Cronache del Regno della Fantasia - 2. La porta incantata
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Cronache del Regno della Fantasia - 2. La porta incantata

  1. 352 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Cronache del Regno della Fantasia - 2. La porta incantata

Informazioni su questo libro

Oscura e piena di pericoli è la via del giovane elfo Audace per giungere nell'antico Reame degli Gnomi. Terribili minacce dovrà affrontare per liberare quel popolo dalla tirannia dell'Oscuro Esercito e annientare il potere della Nera Regina. Solo così riuscirà a riportare la pace nel Regno della Fantasia.

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Informazioni

Print ISBN
9788838499012
eBook ISBN
9788858500484
art

25

RUMORI E SERRATURE

Attento a non far rumore, Ombroso si affacciò alla porta della camera e scrutò nel corridoio deserto, poi sgattaiolò fuori e invitò gli altri a seguirlo. I loro passi erano attutiti dai tappeti e i loro occhi si abituarono subito alla tetra oscurità del corridoio, illuminato dalla debole luce di poche lampade. Robinia aveva preso l’oca tra le braccia, così, nascosti dai mantelli, i ragazzi scivolarono nel corridoio.
Ombroso raggiunse il punto in cui il corridoio piegava a destra e si sporse a guardare oltre lo spigolo della parete: due lampade illuminavano una grande porta circondata da solide colonne di pietra, sotto le quali due cavalieri montavano la guardia.
Avevano trovato la Sala del Trono.
Ombroso si guardò intorno, col cuore che batteva a mille, e serrò le labbra. Arretrò di qualche passo ed entrò nella prima stanza, quella che sulla mappa era indicata come biblioteca, poi tornò indietro dagli altri.
– Allora? – domandò Regulus.
– Allora ci siamo – disse Ombroso. – I cavalieri sono due, come aveva detto Sulphur. Ai lati della porta. Dobbiamo distrarli. Quindi entreremo nella biblioteca – spiegò il giovane – e da qui, Spica, scaglierai una freccia in fondo al corridoio verso le scale.
– Già, ma è probabile che si muova uno solo di loro… no? – disse la ragazza.
– C’è un’altra porta sul lato opposto della stanza. Faremo lo stesso da quella parte. E speriamo di avere fortuna – sospirò Ombroso.
– E noi? – domandò Robinia.
– La biblioteca ha un’altra porta che si apre quasi di fronte all’ingresso della Sala del Trono. Usciremo di lì e tu – disse sbrigativo a Regulus – dovrai scassinare la serratura il più in fretta possibile.
– Consideralo già fatto – annuì l’amico.
Ombroso continuò: – Intanto io e te, Robinia, sorveglieremo i due corridoi e faremo un cenno non appena le due guardie torneranno indietro. Intesi? Dobbiamo agire il più silenziosamente possibile.
Se i cavalieri danno l’allarme, nel giro di un secondo avremo addosso tutti i Nefandi della casa… – rispose il ragazzo.
Tutti annuirono, con i volti tirati.
Una volta nella biblioteca, Spica estrasse una freccia dalla faretra. Poi si affacciò lentamente nel corridoio. Era preoccupata: tutte le volte in cui aveva impugnato l’arco aveva agito d’impulso e l’arma aveva fatto tutto… quasi da sola. Le frecce, una volta scoccate, erano mutate in volo, diventando d’argento o di piombo o addirittura di sonnifero per adeguarsi di volta in volta ai nemici contro cui si avventavano.
