo. I Cadignan alzano stemma d’oro a cinque fusi accollati e posti in fascia, con il motto Memini per divisa e la corona chiusa, senza tenenti né lambrecchini.9 Oggi il gran numero di stranieri che affluiscono a Parigi e una quasi generale ignoranza dell’araldica cominciano a mettere in voga il titolo di principe. Ma non vi sono veri principi se non quelli che hanno un appannaggio e a cui spetta il titolo di Altezza. E poi il disdegno della nobiltà francese per il titolo di principe, e le ragioni che aveva Luigi XIV di dare la supremazia al titolo di duca, hanno impedito alla Francia di reclamare il titolo di Altezza per i pochi principi esistenti, se si eccettuano quelli di Napoleone. Ed è questa la ragione per cui i principi di Cadignan si trovano in una posizione inferiore, quanto al nome, rispetto agli altri principi del continente.
I membri della società detta del faubourg Saint-Germain10 proteggevano la principessa con una discrezione rispettosa dovuta al suo nome, uno di quelli che saranno sempre onorati, alle sue disgrazie su cui non si discuteva più, e alla sua bellezza, la sola cosa che avesse conservata della sua opulenza ormai estinta. Il gran mondo, di cui era stata l’ornamento, le era grato di avere in un certo senso preso il velo segregandosi in casa, come in clausura. Questa decisione di buon gusto era per lei, più che per qualsiasi altra donna, un immenso sacrificio. Ma la grandezza è sempre così vivamente sentita in Francia, che la principessa riguadagnò col suo isolamento tutto quello che aveva potuto perdere nell’opinione pubblica al tempo dei suoi splendori. Delle amiche di un tempo, la principessa non vedeva ormai che la sola marchesa d’Espard,11 ma senza andare ai grandi ricevimenti, né alle feste. La principessa e la marchesa si facevano visita nelle prime ore della mattina, e come in segreto. Quando la principessa si recava a pranzo dalla sua amica, la marchesa chiudeva la porta al resto del mondo. Madame d’Espard fu ammirevole con la principessa: cambiò palco al Théâtre des Italiens, e lasciò i primi ordini per un palchetto di proscenio in platea, in modo che madame de Cadignan potesse entrare in teatro senza essere vista e andarsene in incognito. Poche donne sarebbero state capaci di una delicatezza che le avesse private del piacere di trascinarsi dietro un’antica rivale decaduta, e di dirsene la benefattrice. Dispensata così dal fare sfoggio di abbigliamenti dispendiosi, la principessa andava in segreto nella carrozza della marchesa, che pubblicamente non avrebbe accettata. Nessuno ha mai saputo le ragioni che spinsero madame d’Espard a condursi in tal modo con la principessa di Cadignan; nondimeno la sua condotta fu sublime, e comportò a lungo una quantità di piccole cose che, prese a una a una, sembrano inezie, ma che, considerate nel loro insieme, toccano il gigantesco. Nel 1832, tre anni avevano versato cumuli di neve sulle avventure della duchessa di Maufrigneuse, e l’avevano così bene imbiancata che sarebbero occorsi grandi sforzi di memoria per ricordarsi le gravi circostanze della sua vita precedente. Della regina adorata da tanti cortigiani, e le cui leggerezze potevano alimentare non pochi romanzi, restava una donna ancora deliziosamente bella, di trentasei anni, ma che poteva dichiararne non più di trenta, benché madre del duca Georges de Maufrigneuse, un giovane di diciannove anni, bello come un Antinoo, povero come Giobbe, destinato ai più grandi successi, e al quale sua madre voleva prima di tutto far fare un ricco matrimonio. In questo progetto stava forse il segreto dell’intimità in cui la Maufrigneuse restava con la marchesa, il cui salotto passa per il primo di Parigi, e dove un giorno avrebbe potuto scegliere tra le ereditiere una moglie per Georges. La principessa vedeva davanti a sé ancora cinque anni tra il momento presente e l’epoca del matrimonio di suo figlio; anni deserti e solitari, in quanto per far riuscire un buon matrimonio la sua condotta doveva avere l’impronta definitiva della saggezza.
