Il segreto dello speziale
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Il segreto dello speziale

  1. 612 pagine
  2. Italian
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  4. Disponibile su iOS e Android
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Il segreto dello speziale

Informazioni su questo libro

Parigi, anno del Signore 1313. In una rigida mattina d'inverno, Andreas Saint-Loup, speziale noto in tutta la città per la vasta sapienza e l'efficacia dei suoi rimedi, si ferma impietrito sulle scale che dai suoi alloggi portano alla bottega: a pochi passi da lui, dietro una vecchia porta mai notata prima, c'è una stanza della quale Saint-Loup aveva fino a quel momento ignorato l'esistenza. Vuota e in perfetto ordine, sembra alludere a una presenza remota, familiare e oscura al tempo stesso. Possibile che un tempo, tanti anni prima, abbia alloggiato lì qualcuno di molto vicino allo speziale, qualcuno di cui adesso non resta neppure il ricordo? Sulle tracce di un enigma tanto più sconcertante per un uomo da sempre votato alla scienza e al raziocinio, Saint-Loup si mette in viaggio. In compagnia del suo apprendista e di una occitana dagli occhi di smeraldo – e con in tasca il diacodio in cui è solito affogare le pene di una mente tormentata e febbrile – attraverserà la Francia e la Galizia, arriverà a Compostela e poi al Monte Sinai, prima di trovare risposta all'arcano che l'assilla. E di imbattersi nel Libro che è nulla, un testo antichissimo e pericoloso capace di svelare il mistero filosofico più grande che ci sia.

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Informazioni

Editore
RIZZOLI
Anno
2013
Print ISBN
9788817059244
eBook ISBN
9788858640661

LIBRO III

In cui il lettore troverà finalmente le risposte ai numerosi misteri che gli sono stati presentati, ma in cui scoprirà anche che il senso di questa storia forse non è quello che appare.

