Fatti il letto
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Fatti il letto

Piccole cose che cambieranno la tua vita...e forse il mondo.

  1. 140 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Fatti il letto

Piccole cose che cambieranno la tua vita...e forse il mondo.

Informazioni su questo libro

«Se la mattina vi fate il letto, avrete portato a termine il primo compito della giornata. Questo vi darà una sensazione di orgoglio e vi incoraggerà a concluderne un altro, e poi un altro ancora. Farsi il letto, inoltre, rimarca la consapevolezza che nella vita le piccole cose contano. Se non sapete fare bene le piccole cose, non ne farete mai di grandi».

Non è un'esperta di riordino o una madre esasperata a dettare questa semplice regola, ma un ammiraglio a quattro stelle della Marina americana. Nel suo discorso tenuto ai laureandi dell'università del Texas alla cerimonia di consegna dei diplomi, William McRaven ha condiviso i dieci principi che ha imparato durante l'addestramento da Navy seal e che lo hanno aiutato a superare le sfide non solo nella sua carriera, ma lungo tutta la sua vita. Perché non è necessario essere un Navy seal per trovarsi in situazioni difficili, dover prendere decisioni complicate o affrontare compiti apparentemente insormontabili. Chiunque, ha detto, può usare queste semplici regole per migliorare se stesso, e il mondo.
Quel discorso, che ha avuto oltre cento milioni di visualizzazioni in rete, è il punto di partenza di Fatti il letto, un bestseller diventato in breve un piccolo classico, ai vertici delle classifiche per mesi e in corso di pubblicazione in 24 lingue. Intrise di empatia e coraggio, queste pagine hanno il contagioso potere di ispirare il lettore a dare il meglio di sé e ottenere il massimo dalla propria vita.

