Conferenza a Parigi
In una stanza di Parigi erano seduti cinque uomini. Era una stanza che già aveva visto riunioni storiche. Tante riunioni storiche. Quella era in molti sensi una riunione di tipo diverso, eppure prometteva di diventare non meno storica.
La presiedeva Monsieur Grosjean, un uomo che in quel momento era preoccupato ma che in genere tentava di minimizzare anche gli avvenimenti più gravi.
Era dotato di una disinvoltura e un fascino che in passato l’avevano aiutato spesso, ma quel giorno aveva la sensazione che non servissero a gran che. Il signor Vitelli, arrivato in aereo dall’Italia un’ora prima, aveva gesti febbrili e l’espressione tesa.
«Va oltre qualunque immaginazione» stava dicendo. «Va oltre qualunque cosa.»
«Ah, questi studenti!» esclamò Monsieur Grosjean. «Ma pensano proprio di essere la chiave di volta del mondo?»
«Questa faccenda non si limita agli studenti. Implica altre forze. A che cosa possono essere paragonate, queste forze? A uno sciame d’api. A un disastro naturale moltiplicato all’ennesima potenza. Gli studenti sono già in marcia. Hanno fucili mitragliatori. Si sono procurati anche degli aerei. Si propongono di conquistare tutta l’Italia settentrionale! Ma è follia pura! Sono poco più che bambini. Eppure sono forniti di bombe, di esplosivi. Nella sola città di Milano sono più numerosi delle forze di polizia. Che cosa possiamo fare, vi chiedo? Ricorrere ai militari? No, perché anche l’esercito è in rivolta. Dice di essere con les jeunes. Afferma che non c’è speranza, per il mondo, tranne che nell’anarchia. Parlano di una cosa che definiscono Nuovo Mondo. Assurdo!»
Monsieur Grosjean sospirò. «L’anarchia è molto popolare tra i giovani» disse poi. «È diventata una specie di religione. Lo sappiamo dall’epoca dell’Algeria, da tutti i guai che il nostro paese e il nostro impero coloniale hanno subito. E che cosa possiamo fare? L’esercito? Anche qui da noi, prima della fine, appoggerà i giovani.»
«Gli studenti! Ah, gli studenti!» esclamò Monsieur Poissonier.
Monsieur Poissonier era membro del governo francese, e per lui il termine “studenti” era sinonimo di calamità. Se qualcuno gliel’avesse chiesto, avrebbe ammesso di preferire la broncopolmonite, o addirittura la peste bubbonica. A suo parere, entrambe erano meno pericolose delle attività studentesche. Ah, un mondo senza studenti! Ecco che cosa sognava Monsieur Poissonier, a volte. Un sogno idilliaco. Peccato che non fosse realizzabile.
«E i magistrati?» disse Monsieur Grosjean. «Che cos’è accaduto alle nostre autorità giudiziarie? La polizia… Sì, la polizia è ancora fedele, ma la magistratura si rifiuta di condannare i giovani che vengono trascinati in tribunale, giovani che hanno distrutto la proprietà, proprietà governativa, proprietà privata… tutti i tipi di proprietà. E perché, ci si chiede? La Préfecture mi ha consigliato certi provvedimenti… A sentire la Préfecture bisogna aumentare il tenore di vita della magistratura, soprattutto nella provincia. Se fosse per me…»
«Via, via» intervenne Monsieur Poissonier «dovete stare attento a quello che suggerite.»
«Ma foi, e perché dovrei stare attento? Bisogna portare le cose allo scoperto. Sono stati perpetrati dei furti, furti enormi, e adesso circolano fiumi di denaro. Denaro del quale non conosciamo l’esatta provenienza, ma stando alla Préfecture… e io ci credo… si comincia ad avere un’idea di dove va, questo denaro. E noi, che cosa facciamo? Ce ne restiamo con le mani in mano? Possiamo restarcene con le mani in mano a guardare uno stato corrotto, travolto da una forza esterna?»
«Anche in Italia» disse il signor Vitelli. «Anche in Italia è così. Ah, potrei raccontarvene di belle! Sì, potrei dirvi che cosa sospettiamo. Ma chi, chi sta corrompendo il nostro mondo? Un gruppo di industriali? Un gruppo di magnati dell’alta finanza? Ma com’è possibile che sia così?»
