PARTE II
Conosci te stesso
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Chi sono?
LA VOCE NELLA TESTA
Hai mai fatto caso che in ogni attimo della tua vita hai una voce nella testa che commenta, giudica, rumina? Prova ad ascoltare questa voce e a farne esperienza adesso. Se in questo momento stai dicendo a te stesso “Ma di che voce parla? Io non ho nessuna vocina nella testa”, questa è esattamente la voce di cui ti sto parlando.
Che cosa posso scrivere adesso? Potresti trovare un esempio tuo, per esempio puoi raccontare quando ti svegli la mattina presto con la voce che ti passa in rassegna tutte le cose che devi fare durante il giorno. Bella sciocchezza, non è un esempio interessante.
Questo è il dialogo della voce che è attiva in questo preciso istante nella mia mente. Riesci ad ascoltare la tua voce? Se ci fai caso, è sempre attiva. Salta di palo in frasca e alle volte è anche divertente. Ma la maggior parte delle volte dice cose inutili.
Ho dimenticato di comprare i croccantini per il gatto, magari riesco ad avvicinare quel gatto nero che ho visto passare per il giardino qualche giorno fa. Quello che somiglia a Fiocco, scomparso da due anni. Magari questo è un po’ più grassottello di Fiocco. E la mozzarella scaduta nel frigorifero? Quando ti decidi a buttarla?
Molto spesso la voce inizia a fare congetture e ipotesi sul futuro che sono completamente false e basate su nessun dato oggettivo. Immagina una giornata di sole, una bella domenica di settembre, mentre sei in attesa del tuo fidanzato. Avete un appuntamento alle 10 per andare a fare una passeggiata al lago e già immagini il sole che vi scalda mentre camminate abbracciati e ascoltate lo sciabordio dell’acqua sulla riva. Passano le 10 senza che lui arrivi. Tu lo chiami e non risponde al cellulare.
Aveva detto le 10 o le 11? No, sono sicura aveva detto le 10. Che strano, lui è un tipo che avvisa se è in ritardo. Forse è impegnato al telefono di casa e non può chiamarmi. Chi è così importante dal trattenerlo al telefono quando dovrebbe essere qui? Magari è quella vipera della ex ragazza, lo sento che è ancora interessata a lui. Ce la ritroviamo davanti ovunque andiamo. Tutte quelle volte che lui risponde al telefono e parla in modo sibillino… ma certo che sarà lei. Quando arriva gliene dico quattro. Mi ha presa per una stupida?
E puntualmente quando il “lui” arriva scusandosi per il ritardo perché non trovava parcheggio, noi siamo cariche di energia esplosiva che detona nella sua più totale incredulità. E siamo capaci di rovinare la nostra giornata con discussioni senza senso che alimentiamo con l’eccesso di energia emotiva che è montata dentro di noi a causa della voce. Che cosa penseresti se un consulente di coppia ti suggerisse quello che ti ha suggerito la voce, di dirgliene quattro? Lo assumeresti? No, vero? Invece sei disposto a seguire i suggerimenti completamente sballati della tua voce senza metterli in discussione. A volte, certo, può facilitare la tua vita, ma quando ci sono le emozioni di mezzo, allora è capace di creare un bel disastro.
Prova a impiegare del tempo a notare questa voce. La voce parla in continuazione. A volte è così rumorosa che non ti fa dormire la sera o ti sveglia nel mezzo della notte e non ti fa più riaddormentare. È capace di affermare con forza una cosa e un momento dopo sostenere l’esatto contrario. Un mio coachee ha nominato la sua voce “la ribollita”, una simpatica similitudine con la zuppa toscana, che bolle per ore. Non ti fa irritare tremendamente? Non le diresti: “Ora basta, finiscila e fammi riposare”? Naturalmente non è così che puoi mandarla via, la voce è molto resistente.