La principessa abitava in rue de Miromesnil12 in un palazzetto, un pianterreno a prezzo modico. Quivi aveva fatto buon uso di ciò che restava della sua magnificenza. Vi aleggiava ancora la sua eleganza di gran dama, circondata com’era di quelle belle cose che fanno intuire subito un’esistenza superiore. Sul caminetto si scorgeva una superba miniatura, il ritratto di Carlo X, opera di madame de Mirbel,13 sotto cui erano incise le parole: Dono del re; e, di fronte, il ritratto di Madame,14 che era stata così particolarmente benevola nei suoi confronti. Sopra un tavolo, splendeva un album di altissimo pregio, che nessuna delle borghesi che troneggiano attualmente nella nostra società industriale e vessatoria oserebbe mettere in mostra. Tale audacia dipingeva stupendamente la donna. L’album conteneva tutta una serie di ritratti fra cui una trentina di amici intimi che il mondo aveva decretato suoi amanti. Questo numero era una calunnia; ma, per quel che riguardava una decina, forse, diceva la marchesa d’Espard, era maldicenza bella e buona. I ritratti di Maxime de Trailles, di de Marsay, di Rastignac, del marchese d’Esgrignon, del generale Montriveau, dei marchesi di Ronquerolles, e d’Ajuda-Pinto, del principe Galathionne, dei giovani duchi di Grandlieu, di Rhétoré, del bel Lucien de Rubempré, del giovane visconte di Sérizy15 erano stati resi d’altro canto con estrema finezza di pennello dagli artisti più celebri. Siccome la principessa non riceveva più che due o tre persone di quella collezione, chiamava scherzosamente quel libro la raccolta dei suoi errori. La disgrazia aveva fatto di quella donna una buona madre. Durante i quindici anni della Restaurazione, si era troppo divertita per pensare a suo figlio; ma, rifugiandosi nell’oscurità, l’illustre egoista pensò che il sentimento materno spinto all’estremo poteva diventare per la sua vita passata un attestato di assoluzione rilasciato dalle persone sensibili, che tutto perdonano a un’ottima madre. Amò allora tanto più suo figlio in quanto non aveva più altro da amare. D’altro canto, Georges de Maufrigneuse è uno di quei figli che possono lusingare tutte le vanità di una madre; perciò la principessa fece per lui ogni sorta di sacrifici: ebbe per Georges una scuderia e una rimessa, al di sopra delle quali egli abitava un piccolo ammezzato sulla strada, composto di tre stanze deliziosamente arredate; si era imposta non poche privazioni per conservargli un cavallo da sella, un cavallo da calessino e un giovane domestico. Lei, la principessa, aveva solo una cameriera, e, per cuoca, una delle sue sguattere di un tempo. Il “tigrotto” del duca aveva allora un servizio un po’ rude. Toby, che era stato il “tigrotto” del defunto Beaudenord,16 secondo la spiritosa battuta del bel mondo su questo elegantone rovinato, il giovane “tigrotto” che, a venticinque anni, si pensava dovesse averne ancora quattordici, era costretto a governare i cavalli, pulire il calesse o il tilbury, accompagnare il padrone, tenere in ordine l’appartamento e, caso mai la principessa dovesse ricevere la visita di qualche personaggio, trovarsi nell’anticamera di lei per annunziare. Quando si pensa a quello che era stata, sotto la Restaurazione, la bella duchessa di Maufrigneuse, una delle regine di Parigi, una regina splendida, la cui lussuosa esistenza avrebbe forse dato dei punti alle più ricche donne alla moda di Londra, v’era un non so che di commovente a vederla ora nel suo umile guscio della rue de Miromesnil, a pochi passi dal suo immenso palazzo che nessuna famiglia era tanto ricca da poter abitare, e che è stato demolito dal piccone degli speculatori.17 La donna che era stata appena decentemente servita da trenta domestici, che possedeva le più belle sale da ricevimento di Parigi, i salottini più deliziosi, dove aveva dato tante splendide feste,18 viveva ora in un appartamento di cinque stanze: un’anticamera, una sala da pranzo, un salotto, una camera da letto e un salottino, con due sole donne per tutta servitù.
«Ah! è ammirevole con suo figlio» diceva quella fine comare della marchesa d’Espard, «e ammirevole senz’enfasi, è felice. Nessuno avrebbe mai creduto una donna così leggera capace di risoluzioni affrontate con tanta ostinata fermezza; ecco perché il nostro buon arcivescovo l’ha incoraggiata, si dimostra buonissimo con lei e ora è riuscito a convincere la vecchia contessa di Cinq-Cygne19 a farle una visita.»
