Gli ultimi giorni della monarchia
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Gli ultimi giorni della monarchia

Giugno 1946: quando l'Italia si scoprì repubblicana

  1. 228 pagine
  2. Italian
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Gli ultimi giorni della monarchia

Giugno 1946: quando l'Italia si scoprì repubblicana

Informazioni su questo libro

Giugno 1946: la Monarchia muore nell'ombra, tra l'amarezza di un esilio senza appello e le proteste per una sconfitta contestata; ma la Repubblica nasce oscura e in silenzio, con le piazze vietate e senza le nuove bandiere ai balconi. Che cosa è accaduto nell'Italia del referendum?

Se il mese di maggio ha visto la vittoria della democrazia, con la campagna elettorale capace di raggiungere le località più remote della penisola e le donne ammesse per la prima volta al suffragio, i due giorni del voto sono stati più problematici, con le code ordinate davanti alle cabine ma anche qualche disfunzione ai seggi (elenchi incompleti, schede non consegnate). Il conteggio dei voti e l'annuncio dei risultati assumono poi i toni di una vera emergenza, infelici nelle modalità e drammatici nelle conseguenze.

I primi risultati giunti al ministero degli Interni sono quelli delle regioni meridionali, che premiano in modo netto la Monarchia, tanto che il 4 giugno Alcide De Gasperi scrive a Umberto II preannunciandogli il risultato favorevole. Ventiquattr'ore dopo arrivano però i risultati del Centronord, che ribaltano la situazione, e la sera il ministro Romita annuncia la vittoria della Repubblica.

In alcune città del Sud, in particolare a Napoli, si urla alla truffa e al broglio: nonostante lo sforzo di Umberto II per evitare tensioni, molti monarchici scendono in piazza, tra assembramenti spontanei, cortei e slogan contro il governo. In un'Italia appena uscita dalla guerra, dove si trovano armi ovunque, la rabbia si traduce presto in azione: si spara, cadono i primi morti, gli ospedali si riempiono di feriti, mentre la stampa nazionale si sforza di minimizzare e tacere il dramma.

Gianni Oliva ripercorre le vicende che accompagnano la fine della Monarchia seguendo diverse trame: Umberto II alle prese con le pressioni contraddittorie dei suoi consiglieri politici; gli uomini di governo e le autorità militari alleate, incapaci di trovare una soluzione rapida; i ricorsi e i controricorsi alla Corte di cassazione, che fanno nascere la Repubblica in tribunale. Sullo sfondo, lo spettro della guerra civile e il rischio di una deriva incontrollabile.

A risolvere la situazione sarà proprio il re, un uomo malinconico e irresoluto che nel momento più drammatico dimostra però l'energia necessaria per compiere la scelta. Stretto tra chi vuole porlo alla guida delle proteste e chi gli consiglia di partire, Umberto II antepone gli interessi dell'Italia a quelli della Monarchia: il 13 giugno lascia il paese e vola in esilio, togliendo ragion d'essere ai moti di piazza.

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2016
Print ISBN
9788804661429

NOTE

Introduzione

1. Luigi Barzini jr, La verità sul referendum, Firenze, Le Lettere, 2005, p. 29.

I. Napoli, scorre il sangue nella città più monarchica

1. Tra i capoluoghi di provincia, solo Campobasso, Catania, Agrigento, Palermo e Messina hanno dato percentuali maggiori alla Monarchia: il voto dei centri cittadini siciliani è stato però corretto da quello meno plebiscitario delle campagne, per cui la Sicilia risulta solo seconda tra le regioni filomonarchiche.
2. Costruita sul finire del Settecento da Ferdinando I di Borbone, re di Napoli e di Sicilia dal 1759 al 1806, la villa, circondata da un ampio parco, venne acquistata dal ministro inglese Archibald Philip Primrose, conte di Rosebery, i cui eredi nel 1929 la vollero regalare a Mussolini. Questi ne fece a sua volta dono al comune di Napoli, che nel 1931 l’assegnò al principe di Piemonte. Nel 1934, dopo la nascita della primogenita Maria Pia, Umberto e Maria José ribattezzarono l’edificio «Villa Maria Pia». A questa abitazione fu particolarmente affezionata Maria José: «Non ho mai dimenticato l’ultimo sguardo che diedi a Villa Maria Pia e a Posillipo. Chissà perché, quel tratto di paesaggio mi fece improvvisamente pensare alla Grecia antica ... Avevo la gola stretta. ... Quando potei parlare, Napoli era lontana. Avevo accanto Miranda del Balzo. Le feci vedere i miei sandali. Erano sporchi di sabbia. La sabbia di Posillipo: Tutto quello che porto con me dell’Italia, le dissi» (la testimonianza di Maria José è riportata in Arrigo Petacco, Regina. La vita e i segreti di Maria José, Milano, Mondadori, 1997, p. 252).
3. «La Voce», 7 giugno 1946.
4. «Il Risorgimento», 7 giugno 1946.
5. «l’Unità», 7 giugno 1946.
6. «La Voce», 7 giugno 1946.
7. «Il Risorgimento», 7 giugno 1946.
8. Giuseppe Romita, Dalla Monarchia alla Repubblica, Pisa, Nistri-Lischi, 1959, p. 93.

