La regina irriverente
eBook - ePub

La regina irriverente

  1. 462 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub

La regina irriverente

Informazioni su questo libro

Aliénore ha quindici anni e, all'improvvisa morte del padre, eredita la corona di uno dei territori più ricchi d'Europa: il ducato d'Aquitania. È cresciuta alla scuola del nonno, il potentissimo Guglielmo il Trovatore, famoso per le stravaganze, gli eccessi e l'immoralità dei comportamenti. Da lui Aliénore eredita non solo la stupefacente bellezza, ma anche la concezione della vita e i tratti del carattere, inclusa la spregiudicatezza e la forte sensualità. Come Guglielmo, è colta, intelligente, determinata, ama la vita e sa goderne i piaceri.
Luigi, secondogenito del re di Francia, ha diciassette anni. È cresciuto in convento, sotto le cure assidue di Sugero, abate di Saint Denis. È animato da una religiosità profonda e, per certi aspetti, ossessiva. Desidera solo fuggire il mondo e le sue tentazioni, per chiudersi nella pace della clausura. Ma la morte improvvisa del fratello primogenito lo costringe ad assumersi responsabilità per le quali né lui si sente portato né gli altri lo reputano all'altezza.
A Luigi, per ragioni politiche, viene imposto di sposare Aliénore d'Aquitania.
Mai coppia fu peggio assortita, almeno all'apparenza.
La regina irriverente è la storia del loro matrimonio, tempestoso, sorprendente e animato da continui colpi di scena.

Domande frequenti

Sì, puoi annullare l'abbonamento in qualsiasi momento dalla sezione Abbonamento nelle impostazioni del tuo account sul sito web di Perlego. L'abbonamento rimarrà attivo fino alla fine del periodo di fatturazione in corso. Scopri come annullare l'abbonamento.
Al momento è possibile scaricare tramite l'app tutti i nostri libri ePub mobile-friendly. Anche la maggior parte dei nostri PDF è scaricabile e stiamo lavorando per rendere disponibile quanto prima il download di tutti gli altri file. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Perlego offre due piani: Base e Completo
  • Base è ideale per studenti e professionisti che amano esplorare un’ampia varietà di argomenti. Accedi alla Biblioteca Base con oltre 800.000 titoli affidabili e best-seller in business, crescita personale e discipline umanistiche. Include tempo di lettura illimitato e voce Read Aloud standard.
  • Completo: Perfetto per studenti avanzati e ricercatori che necessitano di accesso completo e senza restrizioni. Sblocca oltre 1,4 milioni di libri in centinaia di argomenti, inclusi titoli accademici e specializzati. Il piano Completo include anche funzionalità avanzate come Premium Read Aloud e Research Assistant.
Entrambi i piani sono disponibili con cicli di fatturazione mensili, ogni 4 mesi o annuali.
Perlego è un servizio di abbonamento a testi accademici, che ti permette di accedere a un'intera libreria online a un prezzo inferiore rispetto a quello che pagheresti per acquistare un singolo libro al mese. Con oltre 1 milione di testi suddivisi in più di 1.000 categorie, troverai sicuramente ciò che fa per te! Per maggiori informazioni, clicca qui.
Cerca l'icona Sintesi vocale nel prossimo libro che leggerai per verificare se è possibile riprodurre l'audio. Questo strumento permette di leggere il testo a voce alta, evidenziandolo man mano che la lettura procede. Puoi aumentare o diminuire la velocità della sintesi vocale, oppure sospendere la riproduzione. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Sì! Puoi usare l’app Perlego sia su dispositivi iOS che Android per leggere in qualsiasi momento, in qualsiasi luogo — anche offline. Perfetta per i tragitti o quando sei in movimento.
Nota che non possiamo supportare dispositivi con iOS 13 o Android 7 o versioni precedenti. Scopri di più sull’utilizzo dell’app.
Sì, puoi accedere a La regina irriverente di Carla Maria Russo in formato PDF e/o ePub, così come ad altri libri molto apprezzati nelle sezioni relative a Letteratura e Narrativa storica. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.