«Questa storia deve finire» affermò Monsieur Grosjean. «Dobbiamo intraprendere un’azione comune. Un’azione militare. Un’azione aerea. Quegli anarcoidi, quei farabutti, provengono da tutte le classi sociali. Dobbiamo porre un freno a questo disordine.»
«Il gas lacrimogeno ha dato dei risultati, in passato» disse Monsieur Poissonier, poco convinto.
«Il gas lacrimogeno non è sufficiente» rispose Monsieur Grosjean. «Otterremmo lo stesso risultato mettendo gli studenti a pelar cipolle. Piangerebbero, ma non cambierebbero. No, ci vuole qualcosa di ben più potente.»
Monsieur Poissonier disse con voce scossa:
«State consigliando l’uso di armi nucleari?»
«Armi nucleari? Quel blague! Che cosa combineremmo, con le armi nucleari? Che ne sarebbe del suolo di Francia, dell’aria di Francia, se usassimo le armi nucleari? Potremmo distruggere la Russia, certo. Ma altrettanto la Russia potrebbe distruggere noi.»
«Insomma, pensate che gli studenti siano in grado di sconfiggere le nostre forze dell’ordine?»
«È esattamente quello che penso. Ho ricevuto numerosi rapporti in proposito. Mi risulta che gli studenti hanno enormi depositi d’armi, sia armi convenzionali sia armi per una guerra batteriologica. I rapporti mi sono stati mandati da nostri eminenti scienziati. I segreti non sono più segreti, ormai. Interi depositi d’armi, dei quali nessuno avrebbe dovuto essere al corrente, sono stati rubati. Che cosa accadrà, ora? Che cosa accadrà, vi domando?»
La domanda trovò una risposta inaspettata, e molto più rapida di quanto Monsieur Grosjean avesse previsto. Si aprì la porta, e il Primo segretario si avvicinò rapidamente al suo superiore, con aria preoccupata. Monsieur Grosjean lo guardò severamente.
«Vi avevo detto che non volevo essere disturbato per nessuna ragione.»
«Lo so, Monsieur le Président, ma la questione è eccezionale…» Si chinò a sussurrare, nell’orecchio del suo superiore: «C’è il maresciallo di là. Chiede di essere ammesso.» Aveva parlato a bassa voce, ma lo sentirono tutti.
«Il maresciallo? Intendete dire…»
Il segretario annuì vigorosamente, più volte, per confermare che era proprio quello che intendeva dire. Monsieur Poissonier lo guardò perplesso.
«Chiede di essere ammesso. E non accetterà un rifiuto.»
Gli altri due presenti nella stanza guardarono prima Grosjean, poi l’italiano.
«Non sarebbe meglio…» disse Monsieur Coin, ministro degli Affari Interni «se…»
Si interruppe sul “se”, mentre la porta si spalancava ed entrava un uomo. Un uomo molto noto. Un uomo la cui parola era stata non solo legge, ma sopra la legge, in tutta la Francia e per molti anni. Vederlo in quel momento fu una sgradevole sorpresa per gli uomini seduti nella stanza.
«Buongiorno a voi, cari colleghi» esclamò il maresciallo. «Sono qui per aiutarvi. Il nostro paese è in pericolo. Dobbiamo intraprendere un’azione, un’azione immediata! Sono venuto a mettermi al vostro servizio. Mi assumo tutte le responsabilità per controbattere questa crisi. Potrebbe essere pericoloso, me ne rendo conto, ma l’onore è al di sopra del pericolo. La salvezza della Francia è anch’essa al di sopra del pericolo. Avanzano da questa parte, adesso. Un’orda di studenti, insieme a numerosi criminali liberati dalle galere, alcuni dei quali colpevoli di omicidio. Urlano slogan. Cantano inni. Elencano i nomi dei loro maestri, dei loro filosofi, di coloro che li hanno condotti sulla strada dell’insurrezione. Di coloro che, se non prendiamo immediatamente dei provvedimenti, porteranno la Francia alla rovina totale. Voi ve ne state seduti qui a parlare, a deplorare la situazione. Ma bisogna fare di più. Ho mandato a chiamare due reggimenti. Ho messo in stato d’allarme l’aviazione. Ho inviato telegrammi cifrati ai nostri alleati più vicini, agli amici che ho in Germania, perché ora, in questa crisi, la Germania è nostra alleata!
