L'ultimo esorcista
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L'ultimo esorcista

La mia battaglia contro Satana

  1. 266 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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L'ultimo esorcista

La mia battaglia contro Satana

Informazioni su questo libro

Il libro più letto di padre Amorth, il più autorevole esorcista della Chiesa cattolica, scomparso nel 2016. Qui - all'età di 87 anni, con oltre 160.000 esorcismi praticati -, racconta la sua lunga vita in lotta contro Satana: possessioni atroci, storie sconvolgenti, narrate per mettere in guardia l'uomo comune ma anche la Chiesa stessa, colpevole per il sacerdote di non credere più nell'esistenza del demonio.
Una nuova introduzione di Paolo Rodari ci illumina sull'eredità di questo grande personaggio e spiega perché la sua figura continui a destare grandissimo interesse in tutto il mondo. Negli ultimi anni è stato infatti protagonista del documentario a lui dedicato da William Friedkin e del 2023 è il film diretto da Julius Avery, L'esorcista del Papa, con il premio Oscar Russell Crowe nei panni di padre Amorth.

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Informazioni

1

«TI NOMINO ESORCISTA»

Mi trovo nell’appartamento del cardinale Ugo Poletti, vescovo vicario di Roma. Come tutti sanno il vescovo di Roma è il Papa. Ma il Pontefice, dal sedicesimo secolo in poi, ne ha delegato il governo pastorale a un vicario. È l’11 giugno 1986.
Poletti usa ricevere i preti senza fissare un appuntamento. Anche io, quel giorno, ho seguito la prassi. Mi sono presentato senza appuntamento. E sono stato immediatamente ricevuto. Non ho qualcosa di particolare da chiedere al mio vescovo, voglio soltanto scambiare con lui quattro chiacchiere. Spesso è di questo che i preti hanno bisogno. Poletti lo sa e non pretende mai che si debba avere una motivazione importante per bussare alla sua porta.
Mi chiede del mio lavoro all’interno della Società San Paolo. Sono, infatti, un prete paolino, giurista, appassionato di mariologia, giornalista professionista e direttore del mensile «Madre di Dio». Non so spiegare per quale motivo, ma a un certo punto la conversazione cade su padre Candido Amantini, e cioè su colui che da trentasei anni è l’esorcista ufficiale della diocesi di Roma.
«Lei conosce padre Candido?» mi chiede Poletti sorpreso.
«Sì» rispondo. «Mi sono avvicinato al luogo dove fa esorcismi, il Santuario della Scala Santa che si trova a pochi passi da qui, per curiosità. L’ho conosciuto e ogni tanto vado a trovarlo.»
Poletti è un cardinale capace di governare. E di decidere. Quando prende una decisione la mette subito per iscritto, con tanto di firma leggibile e timbro in calce al foglio.
Rimango sorpreso quando, senza dare spiegazioni, apre un cassetto della scrivania, tira fuori un foglio con la carta intestata della diocesi e si mette a scrivere a mano. Scrive per un minuto. Poche righe vergate con inchiostro nero. Quindi tira fuori un timbro, un solo colpo secco in basso a destra.
Non oso chiedere nulla. Un presentimento si affaccia alla mia mente ma subito lo scaccio in attesa che sia lui a parlare.
«Benissimo» dice il cardinale chiudendo il foglio in una busta che lascia aperta prima di porgermela.
«Questa busta è per lei. Complimenti. So che farà bene.»
Per qualche istante non so che dire. Mentre ricevo la busta mi viene in mente quello che sempre mi diceva il mio padre spirituale ai tempi del seminario.
«Come si fa a sapere se si sta facendo la volontà di Dio? Solo se si obbedisce al proprio vescovo si è sicuri di essere sulla giusta strada.»

