Area 51
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Area 51

La verità, senza censure

  1. 532 pagine
  2. Italian
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  4. Disponibile su iOS e Android
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Area 51

La verità, senza censure

Informazioni su questo libro

Stavo facendo colazione con un uomo che aveva ricoperto alte responsabilità nelle attività dell’Area 51, per lunghi anni. Gli mostrai un crostino: «Se questa è la parte che ho scoperto, quanto è grande quello che non so?» dissi. «Quello che non sa – rispose l’uomo cupamente – l’intera verità, è grande come il tavolo a cui siamo seduti, sedie comprese.»
Un’indagine sensazionale, avvincente e meticolosa, sul luogo più discusso e concupito da ricercatori, curiosi, cospirazionisti, cronisti: l’Area 51, nel deserto del Nevada, lo Shangri-la dello spionaggio e dei sistemi di combattimento più sofisticati, cuore di mille intrighi e segreti, in cui si intrecciano storia, politica, test nucleari, esperimenti inconfessabili. Basandosi non su illazioni ma, per la prima volta, su colloqui con piloti, scienziati, ingegneri e agenti in pensione che hanno lavorato per anni nell’Area – e che nonostante il vincolo di segretezza, hanno accettato di parlare – il libro fa luce su decenni di misteri e rivela verità assolutamente inedite, a volte davvero sconvolgenti. A partire dalla spiegazione del celebre incidente di Roswell del 1947, il crash di un oggetto volante non identificato che ha alimentato innumerevoli ricostruzioni e altrettante leggende.

