Il pianeta degli dei
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Il pianeta degli dei

Le cronache terrestri I

  1. 416 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Il pianeta degli dei

Le cronache terrestri I

Informazioni su questo libro

Se gli antichi Egizi ereditarono il loro sapere dai Sumeri, questi ultimi da chi avevano appreso quelle scienze? La tesi del professor Sitchin è semplice e sconvolgente. Come confermano recentissime scoperte, c'è un altro pianeta nel sistema solare. I suoi abitanti, che i Sumeri chiamavano Anunnaki e la Bibbia Nefilim, iniziarono a visitare la Terra mezzo milione di anni or sono e il ricordo delle loro gesta è giunto sino a noi per varie strade: nei racconti mitologici, nell'Antico Testamento, nel libro di Gilgamesh. Alla luce di questa ipotesi, suffragata da anni di studi e ricerche, tradizioni, leggende e ritrovamenti da sempre circondati da un alone di mistero divengono improvvisamente comprensibili. La storia del mondo trova una nuova, affascinante chiave di lettura.

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Informazioni

eBook ISBN
9788858509654
Argomento
History

Capitolo Quinto

I NEFILIM:
IL POPOLO DEI RAZZI FIAMMEGGIANTI

Come dimostrano i testi sumerici e accadici, i popoli dell’antico Medio Oriente erano certi che gli Dèi del Cielo e della Terra potessero alzarsi dalla Terra e salire al Cielo, come pure vagare nei cieli a loro piacimento.
In un testo che narra di una violenza subita da Inanna/Ishtar da parte di un individuo non meglio identificato, costui giustifica così il suo atto:
Un giorno la mia Regina
dopo aver attraversato il cielo, e poi la terra –
Inanna,
dopo aver attraversato il cielo, e poi la terra –
dopo aver attraversato Elam e Shubur...
si avvicinò stanca e si addormentò.
Io la vidi dalla soglia del mio giardino;
la baciai, mi unii a lei.
Inanna, dunque, viaggiava da una parte all’altra del cielo, coprendo enormi distanze: un’impresa possibile solo volando. E, in un’altra occasione, è la dea stessa a parlare del suo volo. In un testo che S. Langdon (in «Revue d’Assyriologie et d’Archéologie Orientale») intitolò Una liturgia classica di Innini, la dea si lamenta di essere stata espulsa dalla sua città. Obbedendo a un ordine di Enlil, un suo emissario, che «mi portò la parola del Cielo», entrò nella sala del trono, «mi mise addosso le sue mani sporche» e, dopo altre umiliazioni,
Dal mio tempio
mi costrinsero a volar via.
Una regina come me, dalla mia città,
come un uccello mi fecero prendere il volo.
La capacità di volare, di Inanna come di tutti i principali dèi, veniva spesso rappresentata nelle raffigurazioni artistiche – che per il resto erano sempre antropomorfe – con delle ali. Le ali, come si può vedere da numerose raffigurazioni, non facevano parte del corpo: non erano dunque ali naturali, ma piuttosto un’aggiunta decorativa all’abito del dio (figura 58).
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Figura 58
Inanna/Ishtar, i cui lunghi viaggi sono ricordati in molti testi antichi, faceva la spola tra il suo iniziale dominio di Aratta e la tanto desiderata dimora di Uruk. Andò da Enki a Eridu e da Enlil a Nippur, e si recò a far visita a suo fratello Utu nella sua sede di Sippar. Ma il suo viaggio più famoso fu quello che compì negli Inferi, regno di sua sorella Ereshkigal. Questo viaggio costituì il tema non soltanto di racconti epici, ma anche di raffigurazioni artistiche su sigilli cilindrici, che mostrano la dea munita di ali, per sottolineare il fatto che in volo era andata da Sumer agli Inferi (figura 59).
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Figura 59
I testi che raccontano questo viaggio pericoloso ci dicono che, prima di prendere il volo, Inanna si mise addosso sette oggetti, che dovette poi via via abbandonare passando attraverso le sette porte che conducevano alla dimora di sua sorella. Sette oggetti simili vengono anche citati in altri testi relativi ai viaggi celesti di Inanna:
1. La SHU.GAR.RA si mise sulla testa.
2. “Pendenti misuratori” alle orecchie.
3. Catene di piccole pietre blu attorno al collo.
4. “Pietre” gemelle sulle spalle.
5. Un cilindro d’oro nelle mani.
6. Cinghie che le stringevano il petto.
7. La veste PALA, avvolta attorno al corpo.
Anche se nessuno è ancora riuscito a spiegare la natura e il significato di questi sette oggetti, siamo certi che la risposta è già a portata di mano. Durante la campagna di scavi che dal 1903 al 1914 interessò l’area di Assur, la capitale assira, Walter Andrae e i suoi colleghi portarono alla luce nel tempio di Ishtar una statua della dea che, sebbene alquanto danneggiata, mostrava diversi marchingegni attaccati al petto e alla schiena. Nel 1934 un’altra squadra di archeologi impegnata a Mari si imbatté in una statua analoga, e questa volta intatta, sepolta sotto terra. Essa rappresentava una bella donna a grandezza naturale, con in testa un copricapo adorno con un paio di corna, chiaro segno che si trattava di una dea. Pur avendo circa 4.000 anni, quella statua era talmente somigliante a un essere umano da sembrare quasi viva, tanto che in una fotografia si riusciva a stento a distinguerla dalle persone che le stavano intorno. Gli archeologi la chiamarono La dea con un vaso, poiché teneva in mano un oggetto cilindrico (figura 60).
