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PARTE SECONDA
I rapporti
con gli altri
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8
La nostra vagina,
noi stesse
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Okay, c’è qualcosa che non sia ancora stato detto pubblicamente sul sesso?
Be’, per la verità sì. Non importa che adesso la gente dica regolarmente figa in TV o che sia possibile usare le parole pompino e commissione d’inchiesta della Camera nella stessa frase. Nonostante tutte le provocazioni sessuali offerte dai media al giorno d’oggi, la comprensione della sessualità femminile è ancora inconsistente come un perizoma di Victoria’s Secret.
Per cominciare, cos’è questa cosa del sesso nei film? Innanzitutto non ce n’è affatto abbastanza. Secondo, com’è che gli sceneggiatori riescono a destreggiarsi con il lavoro degli hacker o la guerra termonucleare ma non sanno nulla dei preliminari? Non so dirvi quante scene ho visto nelle quali un tizio (in genere di trent’anni più vecchio della sua partner) solleva la gonna a una donna e la porta all’orgasmo nello stesso tempo che occorre per scongelare un pezzo di pizza nel microonde. O nelle quali una coppia raggiunge l’orgasmo nello stesso istante. O nelle quali una donna viene ansimando pudicamente invece di cacciare le unghie nella schiena del compagno e urlare come un banditore d’asta. Ehi, ma la gente pensa davvero che sia una cosa realistica, per non dire tecnicamente possibile? Secondo Shere Hite solo un terzo di noi donne raggiunge l’orgasmo con un normale rapporto sessuale, e di certo non ce ne andiamo in giro come una decappottabile ben oliata. Prima di metterci in moto abbiamo bisogno di farci scaldare il motore, di farci accendere le candele e che qualcuno tenga la testa sotto il cofano per un po’, grazie tante.
Poi, cos’hanno le riviste femminili? Scrivono del sesso come se fosse un lazo, qualcosa che ci aiuti a catturare un uomo. «Il suo punto-G: trovatelo, toccatelo e lui bacerà il terreno sul quale camminate» dice «Cosmo» in un tipico titolo di copertina.
Il suo punto-G? Scusatemi, ma l’ultima volta che ho controllato non erano le ragazze che avevano bisogno della mappa per orientarsi in mezzo agli altrui genitali. E francamente, perché mai dovremmo preoccuparci del punto-G di un uomo? Visto che solo due terzi di noi sono in grado di avere un orgasmo, non dovremmo piuttosto pensare a noi stesse?
Ma la cosa peggiore è l’ipocrisia sessuale che si nasconde appena sotto la superficie. Il sesso è così fondamentale che qualsiasi primate è in grado di farlo. Cole Porter ha scritto una canzone catalogando tutte le scopate che avvengono nel regno animale. Ma basta che una ragazza faccia una festicciola dentro le sue mutandine e la nostra cultura perde la testa. Messi da parte tutti i prodotti commerciali e le fantasie pornosoft, i più tendono ancora a considerare l’attività sessuale delle donne leggermente patologica.
Guardate qualsiasi talk show e sentirete così tanta gente definire le donne sessualmente attive «troie», «puttane» o «sgualdrine» che vi sembrerà di essere tornate alle elementari.
Oppure leggete i libri reazionari pubblicati di recente: A Return to Modesty di Wendy Shalit o What Our Mothers Didn’t Tell Us di Danielle Crittenden.
Entrambi sostengono che noi donne dovremmo “recuperare” il nostro “potere” riportando in auge un’arte da tempo scomparsa, quella di provocare il maschio senza concederglisi. Secondo le autrici gli uomini sono dei porci. L’unica vera ragione per la quale noi ragazze ci rotoliamo con loro nel fango è che le femministe ci hanno indotte a credere di essere sessualmente libere e di poter scopare esattamente come gli uomini. (Questa deve giungere nuova alle femministe, che anzi vengono accusate di eccessivo moralismo.) E dal momento che ci rotoliamo nel fango insieme agli uomini, asseriscono questi libri, gli uomini non ci rispettano più e non vogliono più sposarci. (Cosa che deve giungere nuova all’industria del matrimonio, che fattura trentadue miliardi di dollari.) Per avere un’intimità e un amore autentici e duraturi, dicono le autrici, alle donne conviene fare dondolare pudicamente la loro sessualità davanti agli uomini come un biscotto per cani finché non cominciano a sbavare, a rotolarsi e a supplicare, con un anello di fidanzamento in mano, naturalmente.
Suvvia, il ricatto sessuale è davvero una buona ricetta per trovare amore e intimità autentici?
Quello che manca in tutte queste chiacchiere è la comprensione di ciò che davvero motiva sessualmente le donne. Chiaramente il mondo non l’ha ancora capito. All’inizio del nuovo millennio la nostra cultura crede ancora che noi donne facciamo sesso solo per una di queste quattro ragioni: 1) per avere bambini, 2) perché siamo “innamorate”, 3) perché siamo sgualdrine, 4) perché siamo solo parzialmente presenti a noi stesse: quindi perché siamo state influenzate dalla pressione dei pari, abbiamo un’autostima ridotta o non abbiamo cervello. Oppure, già, siamo state indotte a credere dalle femministe che possiamo scopare come ragazzi.