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Informazioni

Capitolo 1

L’ENIGMA DELL’AREA 511

L’Area 51 è un enigma. Pochissimi sanno che cosa succede lì e in milioni vogliono saperlo. Per molti l’Area 51 rappresenta lo Shangri-la dello spionaggio e dei sistemi di combattimento più sofisticati. Per altri è il mondo segreto degli alieni e degli UFO fatti prigionieri. La verità è che l’installazione federale segreta più famosa d’America fu creata per sviluppare la scienza e la tecnologia militari per battere sul tempo le altre potenze straniere. Il cuore dell’enigma dell’Area 51 consiste nel rispondere alla domanda sul perché è nascosta agli occhi del mondo, situata com’è all’interno di una catena di montagne nel bel mezzo del deserto del Nevada meridionale.
Per entrare nell’Area 51 servono un nullaosta top-secret e un invito da parte dei gradi più alti dell’élite militare o dell’intelligence. Il giuramento di segretezza fatto da ogni persona che visita la base prima di essere ammessa è sia sacro sia legalmente vincolante. Se non si ha un invito, dare anche solo la più piccola occhiata all’Area 51 richiede un notevole sforzo, per il quale bisogna mettere in conto dieci ore di tempo, un veicolo fuoristrada e un paio di scarponi da trekking di buona qualità. Attraverso il binocolo, dalla cima di una montagna chiamata Tikaboo Peak che si trova più di quaranta chilometri a est dell’Area 51, è possibile cogliere occasionalmente un guizzare di attività. Di giorno il calore del suolo desertico distorce la visione rendendo impossibile distinguere gli hangar dalla sabbia. La notte è il momento migliore2 per dare un’occhiata alla tecnologia avanzata dell’Area 51. Da sempre i droni e gli aerei segreti sono stati testati con il favore delle tenebre prima di essere mandati in missione in varie zone del pianeta. Se si sta in cima al Tikaboo Peak nel cuore della notte e si guarda per ore nella valle buia, può capitare di vedere le luci della pista di decollo accendersi all’improvviso. Un aereo scivola fuori da un hangar e rulla verso il nastro d’asfalto illuminato. Pochi secondi dopo decolla, ma nel momento stesso in cui il carrello si stacca dal suolo, le luci vengono spente e la valle ripiomba nell’oscurità. Questo è il mondo oscuro.
Secondo la maggior parte di coloro che hanno familiarità con la storia dell’Area 51, la base aprì i battenti nel 1955 dopo che due funzionari della CIA, Richard Bissell e Herbert Miller, scelsero la zona per farne un’installazione destinata a testare il primo aereo spia dell’agenzia, l’U-2. Parte della storia segreta dell’Area 51 sta nel fatto che la cosiddetta Area 51 esisteva già da quattro anni quando la CIA decise che era un luogo perfetto per fare test clandestini. La cosa che non si è mai saputa è che il primo utilizzatore dell’Area 51 non fu la CIA, bensì l’Atomic Energy Commission. A partire dal 1951, l’Atomic Energy Commission si servì del proprio sistema parallelo di secretazione per condurre ricerche, esperimenti e progetti ingegneristici controversi e radicali non solo sugli aerei ma anche sui piloti: il tutto senza supervisione esterna né controlli etici.
Il fatto che l’Atomic Energy Commission non fosse un’agenzia per sua natura dotata di un qualche tipo di giurisdizione su progetti relativi a velivoli e piloti (il suo ambito erano le bombe atomiche e l’energia nucleare) la dice lunga sull’aspetto ambiguo e ingannevole delle operazioni coperte condotte all’Area 51. Se si trasferisce un progetto clandestino e controverso a un’agenzia coperta che nominalmente non ha nulla a che fare con un programma di quel genere, le probabilità che chiunque vada a cercarlo lì sono praticamente ridotte a zero. Per oltre sessant’anni nessuno ha pensato di rivolgersi all’Atomic Energy Commission per risolvere l’enigma dell’Area 51.
Nel 1955, quando arrivò all’Area 51, la CIA portò con sé l’aeronautica statunitense come partner nel primo programma nazionale di spionaggio dai cieli in tempo di pace. Numerosi altri organismi chiave avevano assoluto interesse nel progetto di spionaggio aereo e furono quindi informati dell’esistenza dell’Area 51, nonché del fatto che la CIA e l’aeronautica militare lavoravano insieme. Tra le agenzie coinvolte c’erano la NACA – la National Advisory Committee for Aeronautics (Commissione consultiva nazionale per l’aeronautica, il predecessore della NASA) – e la marina, entrambe le quali fornirono storie di copertura per spiegare l’andirivieni di aerei da una base che ufficialmente non esisteva. Era informato anche il National Photographic Interpretation Center (NPIC, Centro nazionale di analisi fotografica), l’agenzia che avrebbe analizzato le fotografie scattate dall’U-2 in missioni di spionaggio all’estero. Dal 1955 alla fine degli anni Ottanta