Ora però Spica non aveva un nemico di fronte a lei, ma solo una parete. Guardò la freccia con apprensione e si chiese se anche questa volta la magia avrebbe funzionato.
– Tutto bene? – domandò Ombroso, avvicinandosi alla ragazza.
– No… – ammise lei.
Chissà per quale ragione, quando incrociava gli occhi di Ombroso non riusciva mai a mentire.
– Però – aggiunse cercando di farsi forza – sono pronta – sospirò, gettando un’occhiata alla freccia.
– Sono sicuro che funzionerà – la tranquillizzò lui. Spica annuì, fissò gli occhi sulla parete del corridoio, incoccò la freccia e si concentrò pensando a un gran fracasso di vetri infranti.
Prese fiato, tese l’arco e d’un tratto, quasi fosse l’arco stesso a decidere l’istante migliore, scoccò.
Il suono di vetri in frantumi colse tutti di sorpresa e Spica, facendo un passo indietro, per poco non cadde addosso a Ombroso. Lui la sorresse e la trasse al sicuro, dentro la biblioteca.
– Che cos’è stato? – disse uno dei due cavalieri.
– Qualcuno di quegli incapaci avrà rovesciato qualcosa – rispose l’altro.
– Vado a dare un’occhiata. Tu resta qui.
I ragazzi avvertirono il suono metallico dei passi del cavaliere lungo il corridoio.
Ombroso sussurrò: – Forza, l’altra freccia ora.
La ragazza si affacciò alla porta che si apriva sul lato opposto della stanza e scoccò una nuova freccia.
Improvvisamente un frastuono di legna che cadeva rimbombò nell’altro corridoio.
A quel rumore il secondo cavaliere si voltò di scatto e gridò: – Chi va là? – avviandosi in quella direzione.
I ragazzi rimasero immobili mentre i passi metallici si dirigevano verso l’estremità del corridoio.
A quel punto Regulus raggiunse di corsa la grande porta della Sala del Trono. La serratura riportava uno stemma decisamente macabro: un teschio attraversato da due pugnali dentellati. Doveva essere il simbolo dell’Alleanza Oscura. Mentre si preparava a forzare la serratura, gli parve di vedere uno strano alone giallastro attorno allo stemma. Ma non c’era tempo per indagare, così si mise ad armeggiare con il grimaldello che aveva preso dalla fucina di Rutilus. Improvvisamente una scossa attraversò la serratura e si trasmise alla sua mano. Per poco non urlò.
– Spostati, presto! – disse Favilla, che era giunta alle sue spalle, inattesa.
Dal suo becco uscì una flebile parola dal suono oscuro e impronunciabile per chiunque non avesse conoscenze di magia. Una debole scarica attraversò la serratura, poi si esaurì.
– Ma che cosa…? – iniziò a dire Regulus.
– Era protetta. Come tutte le serrature delle streghe. Muoviti adesso! Tocca a te!
– Arrivano! – dissero Robinia e Spica raggiungendoli.
Regulus inserì il grimaldello nella serratura e stavolta non ci fu nessuna scossa. Le sue mani si mossero con destrezza, il suo orecchio si tese per sentire la serratura che scattava, ma l’unico suono che udiva erano i passi dei cavalieri che si avvicinavano. Il panico gli colmò il cuore, ma in un istante…
… la porta si aprì!
I ragazzi e l’oca strisciarono nella sala e Ombroso li seguì chiudendosi la porta alle spalle. Oltre il solido legno scolpito sentirono i cavalieri riprendere il loro posto.
– Nessuno – riferì uno dei due.
– Dove eri andato?
– Ho sentito uno strano rumore venire dall’altro corridoio, ma non c’era nulla.
– Strano…
– A ogni modo, la porta è ancora chiusa.
Poi cadde nuovamente il silenzio.
Ce l’avevano fatta. Erano nella Sala del Trono di Pietra!