Sono sempre stato abituato a obbedire. L’idea di farmi prete mi venne a dodici anni. Era il 1937. La assecondai, obbedendo alla chiamata di Dio. Non ho mai sentito fascino per altre strade. Anche se ho sempre avuto rapporti cordialissimi con le ragazze. Mi sentivo portato per il sacerdozio. Ho preso le mie cotte lasciandole sempre crude. Però mi è stato utile perché tra matrimonio e sacerdozio ho fatto una vera scelta e non una scelta teorica.
Dopo la maturità dovetti decidere in quale seminario entrare. Mi sentivo portato per la vita di comunità, per la vita in qualche ordine religioso. Mi piacevano i passionisti ma diverse circostanze mi portarono un giorno a Roma, ospite per una notte di padre Giacomo Alberione, il fondatore della Società San Paolo. Gli confidai il desiderio di farmi prete.
«Domani dirò messa per te» mi disse.
Di mattina presto partecipai alla messa.
Alla fine gli chiesi: «Dio l’ha illuminata?».
«Sì. Mi ha detto che devi venire qui. Devi entrare nei paolini.»
Credetti a ciò che Alberione mi disse. E decisi di entrare nei paolini. Non subito però. Prima feci passare la guerra. Mi arruolai nei partigiani. Venni decorato con una medaglia al valore militare. Mi laureai in giurisprudenza. Entrai nella Fuci, la federazione degli universitari cattolici italiani. Conobbi Giuseppe Dossetti che mi prospettò un futuro radioso in politica, all’interno della Democrazia Cristiana. Ma rimasi fedele all’idea maturata fin dall’adolescenza. Entrai in seminario. Divenni prete e per trentadue anni lavorai nella Società San Paolo con vari incarichi di responsabilità. Fino al giugno del 1986 quando il cardinale Poletti, inaspettatamente, mi sconvolse la vita.
Decido di aprire la busta davanti al cardinale. Ne leggo il contenuto e vi trovo esattamente quanto avevo immaginato. Poche parole piuttosto eloquenti.
Roma, 11 giugno 1986
Io, il cardinale Ugo Poletti, arcivescovo vicario della città di Roma, con la presente nomino esorcista della diocesi padre Gabriele Amorth, religioso della Società San Paolo. Egli si affiancherà a padre Candido Amantini fino a quando sarà necessario.
In fede,
card. Ugo Poletti
arcivescovo vicario di Roma
«Eminenza, io...»
«Caro padre Gabriele, non occorre che dica nulla. Così ho deciso e così deve essere. La Chiesa ha un disperato bisogno di esorcisti. Roma soprattutto. Ci sono troppe persone che soffrono perché possedute e nessuno è incaricato di liberarle. Padre Candido da tempo mi ha chiesto un aiuto. Io ho sempre tergiversato. Non sapevo chi mandargli. Quando lei mi ha detto che lo conosceva ho capito che non potevo indugiare oltre. Lei farà bene. Non abbia paura. Padre Candido è un maestro speciale. Saprà come aiutarla.»
Rimango senza parole. Il Vangelo lo conosco bene. So che il potere di scacciare i demoni Cristo l’ha dato agli apostoli e ai loro successori, i vescovi, i quali, a loro volta, possono delegarlo a dei semplici preti. So che la Chiesa non può stare senza esorcisti, tante sono le persone possedute nel mondo. Ma, mi domando, sarò capace? E poi, perché io? Perché proprio a me viene affidato un compito così difficile e pericoloso?
La lotta tra il bene e il male, tra Satana e Cristo, affonda le proprie radici nella notte dei tempi. Da sempre due eserciti lottano per la supremazia sul mondo: l’esercito di Satana e l’esercito di Cristo. Perché Satana esiste, perché uno degli angeli più belli e nobili del paradiso abbia deciso a un certo punto di ribellarsi a Dio e divenire il principe delle tenebre nessuno lo sa. Fatto sta che lui, Satana, esiste e vuole una sola cosa, portare il mondo all’autodistruzione, gli uomini alla dannazione eterna. In questa lotta che sembra senza fine il Papa ha una funzione chiave. È lui, forse prima e più di tutti, che deve lottare perché le porte degli inferi non prevalgano sulla Chiesa. Insieme a lui ci sono gli uomini di buona volontà che della Chiesa fanno parte. Tra gli uomini un ruolo speciale lo ricoprono gli esorcisti. Sono come le punte di diamante di questo esercito che al male contrappone il bene. Preti scelti per scacciare la presenza straordinaria di Satana e del suo esercito, i demoni gerarchicamente sottomessi a Satana, dall’uomo e quindi dal mondo.