queste agenzie federali, insieme a parecchi altri organismi governativi clandestini nati in quel periodo – tra cui il National Reconnaissance Office (NRO, Ufficio nazionale di gestione e analisi delle immagini), la National Security Agency (NSA, Agenzia nazionale di sicurezza) e la Defense Intelligence Agency (DIA, Agenzia di intelligence militare) – lavorarono fianco a fianco sui programmi dell’Area 51 trincerati dietro una barriera di segretezza. Ma pochissime persone al di fuori di un gruppo ristretto di funzionari federali e di contractor del mondo parallelo con autorizzazioni top-secret ebbero la conferma della reale esistenza della base fino al novembre 1989. Fino a quando, cioè, un trentenne con gli occhiali e la voce pacata originario della Florida, Robert Scott Lazar, non comparve a Eyewitness News3 a Las Vegas in compagnia di un giornalista investigativo di nome George Knapp per rivelare al mondo l’Area 51. Tra le decine di migliaia di persone che avevano lavorato all’Area 51 nel corso degli anni, Lazar fu l’unico a rompere il giuramento del silenzio in modo così plateale. Che si fosse uno scienziato o una guardia della sicurezza, un ingegnere o un operaio, lavorare all’Area 51 era considerato un onore e un privilegio. Il giuramento del silenzio era sacro e senza dubbio le velate minacce di essere messi in prigione4 convinsero la gente a rispettarlo. Bob Lazar pose fine in modo spettacolare a più di quattro decenni di segretezza riguardo all’Area 51.
Il fatto che la comparsa di Bob Lazar all’Area 51 fosse dovuta a una raccomandazione per un lavoro proveniente dal fisico di origini ungheresi Edward Teller5 è perfettamente ironico. Teller era stato uno degli inventori della più potente arma di distruzione di massa, la bomba termonucleare, e aveva testato numerose incarnazioni della sua diabolica creazione a pochi chilometri dall’Area 51, nei settori numerati che costituivano il Nevada Test Site. Il sito è l’unica zona su suolo americano riservata ai test nucleari ed è partner dell’Area 51. L’Area 12, l’Area 19 e l’Area 20, all’interno dei confini ufficiali del sito, sono solo alcuni degli appezzamenti di terra che recano la firma del dottor Teller: terreno bruciato, crateri atomici, gallerie sotterranee contaminate dal plutonio6. L’Area 51 si trova appena fuori.
Bob Lazar conobbe Edward Teller a Los Alamos, New Mexico, nel giugno 1982. All’epoca Lazar aveva solo ventitré anni e lavorava alla rilevazione di particelle radioattive nel laboratorio nucleare di Los Alamos in qualità di dipendente della Kirk-Mayer Corporation. Quel giorno era arrivato in anticipo a una conferenza che Teller avrebbe tenuto nell’auditorium del laboratorio7. Prima della conferenza, Lazar vide Teller che leggeva il «Los Alamos Monitor» dove per coincidenza c’era un articolo in prima pagina dedicato a Bob Lazar8 e alla sua nuova invenzione, l’auto con motore jet. Lazar colse al volo l’occasione. «Sta leggendo di me» disse a Teller per attaccare discorso. Ecco un giovane scienziato ambizioso che si avvicina al cinico e disincantato padre della distruzione di massa.
Sei anni dopo, Lazar aveva toccato il fondo9. Era stato licenziato dal suo lavoro a Los Alamos e aveva spaventosi problemi economici. Lui e la moglie, Carol Strong, che aveva tredici anni più del marito, si trasferirono a Las Vegas e aprirono un negozio dove stampavano fotografie. Il matrimonio fallì. Lazar si risposò con una donna di nome Tracy Murk10 che aveva lavorato come commessa per lui. Due giorni dopo il matrimonio tra Lazar e Tracy, la prima moglie Carol si suicidò con il monossido di carbonio11 in un garage. Lazar dichiarò fallimento e cercò lavoro come ingegnere. Si rivolse a tutti quelli che gli vennero in mente, compreso il dottor Edward Teller, che adesso era a capo dell’iniziativa di difesa strategica del presidente Reagan, o “Star Wars”. Nel 1988 Teller trovò un lavoro a Lazar.
Il lavoro era lontanissimo da qualunque normale impiego da ingegnere. Edward Teller aveva raccomandato Bob Lazar alla più potente industria di armamenti che lavorava per l’Area 51, una società chiamata EG&G. Tra le migliaia di contractor top-secret e muniti di autorizzazioni segretissime che avevano lavorato ai progetti classificati e coperti del Nevada Test Site e dell’Area 51, nessuno ha avuto più potere e accesso, o minore controllo, della EG&G. Seguendo le istruzioni di Teller, Lazar fece un numero telefonico. Una persona all’altro capo del filo gli disse di andare all’aeroporto McCarran, nel centro di Las Vegas, in un preciso giorno di dicembre – all’edificio della EG&G che sorgeva lì. A Lazar fu detto che sarebbe stato portato al Groom Lake su un aereo privato. Era eccitato e obbedì agli ordini. All’interno dell’edificio della EG&G fu presentato a un uomo di nome Dennis Mariani, che presto sarebbe diventato il suo supervisore. I due uomini andarono all’estremità meridionale dell’aeroporto ed entrarono in un hangar circondato da cancelli e sorvegliato da guardie armate. Qui la EG&G aveva una flotta di aerei 737 che andavano avanti e indietro dal Groom Lake – e lo fanno tuttora. Dal momento che volavano con l’indicativo di chiamata Janet, gli aerei privati che facevano la spola da e per l’Area 51 erano conosciuti come Janet Airlines. Lazar e il suo accompagnatore passarono i controlli di sicurezza e salirono a bordo di un aereo bianco senza insegne né logo, solo una riga rossa su tutta la lunghezza dell’apparecchio.