Informazioni

eBook ISBN
9788858506677
Argomento
Letteratura

1

Filippa osservò la sua immagine nello specchio.
Il risultato le piacque e calmò un poco il tremito che l’agitava: alta, di una bellezza forte come il suo carattere, indisponibile al ruolo di moglie docile e obbediente che tanto sarebbe piaciuto al marito Guglielmo, conte del Poitou e duca d’Aquitania, il feudatario più ricco e potente della Francia, i cui domini superavano di molte volte quelli dello stesso sovrano.
Si erano sposati più di cinque anni addietro, nel 1094, quando lei aveva diciannove anni e lui ventitré, entrambi reduci da un precedente matrimonio: l’una vedova del re Sancho Ramirez, l’altro unito alla bellissima e sensuale Ermengarda d’Angiò.
«Il duca aveva concepito per Ermengarda una passione folle. È stato un vero matrimonio d’amore» si era premurata di informarla con un sorrisetto beffardo la pettegola di corte, madame di Coutances, insinuando con sottile perfidia che il nuovo connubio fosse motivato da un preciso interesse: Guglielmo intendeva mettere le mani sulla ricca provincia di Tolosa, che Filippa avrebbe ereditato dal padre, in assenza di figli maschi. Quella maldicenza, sussurrata da tutti i cortigiani, la faceva soffrire sebbene lei, per orgoglio, non lasciasse trasparire alcuna emozione.
«Non di meno,» aveva replicato «il conte l’ha ripudiata ed è venuto a corteggiare me, vedova, in casa di mio padre. E con grande insistenza.»
«Purtroppo, mia signora,» aveva sospirato l’interlocutrice «ai potenti che reggono il destino dei popoli quasi mai è consentito di anteporre le ragioni del cuore a quelle dello stato e del bene collettivo.»
Se pensava di intimidire madame di Coutances, era servita: lei trovava il modo di ricordarle che solo la sterilità aveva condannato la sfortunata Ermengarda. Per tutta risposta, Filippa le aveva voltato le spalle e si era allontanata. Nessuna stupida dama di corte l’avrebbe indotta a credere che quella fragile fanciulla, per quanto avvenente, avesse potuto tenere avvinto il cuore di un uomo come Guglielmo IX di Aquitania, volubile, incostante, perseguitato da una lussuria insaziabile, e neppure che lui le fosse rimasto fedele, risparmiandole i tormenti che faceva patire alla seconda moglie: tradimenti continui e sfacciati, perpetrati con qualunque donna lo attraesse, serva o gran dama. Ostentati, sbandierati. E materia di ispirazione poetica: perché il duca, per quanto privo di qualsiasi freno o principio morale, era ciononostante... un poeta.
Dove fosse relegata la delicatezza e la sensibilità d’animo che ognuno immaginerebbe in un artista, Filippa se l’era chiesto molte volte invano. Eppure lo chiamavano Il Trovatore e le sue passioni o le smodate imprese amatorie di cui si rendeva protagonista venivano magnificate in versi, ora eleganti e commoventi ora sboccati e grevi – così le raccontavano, perché lei si rifiutava di leggerli – trasformandosi poi in melodiose armonie che i menestrelli eseguivano al suono della ribeca, della viola, del violino, degli archi, del flauto e del tamburello, allietando le chiassose e interminabili feste con cui la corte si intratteneva ogni sera fino all’alba.
Guglielmo era l’animatore di quelle riunioni, sempre pronto alla facezia, tanto più divertente quanto più scurrile, la bocca spalancata senza sosta nel riso. Sfrenato ed estremo, rozzo e triviale. E nello stesso tempo, senza alcuna apparente contraddizione, gentile, galante, generoso persino, dotato di una cultura vastissima e poliedrica, di un’attrazione istintiva per la bellezza, in ogni sua forma.
Un mistero inspiegabile, per Filippa.
Brillava anche lei, in quei conviti, era una protagonista, pur non partecipandovi mai di persona. Vi aleggiava il suo spirito, evocato di continuo nella mente dei convitati dalla narrazione delle mirabolanti avventure del marito: a volte compatita, molto più spesso derisa e schernita.
Per Ermengarda non poteva essere accaduto nulla di diverso, in barba alla sua gran bellezza. E madame di Coutances non diceva tutta la verità. Il ripudio della duchessa si era reso necessario non solo per la sua sterilità ma anche per i segni sempre più palesi di uno squilibrio mentale che aveva molto allarmato Guglielmo e dal quale sembrava essersi ripresa solo dopo la separazione: nella tristezza risiedeva la causa di quella follia, nell’esasperazione per il comportamento del marito. La stessa che animava lei, che le faceva ribollire il sangue di rabbia, di un desiderio di vendetta che non avrebbe mai potuto essere soddisfatto.
