Il romanzo di Ramses - 2. La dimora millenaria
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Il romanzo di Ramses - 2. La dimora millenaria

  1. 324 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Il romanzo di Ramses - 2. La dimora millenaria

Informazioni su questo libro

La successione di Sethi è stata decisa: il giovane Ramses sarà faraone. Ma la nobiltà d'animo del giovane sovrano favorisce i suoi nemici, a cominciare dal fratello Shenar. E come se non bastassero i nemici interni, alle frontiere gli Ittiti premono sempre più minacciosi. Ramses ha più che mai bisogno della protezione divina. Per ottenerla, decide di far costruire un tempio grandioso, la più ardita opera architettonica mai tentata: una vera "dimora millenaria".

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Informazioni

1

Ramses era solo, attendeva un segno dall’invisibile.
Solo di fronte al deserto, all’immensità di un paesaggio brullo e arido, solo di fronte al proprio destino la cui chiave gli sfuggiva ancora.
A ventitré anni, il principe Ramses era un atleta di un metro e ottanta, dalla splendida chioma bionda, dal volto allungato, e dotato di una muscolatura sottile e potente. La fronte larga e scoperta, l’arco prominente delle folte sopracciglia, gli occhi piccoli e vivaci, il naso lungo e lievemente arcuato, le orecchie rotonde e delicatamente orlate, le labbra alquanto spesse e la mascella forte contribuivano a dare al suo volto un piglio autoritario e seducente.
Così giovane, quanto cammino aveva già percorso! Scriba reale, iniziato ai misteri di Abido e reggente del regno d’Egitto, Sethi lo aveva associato al trono, designando così il figlio cadetto alla sua successione.
Ma Sethi, quel grandissimo faraone, quel sovrano insostituibile che aveva saputo garantire alla sua terra felicità, prosperità e pace, Sethi era morto dopo quindici anni di un regno eccezionale, quindici anni troppo brevi, volati via come un ibis nel crepuscolo di una giornata estiva.
Senza che il figlio se ne accorgesse, Sethi, padre distante, temibile ed esigente, lo aveva a poco a poco formato alla pratica del potere, imponendogli numerose prove, a partire dall’incontro con un toro selvaggio, signore della potenza. L’adolescente aveva avuto il coraggio di affrontarlo, ma non la capacità di sconfiggerlo; senza l’intervento di Sethi, il mostro avrebbe dilaniato Ramses a colpi di corna. Fu così che si impresse nel suo cuore il primo compito del faraone: proteggere il debole dai forti.
Era il re, e il re solo, che deteneva il segreto della vera potenza; attraverso la magia dell’esperienza, egli lo aveva trasmesso a Ramses, tappa dopo tappa, senza mai svelare il suo piano. Nel corso degli anni, il figlio si era avvicinato al padre, i loro spiriti comunicavano nella medesima fede, nel medesimo slancio. Severo, riservato, Sethi parlava poco; ma aveva offerto a Ramses il privilegio straordinario di alcuni colloqui durante i quali si era adoperato a trasmettergli i rudimenti del suo mestiere di re dell’Alto e del Basso Egitto.
Ore luminose, momenti di grazia ormai svaniti nel silenzio della morte.
Il cuore di Ramses si era aperto come una corolla per accogliere le parole del faraone, conservarle come il più prezioso dei beni e farle vivere nel suo pensiero e nelle sue azioni. Ma Sethi aveva raggiunto gli dei suoi fratelli e Ramses era solo, privo della sua presenza, della presenza.
Si sentiva impreparato, incapace di sopportare il peso che gravava sulle sue spalle. Governare l’Egitto… A tredici anni lo aveva sognato, come un bambino sogna un giocattolo che non può avere; poi aveva rinunciato a quella folle idea, convinto che il trono fosse destinato a Shenar, suo fratello maggiore.
Il faraone Sethi e la sua grande sposa reale Tuya avevano deciso diversamente. Dopo aver osservato il comportamento dei due figli, avevano scelto Ramses per assumere l’incarico supremo. Perché non avevano preferito un essere più forte e più abile, un essere della statura di Sethi? Ramses si sentiva pronto a sfidare a duello qualsiasi nemico, ma non a reggere il timone dello stato sulle acque incerte del futuro. Nei combattimenti in Nubia aveva dato prova del suo coraggio; la sua instancabile energia poteva condurlo, se necessario, sul sentiero di guerra per difendere il proprio paese, ma come comandare un esercito di funzionari, dignitari e sacerdoti di cui gli sfuggivano tutte le astuzie?