Se si vola verso l’Area 5112 da Las Vegas con una rotta verso nord si può vedere il paesaggio del Nevada, il classico sudovest americano: montagne incappucciate di neve, colline ondulate e valli desertiche. Ma Bob Lazar non vide nulla perché le tendine dell’aereo erano abbassate – lo erano sempre nel caso dei nuovi arrivati. Lo spazio aereo sopra l’Area 51 è chiuso sin dalla metà degli anni Cinquanta, il che significa che nessuno può sbirciare sopra il sito eccetto i satelliti. All’epoca in cui ci andò Lazar, lo spazio aereo di 1.500 chilometri quadrati era da tempo soprannominato il Box e i piloti militari della vicina base di Nellis sanno di non doverci mai entrare. Al centro del Box dell’Area 51 si vede distintamente un bacino endoreico del diametro di circa dieci chilometri. Era stato proprio il bacino asciutto del lago ad attirare l’attenzione della CIA; per decenni era servito come pista di decollo naturale per gli aerei spia segreti dell’Area 51.
Quasi tutto quello che si vede avvicinandosi all’Area 51 dall’aria è terreno governativo off-limits. Non ci sono superstrade pubbliche, niente grandi magazzini, nessuna periferia urbana da ventesimo secolo. Dove il terreno è collinoso crescono diverse specie di yucca, con le lunghe foglie appuntite che si protendono nel cielo come spade. Dove il terreno è piatto, è sterile e nudo. Fatta eccezione per i cespugli di creosoto e i rotolacampo, in quest’area desertica cresce ben poco. La base – i suoi hangar, le piste, i dormitori e le torri – inizia all’estremità meridionale del lago asciutto. Le strutture sono disposte a file in direzione sud verso l’Emigrant Valley. I tetti metallici degli hangar riflettono la luce del sole mentre l’aereo della Janet entra nel Box. Un’antenna gigantesca spunta dal suolo arido. Poi compaiono la torre di raffreddamento dell’impianto per la produzione di energia elettrica e le antenne sulla stazione radio, che si trova all’estremità di una delle due piste di rullaggio perpendicolari l’una all’altra. Le antenne radar ruotano su loro stesse. Una di esse ha un diametro di diciotto metri ed è perennemente rivolta verso il cielo; le radiazioni sono così potenti da cuocere istantaneamente gli organi interni di qualunque essere vivente. Il sistema Quick Kill, progettato dalla Raytheon per individuare i segnali dei missili in arrivo13, è posizionato sul bordo del lago asciutto, non lontano dal famoso pilone d’acciaio che si vede nella pubblicità della Lockheed ma che non è mai stato ufficialmente identificato come quello che sorge nell’Area 51. Gli addetti ai lavori lo chiamano “il palo”: è dove viene misurata la sezione equivalente radar sui prototipi degli aerei stealth. Velivoli segreti di ultimissima generazione, che costano milioni di dollari, vengono capovolti e issati in alto su questo pilone, cosa che li fa sembrare piccoli e insignificanti nell’enorme estensione del Groom Lake, come uno scarabeo in una vetrinetta.
Quando il passeggero del 737 della Janet si avvicina, diventa più facile giudicare le distanze. La Bald Mountain si rivela una montagna imponente che raggiunge i 2.850 metri di altezza. La vetta torreggia sopra la base alla sua estremità settentrionale e abbonda della storia e del retaggio dell’Area 51. Innumerevoli comandanti hanno passato i fine settimana sulla montagna a caccia di cervi. Nascoste nel cuore roccioso delle cime più basse ci sono due vecchie miniere di piombo e di argento, chiamate Black Metal e Sheehan. Negli anni Cinquanta, un vecchio minatore si appellò ai suoi diritti minerari con tale ferocia che il governo finì per dargli un’autorizzazione di sicurezza e informarlo dell’Area 51 piuttosto che continuare a cercare di mandarlo via. Il minatore mantenne il giuramento del silenzio14 e portò con sé nella tomba i primi segreti dell’Area 51.