Roberto d’Arbrissel le suggeriva di volgere in ardore per Gesù quel fuoco che la divorava.
Le narrava che lui stesso, sebbene gli fosse proibito dalla condizione di prete, dormiva molto spesso in compagnia di donne proprio per mettere alla prova la sua forza di volontà e l’amore per Cristo: inspirava l’odore dei corpi femminili e sentiva il ventre e le tempie pulsare, le mani fremere dal desiderio di accarezzare quelle carni. Eppure resisteva e volgeva in preghiera il profondo turbamento. Una tortura, un’umiliazione per il corpo. E un trionfo per la mente, che vinceva la battaglia. Per questo, nonostante le violente invettive del vescovo Marbodo di Rennes, le infuocate lettere di condanna di Goffredo di Vendôme, le nascite piuttosto frequenti – a conferma che molti adepti non possedevano la tempra del maestro – Roberto d’Arbrissel si ostinava a mantenere nella sua congregazione la più completa e totale commistione dei sessi. La purezza e la castità dovevano essere perseguite non attraverso la privazione e fuggendo le tentazioni – dove stava il merito, in questo caso? – ma nella continua esposizione al richiamo di Satana, cui opporre la forza della fede, della preghiera, della volontà. Questo sì, era un sacrificio da offrire con orgoglio al Signore.
Filippa, secondo il consiglio di Roberto, avrebbe dovuto fare altrettanto: volgere in fervore religioso il suo desiderio di rivincita sul marito, in lode a Dio il dolore e l’umiliazione. Facile, per lui che era un santo.
Il pensiero di Roberto le fece tornare in mente la ragione per la quale si sentiva così agitata e si attardava allo specchio. Aveva chiesto al marito un colloquio per rivolgergli una supplica e sapeva bene che il confronto sarebbe stato tempestoso. Avrebbe dovuto subirne l’ironia, le insinuazioni volgari da cui quella natura traviata non sapeva prescindere in nessun momento della giornata. Doveva imporsi calma e pazienza, mettere in pratica le raccomandazioni della sua guida spirituale.
Percorse i corridoi poco illuminati per raggiungere la sala dei conviti, dove Guglielmo le aveva dato appuntamento. Vi trascorreva gran parte del tempo, quando si trovava a corte. Di rado riceveva nella sala delle udienze o nel suo studio. Luoghi tetri e ufficiali, sosteneva, che lo mettevano di cattivo umore e mal lo disponevano all’ascolto dei questuanti, chiunque fossero. La sala dei conviti, invece, gli infondeva buon umore. Era ampia e luminosa, arredata con gusto, i camini imponenti, il fuoco vivace. E poi gli strumenti musicali in essa raccolti e da lui tanto amati – era ottimo musicista, oltre che poeta – gli evocavano i momenti più piacevoli della giornata e gli rammentavano che, passato il tempo noioso del dovere, ben presto sarebbe tornato all’occupazione preferita: suonare, recitare, intrattenersi con musici, menestrelli, trovatori, studiosi ed esperti di innumerevoli discipline, dei quali la corte pullulava. Chiunque fossero, da qualunque parte del mondo provenissero, per quanto poveri, sudici e malandati, si poteva essere certi che avrebbero trovato in Guglielmo un protettore. Naturalmente i beneficati contraccambiavano il mecenate con una dedizione assoluta: non gli lesinavano spropositati elogi, rumorosi consensi alla sua produzione, appoggio in qualsiasi impresa, approvazione a ogni follia.
Si augurava solo che quella pletora di nullafacenti, di cortigiani prezzolati – così giudicava coloro che il marito chiamava con orgoglio artisti e uomini di cultura – non gli si affollasse già intorno, vista l’ora non ancora propizia per i bagordi. E che fosse sobrio, per una volta. Meglio ancora se irritato. Lo preferiva, rispetto a quando era di buon umore: nel primo caso sarebbe stato gelido, scostante ma silenzioso e attento. Nel secondo, compiaciuto della sua ironia e delle trovate beffarde, distratto e indisponente.
Il paggio le spalancò la porta, lei entrò nella sala: le bastò un’occhiata per capire che il marito era di umore eccellente.