II. L’eredità di un regno troppo lungo

1. Paolo Puntoni, Parla Vittorio Emanuele III, Bologna, il Mulino, 1993, p. 259.
2. Idem, pp. 220-21.
3. Piero Pieri e Giorgio Rochat, Pietro Badoglio, Torino, UTET, 1974, p. 823.
4. David W. Ellwood, L’alleato nemico. La politica dell’occupazione angloamericana in Italia 1943-1946, Milano, Feltrinelli, 1977, p. 90. La reazione di Churchill portò alle dimissioni del generale Mason MacFarlane che fu sostituito da Ellery Wheeler Stone, un capitano di vascello della marina militare americana, poco dopo nominato commodoro (in Italia Stone venne però comunemente indicato come «ammiraglio»).
5. Giuseppe Romita, Dalla Monarchia alla Repubblica, Pisa, Nistri-Lischi, 1959, p. 11.
6. Aldo G. Ricci, La Repubblica, Bologna, il Mulino, 2001, pp. 167-68.
7. Verso la fine della guerra, in vista di un’assemblea elettiva che rappresentasse la nazione nei confronti del governo e che assumesse il potere legislativo ancora nelle mani dell’esecutivo, si cercò di costituire un organismo che, sebbene non elettivo, affiancasse il governo esprimendo pareri su questioni normative di particolare rilevanza. Con il decreto legislativo del 5 aprile 1945, n. 146, si istituì così la Consulta nazionale, un apparato tipico dei periodi di transizione. La Consulta predispose, tra l’altro, la legge elettorale per l’Assemblea costituente.
8. Cfr. Paolo Puntoni, Parla Vittorio Emanuele III, cit., p. 276. Nella formula usata da Carlo Alberto, ovviamente, non si parlava di «Regno d’Italia» ma di «Regno di Sardegna».
9. Idem, p. 338.
10. Ludovico Incisa di Camerana, L’Italia della Luogotenenza. Umberto di Savoia e il passaggio alla Repubblica, Milano, Corbaccio, 1996, p. 311.
11. Paolo Puntoni, Parla Vittorio Emanuele III, cit., p. 339.
12. Falcone Lucifero, L’ultimo re. I diari del ministro della Real Casa 1944-1946, Milano, Mondadori, 2002, p. 534.
13. Giuseppe Romita, Dalla Monarchia alla Repubblica, cit., p. 166.
14. «Epilogo» (senza firma), in «Il Messaggero», 13 maggio 1946.
15. Ludovico Incisa di Camerana, L’Italia della Luogotenenza, cit., p. 107.
16. Margherita di Savoia-Genova, moglie di Umberto I, era figlia di Ferdinando, duca di Genova e fratello di Vittorio Emanuele II. Maria Adelaide d’Asburgo-Lorena, moglie di Vittorio Emanuele II, era figlia dell’arciduca austriaco Ranieri d’Asburgo-Lorena e di Maria Elisabetta di Savoia, sorella di Carlo Alberto.
17. Domenico Bartoli, Vittorio Emanuele III, Milano, Mondadori, 1946, p. 65.
18. Idem, p. 45.
19. Antonio Spinosa, Vittorio Emanuele III. L’astuzia di un re, Milano, Mondadori, 1990, pp. 94-95.
20. Flora Antonioni, Margherita ed Elena di Savoia, Roma, Ardini, 1999, p. 257.
21. Domenico Bartoli, Vittorio Emanuele III, cit., p. 69.
22. Giuseppe Saracco (1821-1907), presidente del Senato, era stato chiamato alla carica di primo ministro da Umberto I nel giugno 1900, dopo che i risultati delle elezioni anticipat...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. GLI ULTIMI GIORNI DELLA MONARCHIA
  4. Introduzione
  5. I. Napoli, scorre il sangue nella città più monarchica
  6. II. L’eredità di un regno troppo lungo
  7. III. La campagna elettorale per il referendum
  8. IV. Umberto, l’uomo e le sue contraddizioni
  9. V. Il giorno del voto
  10. VI. L’esilio «nel supremo interesse della Patria»
  11. Note
  12. Copyright