Parte seconda
IL FUTURO
dp n="108" folio="100" ? dp n="109" folio="101" ?
6
Gli strumenti della trasformazione
Le stampanti 3D realizzeranno il sogno dell’alchimista: fabbricare qualunque cosa
“Tè Earl Grey. Caldissimo”.
Quando il capitano Jean-Luc Picard vuole una bevanda calda nella sua cabina, a bordo della nave stellare Enterprise, deve solo pronunciare queste parole. Poi il “replicatore” assembla gli atomi necessari – inclusi quelli della tazza – e produce la bevanda, pronta da bere. Per Picard è un fatto automatico, come per noi usare un forno a microonde. Così come utilizziamo le onde radio per stimolare gli atomi e generare calore nelle nostre cucine (un processo che negli anni Cinquanta sarebbe apparso quasi magico), il suo replicatore impiega una misteriosa tecnologia energetica – che non viene mai precisata in Star Trek: The Next Generation – per spingere gli atomi ad autoassemblarsi in cibi e bevande.
È fantascienza, ma in effetti non è impossibile. Quando vedete all’opera una stampante 3D industriale di oggi, con un po’ di fantasia potete intravedere l’inizio di un processo analogo. Un bagno di resina liquida inerte forma un brodo primordiale. Un laser inizia a tracciarvi delle figure, muovendosi a velocità supersonica. Si creano delle forme che emergono dal bagno di resina, evocate dal nulla come per magia.
dp n="110" folio="102" ? Okay, torniamo alla realtà: siamo ancora lontanissimi dall’autoassemblaggio molecolare, perlomeno a livello di applicazione pratica. Oggi la stampante 3D può lavorare su un solo materiale alla volta, e se volete combinare più materiali dovete avere diverse testine o passare dall’una all’altra, come avviene con le cartucce della vostra stampante a getto d’inchiostro. Possiamo lavorare solo con una risoluzione di circa 50 micrometri (lo spessore di un capello sottile), mentre la natura opera su una scala molto più ridotta, nell’ordine di poche decine di nanometri. E nel sistema di funzionamento della stampante 3D non c’è la benché minima forma di autoassemblaggio: la macchina dà forma direttamente al materiale, con la forza bruta di un laser che solidifica una resina in polvere o liquida, o fonde la plastica e la riduce a una linea sottile.
Ma penso di avervi dato l’idea. Possiamo immaginare un oggetto, disegnarlo al computer, e una macchina può realizzarlo. Possiamo premere un bottone e (alla fine) apparirà un manufatto. Come spiegava Arthur C. Clarke, “qualunque tecnologia sufficientemente avanzata è indistinguibile dalla magia”. Qui ci siamo molto vicini.
Forse penserete che la stampa 3D sia ancora una tecnologia di super-avanguardia, appannaggio esclusivo dei più grandi studi di progettazione e dei geek, ma probabilmente avrete già incontrato una stampante tridimensionale, con modalità così banali che non ve ne siete neppure accorti.
Pensate per esempio agli apparecchi ortodontici di ultima generazione, quelli che modificano l’allineamento dei denti nell’arco di mesi con una serie di intelaiature rigide, ognuna delle quali sposta impercettibilmente i denti in una nuova posizione. In questo tipo di cura, il dentista scannerizza la posizione attuale dei vostri denti; poi il software modellizza matematicamente tutte le posizioni intermedie che portano all’allineamento finale desiderato. Infine, quelle posizioni vengono stampate in 3D nella plastica, creando una serie di “gabbie” che indossate, ognuna per due o tre settimane, finché i vostri denti non assumono la nuova posizione.
Lo stesso procedimento viene impiegato per realizzare i prototipi di quasi tutti gli oggetti che avete acquistato e quasi tutti i modelli architettonici dei nuovi edifici che vi circondano. Le protesi su misura vengono stampate in 3D. Se siete così fortunati da avere un dentista che è in grado di sostituire una corona in una sola seduta, probabilmente viene stampata in 3D (e poi smaltata) nel suo laboratorio. Alcuni medici sono riusciti a sostituire un’intera mandibola umana con una protesi stampata nel titanio.
Oggi potete acquistare una stampa tridimensionale del personaggio con cui partecipate a World of Warcraft o dell’avatar che usate su Xbox Live. E se andate a Tokyo, potete farvi scannerizzare la testa e acquistare una riproduzione tridimensionale realistica di voi stessi (cercate di non venire troppo storpiati).
