TAVOLE FOTOGRAFICHE
1938. Ho sette anni. Sono entrato a far parte degli scout francesi, il cui motto è: «Servire». Ogni fine settimana, con una trentina di compagni, montiamo le nostre tende nei dintorni di Parigi. Queste escursioni nella natura mi insegneranno ad affrontare qualunque tipo di situazione. E, soprattutto, risveglieranno in me l’amore per la libertà.
1945. Ho quattordici anni, ed eccomi negli Stati Uniti al volante della mia prima automobile, una vecchia Nash degli anni Trenta. Al volante di questa macchina, parto alla scoperta dell’America. Mi guadagno i soldi per la benzina ridipingendo cassette della posta lungo la strada.
1953. Il nostro giro del mondo ci conduce in India, dove il maharaja della provincia di Bundi ci invita a partecipare a una caccia alla tigre nel suo regno. Dopo sei ore di estenuante inseguimento, eccoci in posa davanti alla belva abbattuta (al centro il maharaja; noi alla sua destra).
1952. Ho ventun anni. Mi sono sposato a New York. Io e mia moglie proseguiamo la nostra luna di miele intorno al mondo. Per guadagnare qualche dollaro, mi reco in Corea, lacerata dalla guerra, a realizzare un reportage sulla gioventù coreana. In questa immagine, mi trovo con alcuni ufficiali del reggimento francese di stanza davanti alle linee cinesi.
1956. Ho venticinque anni. Sono diventato un reporter di punta di «Paris Match». Con il fotografo Jean-Pierre Pedrazzini (a sinistra) attraversiamo l’Urss in automobile: una grande esclusiva giornalistica all’epoca della Guerra fredda. Nessuna automobile occidentale ha mai oltrepassato la Cortina di ferro. La benzina sovietica è così scadente che dobbiamo pulire il carburatore ogni venti chilometri.
1956. Per la prima volta, un’automobile occidentale – una Simca Marly – attraversa un torrente nel Caucaso. Le strade sono pessime, ma la gentilezza dei russi compensa le molte prove che dobbiamo superare. Nonostante siano quasi pronti a lanciare uno sputnik nello spazio, i sovietici non hanno ancora mai visto un’automobile dipinta in due colori.
1959. Ho ventotto anni. «Paris Match» mi manda in Italia per seguire la visita di Stato del generale de Gaulle, presidente della Repubblica francese. A Milano, nella folla, il caso mi mette improvvisamente fianco a fianco con l’uomo che, durante la Seconda guerra mondiale, aveva incarnato la Resistenza della Francia all’occupazione nazista. Questa foto immortala uno dei momenti più memorabili della mia vita.
1959. «Paris Match» mi sguinzaglia all’inseguimento di Lucky Luciano, uno dei più grandi gangster della storia del crimine. Riesco a trovarlo per caso, qualche anno dopo, a Napoli, dove si nasconde in seguito alla sua fuga dagli Stati Uniti. Muore per un infarto lo stesso giorno del nostro incontro. Sarò l’ultimo giornalista a intervistare il re della mafia.
1960. Ho ventinove anni. È nel braccio della morte del penitenziario californiano di San Quentin che realizzo il reportage più sconvolgente della mia vita: l’intervista del condannato a morte Caryl Chessman a poche ore dalla sua esecuzione nella camera a gas della prigione dove ha passato dodici anni a cercare di far trionfare la propria innocenza.
1962. Ho trentun anni. «Paris Match» mi manda in Algeria per seguire la visita di de Gaulle nelle città della Cabilia in piena insurrezione. Si teme che il generale possa essere ucciso nel corso del viaggio. Per questo ho ricevuto l’ordine di non allontanarmi neanche per un secondo dalla sua alta silhouette che stringe le mani della folla tra cui si nasconde, forse, un assassino.
1963. Ho trentadue anni. Nella piccola città tedesca di Baden-Baden, riesco a ritrovare il generale nazista a cui Hitler aveva dato, nel 1944, l’ordine di distruggere Parigi. Si chiama Dietrich von Choltitz. È il personaggio centrale del grande racconto storico che ho deciso di scrivere con il giornalista americano Larry Collins. Il nostro libro Parigi brucia? venderà dieci milioni di copie e ispirerà un film con sessanta star internazionali.
1964. Ho trentatré anni. Parigi brucia? è appena uscito in libreria. Larry Collins (a sinistra) e io assaporiamo il successo mentre distribuiamo copie autografate davanti all’Hôtel de Ville di Parigi. La nostra collaborazione è appena cominciata. Durerà più di quarant’anni e darà luogo ad altri cinque grandi racconti storici.
1969. Ho trentotto anni. Mi trovo a Tel Aviv, dove ho condotto delle ricerche per la redazione del nostro terzo libro a quattro mani, Gerusalemme, Gerusalemme!. Sono ricevuto da Moshe Dayan (al centro), uno dei principali artefici della vittoria ebraica del 1948, e da Ehud Avriel (a sinistra), l’ebreo che ha acquistato in segreto in Cecoslovacchia le armi che hanno salvato il giovane Stato dall’annientamento. Entrambi saranno personaggi cardine del grande affresco storico sulla nascita dello Stato di Israele.
1971. Ho quarant’anni. Offro a David Ben Gurion il primo esemplare di Gerusalemme, Gerusalemme!, il testo che Larry Collins e io abbiamo appena consacrato alla nascita dello Stato di Israele e agli albori del conflitto israelo-palestinese. Abbiamo intervistato a lungo Ben Gurion nel suo kibbutz del Negev durante la nostra inchiesta. Ci ha perfino aperto i diari da lui redatti durante le tragiche ore in cui il giovane Stato ebraico aveva rischiato di scomparire.
1971. A Gerusalemme, è a Golda Meir, Primo ministro di Israele, e a Teddy Kollek, sindaco di Gerusalemme (in secondo piano alla sua destra), che mi rivolgo per ricordare loro le tappe della formidabile inchiesta che abbiamo condotto per scrivere Gerusalemme, Gerusalemme!. Nel 1948, Golda Meir ha attraversato gli Stati Uniti per raccogliere i milioni di dollari di cui lo Stato ebraico ha bisogno per acquistare gli armamenti necessari alla propria sopravvivenza.
1972. Ho quarantun anni. A bordo di una vecchia Rolls-Royce Silver Cloud del 1959, scovata a Londra e spedita per nave a Bombay, ho percorso l’India con Larry Collins per realizzare l’inchiesta del nostro nuovo libro Stanotte la libertà. Mentre attraversiamo senza esitazione deserti, centinaia di villaggi e città dell’ex Impero britannico delle Indie, ci sentiamo orgogliosi di essere gli eroi di una nuova generazione dell’epopea che si è conclusa nel 1947 con l’indipendenza dell’India e del Pakistan.
1973. Un anno dopo, il bagagliaio della vecchia Rolls-Royce è pieno del favoloso f...