E se mi tatuassi...
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E se mi tatuassi...

Stili, forme, colori: tutto quello che devi sapere per scegliere il tuo tatuaggio

  1. 208 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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E se mi tatuassi...

Stili, forme, colori: tutto quello che devi sapere per scegliere il tuo tatuaggio

Informazioni su questo libro

Dagli stili che vantano una lunghissima tradizione, come l'old school, l'irezumi giapponese e il maori, alle tendenze più recenti come il trash polka, l'avantgarde e lo skrecciato - il marchio di fabbrica di Alle Tattoo -, questo libro raccoglie tutto quanto c'è da sapere sul mondo dei tatuaggi: aneddoti e curiosità di un'arte antichissima e in continua evoluzione.

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2017
Print ISBN
9788804679707
eBook ISBN
9788852081330

IREZUMI

La giovane arte del tatuaggio giapponese
Ornamento di separazione
Visto che l’autore di questo libro sono io, a mio insindacabile parere un capitolo sul tatuaggio giapponese è fondamentale, se non altro perché mi ha sempre affascinato e ispirato.
I giapponesi si riferiscono all’arte del tatuaggio utilizzando la parola irezumi, che deriva da ireru (“inserire”) e sumi (“inchiostro nero”). Questo stile non è solo un’accozzaglia di geishe e samurai: diversi gruppi di criminali scelgono di tatuarsi soggetti “più moderni” come armi e simboli di vendetta contro lo Stato o la società che li hanno esclusi. Io, però, preferisco decisamente disegni più evocativi, eredi di storie antichissime e dai significati leggendari. Ne esistono di tanti tipi: alcuni spakkano, come i dragoni, altri sono delicatissimi, per esempio i fiori di loto o le foglie di bambù, altri ancora sono letteralmente magici, come i vortici di colori che si trasformano in fenici…
Un altro motivo per cui trovo interessante il tatuaggio giapponese ha a che fare con la pelle della mummia Oetzi: proprio lei, quella esposta al Museo archeologico dell’Alto Adige di Bolzano. Prima di procedere, ti consiglio caldamente di andare a vederla (fai tesoro di questo “caldamente”, perché è conservata a -6 °C
).
Oetzi ha circa cinquemila anni ed è il reperto più antico nel mondo del tatuaggio: sul suo corpo sono presenti addirittura sessantuno tattoo, soprattutto lineette parallele su bassa schiena e polpacci, che fanno pensare a una pratica curativa contro i dolori articolari. L’ultimo a essere stato scoperto, un paio di anni fa, si trova invece sul torace: dato che assomiglia più a un simbolo che alla cicatrice lasciata da una terapia, getta una nuova luce sul significato dei tatuaggi in epoca preistorica. Dai disegni sul corpo di Oetzi, comunque, possiamo tranquillamente dedurre che l’arte giapponese sia tra le più recenti: storicamente, possiamo collocarla intorno al 1600 d.C. Tra i tattoo di Oetzi e i primi in stile giapponese sono passati più di quattro millenni!
A quei tempi, le autorità usavano i tatuaggi per “marchiare” in modo indelebile delinquenti e criminali recidivi, ma – come ovunque nel mondo – anche nel paese del Sol Levante tatuarsi ha preso in breve una piega più decorativa.
Questo non ha facilitato la vita dei maestri tatuatori, anzi: diventare uno di loro era davvero uno sbattimento enorme. Solo dopo ANNI di gavetta l’allievo poteva affiancare il maestro, il quale gli attribuiva un nuovo nome: le iniziali erano le stesse per tutti, HO, che significa “incisore”.
Tu a quel tempo lo avresti fatto? Io non ne sono così sicuro, anche perché il tatuaggio giapponese – benché amatissimo all’estero – in patria non gode di una fama esattamente cristallina… Il motivo? L’associazione con la potentissima mafia locale, la Yakuza, i cui membri erano soliti tatuarsi determinati soggetti proprio per distinguersi dai comuni mortali. Il nesso tra malavita organizzata e tattoo era talmente forte che, a lungo, luoghi pubblici come i bagni o le saune sono stati interdetti a chiunque avesse un tatuaggio, non solo agli spietati criminali della Yakuza.
A proposito di malavita… Caso mai tu fossi un habitué del mercato nero giapponese, sappi che imbatterti in un lembo di pelle tatuata di un membro defunto della Yakuza potrebbe essere un vero colpo di fortuna: alcune gallerie d’arte lo considererebbero una merce davvero preziosa!