Lo stampaggio commerciale in 3D si effettua solo con poche decine di materiali, in prevalenza metalli e plastiche di vari tipi, ma si comincia a lavorare anche su altri. I ricercatori stanno effettuando esperimenti con materiali più esotici, dalla polpa di legno ai nanotubi di carbonio, che danno già un’idea della portata di questa tecnologia. Alcune stampanti tridimensionali possono stampare circuiti elettrici, realizzando dispositivi elettronici complessi partendo da uno schizzo. Altre ancora stampano la glassa sui pasticcini ed estrudono altri alimenti liquidi, tra cui il cioccolato fuso.
Nell’edilizia, esistono già stampanti 3D che sono in grado di costruire un edificio a più piani “stampando” il calcestruzzo. In questo momento serve una stampante delle dimensioni di un palazzo, ma un giorno la si potrebbe incorporare nella betoniera, con un’interfaccia che utilizza la percezione del posizionamento per stabilire dove mettere il calcestruzzo, e in che quantitativo, leggendo e attuando direttamente i piani CAD dell’architetto.
dp n="112" folio="104" ? QUATTRO “FABBRICHE DESKTOP”
1) Stampante 3D: una stampante 3D e la stampante tradizionale che avete quasi certamente sulla scrivania ricoprono un ruolo analogo. La stampante tradizionale laser (o inkjet) è a due dimensioni: prende dei micropunti che appaiono su uno schermo e li trasforma in punti di inchiostro o di toner su un medium bidimensionale, quasi sempre la carta. La stampante 3D, invece, preleva dallo schermo delle “figure solide” (oggetti tridimensionali che vengono creati con gli stessi strumenti utilizzati dalle case cinematografiche per realizzare i film di animazione) e li converte in oggetti che potete afferrare e usare. Alcune stampanti 3D estrudono la plastica fusa in strati sovrapposti per realizzare questi oggetti, mentre altre usano un laser per solidificare strati di resina liquida o in polvere, in modo che il prodotto emerga da un bagno della materia prima. Altre ancora sono in grado di fabbricare oggetti con qualunque materiale, dal vetro all’acciaio e dal bronzo all’oro, al titanio e persino alla glassa per torte. Potete stampare un flauto o un pasto. Potete stampare addirittura organi umani da cellule viventi, spruzzando un liquido contenente cellule staminali in sospensione su una matrice di supporto, proprio come la vostra stampante inkjet spruzza l’inchiostro sulla carta.
2) Macchina a controllo numerico (computer numerical control, CNC): mentre la stampante 3D usa una tecnologia “additiva” per fabbricare gli oggetti (nel senso che li costruisce strato per strato), una fresatrice o una molitrice a controllo numerico è in grado di prendere lo stesso file e di costruire prodotti simili con una tecnologia “sottrattiva”, un termine curioso per dire che utilizza una punta di trapano per ricavare un prodotto da un blocco di plastica, di legno o di metallo. Ci sono tantissime altre macchine CNC per usi specialistici, tra cui, per fare un esempio: trapuntatrici e ricamatrici, tagliatrici di elementi in vinile (per la serigrafia), e tagliatrici di carta e tessuto per artigiani. Alcune di queste macchine hanno le dimensioni di un grosso tavolo e sono progettate per ricavare mobili dal legno (le CNC industriali possono occupare un intero capannone e sono in grado di ritagliare oggetti delle dimensioni di una fusoliera d’aereo).
3) Laser cutter: uno dei più popolari tra i nuovi strumenti desktop è il laser cutter, un apparecchio sostanzialmente bidimensionale. Impiega un potente laser per tagliare una forma precisa, anche di elevata complessità, in fogli di qualunque materiale dalla plastica al legno e al metallo sottile. Molti programmi CAD possono suddividere un oggetto tridimensionale in parti bidimensionali, in modo che si possano fabbricare con un laser cutter e poi inserire facilmente una nell’altra come si fa con i dinosauri di legno da montare.