«Le rivolte devono essere soffocate. Ribellione! Insurrezione! Pericolo per gli uomini, per le donne, per i bambini, per la proprietà. Andrò io a placare l’insurrezione, parlerò io con quei giovani come se fossi il loro padre, il loro capo. Gli studenti, e perfino quei criminali, sono miei figli. Sono la gioventù di Francia. Andrò a parlare loro di questo. Mi ascolteranno. Prometterò che il governo sarà cambiato, e che i giovani potranno riprendere gli studi così come desiderano, dettando loro le regole. Non hanno avuto garanzie sufficienti, finora; le loro vite sono state private della bellezza, della speranza. Hanno bisogno di un capo. Io posso promettere loro tutto questo. Parlerò a mio nome. Ma parlerò anche a vostro nome, a nome del governo. Avete fatto del vostro meglio, avete agito come diversamente non avreste saputo. Ma occorre una leadership superiore. La mia. Ora vado. Ho una lista di altri telegrammi cifrati da spedire. In certe località poco abitate potremo usare dei blandi deterrenti nucleari, e in quantità così modesta che, pur terrorizzando la gente, non metteranno in pericolo vite umane. Ho previsto tutto. Il mio piano funzionerà. Venite, amici miei, accompagnatemi.»
«Maresciallo, non possiamo permettere… non vogliamo che mettiate a repentaglio la vita. Dobbiamo…»
«Non ascolterò una sola parola di più. Seguo il mio destino.»
Il maresciallo si avviò verso la porta, aggiungendo:
«Fuori mi aspettano i miei aiutanti. La mia guardia del corpo. Vado a parlare con quei ribelli, con quei giovani fiori di bellezza e di terrore, a dire loro quali sono i doveri che devono assolvere.»
Scomparve oltre la soglia con la grandeur di un primo attore che recita la sua parte preferita.
«Bon Dieu» esclamò Monsieur Poissonier. «Fa sul serio!»
«Certo, e rischia la vita» disse il signor Vitelli. «È coraggioso. È un uomo molto coraggioso. È audace, sì, ma che cosa gli accadrà? Con lo stato d’animo in cui sono, les jeunes potrebbero ucciderlo.»
Un sospiro soddisfatto sfuggì alle labbra di Monsieur Poissonier. Poteva essere vero, pensò. Sì, poteva essere vero.
«È probabile» disse ad alta voce. «Sì, potrebbero ucciderlo.»
«E non possiamo desiderare una cosa del genere» aggiunse Monsieur Grosjean, prudentemente.
Ma Monsieur Grosjean la desiderava; sperava che accadesse, anche se, per pessimismo congenito, pensò poi che raramente le cose andavano come si voleva che andassero. Anzi, la prospettiva era addirittura spaventosa. Era possibilissimo, tenuto conto delle esperienze passate di quell’uomo, che in un modo o nell’altro il maresciallo riuscisse a convincere la massa di studenti eccitati e assetati di sangue ad ascoltare ciò che aveva da dire, ad aver fiducia nelle sue promesse, a rimetterlo al potere, e in modo duraturo. Cose del genere erano già accadute un paio di volte nella carriera del maresciallo. Il suo magnetismo personale era tale che in passato gli uomini politici francesi si erano trovati sconfitti quando meno se l’erano aspettato.
«Dobbiamo fermarlo!» gridò.
«Sì, sì» disse il signor Vitelli. «Il mondo non può perdere un uomo come lui.»
«Già, corriamo un bel pericolo» disse Monsieur Poissonier. «Il maresciallo ha troppi amici in Germania, troppi contatti, e in fatto di questioni militari la Germania si muove molto in fretta. I tedeschi potrebbero cogliere l’occasione al volo.»
«Bon Dieu, bon Dieu» disse Monsieur Grosjean, asciugandosi la fronte. «Che cosa facciamo? Che cosa possiamo ...