E del resto, perché nascondersi la verità? Bisogna essere regine per sapere abdicare, e scendere nobilmente da una posizione elevata che non si perde mai interamente. Solo quelli che hanno la coscienza di non essere niente per se stessi, manifestano dei rimpianti quando decadono, o si lamentano e rivangano di continuo un passato che non tornerà più, perché intuiscono chiaramente che non si arriva mai due volte. Costretta a fare a meno dei fiori rari in mezzo a cui era avvezza a vivere e che davano tanto risalto alla sua persona – era impossibile infatti non paragonarla a un fiore –, la principessa aveva scelto bene il suo pianterreno dove godeva di un grazioso giardinetto, ricco di arbusti, e il cui prato sempreverde allietava il suo tranquillo ritiro. Aveva circa dodicimila franchi di rendita, e questa rendita modesta era costituita poi da un sussidio annuale che le corrispondeva la vecchia duchessa di Navarreins,20 zia paterna del giovane duca, e che sarebbe stato versato fino al giorno del suo matrimonio, e da un altro sussidio mandato dalla duchessa d’Uxelles,21 dal fondo delle sue terre, dove la dama risparmiava come sanno fare le vecchie duchesse al confronto delle quali Arpagon è un semplice scolaretto. Il principe viveva all’estero, sempre agli ordini dei suoi padroni esiliati,22 condividendone la cattiva sorte, e servendoli con una devozione che non conosceva calcolo, la più intelligente forse di tutte le devozioni che li circondano. La posizione del principe di Cadignan proteggeva ancora la moglie a Parigi. E proprio in casa della principessa il maresciallo a cui dobbiamo la conquista dell’Africa ebbe, al tempo del tentativo di Madame in Vandea, alcune riunioni con i principali capi del partito legittimista,23 tanto grande era l’oscurità della principessa, tanto poco la sua disgraziata posizione suscitava la diffidenza del governo attuale! Vedendo approssimarsi la terribile bancarotta dell’amore, quell’età di quarant’anni oltre la quale resta alla donna così poco, la principessa si era gettata nel regno della filosofia. Leggeva, lei che per sedici anni aveva manifestato il massimo orrore per le cose serie. La letteratura e la politica sono oggi per le donne ciò che una volta era la devozione, l’ultimo rifugio delle loro ambizioni. Nei circoli eleganti si diceva che Diane volesse scrivere un libro. Da quando, da leggiadra e bella donna, era finita donna intellettuale in attesa di finire del tutto, la principessa aveva fatto di un ricevimento in casa sua un onore supremo che distingueva prodigiosamente la persona favorita. E così, al riparo di queste occupazioni, poté irretire uno dei suoi primi amanti, de Marsay, il più influente personaggio della politica borghese salita al potere nel luglio 1830; lo ricevé qualche volta la sera, mentre il maresciallo e un gruppo di legittimisti s’intrattenevano a voce bassa nella sua camera da letto sulla conquista del regno, che non era possibile senza il concorso delle idee, il solo elemento di successo che i cospiratori avessero tralasciato. E fu una piacevole vendetta di bella donna prendersi gioco del primo ministro facendolo servire da paravento a una cospirazione contro il suo proprio governo. Questa avventura, degna dei bei giorni della Fronda, costituì il testo della più spiritosa lettera del mondo, in cui la principessa rese conto dei negoziati a Madame. Il duca di Maufrigneuse andò in Vandea, e poté tornarsene clandestinamente, senza essersi compromesso, ma non senza aver preso parte ai pericoli di Madame, che purtroppo lo rimandò a casa quando tutto parve perduto. Forse la vigilanza appassionata del giovane avrebbe sventato il tradimento. Per grandi che siano stati agli occhi della borghesia i torti della duchessa di Maufrigneuse, la condotta del figlio li ha certo cancellati agli occhi dell’aristocrazia. C’è nobiltà e grandezza a mettere così a repentaglio un figlio unico ed erede di una casata storica. È vero che non mancano i cosiddetti furbi, i quali riparano agli errori della vita privata coi servigi della vita politica, e viceversa; ma nella principessa di Cadignan non vi era stato calcolo di sorta. E forse non se ne trova di più in tutti coloro che si comportano in tal modo. Gli avvenimenti esistono poi in buona parte per questi controsensi.
In uno dei primi bei giorni di maggio del 1833, la marchesa d’Espard e la principessa giravano, non si può dire passeggiavano, nell’unico vialetto che contornava il prato del giardino, verso le due del pomeriggio, a uno degli ultimi bagliori del sole. I raggi riflessi dai muri emanavano una calda atmosfera in quel piccolo spazio profumato dai fiori, dono della marchesa.
«Perderemo presto de Marsay» diceva madame d’Espard, «e con lui se ne andrà la vostra ultima speranza di fortuna per il duca di Maufrigneuse; giacché da quando vi siete così bene presa gioco di lui, il grande uomo politico si è riaffezionato a voi.»
«Mio figlio non...
Indice dei contenuti
- Copertina
- Frontespizio
- Introduzione di Mariolina Bongiovanni Bertini
- Cronologia della vita e delle opere principali
- Bibliografia essenziale
- I SEGRETI DELLA PRINCIPESSA DI CADIGNAN
- «Honoré de Balzac» di Théophile Gautier
- Note
- Copyright