All’estremità meridionale della base ci sono una cava di ghiaia e impianti per la produzione del cemento usati per costruire edifici provvisori che bisogna tirar su in fretta. Contro i pendii delle colline a ovest ci sono i vecchi serbatoi che una volta contenevano il JP-7, lo speciale carburante per gli aerei spia supersonici della CIA che doveva sopportare fluttuazioni estreme di temperatura, da -68 a 140 °C. A sud, su un altopiano isolato, c’è l’edificio per costruire e immagazzinare le armi. L’installazione è riconoscibile dall’aria a causa di un alto terrapieno costruito per assorbire le esplosioni in caso di incidente. Dietro il deposito di armi, una strada sterrata a una sola corsia si arrampica su per la collina e scende al vicino Nevada Test Site, al quale si entra attraverso il Gate 800 (talvolta chiamato Gate 700). I veterani dei tempi dell’aereo spia U-2 chiamavano questo punto di accesso Gate 38515, in origine l’unico ingresso all’Area 51 se non si arrivava in volo. Dall’altra parte del cancello, nell’Area 51, c’è l’ufficio ricevimento e consegna merci. Nel momento culminante dei test atomici, durante gli anni Cinquanta e Sessanta, i camion dell’Atomic Energy Commission16 passavano ore nel parcheggio mentre gli autisti muniti di appropriata autorizzazione si godevano il leggendario cibo da gourmet dell’Area 51.
Nel dicembre 1988, se Lazar avesse potuto guardare dal finestrino del 737 appena prima dell’atterraggio, avrebbe visto le postazioni radar della EG&G che punteggiavano in diagonale il fondovalle a nordovest. Facenti parte della divisione di tecnologia straniera dell’aeronautica militare, che prese avvio nel 1968, queste postazioni radar comprendevano agognate apparecchiature sovietiche acquistate dai paesi del blocco orientale e requisite durante le guerre in Medio Oriente. Sempre a nord si trova il lago Slater, che deve il proprio nome al comandante Slater e fu scavato da ditte esterne durante la guerra del Vietnam. Intorno alle rive in pendenza del lago ci sono alberi insoliti per la zona: alti e frondosi, sembrano provenire dall’Europa o dalla East Coast. È l’unica vegetazione esotica di tutta l’Area 51. Tornando al dicembre 1988, a chilometri dal lago Slater, sul fondovalle arido e piatto, il passeggero di un aeroplano avrebbe visto un gruppo di uomini con indosso tute di protezione HAZMAT17 impegnati a rimuovere quindici centimetri di terreno contaminato dal plutonio su un’area di 108 ettari. Posto all’interno dello spazio aereo dell’Area 51 ma in un proprio quadrante, questo settore era designato Area 13. Quello che gli uomini stavano facendo era noto solo a poche persone selezionate. Come tutto ciò che riguardava l’Area 51, se non erano informazioni strettamente necessarie, la gente sapeva di non dover chiedere.
L’aereo su cui si trovava Lazar atterrò probabilmente sulla pista più a est e poi si portò al terminal della Janet, vicino all’edificio della sicurezza. Lazar e il suo supervisore, Dennis Mariani, passarono i controlli in quel punto18. Secondo Lazar, lo portarono in una caffetteria della base. Poi arrivò un autobus e lui e Mariani salirono a bordo. Lazar disse che non riuscì a vedere esattamente dove lo stavano portando perché l’autobus aveva le tendine tirate. Se Lazar avesse potuto guardare fuori, avrebbe visto l’erba verde del campo di baseball dell’Area 51 dove, a partire dalla metà degli anni Sessanta, nell’epoca d’oro dei test nucleari sotterranei, i lavoratori dell’Area 51 battevano quelli del Nevada Test Site alle partite di softball che si giocavano tutte le settimane. L’autobus di Lazar oltrepassò anche i campi da tennis all’aperto, dove il dottor Albert Wheelon, l’ex comandante dell’Area 51, amava giocare a tennis19 a mezzanotte. Lazar passò accanto alla piscina dove i piloti della CIA si allenavano per i lanci d’emergenza nell’oceano tuffandosi nell’acqua20 con indosso le tute da alta quota. Lazar superò il bar dell’Area 51, chiamato Sam’s Place21, che dove...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Colophon
  4. Prologo. La città segreta
  5. 1. L’enigma dell’Area 51
  6. 2. Immaginate una guerra dei mondi
  7. 3. La base segreta
  8. 4. I semi di una cospirazione
  9. 5. Le informazioni strettamente necessarie
  10. 6. Incidenti atomici
  11. 7. Da città fantasma a città del boom
  12. 8. Il gioco del gatto con il topo finisce in una débâcle
  13. 9. La base torna alla vita
  14. 10. Maghi della scienza, della tecnologia e della diplomazia
  15. 11. Che aeroplano?
  16. 12. Coprire la copertura
  17. 13. Per le cose sporche e pericolose ci vogliono i droni
  18. 14. Dramma nel deserto
  19. 15. Il non plus ultra del circolo esclusivo
  20. 16. L’operazione Black Shield e la storia segreta della USS Pueblo
  21. 17. I MIG dell’Area 51
  22. 18. Fusione del nocciolo
  23. 19. Il complotto lunare e altre leggende dell’Area 51
  24. 20. Dalle macchine fotografiche alle armi: l’aeronautica militare prende il comando
  25. 21. Rivelazione
  26. Epilogo
  27. Ringraziamenti
  28. Note
  29. Interviste
  30. Bibliografia