Ma, mi domando, perché io devo essere uno di questi?
Esco dall’ufficio del cardinale Poletti con il foglio di nomina in mano e tante domande e qualche paura nella mente. Dopo pochi passi capisco che c’è una sola cosa sensata da fare. E la faccio subito.
La basilica di San Giovanni in Laterano è la più antica e nobile di Roma. Una delle sue cappelle laterali ha sempre presente il Santissimo, il corpo di Cristo. Entro. M’inginocchio su una delle tante panche di legno. E qui faccio la mia richiesta al cielo, o meglio alla Madonna.
«Madre di Dio, accetto questo incarico, ma tu proteggimi col tuo manto.»
È una supplica semplice. Poche ma sentite parole. Voglio obbedire al mio vescovo e metto nelle mani della Madonna tutte le mie paure.
Chi sono io per combattere il principe delle tenebre?
Non sono nessuno. Ma Dio è tutto. Il demonio non si combatte con le proprie forze ma con quelle del cielo.
Un giorno, parecchio tempo dopo aver fatto quella supplica, mi trovo a esorcizzare un posseduto. Attraverso la sua voce è Satana che mi parla. Mi sputa addosso insulti, bestemmie, accuse e minacce. Ma a un certo punto mi dice: «Prete, vattene. Lasciami stare».
«Vattene tu» gli rispondo.
«Ti prego, prete, vattene. Contro di te non posso fare nulla.»
«Dimmi, nel nome di Cristo, perché non puoi fare nulla?»
«Perché tu sei troppo protetto dalla tua Signora. La tua Signora col suo manto ti circonda e io non posso raggiungerti.»
Fino al 1986 Satana non è esistito per me. Beninteso, sapevo di lui. Ho studiato bene il Catechismo e la dottrina della Chiesa cattolica. Sapevo che al bene si contrappone sempre il male. A Cristo e al suo regno si oppone Satana e il suo regno. Ma non avevo mai avuto un’esperienza diretta di Satana. Mai avevo dovuto affrontarlo faccia a faccia. Il male ha sempre fatto parte della mia esistenza come dell’esistenza di tutti.
Da piccolo andavo a messa con mia mamma e mio papà a Modena, la città dove sono nato. Spesso mi addormentavo per terra, sotto la panca, ai piedi dei miei. Quando dormivo e rimanevo in silenzio senza correre avanti e indietro per le navate della chiesa mia mamma mi dava un premio, solitamente una caramella. Se, invece, mi agitavo e facevo rumore niente premio. Per me il bene e il male erano queste cose. Erano i miei capricci e i sorrisi di mia mamma. Le marachelle e le carezze di mio padre. I pianti e le consolazioni.
Una percezione più chiara del male la ebbi quando mi confessai per la prima volta. Lì capii che il male è una cosa seria dal quale occorre emendarsi. Mi insegnarono a confessarmi tutte le settimane. Mi dissero: «Sai qual è il rimedio migliore contro il male? La confessione tutte le settimane». Avevano ragione. E, infatti, ancora oggi dico a tutti che una confessione fatta bene è meglio di un esorcismo. La confessione rimette l’uomo in grazia di Dio. Satana impazzisce quando qualcuno si riconcilia con Dio. Si sente sconfitto. Diventa furente. La confessione sconfigge i suoi piani demoniaci. Satana ha difficoltà estrema a entrare nel corpo di coloro che si trovano in stato di grazia. Dio è con loro. La Madonna è con loro. E Dio e la Madonna sono più forti di Satana.