Il capostipite della casata, il primo dei Ramses, era stato un anziano visir al quale i saggi avevano conferito un potere da lui non voluto. Quando fu incoronato, Sethi, il suo successore, era già un uomo maturo di notevole esperienza. Ramses aveva solo ventitré anni e si era accontentato di vivere nell’ombra protettrice del padre, seguendo i suoi insegnamenti e rispondendo a tutte le sue richieste. Com’era bello fidarsi di una guida che tracciava la via! Agire secondo gli ordini di Sethi, servire l’Egitto obbedendo al faraone, ricevere sempre da lui le risposte alle proprie domande… Quel paradiso era diventato inaccessibile.
E il destino osava pretendere che lui, Ramses, un giovane impetuoso e ardente, sostituisse Sethi!
Non sarebbe forse stato meglio scoppiare a ridere e fuggire nel deserto, così lontano da non poter essere scovato!
Certo, poteva contare sui suoi alleati: sua madre Tuya, complice esigente e fedele; sua moglie Nefertari, così bella e tranquilla; e i suoi amici d’infanzia, Mosè l’ebreo, diventato costruttore presso i cantieri reali, Asha, il diplomatico, Setau, l’incantatore di serpenti, e il suo segretario particolare Ameni, la cui sorte era legata a quella di Ramses.
Ma il gruppo dei nemici non sarebbe stato più potente? Shenar non avrebbe rinunciato a impossessarsi del trono. Quali oscure alleanze aveva stretto per impedire al fratello di regnare? Se, in quel preciso istante, Shenar si fosse presentato davanti a lui, Ramses non avrebbe opposto la minima resistenza. Se proprio ci teneva tanto a quella duplice corona, poteva prendersela!
Ma aveva forse il diritto di tradire suo padre rinunciando all’incarico che gli aveva affidato? Sarebbe stato così semplice pensare che Sethi si era sbagliato o che avrebbe potuto cambiare opinione… Ramses non voleva mentire a se stesso. Il suo destino dipendeva dalla risposta dell’invisibile.
Ed era proprio lì, nel deserto, nel cuore di quella terra rossa, forte della sua pericolosa energia, che l’avrebbe ottenuta.
Seduto in posizione da scriba, lo sguardo perso nel cielo, Ramses aspettava. Un faraone non poteva essere che un uomo del deserto, innamorato della solitudine e dell’immensità; il fuoco nascosto nelle pietre e nella sabbia avrebbe nutrito la sua anima, o l’avrebbe distrutta. Spettava al fuoco dare il suo verdetto.
Il sole era quasi allo zenit, il vento si placò. Una gazzella balzava da una duna all’altra. Un pericolo incombeva.
Improvvisamente apparve dal nulla.
Un leone enorme, lungo almeno quattro metri e di oltre trecento chili. La sua criniera fiammeggiante, di colore chiaro, lo faceva assomigliare a un guerriero trionfante il cui corpo muscoloso, bruno scuro, si muoveva con agilità.
Nello scorgere Ramses, emise un formidabile ruggito che venne udito a quindici chilometri di distanza. Dotata di fauci spaventose e artigli affilati, la belva fissò la sua preda.
Il figlio di Sethi non aveva nessuna possibilità di sfuggirle.
Il leone si avvicinò e si fermò, immobile, a qualche metro dall’uomo che poteva vedere i suoi occhi dorati; si sfidarono così per alcuni lunghi secondi.
L’animale scacciò una mosca con la coda; improvvisamente innervosito, avanzò ancora.
Ramses si alzò, fissando il leone.
«Sei tu, Massacratore, sei proprio tu che ho salvato da una morte certa! Cos’hai in serbo per me?»
Dimentico del pericolo, Ramses ricordò quel leoncino che agonizzava nella boscaglia della savana nubiana; morso da un serpente, aveva dato prova di una resistenza fuori del comune prima di guarire grazie ai rimedi di Setau e di diventare una belva gigantesca.
Per la prima volta, Massacratore era fuggito dal recinto in cui veniva rinchiuso in assenza di Ramses. La natura del felino aveva forse ripreso il sopravvento, al punto da renderlo feroce e spietato nei confronti di colui che aveva considerato come il suo padrone?
«Deciditi, Massacratore. O diventi mio alleato per la vita, o mi dai la morte.»
Il leone si alzò sulle zampe posteriori e posò quelle anteriori sulle spalle di Ramses. L’impatto fu violento, ma il principe resistette. Non aveva tirato fuori gli artigli, e con il muso annusava il naso di Ramses.
Tra i due, amicizia, fiducia e rispetto.
«Hai tracciato il mio destino.»
D’ora in avanti, colui che Sethi aveva chiamato il Figlio della Luce non avrebbe avuto più scelta.
Avrebbe combattuto come un leone.