L’espertissimo, più esperto di me: DOMENICO MARINI

Se c’è una persona capace di catalizzare l’attenzione parlando di irezumi, è Domenico Marini, un professionista che seguo da anni e che starei ad ascoltare per ore durante le cene post-convention. Potevo forse intervistare un altro sullo stile giapponese? Certo che no! Questa è la sintesi della nostra chiacchierata.
Come mai hai scelto di specializzarti sul tatuaggio giapponese?
Il Giappone mi ha sempre affascinato: spesso ripeto che, tra manga, anime e arti marziali, sono cresciuto a pane e Giappone. Quando ho cominciato a tatuare, è stato naturale indirizzarmi verso le forme tipiche del Sol Levante.
Hai qualche consiglio da dare a chi vuole avvicinarsi a questo stile?
Andare in Giappone! La visione che abbiamo in Occidente di quel paese e delle sue forme d’arte è abbastanza semplificata, quindi recarsi sul posto è fondamentale per costruirsi la mappa completa dell’arte giapponese. Chi tatua, poi, dovrà prendere contatto con i maestri del genere: farsi tatuare da uno di loro, secondo me, è indispensabile. Io ho preso contatto con tanti artisti locali ma mi sono fatto tatuare da due maestri di fama mondiale: Horiyoshi I e Horiyoshi III. Il secondo è più alla mano, mentre il primo ha una visione del tatuaggio molto rigida e tradizionale. Da lui ho scoperto che in Oriente il rapporto tra tatuatore e allievo è molto strutturato: possono volerci anche sette anni di apprendistato per imparare il mestiere, di cui i primi quattro dedicati esclusivamente all’osservazione.
Preferisci tatuare in bianco e nero o a colori?
Sicuramente a colori, anche se nel giapponese tradizionale non c’è mai un sovradosaggio di pigmenti: a farla da padrone sono i bianchi e i neri, con poco colore e non troppo sgargiante. Il giapponese moderno, invece, prevede anche tinte più accese.
Studi i soggetti al computer o lavorando a mano, con carta e matita?
Realizzo la maggior parte dei miei tatuaggi direttamente sul corpo del cliente, per avere un’idea molto precisa delle proporzioni tra soggetto e zona tatuata. Quando questo non accade, però, sono un tradizionalista, quindi carta e matita!
Hai qualche aneddoto divertente da raccontarmi?
Il primo che mi viene in mente riguarda un cliente che un giorno, nel mio “Sorry Mama Tattoo Studio” a Pomezia (RM), mi ha chiesto di tatuargli il braccio destro e, a lavoro concluso, ha voluto che gli spostassi il tattoo sul sinistro. Pensavo fosse una candid camera!

MANEKI NEKO

Sai cos’è?! Un ragazzo, un giorno, me lo ha descritto così: «Ciao Alle! Vorrei tatuarmi quel gatto che c’è nei ristoranti cinesi, quello che con la zampa fa, tipo, gnignigni!!!».
Nella cultura asiatica il Maneki Neko non è un gatto che fa “gnignigni”, ma il gatto della fortuna, motivo per cui ne colleziono un’infinità. La zampa si muove in alto e in basso, come se salutasse. La tradizione vuole che questo animale sia di buon auspicio per soldi, lavoro e salute.
Di solito, si tratta di statuette in ceramica o porcellana. A ogni colore corrisponde un significato preciso:
  • il gatto tricolore (con base bianca e macchie arancioni e nere) è il portafortuna più potente;
  • se è verde protegge dagli incidenti stradali;
  • color oro porta benessere economico;
  • il bianco indica purezza;
  • il nero e il rosso favoriscono la buona salute e proteggono dagli influssi negativi;
  • il rosa è foriero d’amore.
Molti Maneki Neko vengono tatuati con una moneta nella zampa, che dovrebbe attirare la ricchezza.
Se vuoi decorarlo ulteriormente, puoi legargli al collo un campanellino rosso.
Insomma... mi sta venendo una gran voglia di tatuarmi un Maneki Neko… Più che “gnignigni”, speriamo che faccia fare tanti “dindindin”!

DARUMA

Voglio raccontarti un aneddoto legato a un regalo che ricevetti da un artista americano durante il mio tour negli Stati Uniti, nel 2010.
Appassionatissimo di arte orientale, questo collega mi regalò proprio un Daruma, una maschera con la mia stessa acconciatura a palla di biliardo… Come vuole la tradizione, mi chiese di completarlo disegnandogli un occhio mentre esprimevo un desiderio. Lì per lì mi augurai semplicemente che la tournée americana andasse bene…
La tappa successiva era la Baltimore Tattoo Convention, uno degli eventi più importanti nel nostro campo. Il primo giorno, mentre stavo tatuando, mi accorsi di un’agitazione generale tra clienti e colleghi. Io e i miei compagni di viaggio non avevamo guardato i telegiornali, ma proprio allora era prevista una tempesta di neve, che era puntualmente arrivata. Per colpa di questa “snowmageddon” restammo bloccati per cinque giorni in albergo, con un sacco di paranoie. “Mannaggia al Daruma e alla sua tradizione,” pensavo “con me ha fatto cilecca.” Sembrava che tutti i voli fossero stati cancellati. E invece… Non so se sia stato merito del Daruma o una semplice coincidenza: fatto sta che il nostro fu l’unico su duecento in programma a riuscire a decollare per tornare in Europa. Morale: se vuoi esprimere un desiderio e non vuoi tatuarti un biscotto della fortuna, puoi sempre affidarti a un Daruma!
Ma attento! Sai che cos’è esattamente? La leggenda vuole che rappresenti un monaco buddhista rimasto per anni in meditazione, al punto da ritrovarsi gli arti atrofizzati. Ecco il perché della classica forma ovale, senza braccia né gambe.
Che sia un tatuaggio oppure una statuetta (come quella che venne donata a me), il Daruma consiste in una forma ovale rossa: la parte superiore ritrae il viso e dunque viene completata con sopracciglia, occhi, naso e b...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. E se mi tatuassi...
  4. Il Tesoro
  5. OLD SCHOOL. Lo stile più tradizionale che ci sia
  6. IREZUMI. La giovane arte del tatuaggio giapponese
  7. TRASH POLKA. Di tutto, di più
  8. DOTWORK. Quel che si dice un lavoro di precisione
  9. CARTOON. Nel nome di Walt
  10. ORNAMENTALE. Tattoo o gioiello? Questo è il dilemma...
  11. MAORI. Alle origini del tatuaggio
  12. SKRECCIATO. Più unico che raro
  13. AVANTGARDE. In continua evoluzione
  14. WATERCOLOR. Acquerelli sulla pelle
  15. SCRITTE. Alle radici del lettering
  16. REALISTICO E IPER-REALISTICO. “Davvero è un tatuaggio?”
  17. APPENDICE
  18. Copyright