Be’, noi donne facciamo sesso per un gran numero di ragioni spesso molto sfumate, complesse o anche banali. Facciamo sesso perché siamo arrapate. Facciamo sesso perché siamo annoiate. Facciamo sesso perché siamo appassionate, insicure, curiose e bisognose. Facciamo sesso perché abbiamo gli ormoni in ebollizione e la nostra pelle produce feromoni a tutta birra. Facciamo sesso per ragioni nobili e per ragioni stupide.
Dal momento che non voglio tradire la fiducia delle mie amiche, prendo come esempio me stessa. (Probabilmente mi pentirò di questa confessione, ma pazienza): una volta sono andata a letto con un tipo perché assomigliava a Bon Jovi, sapeva leggere i tarocchi e aveva quasi tutti gli stessi dischi che avevo io. Ora, vi sembra un motivo particolarmente buono per andare a letto con qualcuno? Già, neppure a me. Non ora. Ma quando avevo diciotto anni mi parve un colpo di genio. Avevo letto Rimbaud e probabilmente vedevo in quella situazione qualcosa di audace e di fantasticamente romantico e sofisticato. Fui molto disinvolta riguardo alla cosa e poi ne fui contentissima. Dunque ero una vittima o un’arpia? Stavo perdendo il mio “potere” o ne stavo abusando? Il mio modo di ragionare poteva essere stato sciocco, ma era “immorale”?
Credere che le donne facciano sesso semplicemente perché sono “promiscue” o hanno “poca autostima” è assurdo quanto pensare che l’unica ragione per la quale non facciamo sesso è che siamo “responsabili”, “pure” o “puritane”.
Presentare la sessualità femminile in termini semplicistici e manichei è offensivo. Non solo, è anche pericoloso. Di certo travisa e semplifica eccessivamente qualsiasi discussione su gravidanza in età adolescenziale, MST o astinenza. Dà alle giovani donne – e al mondo in generale – una comprensione limitata di quello che siamo. Crea l’illusione che ci sia in noi qualcosa che non va se non possiamo “dire di no e basta”. E non riconosce il fatto che siamo complicate e abbiamo desideri contraddittori: in altre parole, che siamo pienamente umane.
Tutto questo, naturalmente, ci rende meno potenti. Se non comprendiamo la nostra sessualità avremo meno probabilità di fare scelte intelligenti quando la posta in gioco è più alta, quando siamo già coinvolte in una specie di tiro alla fune sessuale e alle crescenti pressioni per dire di sì si contrappongono ragioni crescenti per dire di no.
Inoltre, in una cultura lacerata fra ipersessualità e puritanesimo, possiamo provare vergogna quando dovremmo essere in estasi. O viceversa, possiamo smarrirci nella giungla della nostra libido senza alcuna bussola morale.
Possiamo anche trascurare la possibilità che a volte l’attività sessuale sia sintomo di un problema che deve essere affrontato. Per esempio, se una donna rimorchia al bar tutte le sere qualcuno che la liquida come una “puttana” ignora il fatto che potrebbe avere un problema di alcolismo.
Inoltre, se le avventure vengono considerate esclusivamente un segno di promiscuità o di mancanza di buonsenso, possono avere gravi ripercussioni sociali. Qualsiasi attività sessuale extraconiugale diventa di competenza dei tribunali. Se una donna viene stuprata dal suo compagno, se chiede l’affidamento dei suoi figli o se è lesbica le sue avventure possono essere usate dagli avvocati della controparte per dipingerla come una persona “inaffidabile” o una madre “inadatta”. In un caso di omicidio del 1986 la vittima, Jennifer Levin, aveva tenuto il resoconto delle proprie avventure in un diario. La difesa cercò di usarlo contro di lei, come prova che era promiscua. Nessuno pensò di suggerire che se una giovane donna ha delle avventure e ne scrive sul proprio diario è chiaramente una romantica. O sta evidentemente cercando l’amore. Oppure sta semplicemente sperimentando una curiosità sessuale del tutto sana e normale a diciannove anni.
Così, per sostituire spiegazioni semplicistiche con possibilità più ampie e più accurate, per sostituire gli stereotipi con la comprensione, e per sostituire la passività con il potere della consapevolezza di sé, noi donne abbiamo bisogno di parlare del vero motivo per cui facciamo sesso. Con questo non intendo dire che dobbiamo andare a raccontare i dettagli stucchevoli della nostra prima scopata e così via. Francamente, il mondo non ha bisogno di un’altra confessione sulla prima volta che abbiamo avuto un orgasmo sopra un tavolo da biliardo. Invece, abbiamo bisogno di discutere delle nostre motivazioni. Il mondo deve riconoscere che la nostra sessualità non è semplicemente questione di ingenuità o ninfomania. Le nostre motivazioni sono numerose quanto le posizioni del Kamasutra. Eccone qui alcune fra quelle indicate da numerose donne.
