
- 216 pagine
- Italian
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eBook - ePub
L'Eneide raccontata ai bambini
Informazioni su questo libro
«Non ho parole, o regina» inizia a dire Enea, «per narrare la dolorosa storia di come i Greci distrussero il regno di Troia.
A pensare a tutto ciò che è accaduto, non riesco a evitare le lacrime.
Ma se desideri conoscere la fine della mia città, anche se ricordarlo mi riempie di orrore, te la racconterò.»
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Informazioni
Print ISBN
9788804674658eBook ISBN
9788852079849L’ULTIMA BATTAGLIA

Nel frattempo, Enea indossa le armi che gli aveva dato sua madre, Venere. È pieno di rabbia, ma soprattutto vuole porre fine a quella guerra terribile. Incoraggia il figlio e i compagni, e ricorda loro che hanno un destino annunciato.
Scendono in campo i due re alleati: Latino, con una corona d’oro, avanza su un ricco carro che trainano quattro cavalli; e Turno, su un altro carro tirato da due cavalli bianchi, con in mano due dardi dalle larghe punte di ferro.
Enea, quando li vede, va loro incontro accompagnato dal figlio Ascanio. È splendido, con il suo scudo scintillante e le armi divine. E dice al re Latino: «O re, se la fortuna darà la vittoria a Turno, noi vinti ci ritireremo nella città di Evandro, e i nostri soldati non vi attaccheranno mai. Ma se, come credo, la vittoria si dichiarerà a favore delle nostre truppe, non imporrò ai tuoi sudditi di obbedirci, né pretenderò di regnare su di loro. Le due nazioni saranno rette dalle stesse leggi e si uniranno in un’eterna alleanza. Non vi toglierò la lingua, né vi farò cambiare nome o costume».
Il re Latino gli risponde così: «Enea, prendo a testimoni gli dei che, accada quel che accada, non infrangerò la pace né questi patti, che accetto liberamente. Giuro che nessuna forza potrà farmeli dimenticare, anche se il diluvio dovesse inondare la terra o il cielo piombare sull’inferno».
Sembra che infine i due eroi si affronteranno, per decidere le sorti della guerra e farla finire senza che ci siano altri morti. Ma Giuturna, la sorella di Turno, divinità dei laghi e dei fiumi scroscianti, cerca di impedire questo combattimento, e per riuscirci provoca un prodigio.
Tutt’a un tratto nel cielo compare un’aquila, che insegue gli uccelli della foce finché, piombando sulle onde, non afferra con gli artigli un bellissimo cigno. Allora gli altri uccelli, radunandosi con uno strepito tremendo e oscurando il cielo con le loro ali, tutti insieme attaccano l’aquila, finché a questa non rimane altro da fare che lasciar andare il cigno, che cade nel fiume, e fuggire.

… tutti insieme attaccano l’aquila, finché a questa non rimane altro da fare che lasciar andare il cigno, che cade nel fiume, e fuggire.
I Rutuli credono che questo sia un messaggio del cielo, perché affrontino tutti insieme l’aquila, che rappresenta Enea, per salvare il cigno, che è Turno. E danno inizio a un’altra battaglia, scagliandosi tutti insieme contro il nemico.
I Troiani reagiscono e rispondono immediatamente all’aggressione.
Enea, che si è tolto l’elmo, li chiama a gran voce dicendo: «Perché li attaccate? I patti sono già stati fatti! Solo io ho il diritto di combattere!».
E mentre gli dice questo, una freccia scoccata da non si sa chi gli ferisce la coscia. Tanto forte è il dolore, che Enea sente di doversi ritirare dal campo.
Turno, quando vede che Enea se ne va circondato dai suoi, e che c’è confusione nel campo avversario, sale sul suo carro tirato da veloci cavalli bianchi e si lancia contro il nemico. Lascia una scia di morti dietro di sé, e i suoi cavalli stampano le proprie impronte nella terra imbevuta di sangue.
Il fedele Acate e il figlio Ascanio aiutano Enea ferito a raggiungere la sua tenda. A ogni passo l’eroe deve appoggiarsi alla sua lunga lancia. Arrivato alla tenda, cerca di strapparsi da solo dalla coscia il dardo spezzato, ma il dolore è insopportabile.
Subito accorre Iapige, che tra tutte le arti, quando il dio Apollo gli aveva offerto di insegnargli ciò che desiderava, aveva scelto la medicina. Così aveva fatto perché suo padre era molto malato, e lui voleva apprendere la medicina per tentare di curarlo.
Geme Enea di dolore e di rabbia, appoggiato alla sua lancia, e circondato dai suoi fedeli guerrieri. Iapige tasta la ferita con mano esperta; non riesce però a estrarre il ferro con una tenaglia, né le sue erbe placano il terribile dolore di Enea.