26

IL TRONO DI PIETRA

Ombroso si guardò intorno. La Sala del Trono aveva la forma di un trapezio, ornato su due lati da grosse colonne scolpite, cinque per parte, tra le quali facevano capolino alte finestre dalle vetrate colorate.
Un tappeto rosso e oro si allungava dalla porta fino al Trono di Pietra, un unico blocco di malachite decorato con disegni e simboli.
– Presto! – esclamò Favilla, facendo qualche passo sul tappeto. – Non abbiamo molto tempo!
I ragazzi si riebbero dallo stupore e scattarono in avanti. Si chinarono a osservare la base del trono alla ricerca di una nicchia nascosta.
Ombroso fece passare la mano sopra la pietra. Sulla base erano raffigurate scene della fondazione della città e, al centro, il colloquio degli Gnomi Fondatori con Nevina, la fata che aveva donato loro il Trillo delle Fate e l’abete fatato.
– Non ci sono serrature, pare – disse lentamente.
In quell’istante Spica indicò un punto in cui le figure scolpite parevano più consunte. Ombroso premette il piccolo blocco di pietra mostratogli dalla ragazza. Un rumore sordo risuonò nella stanza e i ragazzi si zittirono, fissando il trono.
Il rettangolo che raffigurava Nevina e gli gnomi si era staccato dalla base di pietra verde, rivelando una cavità, proprio come gli aveva detto Galena.
– Incredibile! – esclamò Robinia.
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– Già – disse Ombroso mentre si affacciava per guardare dentro il profondo incavo. Sul fondo, sotto un grosso mazzo di chiavi arrugginite, giaceva una pietra di agata a forma di foglia seghettata. Da essa veniva come un debole richiamo e il ragazzo avvertì un brivido di eccitazione quando tese la mano per afferrarla. Sì, un oggetto tanto bello non poteva che essere stato fatto dalle fate. Eppure era incrinato e incrostato di macchie rosse. Forse sangue.
Ombroso aveva appena afferrato la pietra quando un’aspra risata lacerò il silenzio della stanza.
Spica fece un balzo indietro e Robinia lanciò un grido.
Torce di fuoco s’accesero tra le grandi colonne, illuminando di rossi riflessi le pareti e il trono. Ombroso si alzò in piedi e affidò la pietra alle mani di Spica, preparandosi a fronteggiare ciò che li attendeva.
L’atroce risata si esaurì e i due Cavalieri senza Cuore entrarono nella grande sala, prendendo posto ai lati della porta. Ombroso si sentì serrare il cuore dalla disperazione.
– E così ce l’avete fatta… – disse una voce roca e sgradevole, mentre una misteriosa figura usciva dall’ombra rivelandosi nel suo aspetto terrificante.
Era il Nefando più tetro e malvagio che avessero incontrato fino a quel momento. Il cappello di un cupo rosso sanguigno, il sinistro medaglione di corniola, simbolo di comando, che gli pendeva dal collo tra lunghe collane di osso, ma soprattutto i lampi di perfidia che sprizzavano dai suoi occhi scuri, infossati tra gli zigomi sporgenti, rivelavano che quello era l’Implacabile in persona.
Fece qualche passo avanti, la bocca deformata da un sorriso che non aveva nulla di rassicurante, e continuò: – Ammetto che non avrei mai pensato che degli elfi riuscissero ad arrivare fino a qui. E che qualcuno potesse riuscire a uccidere i Cavalieri senza Cuore. Ma a quanto pare c’è uno di voi capace di fare tutto ciò… posso sapere chi è?
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– Io – si fece avanti Ombroso, col cuore colmo di angoscia.
– Oh, bene… ma che razza di elfo sei, tu? Dalla stella in fronte direi uno Stellato, ma i tuoi capelli e gli occhi mi direbbero un Boschivo. E la tua spada, poi, racconta un’altra storia ancora… – sibilò l’Implacabile.
Ombroso appoggiò la mano sull’elsa di Veleno.
– E che sconclusionata compagnia! – continuò il Nefando, colmando il silenzio e avanzando verso di lui. – Elfi dei più disparati reami e persino… oche! – aggiunse guardando Favilla.
L’oca fece due passi indietro, con il terrore negli occhi. – Via, ragazzi, non avrete creduto davvero che vi avrei lasciato prendere la mia pietra!?
– Tu… sapevi? – gemette Spica.
Il mantello dell’Implacabile ondeggiò e i ragazzi si resero conto solo allora che non era un semplice mantello, ma l’insieme di mille falene bianche. Vive!
– Limantrie! – esclamò stupefatto Regulus.
Le falene, quasi lo avessero udito, si sollevarono in volo turbinando leggere e andarono a posarsi sul vecchio lampadario che pendeva dal soffitto.
– È da un po’ che le mie care amiche hanno notato strani movimenti tra gli gnomi. Quegli sciocchi, invece di essere orgogliosi di lavorare per la mia signora e il futuro Reame Oscuro, vogliono ribellarsi. Stanno combattendo una lotta senza speranze, in cui io controllo ogni loro movimento.
– Allora, tu… – cominciò Robinia.
Temendo che potesse rivelare qualcosa che ancora l’Implacabile non sapeva, Ombroso intervenne rapido come una freccia: – … tu sapevi di noi?
L’Implacabile si strinse nelle spalle. – Sapevo che qualcuno avrebbe tentato di venire fin qui, nel cuore della mia reggia, per impadronirsi dell’unica pietra che permette di fuggire da questo reame – disse sollevando il mento appuntito. – A dire la verità mi aspettavo degli gnomi e già pensavo di soffocare il loro ridicolo tentativo nel sangue. Ma quando i miei amici cavalieri sono giunti fin qui e mi hanno comunicato che qualcuno era in grado di trafiggerli e ucciderli… beh, la cosa si è fatta interessante davvero. Doveva trattarsi per forza di uno dei cavalieri della Regina delle Fate… come si chiamavano? Cavalieri della Rosa, mi p...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Colophon
  4. Introduzione
  5. Parte Prima ~ L’Altro Reame
  6. Parte Seconda ~ La Città Schiava
  7. Parte Terza ~ Prigioni E Prigionieri
  8. Parte Quarta ~ Verso Il Portale Dimenticato
  9. Indice