Per quale ragione questa voce parla incessantemente? Ci sono diversi motivi che la attivano. Uno di essi è uno stato di squilibrio interiore, dovuto a un accumulo di emozioni di rabbia, paura, ansietà, gelosia, insicurezza, preoccupazione. L’energia che queste emozioni pompano nel corpo viene liberata attraverso l’attività della voce. A volte, la voce parla perché ricorda ciò che ti è stato detto nei primi anni della tua vita riguardo a ciò che avresti dovuto fare o meno per meritare amore e attenzione. “Devi mettere in ordine la scrivania” oppure “Non dovresti andare in giro senza coprirti bene”. Nella tua infanzia tutti questi consigli, giudizi o rimproveri sono stati un condizionamento potente. All’epoca, come vedremo più avanti, il tuo cervello non aveva ancora la capacità di considerare e discernere se ciò che ti veniva detto era rilevante e vero. Ogni giudizio o rimprovero o richiesta veniva acquisito come assoluta verità. Ancora oggi, in determinate circostanze, la voce ti ricorda quello che devi fare e non fare perché crede di farti evitare punizioni o conquistare amore e attenzione.
In altri momenti della tua vita, però, la voce ti racconta le esperienze che stai vivendo, facendoti prestare attenzione ad alcune cose invece che ad altre. Cammini per il viale e vedi alberi, aiuole, negozi sul lato della strada, un cane che passa e la voce dice: “Che verdi questi alberi, sembrano quelli dei boschi in primavera. Certo che permettere ai negozi di mettere insegne tanto brutte in un paesaggio così bucolico rovina tutto. Il comune dovrebbe avere un potere di veto su vetrine e insegne orrende”.
Questa attività sembra particolarmente inutile perché tu stai già vivendo quelle esperienze e non hai bisogno di qualcuno che ti racconti che cosa stai vedendo. In realtà, la voce rende le cose che vedi e che provi più facili e controllabili. Mentre racconta il mondo attorno a te, le esperienze che vivi vengono portate nel dominio dei tuoi pensieri e vengono mischiate a tutti gli altri flussi di pensiero che hai generato nella vita, inclusi i pensieri che sono alla base dei tuoi valori. Questo mix altera profondamente l’esperienza della realtà. È qui che iniziamo a mescolare i fatti accaduti con i nostri giudizi e le nostre interpretazioni, creando un modello tutto personale di significazione.
Ciò che è al di fuori del tuo corpo ha un suo set di regole e variabili che sono fuori del tuo controllo. Quando pensi, invece, puoi immaginare qualsiasi cosa ed esercitare una manipolazione dei tuoi pensieri. I due flussi di informazione (la percezione e la narrazione della percezione) viaggiano di pari passo, in una mescolanza che influenza la costruzione mentale del mondo. Quello che catturi di ciò che è fuori da te passa attraverso un “filtro” (formato da passate esperienze, strategie apprese per la gestione di tali esperienze, paradigmi derivati dalla cultura, dalla famiglia, dal contesto in cui sei cresciuto ecc.) e ciò che arriva alla tua coscienza è il tuo modello mentale della realtà, ma non la realtà. La mente fa un ottimo lavoro in questo senso. Gestisce le tue esperienze attuali allineandole con quelle passate e le aspettative per il futuro, dandoti una sensazione di maggior controllo. Lo scopo di tutto ciò è provare un senso di dominio sugli eventi; infatti puoi manipolare e controllare i tuoi pensieri anche se non puoi manipolare o controllare la realtà. Il prezzo di questo processo è vivere nella mente, invece di essere pienamente presenti a ciò che accade.
VIAGGIO AL CENTRO DELLA COSCIENZA
Quando parlo di trasformazione personale, molti sono assaliti dal timore di perdere se stessi, o almeno la persona che credono di essere. Essi si identificano con il loro status, la loro professione, i loro bisogni, le loro emozioni, i loro comportamenti, la loro personalità. L’idea di trasformare uno di questi elementi fa loro paura. “Non sarei più io” dicono. Riflettere su “chi sono io”, allora, può aiutare a cambiare prospettiva e a superare la paura della trasformazione.
Comincia a chiederti: “Chi sono io?”. Pondera questa domanda. Quale sarebbe il risultato delle tue riflessioni?
Non sei il tuo nome. Il nome è un’etichetta che convenzionalmente ci diamo per distinguerci uno dall’altro. Non sei neanche la tua professione perché vorrebbe dire che in altri momenti della tua vita – quando eri studente, se cambierai lavoro o quando sarai pensionato – non sei più tu, ti pare?