«Sposa mia adorata, fiore del mio giardino, compagna fedele!» enfatizzò Guglielmo, un largo sorriso sulle labbra, sollevando gli occhi da un foglio che stringeva in una mano e accennando un inchino cerimonioso. Filippa non poteva impedirsi di provare un tuffo al cuore ogni volta che lo incontrava: alto, di fisico imponente ma asciutto, il volto maschio e armonioso, vestito come sempre con ricercatezza, i lunghi capelli ben curati, inanellati in riccioli stretti e impomatati, come imponeva la moda della Linguadoca. Come stupirsi che le donne fossero pronte a cadergli fra le braccia a frotte, senza che lui dovesse fare neppure lo sforzo di un corteggiamento?
«A cosa debbo il piacere di questa deliziosa visione mattutina?» le domandò, lo sguardo canzonatorio che tanto la infastidiva.
«Mattutina, mia signore?» replicò lei, inarcando il sopracciglio.
«Mi sono svegliato da poco. Dunque per me è mattino, anche se il sole mi smentisce. Momento della giornata quanto mai proficuo per creare, sebbene i più si professino increduli. E invece, vedete?» domandò, allungando il foglio. «Ho portato a compimento la canzone cui lavoravo da giorni. A voi, Ugo» affermò volgendosi verso il giovane al suo fianco e consegnandogli il testo. «Potete copiarla. Poi mettete subito mano alla musica e provate. Desidero che venga recitata questa sera. Fate attenzione. Il testo è piuttosto forte. Insomma, non si tratta di una delicata dichiarazione d’amore ma della narrazione vigorosa e realistica di una colossale sco... No. Niente volgarità al cospetto di una gran dama. Eccomi tutto per voi, mia affascinante padrona.»
«Sono qui per perorare una giusta causa, mio signore» esordì Filippa.
«Prima però assicuratemi – vi prego, vi supplico – che il vostro protetto, per il quale rubate tempo ai miei numerosi e inderogabili impegni, non è quello zotico e laido monaco, assetato di sesso a buon mercato, che risponde al nome di Roberto d’Arbrissel.»
Filippa avvampò.
«Roberto è un santo! Come osate rivolgergli simili oltraggi?»
Una scrosciante risata risuonò nel salone. Filippa, seguendo la sua natura sanguigna, avrebbe voluto affondare le unghie in quella gola palpitante ma si contenne: l’ira doveva essere volta in ardore per Dio, esortava il Maestro.
«Il Maestro...» fece eco Guglielmo, come se le avesse letto nel pensiero. «È così che vuole essere chiamato dai seguaci, non è vero? Gran Fornicatore, mi sembrerebbe un appellativo ben più adatto alla bisogna. Puttaniere ancora meglio...»
«Guglielmo!» gridò con forza Filippa, incapace di contenersi. «Dovevo saperlo che qualunque pacato confronto con voi è impossibile. Come cavare sangue dalle pietre. Il vostro cuore non può essere mosso a misericordia per nessuno, giacché neppure ne possedete uno. Attribuite agli altri le intenzioni peccaminose di cui pullula la vostra mente malata. Il sesso è la vostra ossessione...»
«Quanta passione, mia bella signora. Subite anche voi il fascino di quel cialtrone. Lo sapevo e ora ne ho piena conferma ma non me la prendo. Non sono geloso. Quale altro vocabolo, di certo più elegante e meno scurrile del mio, applichereste a un religioso – così lui si definisce, dico bene? – che viaggia in compagnia di una torma di donne di ogni risma, dalle più volgari e sconce baldracche recuperate in lupanari di infima categoria, alle signore di alto bordo, con le quali dorme, sulle quali si struscia, nelle cui nudità affonda le mani?»
Filippa arrossì. Si rendeva conto che il comportamento di Roberto prestava il fianco a simili equivoci e critiche. Non solo quell’esagitato del vescovo di Rennes ma persino il mite Pietro, vescovo di Poitiers, lo esortava a darsi una regola e, per amor di Dio, a cessare quella deprecabile e indecorosa promiscuità di sessi. Roberto però non era un depravato: aveva le sue ragioni, i suoi motivi. Alti e nobili. Ma come spiegarli a Guglielmo senza apparire ridicola? Non avrebbe mai compreso, solo riso a crepapelle.
«Voi non potete capire» mormorò, scuotendo il capo e avvertendo lei per prima la pochezza della risposta, pronta a subire il grossolano sarcasmo del marito.