Al confessore dicevo i miei peccati. Confessavo il mio male, ma non era presente in me la chiara percezione che dietro questo male ci fosse uno spirito vivente, attivo, perennemente impegnato. Lo sapevo soltanto teoricamente. E anche quando, passata l’adolescenza, decisi di farmi prete a tutto pensavo tranne al fatto che per me fare il prete avrebbe significato essere come una spina nel fianco di Satana. Farmi prete significò assecondare un desiderio sorto nel mio cuore da piccolo e, insieme, rinuciare alla carriera politica che in modo chiaro mi si era palesata innanzi. A ventun anni, nel 1946, venni nominato vice delegato nazionale dell’allora presidente dei movimenti giovanili della Democrazia Cristiana, Giulio Andreotti. All’epoca ero legato al gruppo politico di Giorgio La Pira, Giuseppe Dossetti, Amintore Fanfani e Giuseppe Lazzati. Quando Andreotti venne promosso alla segreteria della presidenza del Consiglio mi proposero di prendere il suo posto. Non ci pensai un solo istante. Lasciai la politica. E cercai il mio posto tra i fedelissimi di Dio. Arrivai fino a don Alberione. Divenni paolino. Venni ordinato prete nel 1954. Dal 1954 al 1986, per trentadue anni, fui un semplice prete paolino con incarichi a vari livelli nella “dirigenza” del gruppo.
In tutti questi anni non ebbi mai alcun rapporto diretto con Satana.
A parte una volta.
Ero prete da poco tempo, non ricordo con esattezza da quanto. Andai a predicare per una settimana in una parrocchia distante dieci chilometri da Brescia. Il parroco si chiamava don Faustino Negrini. Era lì da quarant’anni. Amatissimo. Duemila anime che lo adoravano e lo seguivano in tutto. Un giorno mi disse: «Vieni con me». Mi portò in sagrestia. Qui c’era una donna. Si presentò: «Buon giorno, sono Agnese Salomoni». Il suo nome non l’ho più dimenticato. Ancora oggi ricordo il timbro della sua voce.
Non so perché don Faustino lo fece. Forse voleva rendermi partecipe di tutti gli avvenimenti importanti della sua parrocchia. Comunque volle che Agnese mi raccontasse la sua storia. Rimasi ad ascoltarla a lungo. Ero atterrito. Agnese aveva sedici anni quando Satana entrò dentro di lei. Perché entrò in lei? Don Faustino, che ebbe dal vescovo della sua diocesi il permesso di esorcizzarla, rivolse un giorno, durante un esorcismo su Agnese, la stessa domanda a Satana.
«Perché sei entrato dentro di lei? Rispondimi nel nome di Cristo.»
Se ripenso alla risposta che diede Satana resto ancora oggi senza parole: «Perché Agnese è la più santa della parrocchia, la più pura, la più illibata. E così l’ho fatta mia».
È un grande mistero. È vero che coloro che si trovano in grazia di Dio non devono temere. Che Satana poco può contro coloro che vivono in grazia di Dio. Ma è anche vero che Satana è potente. E che desidera fare suoi soprattutto coloro che sono santi, coloro che anima e corpo sono tutti di Dio.
Gli esorcismi per liberare Agnese furono durissimi. Ore e ore di aspra battaglia. Durarono anni.