Il dramma di molti manager e imprenditori oggi è proprio quello di identificarsi talmente con la propria professione e con lo status che questa riflette da non riuscire a ritrovare un’identità nel momento in cui perdono il lavoro o i privilegi di una certa posizione. Ho lavorato con molti top manager e amministratori delegati che non riuscivano a fare quei cambiamenti di vita che avrebbero veramente desiderato perché non riuscivano a riconoscersi in un altro ruolo o con entrate minori. Come se ciò che sei e che vali si potesse basare su un’altra etichetta, quella della professione. Molti si costruiscono una gabbia – spesso anche dorata – nella quale perpetuano ad infinitum una storia di sé che non porta loro soddisfazione o gioia, come fanno supporre alcune malattie che sviluppano legate alla pressione, al cuore e alla circolazione o all’apparato digestivo. La tua identità, comunque, non è l’attività o la professione che svolgi in questo particolare momento.
Forse cominci a capire quanto possa essere profonda una riflessione su chi sei.
Non sei neanche il corpo riflesso allo specchio perché il corpo e il viso che vedi sono completamente diversi nei differenti momenti della tua vita. Chi è che vent’anni fa vedevi nello specchio e chi è che vedi oggi? Esatto, sei sempre tu colui che guarda, in una continuità dell’essere. Sei tu che guardi e fai esperienza degli oggetti al di fuori di te. Guardi e fai esperienza anche degli oggetti dentro di te, se possiamo chiamare oggetti i pensieri e le emozioni che provi. In questo caso, essendo tu il soggetto, non puoi essere l’oggetto, non sei nessuno degli oggetti che sono fuori o dentro di te e che reclamano la tua attenzione costantemente.
Che liberazione realizzare che la “voce nella testa” non rappresenta chi sono. Allora chi sono? Quello che vede tutto ciò.
Eckhart Tolle
Quindi non sei la tua professione, la tua tessera del circolo sportivo o il ruolo di marito o genitore che svolgi. E non sei le tue emozioni, così come non sei i tuoi pensieri e non sei la tua voce nella testa. Tutti gli oggetti interni ed esterni vanno e vengono e sono solo entità di cui sei consapevole. Ma chi sei? Chi è colui che ha queste esperienze ed è consapevole degli oggetti?
Se continui a riflettere sulla domanda noterai che hai una particolare qualità. La tua qualità è la coscienza, la consapevolezza di esistere. E tu esisti con o senza determinati pensieri, con o senza certii ricordi, con o senza “etichette”. Ci sono malattie che ci privano di alcune parti del nostro corpo e anche senza l’uso di braccia e gambe c’è la consapevolezza di esistere. Ci sono alcuni traumi cerebrali che non permettono di ricordare il nostro passato e anche in questo caso c’è la consapevolezza di esistere. La coscienza è pura consapevolezza.
Torna a notare la voce nella tua testa. Non preoccuparti di ciò che dice o di come lo fa, semplicemente notala. Ascoltala parlare. Qualsiasi cosa possa dire, è sempre una voce dentro la tua testa. Tu sei colui che ascolta e che nota. La vocina non sei tu, per la semplice ragione che tu sei colui che la sta ascoltando. Se ascolti qualcosa, quel qualcosa non sei tu. Così come se vedi qualcosa, quel qualcosa non sei tu. Tu sei l’osservatore. La realizzazione che non sei la voce della mente, ma semplicemente colui che ascolta, è spesso il primo passo verso la trasformazione personale.
La trasformazione personale inizia con il riconoscere quelle parti di noi che hanno paura e hanno bisogno di essere protette. Uno dei modi per farlo è quello di continuare a ricordare che tu sei quello che ascolta la voce parlare, ma non sei la voce. Poi, di approfondire la comprensione di questo “osservatore” e imparare ad accedere a questo stato sempre più spesso.
Ogni volta che abbiamo un problema cerchiamo di risolverlo cambiando ciò che è fuori di noi, e raramente questo funziona. Prima o poi torniamo a incontrare lo stesso problema, come se fossimo in una specie di ruota della fortuna che ripete sempre lo stesso percorso. La soluzione sta nell’individuare quale parte di te vive l’esperienza come un problema. Per fare questo devi creare una relazione soggetto-oggetto, durante la quale entri nella tua posizione di osservatore. Fare questo ti evita di essere parte del problema: sei solo colui che osserva, che è testimone di qualcosa. L’oggetto è quello che vedi accadere. Questo esercizio ti consente di non perderti, di non farti risucchiare dai problemi. E ti allena a guardare den...