2

Il palazzo reale di Menfi era in lutto stretto. Gli uomini non si radevano più, le donne lasciavano sciolti i capelli. Per tutti i settanta giorni necessari alla mummificazione di Sethi, l’Egitto sarebbe rimasto sospeso in una specie di vuoto; il re era morto, il suo trono rimaneva vacante sino alla proclamazione ufficiale del suo successore, che sarebbe avvenuta solo dopo la sepoltura e l’unione della mummia di Sethi con la luce celeste.
Per ordine del reggente Ramses e della grande sposa reale Tuya, i posti di frontiera erano in stato d’allerta e le truppe pronte a opporsi a qualsiasi tentativo d’invasione. Benché il pericolo principale, rappresentato dagli ittiti,a non costituisse apparentemente una minaccia imminente, non si poteva escludere un’incursione. Da secoli ormai, le ricche province agricole del Delta rappresentavano una preda allettante per i “corridori delle sabbie”, i beduini erranti del Sinai, e i principi dell’Asia, a volte capaci di coalizzarsi per attaccare insieme il nordest dell’Egitto.
Il viaggio di Sethi verso l’aldilà aveva suscitato paure; quando un faraone scompariva, le forze del caos minacciavano di sommergere l’Egitto e di distruggere una civiltà costruita dinastia dopo dinastia. Il giovane Ramses sarebbe stato in grado di proteggere le Due Terreb dalla sciagura? Alcuni, fra i notabili, non si fidavano minimamente di lui e speravano che si sarebbe fatto da parte per lasciare il posto al fratello Shenar, più abile e meno impetuoso.
Tuya, la grande sposa reale, non aveva modificato le sue abitudini dopo la morte del marito. La donna, quarantadue anni, aspetto altezzoso, naso diritto e sottile, grandi occhi a mandorla dallo sguardo severo e penetrante, mento quasi quadrato, molto esile, godeva di un’indiscussa autorità morale. Il suo sostegno a Sethi non era mai venuto a mancare; in sua assenza, durante le permanenze del faraone all’estero, era stata lei a governare il paese con pugno di ferro.
Quando iniziava ad albeggiare, Tuya amava fare due passi nel suo giardino, tra i tamarindi e i sicomori; passeggiando, organizzava la sua giornata di lavoro, un alternarsi di riunioni profane e di rituali inneggianti al potere divino.
Dopo la scomparsa di Sethi, ogni minimo gesto le sembrava privo di senso. L’unico desiderio di Tuya era di raggiungere al più presto il marito in un universo senza conflitti, lontana dal mondo degli uomini, ma avrebbe accettato il peso degli anni che il destino le avrebbe inflitto. Si sentiva in dovere di restituire al paese la felicità che le era stata offerta servendol...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. La dimora millenaria
  4. 1
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  46. 43
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  57. 54
  58. 55
  59. 56
  60. 57
  61. 58
  62. 59
  63. Copyright