Una volta don Faustino la portò fin da Padre Pio da Pietrelcina. Centinaia di chilometri per cercare un aiuto in più. Andando in macchina dalla Lombardia alla Puglia successe di tutto. L’automobile si fermò di continuo seppure non avesse guasti. Don Faustino fu costretto più volte ad accostare e a scendere dalla macchina per vedere quali problemi avesse il motore. Solo quando recitava una preghiera la macchina magicamente ripartiva. Per poi però fermarsi dopo pochi chilometri. Fu un viaggio estenuante e lunghissimo. Padre Pio non era esorcista ma riusciva a scacciare parecchi demoni con semplici benedizioni e preghiere. Satana temeva Padre Pio. Tutte le soste che la macchina dovette fare, l’atteggiamento impaurito e a volte furente della posseduta, furono chiari segnali di quanto Satana temesse il frate originario di Pietrelcina. Padre Pio le fece poco o nulla. La esorcizzò ma non la liberò. Nel viaggio di ritorno Satana era euforico. E si mise a deridere Padre Pio. Diceva attraverso la bocca di Agnese: «Gliel’ho fatta, gliel’ho fatta!». Rideva. Urlava. Era ebbro di gioia. E la macchina percorse i tanti chilometri che separavano San Giovanni Rotondo da Brescia senza alcuna sosta. Nessun intoppo. Non c’era più bisogno di boicottare il viaggio. Ma Satana non sapeva che l’esorcismo di Padre Pio era stato comunque, e a suo modo, efficace. Dopo non troppo tempo, infatti, Agnese venne liberata. Don Faustino chiese a Satana di dirgli, nel nome di Cristo, quando se ne sarebbe andato dal corpo della posseduta. Lui fu costretto a rivelargli il giorno e l’ora. I parrocchiani vennero tutti convocati sul sagrato della chiesa. Agnese si liberò in un istante, appena iniziato il rito, davanti a tutti. Fu una gioia e un sollievo per tutto il paese.
Non so perché, pochi mesi dopo l’ordinazione sacerdotale, Dio mi fece conoscere Agnese Salomoni. Forse volle darmi un assaggio di ciò contro cui avrei dovuto lottare parecchi anni dopo. Sta di fatto che dal giorno in cui sono nato fino al 1986, Agnese Salomoni fu l’unica esperienza in qualche modo diretta che ebbi con il demonio. Le vie di Dio sono infinite. E i suoi disegni lo sono ancora di più. Anche a sessant’anni la vita può d’improvviso cambiare. Anche a sessant’anni Dio può dare una scossa violenta all’esistenza di un uomo.
Qualche giorno dopo l’incontro con il cardinale Poletti vado da padre Candido Amantini. Gli porgo la lettera con la nomina. Padre Candido legge la lettera e, senza emozione particolare, mi dice: «Bene. Cominciamo subito. Devi fare due cose. Primo. Prendi un rituale degli esorcismi. È in latino. Leggi le ventuno regole che precedono il rito. Imparale a memoria. Senza quelle regole verrai sconfitto. Secondo. Inizia a fare esorcismi a casa da solo».
Obbedisco al maestro. Studio le ventuno regole. Rimango impressionato dalle prime. Sono insegnamenti di ordine generale. Spiegano che non bisogna mai credere che tutti coloro che dicono di essere posseduti lo siano davvero. La maggior parte delle persone ha soltanto gravi problemi psicologici. Insieme, insegnano che il diavolo si nasconde. E che, dunque, occorre sì avere molta prudenza, ma essere anche molto furbi. Il diavolo va stanato.
Quali sono i segni della presenza del demonio? Parlare correntemente lingue sconosciute o capire chi le parla. Conoscere fatti distanti o nascosti. Dimostrare di avere delle forze superiori all’età e alla naturale condizione e altri fenomeni di questo genere.
Incomincio a fare esorcismi da solo. Imparo bene le formule del rituale. E quando le ho imparate inizio a intervenire sui posseduti, prima con padre Candido a fianco. Poi da solo. Da padre Candido ho imparato i trucchi del mestiere.
Nessuno può esorcizzare se non conosce le ventuno regole. Non si trovano in italiano. Esistono soltanto in latino. Non sono accessibili a tutti. Servono soltanto agli esorcisti. Dicono che per acquistare una maggiore conoscenza dello stato della persona che si ha davanti, dopo uno o due esorcismi, il posseduto va interrogato su quanto ha percepito nella mente o nel corpo per conoscere anche a quali parole i demoni si siano maggiormente turbati, per insistervi e ripeterle con più frequenza in seguito.