4) Scanner 3D: questo apparecchio, che può essere piccolo come una cassetta del pane, vi consente di “catturare la realtà”. Anziché dover progettare un oggetto partendo da zero, potete mettere nello scanner un oggetto già esistente. Poi la macchina usa dei laser o altre fonti luminose e una fotocamera per riprendere l’oggetto da tutte le parti, dopodiché lo trasforma in un’immagine tridimensionale composta da decine, centinaia o migliaia di poligoni, proprio come il personaggio di un videogame o lo sfondo di un film di animazione. Il software può semplificarla e consentirvi la modifica di qualsiasi parte vogliate. Di solito il primo esperimento consiste nello scannerizzare la vostra testa, poi esagerare i vostri lineamenti e stampare in 3D una caricatura di voi stessi.
dp n="114" folio="106" ? Nel frattempo, i ricercatori stanno lavorando con la stessa alacrità nella direzione opposta, per portare la stampa 3D a livello molecolare. Oggi ci sono “biostampanti” che proiettano uno strato di cellule del paziente su un’“impalcatura”, stampata in 3D, di materiale inerte. Una volta posizionate, le cellule possono crescere dando vita a un organo completo: in laboratorio si sono già ottenuti vesciche e reni. Utilizzando delle cellule staminali, il tessuto forma dei vasi sanguigni e una struttura interna.
Ci sono grandi attese intorno alla stampa tridimensionale. Carl Bass, CEO di Autodesk, una delle aziende leader nella produzione di software per il CAD in 3D, vede nell’ascesa della fabbricazione guidata dal computer un cambiamento paragonabile alla nascita della grande industria. Oltre a poter modificare il sistema di produzione dei beni di consumo tradizionali, la stampa in 3D può operare anche su scala micro come nella biologia, e su scala macro come nell’edilizia residenziale e infrastrutturale.
In un articolo pubblicato dal Washington Post, Bass ha messo in luce la peculiarità di questo nuovo approccio alla produzione:
La capacità di fabbricare un numero limitato di articoli di alta qualità e di venderli a prezzi ragionevoli sta sconvolgendo le logiche economiche. Ci potete già vedere il futuro della manifattura americana.
In un processo computerizzato come la stampa tridimensionale, la complessità e la qualità sono a costo zero … Una stampante tradizionale su carta può stampare con la stessa facilità un cerchio o una copia della Gioconda. La stessa regola vale per una stampante 3D1.
In termini di progettazione, è un fenomeno rivoluzionario. Il progettista non deve più preoccuparsi del processo produttivo, e neppure conoscerlo, perché le macchine controllate dal computer ci pensano da sole. Lo stesso modello si può realizzare in metallo, plastica, cartoncino o glassa per dolci. (Anche se non sarebbe particolarmente utile in tutti questi materiali). “Possiamo separare la progettazione di un prodotto dalla sua realizzazione per la prima volta nella storia, perché tutte le informazioni necessarie per stamparlo sono incorporate nel progetto”, ha osservato Bass.
Inoltre, con la proliferazione delle stampanti 3D e l’estensione del loro utilizzo alla produzione su misura e su scala limitata, queste macchine possono mettere a disposizione un modo più sostenibile di fabbricare le cose. Non ci sono praticamente costi di trasporto, perché il prodotto viene realizzato localmente. Gli sprechi sono ridotti al minimo, perché si usa solo la quantità di materia prima strettamente necessaria. E siccome il prodotto è fatto su misura esclusivamente per voi, lo apprezzerete maggiormente e lo conserverete più a lungo. I prodotti personalizzati si buttano via con minor frequenza, per il semplice fatto che si tengono più da conto.
Rich Karlgaard, publisher della rivista Forbes, pensa che la stampa 3D “potrebbe essere la tecnologia trasformativa del decennio 2015-2025”. Scrive:
È potenzialmente in grado di ricreare il sistema industriale, dalla produzione su vasta scala a un modello artigiano di piccoli studi di progettazione dotati di stampanti in 3D. In altre parole, la fabbricazione dei prodotti fisici potrebbe trasformarsi da un’attività ad alta intensità di capitale in qualcosa di più simile all’arte e al software. Ciò dovrebbe favorire l’approccio americano alla creatività2.
Ricordatevi, però, anche di quello che la stampa 3D e le altre tecniche digitali di produzione non possono fare. Non offrono economie di scala. A livello di costi unitari, fabbricare 1.000 pezzi non costa meno che fabbricarne uno solo. Offrono semmai il vantaggio esattamente opposto: non c’è nessuna penalizzazione finanziaria nel modificare ogni singola unità o nel fabbricare lotti piccolissimi.
È l’inverso della produzione di massa, che favorisce la ripetizione e la standardizzazione. La stampa tridimensionale favorisce invece l’individualizzazione e la customizzazione. Il grande beneficio apportato dall’era del digital manufacturing è che adesso possiamo scegliere tra le due cose senza dover tornare alla costosissima lavorazione artigianale: con i metodi automatizzati, si possono avere sia la produzione di massa sia la customizzazione.
