
- 348 pagine
- Italian
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Il romanzo di Ramses - 1. Il Figlio della Luce
Informazioni su questo libro
Regnò per sessantasette anni. Portò il suo paese all'apogeo della gloria e della sapienza. Ramses II, "il Figlio della Luce", fu il più grande faraone egizio, l'uomo che impresse una svolta alla storia del mondo antico. Con la sua avvolgente narrazione Christian Jacq ripercorre la sua vita dalla giovinezza all'ascesa al trono. Tra angosce e speranze, tradimenti e vittorie, in mezzo a personaggi indimenticabili: il padre Sethi, la dolce Nefertari, il poeta Omero, l'acheo Menelao, la bellissima Elena, l'ebreo Mosè.
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Informazioni
1
Il toro selvaggio, immobile, fissava il giovane Ramses.
Una bestia mostruosa: zampe grosse come pilastri, lunghe orecchie pendule, una barba dura sulla mandibola inferiore, il mantello bruno e nero. E aveva avvertito la presenza del giovane.
Ramses era affascinato dalle corna del toro, ravvicinate e rigonfie alla base per poi piegarsi all’indietro e quindi volgersi all’insù, così da formare una sorta di casco concluso da punte acuminate, capaci di squarciare la carne di qualsiasi avversario.
L’adolescente non aveva mai visto un toro tanto enorme.
L’animale apparteneva a una razza temibile, che anche i migliori cacciatori esitavano a sfidare; pacifico nel suo clan, pronto a soccorrere i suoi simili feriti o malati, premuroso nell’educazione dei piccoli, il maschio si trasformava in tremendo guerriero quando se ne turbava la quiete. Infuriato dalla minima provocazione, caricava a velocità stupefacente e non si rabboniva se non dopo aver schiantato l’avversario.
Ramses arretrò d’un passo.
La coda del toro selvaggio frustò l’aria; l’animale scoccò un’occhiata feroce all’intruso che aveva osato avventurarsi nei suoi territori: i pascoli nei pressi di una palude da cui si levavano alte canne. Non lontano, una vacca era intenta a figliare, circondata dalle sue compagne. In quelle solitudini sulle rive del Nilo, il grande maschio regnava sulla sua mandria e non tollerava nessuna presenza estranea.
Il giovane aveva sperato che la vegetazione lo celasse; ma gli occhi marroni del toro, profondi nelle orbite, non lo perdevano di vista. Ramses si rese conto che non gli sarebbe sfuggito.
Pallido in volto, si volse lentamente verso suo padre.
Sethi, il faraone d’Egitto, colui che era soprannominato “il toro vittorioso”, si teneva a una decina di passi dietro il figlio. La sua sola presenza, si diceva, bastava a paralizzare i nemici; la sua intelligenza, acuta come il becco del falco, arrivava ovunque, e non c’era nulla che egli ignorasse. Slanciato, il volto severo, la fronte alta, il naso arcuato, gli zigomi salienti, Sethi era l’incarnazione dell’autorità. Era il monarca venerato e temuto che aveva ridato all’Egitto l’antica gloria.
Il quattordicenne Ramses, la cui statura era già quella di un adulto, incontrava suo padre per la prima volta.
Fino a quel momento era stato allevato a palazzo da un tutore incaricato di insegnargli a divenire un uomo di qualità che, quale figlio di re, avrebbe trascorso giorni felici assolvendo a un’alta funzione. Ma Sethi lo aveva strappato alle lezioni di geroglifici per portarlo in piena campagna, lontano da ogni villaggio. Non era stata pronunciata una parola.
Quando la vegetazione s’era fatta troppo fitta, il re e suo figlio erano scesi dal carro tirato da due cavalli e si erano addentrati fra le alte erbe. Superato l’ostacolo, erano giunti nel territorio del toro.
Quale dei due era il più spaventoso, la bestia selvaggia o il faraone? Dall’uno come dall’altro irradiava una possanza che il giovane Ramses si sentiva incapace di padroneggiare. Non affermavano forse i narratori che il toro era un animale celeste animato dal fuoco dell’altro mondo, e che il faraone era confratello degli dei? Malgrado la sua alta statura, la robustezza e il rifiuto di aver paura, l’adolescente si sentiva preso tra due forze quasi complici.
«Mi ha scoperto» confessò con voce che avrebbe voluto ferma.
«Tanto meglio.»
Le due prime parole pronunciate da suo padre suonavano come una condanna.
«È enorme, e…»
«E tu, chi sei?»
La domanda sorprese Ramses. Con la zampa anteriore sinistra, il toro grattò furiosamente il suolo; gli aironi si levarono in volo, come se lasciassero il campo di battaglia.
«Sei un vile o un figlio di re?»
Lo sguardo di Sethi trapassava l’anima.
«Mi piace combattere, ma…»
«Un uomo vero si spinge fino al limite delle sue forze. Un re va oltre. Se non ne sei capace, non regnerai e non ci vedremo mai più. Nessuna prova deve farti tremare. Vattene, se vuoi; altrimenti, catturalo.»
Ramses osò alzare gli occhi e sostenere lo sguardo del padre.
«Tu mi mandi alla morte.»
«“Sii un toro possente di eterna gioventù, dal cuore fermo e dalle corna affilate che nessun nemico potrà vincere” mi ha detto mio padre. Tu, Ramses, sei uscito dal ventre di tua madre quale un vero toro, e devi divenire un sole raggiante che spanderà i suoi raggi per il bene del suo popolo. Tu stavi nascosto nella mia mano come una stella; oggi, io apro le dita. Brilla o scompari.»
Il toro fece udire un muggito; il dialogo degli intrusi lo irritava. Tutt’attorno, i rumori della campagna si spensero; dal roditore all’uccello, non c’era chi non avvertisse l’imminenza dello scontro.