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Informazioni

IL DISCORSO PER LA CONSEGNA DEI DIPLOMI ALL’UNIVERSITÀ DEL TEXAS

Lo slogan dell’università è: «Ciò che comincia qui cambia il mondo». Devo ammetterlo, mi piace proprio. «Ciò che comincia qui cambia il mondo!»
Questa sera ci sono quasi ottomila studenti che si laureano all’Università del Texas. Quel modello di rigore analitico che è Ask.com riferisce che nella sua vita l’americano medio incontrerà diecimila persone. È un sacco di gente. Ma se ognuno di voi ha cambiato la vita di solo dieci persone, e ciascuna di queste persone ha cambiato la vita di altre dieci persone – soltanto dieci – allora nel giro di cinque generazioni, cioè centoventicinque anni, i laureati del 2014 avranno cambiato la vita di ottocento milioni di persone.
Ottocento milioni di persone. Pensateci: più del doppio della popolazione degli Stati Uniti. Aggiungete un’altra generazione e potete cambiare l’intera popolazione mondiale, otto miliardi di persone. Se pensate che sia difficile cambiare la vita di dieci persone, cambiarla per sempre, vi sbagliate.
L’ho visto succedere ogni giorno in Iraq e in Afghanistan. Un giovane ufficiale dell’esercito decide di andare a sinistra anziché a destra in una strada di Baghdad e i dieci soldati della sua unità scampano a un’imboscata poco più avanti.
Nella provincia di Kandahar, in Afghanistan, un sottufficiale del Female Engagement Team intuisce che qualcosa non torna e dà ordine al plotone di allontanarsi da uno IED di oltre due chili, salvando la vita a decine di soldati.
Se ci pensate, però, la decisione di un singolo non solo ha salvato la vita di quei soldati, ma anche quella dei loro figli non ancora nati. E quella dei figli di quei figli. Intere generazioni salvate da un’unica decisione, presa da una sola persona.
Ma cambiare il mondo può verificarsi ovunque, e chiunque può farlo. Perciò, quello che comincia qui può davvero cambiare il mondo. La domanda cruciale, tuttavia, è: come sarà il mondo dopo che l’avrete cambiato?
Be’, sono sicuro che sarà molto, ma molto meglio, eppure se avete la pazienza di assecondare per un momento questo vecchio lupo di mare, avrei qualche suggerimento che potrebbe aiutarvi nel vostro progetto per un mondo migliore. E anche se queste lezioni sono state apprese durante il tempo trascorso nell’esercito, vi posso assicurare che non conta se abbiate indossato un’uniforme oppure no.
Non contano neppure il genere, l’appartenenza etnica o religiosa, l’orientamento sessuale o lo status sociale. Ciò con cui lottiamo nell’esistenza è simile per ciascuno di noi e le lezioni per superare le difficoltà e andare avanti – cambiando noi stessi e il mondo attorno a noi – si applicano a tutti nello stesso modo.
Sono stato un Navy SEAL per trentasei anni. Ma tutto è iniziato quando ho lasciato l’Università del Texas per fare l’addestramento base dei SEALS a Coronado, in California. L’addestramento base dei SEALS consiste in sei mesi di corse lunghe e tormentose nella sabbia cedevole, nuotate notturne nelle acque gelide al largo di San Diego, percorsi a ostacoli, sessioni interminabili di ginnastica, giorni e giorni senza dormire, costantemente gelati e bagnati.
Sono sei mesi di continue molestie da parte di guerrieri professionisti che cercano di scovare i deboli, sia nella mente sia nel corpo, e di evitare che possano diventare Navy SEALS. Ma l’addestramento cerca anche di individuare le reclute in grado di comandare in condizioni di stress, caos, insuccessi e difficoltà costanti. Per me l’addestramento base dei SEALS ha rappresentato un’intera vita di sfide compressa in sei mesi.
Perciò, ecco qui le dieci lezioni che ho imparato in quel periodo e che spero vi saranno d’aiuto nella vostra esistenza futura.
Quando frequentavo l’addestramento base dei SEALS, tutte le mattine i miei istruttori, che all’epoca erano veterani del Vietnam, comparivano nella mia stanza in caserma e la prima cosa che facevano era ispezionarti il letto. Controllavano se lo avevi rifatto correttamente, se gli angoli erano diritti, le coperte rincalzate strette, il cuscino centrato proprio sotto la testata e la coperta in più piegata accuratamente ai piedi della branda.
Era un compito semplice, banale. Ma ogni mattina ci veniva richiesto di rifare il letto alla perfezione. Al tempo sembrava un po’ assurdo, soprattutto alla luce del fatto che aspiravamo a essere veri guerrieri, SEALS tosti induriti dalle battaglie, ma ho avuto moltissime riprove della saggezza di questa azione tanto semplice.
Se vi rifate il letto ogni mattina, avrete portato a termine il primo compito della giornata. Vi darà una piccola sensazione di orgoglio e vi stimolerà a portare a termine un altro compito e poi un altro e un altro ancora. Alla fine della giornata, quel singolo compito portato a termine si sarà trasformato in molti compiti portati a termine. Rifarvi il letto rafforzerà inoltre l’idea che nella vita contano le piccole cose.
Se non riuscite a fare nel modo giusto le piccole cose, non farete mai nel modo giusto le grandi cose. E se per caso avete avuto una giornata pessima, tornare a casa e trovare un letto rifatto – da voi – costituisce un incoraggiamento a sperare che domani andrà meglio.
Se volete cambiare il mondo, cominciate col rifarvi il letto.
Durante l’addestramento dei SEALS gli studenti vengono suddivisi in equipaggi. Ciascun equipaggio è composto da sette uomini: tre da ciascun lato del piccolo canotto di gomma e un timoniere per guidare il gommone. Ogni giorno l’equipaggio si schiera sulla spiaggia e riceve l’ordine di raggiungere la zona dei frangenti e pagaiare per diversi chilometri lungo la costa.
D’inverno, le onde al largo di San Diego possono arrivare a tre metri d’altezza ed è difficilissimo pagaiare dove le onde si frangono a meno che tutti non si impegnino al massimo. Ogni colpo di remo deve essere sincronizzato al ritmo scandito dal timoniere. Ognuno deve metterci la stessa forza o l’imbarcazione si girerà puntando contro l’onda e verrà ributtata sulla spiaggia senza tante cerimonie. Perché il gommone arrivi a destinazione, devono pagaiare tutti.