A differenza delle incisioni o dei bassorilievi, questo tipo di rappresentazione della dea, tridimensionale e a grandezza naturale, rivela interessanti particolari di abbigliamento. In testa Inanna non indossa un elegante cappellino, ma uno speciale elmetto, dal quale sporgono due oggetti calcati sulle orecchie, che ricordano le cuffie di un pilota. Attorno al collo e sul petto compare una collana fatta di piccole pietre, probabilmente preziose, mentre le mani reggono un oggetto cilindrico che sembra troppo spesso e pesante per essere un vaso per l’acqua.
Sopra una blusa di tessuto trasparente, il torace della dea è attraversato da due cinghie parallele che si uniscono dietro e reggono, dietro il collo, una strana scatola di forma rettangolare, strettamente legata all’elmetto per mezzo di un laccio orizzontale. La scatola doveva contenere qualcosa di molto pesante, perché sulle spalle della dea vi sono due grandi spalline con funzione di sostegno. Ad accrescere ulteriormente il peso della scatola vi è anche un tubo legato alla base da un morsetto circolare. L’insieme di questi strumenti – perché di questo senza dubbio si tratta – viene tenuto fermo da due serie di cinghie che attraversano la schiena e il torace della statua.
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Figura 60
È evidente la corrispondenza tra i sette oggetti di cui Inanna aveva bisogno per i suoi viaggi nel cielo e l’abbigliamento che caratterizza la statua di Mari (e probabilmente anche quella mutilata trovata nel tempio di Ishtar ad Assur). Ritroviamo infatti i “pendenti misuratori” – le cuffie – alle orecchie; le file o “catene” di piccole pietre attorno al collo; le “pietre gemelle” – le due spalline – sulle spalle; il “cilindro d’oro” tra le mani e le cinghie che le stringono il petto. La dea è poi effettivamente avvolta nella “veste PALA” (“veste da sovrano”) e ha in testa l’elmetto SHU.GAR.RA, una parola che letteralmente significa “ciò che fa andare lontano nell’universo”.
L’impressione, dunque, è che Inanna sia vestita da aeronauta, o da astronauta.
L’Antico Testamento chiamava gli “angeli” del Signore malachim – letteralmente “emissari”, che portavano i messaggi degli dèi e ne eseguivano gli ordini. Come molte fonti lasciano intuire, si trattava di una sorta di “aviatori” divini: Giacobbe li vide salire al cielo su una scala, ad Hagar (concubina di Abramo) essi parlarono dal cielo, e furono sempre loro che, dall’aria, portarono la distruzione a Sodoma e Gomorra.
Il racconto biblico dei fatti che precedettero la distruzione delle due peccaminose città fa capire che questi due emissari erano, da una parte, del tutto antropomorfi, e, dall’altra, che potevano a prima vista essere scambiati per “angeli”. Sappiamo che apparivano sempre improvvisamente. Abramo «levò lo sguardo ed ecco, vi erano tre uomini in piedi davanti a lui». Inchinandosi a loro e chiamandoli “miei Signori”, li supplicò: «Non passate sopra il vostro servo senza fermarvi», e li convinse a lavarsi i piedi, riposarsi e mangiare.
Dopo aver fatto ciò che Abramo aveva richiesto, due degli angeli (il terzo “uomo” si rivelò essere il Signore stesso) proseguirono per Sodoma. Lot, il nipote di Abramo, «era seduto alle porte di Sodoma; e quando li vide si alzò per andare loro incontro e si prostrò a terra dicendo: “Vi prego, miei Signori, fatemi l’onore di venire nella casa del vostro servo a lavarvi i piedi e a passare la notte”. Quindi “preparò per loro un banchetto, ed essi mangiarono”. Quando si diffuse in città la notizia dell’arrivo dei due, tutti gli abitanti della città, giovani e vecchi, circondarono la casa, chiamarono a gran voce Lot e gli dissero: “Dove sono gli uomini che stanotte sono v...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Il pianeta degli dei
  3. Prologo: La Genesi
  4. Capitolo Primo - Un inizio senza fine
  5. Capitolo Secondo - La civiltà sorta dal nulla
  6. Capitolo Terzo - Divinità del cielo e della terra
  7. Capitolo Quarto - Sumer: la terra degli dèi
  8. Capitolo Quinto - I nefilim: il popolo dei razzi fiammeggianti
  9. Capitolo Sesto - Il dodicesimo pianeta
  10. Capitolo Settimo - L’epica della creazione
  11. Capitolo Ottavo - Il regno dei cieli
  12. Capitolo Nono - L’atterraggio sul pianeta terra
  13. Capitolo Decimo - Le città degli Dèi
  14. Capitolo Undicesimo - L’ammutinamento degli Anunnaki
  15. Capitolo Dodicesimo - La creazione dell’uomo
  16. Capitolo Tredicesimo - La fine della carne
  17. Capitolo Quattordicesimo - La fuga degli Dèi dalla terra
  18. Capitolo Quindicesimo - La sovranità sulla terra
  19. Fonti
  20. Indice dei nomi
  21. Copyright