• Affermazione. Siamo belle, siamo sexy, e accidenti, gli uomini ci desiderano.
• Antropologia. Ci siamo sempre domandate come sarebbe stato fare sesso con un’altra donna/un aborigeno/un quadriplegico/un ultraconservatore.
• Ammansire. Se faccio sesso con te, magari tu: (a) la smetterai di urlare, (b) la smetterai di lamentarti, (c) la smetterai di rompermi le scatole perché faccia la dichiarazione dei redditi, (d) la smetterai di tormentarmi per quel bellone con il quale ho flirtato al bowling.
• Attenzione. Quando andiamo a letto con qualcuno più gente fa attenzione a noi. Nessuno trova interessante il fatto che ieri sera abbiamo detto di no. Anzi, quando mai l’astinenza è stata considerata seducente dalla cultura secolare? L’ultimo cosiddetto grande romanzo incentrato su una donna che diceva di no è stato Pamela, che era così interminabile che faceva venir voglia di diventare una ninfomane illetterata.
• Bambini. Ma va?
• Contante. Cosa non farebbero gli uomini per un pompino.
• Catarsi. Più economico della psicoterapia.
• Confronti. Come dice la canzone, «meglio guardarsi intorno».
• Chiavata come arte concettuale. Proprio come nel settore immobiliare, l’ubicazione è tutto. Esempi: sesso sulle motociclette, nell’ascensore di vetro del Detroit Renaissance Center, sopra la tomba dell’ex marito violento, mentre si fa paracadutismo acrobatico e così via. Il sesso in sé può essere trascurabile, ma costituisce pur sempre qualcosa di straordinario da raccontare ai nipotini, se siete quel genere di nonna.
• Giocattoli interessanti. Ehi, questa persona ha una jeep militare e un letto ad acqua. Ehi, questa persona ha un’altalena. Oh, questa persona ha una bomboletta di panna spray. Un dildo da legarsi alla vita. Tre dozzine di piume di pavone e un paio di manette di peluche rosse.
• Depressione. Ehi, è più economico della psicoterapia o del Prozac.
• Dieta. Ehi, o si scopa o si mangia. Quale delle due cose fa bruciare più calorie?
• Non lasciarmi/ti prego chiamami ancora. Non chiedete perché, ma pensiamo ancora che funzioni.
• Ubriachezza. Spesso con terribili postumi di sbornia, in più di un senso.
• È più facile dire sì che no. Può avvicinarsi allo stupro commesso dall’uomo con cui si è uscite, ma è conseguenza più dell’apatia, della stanchezza o della noia che della sottomissione.
• Evasione. Facciamo sesso perché ci distrae dal dolore, dalla nevrosi o dalla paura. Una specie di equivalente fisico della televisione o, per chi ama stare all’aria aperta, della mountain bike.
• Eccitazione. Meglio di un giro in un parco a tema. In genere comprende montagne russe emozionali.
• Romanticismo. Leggono ad alta voce le poesie d’amore di Pablo Neruda e ci danno da mangiare banane flambé con gelato alla vaniglia. Fuori dal bungalow il sole sta tramontando. Ci sono del Dom Pérignon, una vasca piena di schiuma e un disco di Bocelli che suona. «Stai con me» dicono con voce languida e un po’ roca. Quale ragazza può resistere? È proprio come negli Harmony, che continuiamo a leggere.
• Paura. Temiamo che si arrabbino, facciano qualcosa di folle o dicano qualcosa di cattivo su di noi se diciamo di no.
• Sentirsi “adulte”. Cos’altro possiamo fare se non abbiamo ancora l’età per bere birra ma già fumiamo e guidiamo?
• Sentirsi vive, sexy e giovani. Ma va?
• Sentirsi desiderate. Di nuovo, ma va?
• Sentirsi potenti. Triplo ma va?
• Prestigio. Fare sesso con una rockstar, un attore, un milionario, un fascinoso attivista della sinistra, un poeta tormentato, un atleta, un pezzo grosso e così via.
• Farsi un’idea. In genere il sesso per esordienti o fra nuovi partner. Spesso assomiglia al corso di biologia o, in alcuni casi, di applicazioni tecniche.
• Ricevere regali. Cosa non farebbero per i gioielli alcune di noi. O magari per un Happy Meal.
• Bellezza. Rende l’incarnato luminoso più dei prodotti Clinique.
• Senso di colpa. Lui/lei ci ha offerto la cena, ci ha aiutate a cambiare una ruota, ci ha soccorse in un momento psicologicamente difficile, ha dato da mangiare al nostro cane: siamo in debito.
• Assunzione. Proprio quando credevamo che fosse una pratica archiviata, sembra che darla via in cambio di un’assunzione sia tornato in auge. Assomiglia allo stupro compiuto da un uomo con il quale si è uscite, ma la forza coinvolta è generalmente di tipo economico/professionale.
• Vacanze in un paese straniero. Per la serie “ma che cazzo”. Di...