«D’accordo. Basta così» si arrese invece con sua sorpresa il duca. «Abbraccio l’idea che sia un eunuco. Non vedo altra spiegazione. Cosa chiedete, per questo cialtrone che vi sta tanto a cuore?»
Era il momento di fare appello a tutta la sua determinazione e trarre profitto dal breve stato di grazia del marito.
«Un luogo in cui lui e i suoi seguaci possano trovare un rifugio e una pausa alle peregrinazioni. Un terreno sul quale vivere in povertà, secondo gli insegnamenti del Vangelo e l’esempio della chiesa dei primi secoli, con la semplicità e...»
«Che fervore. Me ne compiaccio» esclamò Guglielmo, esplodendo in una delle sue fragorose risate. «Uomini e donne assieme, immagino. In una bella ammucchiata. Secondo l’esempio della chiesa dei primi secoli, è naturale... Va bene, va bene. Non vi adirate. Sono un dissacratore, lo so, e voi non perdete occasione per rammentarmelo. Immagino abbiate già misurato palmo a palmo le mie proprietà, per quanto vaste siano, e individuato uno spazio che fa proprio al caso vostro.»
«È così, mio signore. Un pezzetto di terra arida, incolta e abbandonata. Rovi e spine a perdita d’occhio. Non ne sentirete mai la mancanza. Una generosità che vi costerà molto poco.»
«Non girateci intorno, madama. Giudicherò io. Sputate il rospo, invece.»
Filippa era troppo speranzosa per offendersi dell’irrispettoso linguaggio del marito, che in altra circostanza non avrebbe mancato di rimproverargli.
«L’estrema punta settentrionale della diocesi di Poitiers, al confine con Angers e Tours. Vi sgorga una fonte, proprio nei pressi del fiume Vienne: Fontevrault.»
«I miei territori di caccia preferiti, tanto per cominciare. In più, una posizione strategica, racchiusa fra principati e diocesi di cruciale importanza. Altro che rovi e spine. Comincio a rivalutare il vostro monaco. Incantatore di donne e abilissimo stratega. Sa quel che vuole e quali pedine muovere per ottenerlo. E ha scelto con lungimiranza il vescovo sotto la cui protezione porsi: il nostro mite e inoffensivo Pietro, un pusillanime che tollererà ogni arbitrio.»
«Posso contare sulla vostra bontà? Farete a vostra moglie il dono di un lembo di terra che neppure sapevate di possedere?»
Guglielmo la fissò di sottecchi. Un sorriso crudele gli increspava le labbra. E ora, cosa stava macchinando?
«C’è un prezzo da pagare, mia cara. Esigo a mia volta due favori da parte vostra: uno immediato, nella vostra camera da letto. Ma questo, ne sono certo, è un balzello cui vi sottoporrete con gran piacere, anche se non lo ammetterete mai. L’altro vi troverà meno disponibile: parteciperete alla festa di questa sera e ascolterete il mio componimento poetico. Vedrete che ha una certa attinenza con i temi che abbiamo testé discusso. Se non vi sottrarrete a questa piccola penitenza, il vostro monaco avrà la sua sede.»
Nessuno badò a lei e fu un sollievo. Non partecipava mai a quelle orge e l’imposizione del marito l’aveva molto addolorata. Ma raggiungere l’obiettivo che le stava a cuore era di gran lunga più importante del proprio orgoglio. Cercò di mettersi in una posizione defilata, dalla quale osservare senza essere osservata. Conosceva più d’una delle dame presenti, tutte in abiti scollati per mostrare con generosità le spalle e l’attaccatura dei seni, dai colori sgargianti e dai tessuti preziosi, lavorati con elaborati tagli e aperture verticali, attraverso le quali occhieggiavano, acconciati con arte studiata, i candidi e delicati lini delle camicie e delle sottovesti: tutto secondo i dettami della moda più recente. Via via che l’atmosfera si riscaldava e le libagioni aumentavano, lievitavano le risa e le sconcezze. Guglielmo era, come sempre, il promotore e l’artefice di ogni iniziativa. Seguiva con partecipazione le esibizioni dei menestrelli, complimentandosi di volta in volta con l’autore della canzone. Alcuni di quei componimenti parlavano dell’amore in modo dolce e struggente, con ammirazione, rispetto e devozione sincera nei confronti della donna che l’aveva suscitato, tanto da farla sentire un angelo, un essere superiore. Guglielmo apprezzava, si mostrava partecipe e persino commosso. Ma poi il gusto per lo sberleffo, l’irriverenza, il riso sguaiato prendevano il sopr...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Colophon
  4. La regina irriverente