Occorre rendersi conto di quali artifici e inganni usino i demoni per fuorviare l’esorcista. Infatti sono soliti rispondere con menzogne. Si manifestano difficilmente affinché l’esorcista, ormai stanco, rinunci. Oppure il colpito si finge malato e non posseduto dal demonio.
Talvolta i demoni, dopo essersi manifestati, si nascondono e lasciano il corpo libero da ogni molestia, così che il posseduto crede di essere totalmente liberato. Ma l’esorcista non deve cessare finché non vede i segni della liberazione.
Capita poi che i demoni pongano in atto tutti gli impedimenti che possono perché il posseduto non si sottoponga agli esorcismi, o si sforzino di convincere che si tratta di una malattia naturale. Qualche volta, durante l’esorcismo, fanno sì che il posseduto dorma e gli mostrano una qualche visione, nascondendo se stessi, perché sembri che il malato sia liberato.
Alcuni posseduti dicono di aver ricevuto un maleficio, sanno dire anche da chi è stato fatto e in quale modo secondo loro può essere distrutto. Ma occorre stare attenti che per questo non ci si rivolga a maghi, o a indovini o ad altri, anziché ricorrere ai ministri della Chiesa. Non si deve ricorrere a nessuna forma di superstizione o ad altri mezzi illeciti.
Altre volte il demonio permette che il posseduto riposi e riceva anche l’eucaristia, perché sembri che se ne sia andato. Inoltre, sono innumerevoli gli artifici e le frodi del demonio per ingannare l’uomo. Per non lasciarsi ingannare da questi imbrogli l’esorcista deve essere molto prudente.
Disse Gesù che «certi generi di demoni non si scacciano se non con la preghiera e il digiuno». Per questo l’esorcista, memore di queste parole, si deve sforzare di fare uso di questi due potentissimi rimedi per impetrare l’aiuto divino ed espellere i demoni, seguendo l’esempio dei padri della Chiesa per quanto gli è possibile o personalmente o incaricandone altri.
I posseduti vengono esorcizzati in chiesa, se si può fare comodamente, o in un altro locale religioso e conveniente, lontano comunque dalle folle. Ma se il posseduto è ammalato, o per un altro giusto motivo, si può compiere l’esorcismo anche in casa.
Al posseduto va chiesto di pregare a suo vantaggio se è in grado fisicamente e mentalmente di farlo, di digiunare, di ricevere spesso la confessione e la comunione a suo sostegno, secondo il consiglio del sacerdote. E mentre viene esorcizzato deve stare raccolto, deve rivolgersi a Dio con ferma fede per chiedergli la salute con tutta umiltà. E quando viene maggiormente tormentato dal demonio deve sopportare con pazienza, senza mai dubitare dell’aiuto di Dio.
Il posseduto deve tenere tra le mani, o comunque in vista, un crocifisso. Anche le reliquie dei santi quando si possono avere. Queste devono essere tenute con sicurezza, avvolte in un panno e possono essere messe sul petto o ...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Colophon
  4. Svegliamoci prima che sia troppo tardi
  5. 1. «Ti nomino esorcista»
  6. 2. «Coraggio, tocca a te». La mia prima volta contro Satana
  7. 3. A volte il diavolo ritorna, per uccidere
  8. 4. Bambini che diventano killer. Il caso “James Bulgar” e altri
  9. 5. Preti, suore e semplici fedeli in mano al demonio
  10. 6. Sai Baba, il figlio prediletto di Satana
  11. 7. Un giorno un cardinale mi disse: «Lo sappiamo entrambi che Satana non esiste»
  12. 8. Satana in Vaticano. Gli indemoniati da Benedetto XVI e da Giovanni Paolo II. Nota sul caso Orlandi
  13. 9. Gloria Polo all’inferno, con biglietto di ritorno
  14. 10. La battaglia finale. Dio contro Satana, slegato dalle sue catene