Non potete cambiare il mondo da soli – vi servirà aiuto – perciò per arrivare dal punto di partenza al traguardo portate con voi amici, colleghi, estranei ben disposti e un bravo timoniere per guidarli.
Se volete cambiare il mondo, trovate qualcuno che vi aiuti a pagaiare.
Dopo qualche settimana di duro addestramento dei SEALS, da centocinquanta studenti che eravamo ci ritrovammo in quarantadue. Adesso c’erano sei equipaggi di sette uomini ciascuno. Io ero nell’imbarcazione delle reclute alte, ma l’equipaggio migliore che avevamo era composto di ragazzi bassi… “l’equipaggio dei piccoletti”, lo chiamavamo. Nessuno di loro superava il metro e sessantacinque.
L’equipaggio dei piccoletti annoverava un nativo americano, un afroamericano, un americano di origini polacche, uno di origini greche, un italoamericano e due ragazzi tosti del Midwest. Pagaiavano più forte, correvano e nuotavano più veloci di tutti gli altri equipaggi.
Gli uomini alti degli altri equipaggi li prendevano in giro bonariamente parlando delle pinnette che i piccoletti infilavano sui piedini prima di andare a nuotare. Ma questi ragazzi, provenienti da ogni angolo della nazione e del mondo, riuscivano sempre ad avere l’ultima parola, nuotavano più veloci di tutti e raggiungevano la spiaggia prima degli altri equipaggi.
L’addestramento dei SEALS era un grande livellatore. Non contava nient’altro se non la volontà di farcela: non importavano il colore, l’appartenenza etnica, l’istruzione, la condizione sociale.
Sevoletecambiareilmondo,misuratelepersone dalla grandezza del cuore, non dalla lunghezza delle pinne.
Diverse volte alla settimana gli istruttori ci facevano mettere in fila per l’ispezione dell’uniforme. Era eccezionalmente accurata. Il berretto doveva essere perfettamente inamidato, l’uniforme stirata alla perfezione e la fibbia della cintura lucida e senza macchie.
Ma sembrava che tutti gli sforzi di inamidare il berretto, stirare l’uniforme o lucidare la fibbia non fossero mai sufficienti. Gli istruttori trovavano sempre “qualcosa” che non andava.
Se non passavi l’ispezione dell’uniforme, ti toccava buttarti in mezzo alle onde completamente vestito e poi, fradicio, rotolarti sulla spiaggia finché non eri ricoperto di sabbia da capo a piedi. Risultato, ti eri trasformato in uno sugar cookie, un biscotto allo zucchero. Ti tenevi addosso l’uniforme conciata a quel modo per tutto il giorno: fredda, bagnata e piena di sabbia.
Molti studenti non riuscivano ad accettare che tutti i loro sforzi fossero vani. Che per quanto si impegnassero ad avere l’uniforme immacolata, la cosa non venisse apprezzata. Quegli studenti non superarono l’addestramento. Quegli studenti non avevano compreso lo scopo di tutto quanto. Non ci saresti mai riuscito. Non avresti mai avuto un’uniforme perfetta.
Certe volte, per quanto ci si sia preparati a fondo o si svolga una prestazione perfetta, si finisce comunque per essere uno sugar cookie. È così che va la vita.
Se volete cambiare il mondo, accettate di essere uno sugar cookie e andate avanti.
Durante l’addestramento era necessario affrontare ogni giorno diverse prove fisiche. Corse su lunga distanza, nuotate di chilometri, percorsi a ostacoli e ore di ginnastica, tutto pensato per testare la tua forza di carattere.
Ogni prova aveva degli standard: dei tempi che dovevi rispettare. Se non riuscivi a soddisfarli, il tuo nome finiva su una lista e alla fine della giornata quelli che erano sulla lista venivano invitati al Circo.
Il Circo erano due ore in più di ginnastica che avevano lo scopo di sfinirti, spezzarti lo spirito, costringerti a rinunciare. Nessuno voleva il Circo. Il Circo significava che per quel giorno non eri stato all’altezza. Il Circo significava più stanchezza, e più stanchezza significava che il giorno dopo sarebbe stato più difficile… e probabilmente ti saresti ritrovato a un altro Circo.
Ma durante l’addestramento dei SEALS a un certo punto tutti – e intendo proprio tutti – finivano sulla lista. E a coloro che ci finivano di continuo succedeva una cosa interessante. Dopo un po’ questi studenti che facevano due ore in più di ginnastica diventavano sempre più forti. La sofferenza del Circo aumentava la forza interiore e li rendeva più resistenti fisicamente.
La vita è piena di Circhi. Fallirete. Probabilmente fallirete spesso. Sarà doloroso. Sarà scoraggiante. Talvolta vi metterà alla prova in maniera radicale.
Se volete cambiare il mondo, non abbiate paura del Circo.
Almeno due volte alla settimana ci veniva chiesto di fare il percorso a ostacoli, che prevedeva venticinque ostacoli tra cui un muro alto tre metri e mezzo, una rete di nove metri e un filo spinato sotto cui strisciare, solo per citarne alcuni.
L’ostacolo più difficile era la Slide for Life, costituita da una torre a tre piani alta nove metri a un’estremità e da una torre a un piano all’altra estremità. Tra le due torri era tesa una corda lunga trenta metri.
Bisognava arrampicarsi sulla torre a tre livelli e, una volta in cima, affe...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. FATTI IL LETTO
  4. Prefazione
  5. Capitolo Uno. Iniziate la giornata portando a termine un compito
  6. Capitolo Due. Non potete farcela da soli
  7. Capitolo Tre. Quel che conta è la grandezza del cuore
  8. Capitolo Quattro. La vita non è giusta: andate avanti!
  9. Capitolo Cinque. L’insuccesso può rendervi più forti
  10. Capitolo Sei. Osate il massimo
  11. Capitolo Sette. Tenete testa ai prepotenti
  12. Capitolo Otto. Dimostratevi all’altezza
  13. Capitolo Nove. Date speranza alle persone
  14. Capitolo Dieci. Non mollate mai!
  15. Il discorso per la Consegna dei Diplomi all’Università del Texas
  16. Ringraziamenti
  17. Copyright