Se volete fabbricare un milione di paperette di gomma, non c’è nulla che possa battere lo stampaggio a iniezione. La prima potrebbe costarvi 10.000 dollari per l’attrezzaggio della macchina, ma ogni pezzo fabbricato in più viene ad ammortizzare il costo iniziale. Quando ne avrete fabbricate un milione, vi costeranno pochi centesimi, per la sola materia prima. Fate lo stesso lavoro su una stampante 3D, e la prima paperetta potrebbe costarvi appena 20 dollari tra tempo e materiali: un risparmio colossale. Ma purtroppo vi costerà 20 dollari anche la milionesima, non ci sono sconti legati ai volumi.
Aggiungete l’ammortamento della macchina che occorre per stampare in 3D le paperette una alla volta (un processo che potrebbe portare via un’ora), anziché stamparle a iniezione in lotti di almeno una dozzina di pezzi a meno di un minuto per lotto, e il quantitativo di pezzi in cui diventa più conveniente optare per lo stampaggio a iniezione corrisponde a poche centinaia di unità. Per piccoli lotti, il sistema digitale vince, ma per i grandi lotti il vecchio sistema analogico è ancora il migliore (vedi figura a fianco).
Pensate, però, a quanti prodotti si possono fabbricare più razionalmente in lotti da centinaia di pezzi, anziché di milioni. Per questa coda lunga delle cose, l’unica opzione disponibile fino ad alcuni decenni fa era la lavorazione artigianale, ma oggi i produttori digitali possono introdurre anche nei lotti minimi processi automatizzati e una qualità pressoché perfetta. Tutti quei prodotti di nicchia, che non erano sul mercato perché non conveniva produrli in lotti industriali o erano assurdamente cari perché si dovevano fabbricare a mano, sono ormai a portata di mano.
DUE METODI PER FABBRICARE UNA PAPERETTA
La fabbricazione digitale inverte la logica economica della manifattura tradizionale. Nella produzione di massa, quasi tutti i costi vanno a coprire l’attrezzaggio iniziale della macchina, e più complicato è il prodotto, e più cambiamenti vi si apportano, più costa. Con la fabbricazione digitale, invece, è esattamente il contrario; le cose che costano care nella produzione tradizionale diventano gratuite:
- la varietà è gratuita: differenziare ogni singolo prodotto non costa di più che fabbricarli tutti uguali;
- la complessità è gratuita: un prodotto estremamente complesso, con tanti piccoli dettagli complicati, si può stampare in 3D allo stesso, bassissimo costo, di un semplice blocco di plastica. Il computer non ha problemi a svolgere tutti quei calcoli;
- la flessibilità è gratuita: modificare un prodotto dopo l’avvio della produzione significa solo cambiare il programma di istruzione. La macchina rimane tale e quale.
dp n="118" folio="110" ? Non dovete ricorrere alla stampa tridimensionale per vedere questo fenomeno in atto. Lo vediamo con una categoria limitata e familiare di “piattaforme standardizzate” per la customizzazione: magliette e altri semplici capi di abbigliamento, tazzone da caffè, adesivi ecc. Aziende come Threadless, CafePress e altre hanno sviluppato un grandissimo business dalla stampa customizzata di questi prodotti. Qui la tecnologia facilitante non è la stampa in 3D, ma solo la stampa bidimensionale su forme e materiali complessi; l’effetto, tuttavia, è il medesimo: un ricco mercato per prodotti che non potrebbero mai funzionare in un mercato dai grandi volumi.
I tipici ordini ricevuti da Threadless e CafePress sono nell’ordine di una dozzina di pezzi: non uno solo, ma neanche 1.000. Ma a livello collettivo, questa coda lunga può aggregare volumi rilevanti. CafePress ha più di due milioni di clienti. Nel 2011 ha fatturato 175 milioni di dollari. È quotata in borsa, e nel momento in cui scrivo vale un quarto di miliardo di dollari3. Niente male per delle magliette e delle tazzone stampate su ordinazione.
FACILE COME DIRE X, Y E Z
Torniamo alla stampante 3D, questa macchina miracolosa che ha infiammato così tanto l’immaginazione dei futuristi e degli operatori di macchine utensili. Come funziona?
In buona sostanza, una stampante tridimensionale non è altro che una macchina a controllo numerico che opera su tre assi. Due motori controllati dal computer spostano una testina da destra a sinistra e avanti e indietro (gli assi x e y), mentre un terzo motore sposta verso l’alto o verso il basso (sull’...