Ramses affrontò la prova.
Lottando a mani nude, aveva già vinto avversari più pesanti e più forti di lui grazie alle prese che gli erano state insegnate dal suo tutore. Ma a quale tattica ricorrere con un mostro di quelle dimensioni?
Sethi consegnò al figlio una lunga corda con un nodo scorsoio.
«La sua forza è nella testa; afferralo per le corna e lo vincerai.»
Il giovane riacquistò speranza; durante le gare nautiche, sul lago del palazzo, si era più volte esercitato al maneggio dei cordami.
«Quando il toro udirà il sibilo del tuo laccio» avvertì il faraone «ti si precipiterà addosso. Non mancarlo, perché non avrai una seconda possibilità.»
Ramses ripeté mentalmente il suo gesto e in silenzio si fece coraggio. Nonostante la giovane età, già superava in altezza il metro e settanta ed esibiva la muscolatura di un atleta dedito a parecchie discipline; e quanto lo irritava il ricciolo dell’infanzia, trattenuto da un nastro all’altezza dell’orecchio, quell’ornamento rituale fatto con i suoi magnifici capelli biondi! Una volta ricevuto un incarico a corte, sarebbe stato autorizzato a portare un’altra acconciatura.
Ma il destino gliene avrebbe lasciato il tempo? Certo, più volte e non senza millanteria, l’impaziente giovane aveva chiesto prove degne di lui, ma non s’aspettava che il faraone in persona rispondesse alle sue aspirazioni in maniera tanto brutale.
Irritato dall’odore dell’uomo, il toro non sarebbe stato a lungo in attesa. Ramses strinse la corda; una volta catturata la bestia, per immobilizzarla sarebbe occorsa la forza di un colosso. E siccome ancora non la possedeva, avrebbe dunque trasceso se stesso, a costo di farsi scoppiare il cuore.
No, non avrebbe deluso il faraone.
Ramses fece roteare il laccio; il toro caricò, a corna basse.
Sorpreso dalla velocità dell’animale, il giovane lo schivò facendo due passi di fianco. Allungò il braccio destro e lanciò il laccio che, torcendosi come un serpente, colpì il dorso del mostro. Sulla spinta, Ramses scivolò sul terreno umido e cadde nel momento in cui le corna stavano per trafiggerlo. Gli sfiorarono il petto, senza che lui chiudesse gli occhi.
Aveva voluto vedere la propria morte in faccia.
Irritato, il toro proseguì la corsa fino alle canne e si voltò di scatto; Ramses, che si era rialzato, piantò il proprio sguardo nel suo. Gli avrebbe tenuto testa fino all’ultimo, dimostrando a Sethi che un figlio di re sapeva morire degnamente.
Lo slancio del mostro fu interrotto di colpo; la corda che il faraone reggeva con mano ferma gli serrava le corna. Pazza furiosa, scuotendo la testa tanto da rischiare di spezzarsi il collo, la bestia tentò invano di liberarsi; Sethi si servì di quella forza disordinata per rivolgergliela contro.
«Afferragli la coda!» ordinò al figlio.
Ramses accorse e agguantò la coda quasi nuda, munita di un ciuffo di crini all’estremità, quella coda che il faraone portava appesa alla cintura del cingilombi in qualità di padrone della potenza del toro.
Vinto, l’animale si calmò, accontentandosi di soffiare e brontolare. Il re lo lasciò andare, dopo aver fatto segno a Ramses di mettersi dietro di lui.
«Guardalo, è di una specie indomabile; un maschio come questo è capace di attraversare il fuoco e l’acqua, e sa persino nascondersi dietro un albero per sorprendere meglio il suo nemico.»
L’animale volse la testa di lato e scrutò per un istante l’avversario. Sapendosi impotente di fronte al faraone, se ne andò a passo tranquillo verso il suo territorio.
«Sei più forte di lui!»
«Non siamo più avversari, perché abbiamo concluso un patto.»
Sethi sfilò un pugnale dalla guaina di cuoio e, con gesto rapido e preciso, tagliò il ricciolo dell’infanzia.
«Padre mio…»
«La tua infanzia è morta. La vita comincia domani, Ramses.»
«Non ho vinto il toro.»
«Hai vinto la paura, il primo degli avversari lungo il cammino della saggezza.»
«Ce ne sono molti altri?»
«Senza dubbio più dei granelli di sabbia del deserto.»
Il giovane si sentiva bruciare la domanda sulle labbra.
«Devo presumere… che mi hai scelto come tuo successore?»
«Credi forse che il coraggio basti a governare gli uomini?»
2
Sary, il tutore di Ramses, percorreva il palazzo in lungo e in largo alla ricerca del suo pupillo. Non era la prima volta che il ragazzo marinava la lezione di matematica per occuparsi dei cavalli o proporre una gara di nuoto alla sua banda di amici scapestrati e testardi.
Panciuto, gioviale, nemico dell’esercizio fisico, Sary imprecava di continuo contro il suo discepolo, ma la minima scappatella lo preoccupava. Il matrimonio con una donna molto più giovane di lui, la sorella maggiore di Ramses, gli aveva valso l’invidiato incarico di tutore del principe.
Invidiato… Per chi non conosce...
Indice dei contenuti
- Copertina
- Fontispizio
- Il Figlio della luce
- Prefazione
- 1
- 2
- 3
- 4
- 5
- 6
- 7
- 8
- 9
- 10
- 11
- 12
- 13
- 14
- 15
- 16
- 17
- 18
- 19
- 20
- 21
- 22
- 23
- 24
- 25
- 26
- 27
- 28
- 29
- 30
- 31
- 32
- 33
- 34
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