… si lancia contro il nemico.
Al vedere quanto soffre suo figlio, Venere raccoglie certe erbe che lei conosce, mescola il loro succo con acqua e ambrosia, il liquore che bevono gli dei, e lascia la miscela salutare perché Iapige lavi la ferita del capo troiano.
Tutto il dolore scompare all’istante dal corpo di Enea. La mano di Iapige può facilmente estrarre la freccia, e dalla ferita smette di sgorgare il sangue.
Subito Enea indossa di nuovo i gambali e si cinge le armi. Abbraccia il figlio Ascanio e gli dice: «Da me, figlio mio, impara coraggio e forza, dagli altri la fortuna!».
E scende nel campo di battaglia brandendo un’enorme lancia. I Troiani lo accompagnano. Una fitta nube di polvere avvolge il campo, e la terra trema. Sembrano un uragano che sta per radere al suolo ogni cosa.
Lo vede Turno, e anche sua sorella Giuturna, che afferra le redini del suo carro e si lancia di corsa in mezzo ai nemici, simile a una nera rondine che va volteggiando in giro in cerca di cibo per i suoi piccoli. Gira e rigira, ma non permette al fratello di prendere parte alla lotta. Enea la chiama in mezzo ai due schieramenti disfatti e le lancia una sfida: ma il carro prosegue nella sua corsa inarrestabile.

E scende nel campo di battaglia brandendo un’enorme lancia.
Quando si accorge Enea che Turno sta evitando di affrontarlo, decide di attaccare la città del re Latino. Grida allora ai suoi: «Ascoltatemi tutti! Se questa città, che è stata la causa della guerra, non si arrende a noi, io la distruggerò e brucerò le sue case!».
Tutti lo seguono senza indugio. Qualcuno cerca di accostare le scale alle mura della città per irrompervi, altri lanciano dardi e pugnalano i primi in cui si imbattono.
Enea grida al re Latino che si è visto costretto a riprendere il combattimento, poiché Turno non accetta di combattere da solo a solo con lui. Visto che i patti sono stati infranti, gli dice, o i Latini si arrendono o lui distruggerà la città.
I Latini non sanno che fare. Alcuni prendono le armi per difendersi, altri gridano al loro re che consegni la città nelle mani di Enea. Sono come uno sciame di api intrappolato in una grotta, nel momento in cui un pastore la riempie di fumo: disorientati e furibondi.
Dalla parte opposta del campo di battaglia, Turno insegue un manipolo di sbandati, e si vanta sempre meno di quanto veloci corrano i suoi cavalli. Tutt’a un tratto il vento gli porta il fragore della battaglia e le urla che si levano dalla città. E alla fine l’eroe dice tra sé: «Dovrei forse permettere che la città venga distrutta per colpa mia? Questa terra deve vedermi fuggire? È un male così grande la morte? Andrò a combattere con Enea!».

Qualcuno cerca di accostare le scale alle mura della città per irrompervi, altri lanciano dardi e pugnalano…
E come fosse un macigno che dalla cima di un monte rotola giù e abbatte alberi, animali e uomini, così Turno, con il suo carro, in mezzo a una tempesta di frecce sibilanti, si apre tra le schiere un passaggio verso la città.

Alcuni prendono le armi per difendersi, altri gridano al loro re che consegni la città nelle mani di Enea.
Quando arriva, fa un cenno con la mano ai suoi e grida loro: «Deponete le armi, Rutuli e Latini! Quale che sia la sorte che ci attende, questa sorte è la mia! È giusto che io solo paghi e che io solo combatta».
E tutti si ritirano, lasciando un grande spazio vuoto al centro.
IL COMBATTIMENTO DI ENEA E TURNO

All’udire il nome di Turno, Enea abbandona immediatamente l’assedio e l’attacco alle alte torri della città. Imponente come una montagna, fa risuonare le sue armi.
Alla fine, Rutuli, Latini e Troiani volgono lo sguardo al luogo del combattimento, e tutti depongono le armi. Anche lo stesso re Latino contempla dall’alto delle mura quei due grandi guerrieri, giunti alla resa dei conti.
Una volta visto libero il campo, i due da lontano si scagliano addo...
Indice dei contenuti
- Copertina
- Frontespizio
- La calma e la tempesta
- Venere appare a suo figlio Enea
- Enea arriva a Cartagine: l’incontro con la regina Didone
- Enea racconta la storia di Sinone e del cavallo di Troia
- La città in fiamme
- Enea va in cerca dei suoi
- La partenza da Troia
- Le sozze Arpie
- Le profezie del re Eleno
- Navigando verso l’Italia: l’isola dei Ciclopi
- L’amore di Didone per Enea
- La partenza di Enea e il dolore di Didone
- La mala sorte perseguita Enea
- La Sibilla cumana
- Il ramo d’oro e l’ingresso alle dimore infernali
- Nelle Pianure del Pianto e nei Campi Elisi
- Si compie la profezia dell’arpia
- La furia di Giunone
- Enea cerca alleati
- Le armi di Enea
- L’attacco di Turno all’accampamento troiano
- La morte di Pallante
- L’insensata cocciutaggine di Turno
- L’ultima battaglia
- Il combattimento di Enea e Turno
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