101

«Arrivano!» esclamò uno dei due carcerieri che aveva l’orecchio incollato alla porta.
Humbert gli fece cenno di nascondersi.
Dopo aver visto lo Speziale e il suo apprendista uscire dalla locanda, il Grande Inquisitore di Francia vi era entrato a sua volta per prendere una camera e poi si era intrufolato in quella dei fuggiaschi per aspettare il loro rientro e sbarazzarsi finalmente di loro, con il favore della notte e lontano da sguardi indiscreti.
Nella stanza avevano ritrovato con una certa soddisfazione parte delle cose che Saint-Loup e il ragazzo avevano rubato loro, oltre al cavallo. Ora che si sentiva sicuro di vincere, Humbert cominciava a provare un gran gusto a quella specie di «guardie e ladri».
I passi nel corridoio si avvicinarono. Fuori, il sole stava tramontando e una dolce penombra avvolgeva Bayonne. L’inquisitore, in fondo alla stanza, guardò i suoi uomini che sguainavano la spada, pronti a colpire, e ripensò all’umiliazione subita quando il giovane Robin Meissonnier si era misteriosamente volatilizzato dalla commenda di Saint-Marc. Pregustando la vendetta, Humbert fece un ghigno sardonico.
La porta si aprì lentamente, e da allora tutto si svolse in un baleno. Due figure entrarono nella stanza, e subito i due carcerieri piombarono loro addosso.
Ma invece di uno speziale e di un ragazzo disarmati, gli aggressori, sbalorditi, si trovarono davanti due strani individui che non solo impugnavano la spada, ma sapevano usarla benissimo. Ciò che colpiva in quei due era la loro inquietante somiglianza: identici gli abiti neri dalla foggia bizzarra, identici i capelli, biondi e riccioluti, identico il modo di battersi, rapidissimo e preciso. Sembravano due creature infernali, due angeli maledetti.
In sole tre mosse, ciascuno disarmò il proprio avversario e lo trafisse da parte a parte, sotto lo sguardo atterrito del Grande Inquisitore di Francia che certo non si aspettava lo scatenarsi di tanta violenza.
I cadaveri dei due carcerieri crollarono quasi simultaneamente in una pozza di sangue.
«Ma che bella accoglienza!» esclamò in tono divertito il più alto dei due, pulendo la lama sulla coperta del letto. Poi, scuotendo la testa, si diresse a passi misurati verso il vescovo con un sorrisetto incuriosito. «Per tutti i diavoli dell’inferno, la vostra faccia mi dice qualcosa.»
Humbert, più bianco di un cencio lavato, lo guardava con gli occhi sbarrati e la bocca aperta.
«Che ne dite, fratello? Non vi ricorda qualcuno questa faccia aguzza di donnola, con la sua bella barba?» continuò l’uomo, che ora si era fatto così vicino all’inquisitore da poterlo toccare.
«Ma sì, certo!» rispose l’altro, che era rimasto davanti alla porta e sembrava altrettanto divertito. «Non porta né l’abito da vescovo, né la croce sul petto, ma il cielo mi fulmini se non è monsignor Guillaume Humbert in persona!»
«Come no! È lui! Il Grande Inquisitore di Francia! Ah! Eccellenza, avete davanti a voi due dei vostri più ferventi ammiratori! Ma sì, ve l’assicuro! Voi penserete che stia scherzando, ma vi giuro che noi due siamo tra i vostri più fedeli discepoli! Siete per noi una fonte inesauribile di ispirazione! Un modello! Una guida! Tuttavia… Permettetemi di esprimere il nostro disappunto per la poco calorosa accoglienza che ci hanno riservato i vostri amici!»
«Io… Vogliate perdonare…» balbettò Humbert, che di colpo aveva perduto tutta l’arroganza e la superbia. «Noi… Stavamo aspettando qualcun altro…»
«Ah!» esclamò quello più alto alzando una mano per esprimere sollievo. «Allora si è trattato di uno sbaglio! Meno male, questo mi rassicura! E posso chiedere a Vostra Eccellenza chi erano i fortunati?»
Humbert, che sentiva tutto il sarcasmo contenuto nelle frasi cerimoniose del suo interlocutore, si asciugò una goccia di sudore sulla tempia. Nessuno meglio di lui, che tante volte aveva inflitto indicibili martiri, poteva riconoscere la minaccia insita in quelle parole, e anche se non è molto nobile gioire della sventura di un uomo, è impossibile non notare quanto a volte il destino si diverta a giocare gli esseri umani: ora Humbert, da feroce torturatore, stava per prendere il posto della vittima.
«Allora… Monsignore, volete dirci chi stavate aspettando?»
«Un uomo» disse in un soffio l’inquisitore. «Uno speziale… che deve essere sottoposto alla tortura per ordine del re.»
«Veramente? Uno speziale? Ma che coincidenza!» esclamò il cavaliere rivolgendosi al suo compagno. «E se stessimo cercando lo stesso uomo? Del resto, visto che ci troviamo tutti in questa stanza, potrebbe anche essere così. Ma per maggiore sicurezza, ditemi, come si chiama il vostro speziale?»
«Andreas Saint-Loup» si affrettò a rispondere Humbert «e se lo state inseguendo, deduco che anche voi siete dalla nostra parte.»
«Spiacente, mio caro amico… Mio fratello e io non siamo dalla parte di nessuno, quaggiù.»
«Ma allora, cosa volete da Saint-Loup?»
«Vogliate scusarmi, monsignore, ma credo spetti a me fare le domande. Avete già dimenticato chi di noi tre ha la spada in mano?»
L’inquisitore, che per un attimo si era rilassato, si irrigidì di nuovo. Era con le spalle al muro.
«Quindi ora chiedo a Vostra Eccellenza: perché volete sottoporre quest’uomo alla tortura?»
«Andreas Saint-Loup si è reso colpevole di eresia, e forse anche dell’assassinio del cancelliere Guillaume de Nogaret.»
«Tutto qui?»
«Come, tutto qui?»
«Via, Humbert! Non fingete di essere più stupido di quanto non siate! Credete davvero che il re mandi in giro per tutto il regno il più famoso inquisitore di Francia solo per una faccenda di eresia e di presunto omicidio?»
«Ma si tratta dell’omicidio di uno dei più alti dignitari del regno!» protestò il vescovo.
«Siete sicuro che questa caccia all’uomo non nasconda dell’altro? Che sotto questa storia non ci sia qualcosa di molto più grave?»
«Assolutamente no!» si indignò Humbert.
E infatti non mentiva. L’inquisitore si rendeva conto solo allora che i fratelli Marigny non gli avevano detto tutta la verità, e ciò lo riempiva di rabbia. Lo avevano usato.
«E di quale eresia sarebbe accusato il nostro speziale?»
«Saint-Loup è un uomo senza religione, e poi è stato visto complottare con degli gnostici.»
«Ah, sì? E quali gnostici?»
«Prima di tutto, Meister Eckhart, a Parigi…»
«Ma andiamo! Il povero Eckhart von Hochheim non è uno gnostico! Un mistico, casomai…»
«Sappiamo che è andato a parlare con Arnaud de Roulay, ad Artenay, e con Denis de Tourville, a Saintes, e quei due appartengono notoriamente a una confraternita di gnostici illuminati.»
«Davvero? E per quale motivo pensate abbia voluto incontrarli?»
«Per parlare della gnosi, sicuramente!»
«Non sapete altro?»
«No, ma sono convinto che sotto tortura parlerebbe! Perciò, se mi lasciate…»
«Non avete sentito parlare di un libro?» lo interruppe il primo cavaliere.
«Di un libro? Sulla gnosi ne sono stati scritti molti… In casa di Arnaud de Roulay ce ne erano intere pile, ma li ho distrutti tutti, li ho bruciati.»
«Capisco. Ma non vi hanno mai parlato di un volume in particolare?»
«No. Avrebbero dovuto? A quale libro alludete?»
«Ho il rammarico di dovervi dire, monsignore, che non ci siete di alcuna utilità.»
«Ma…»
«Tacete!» tagliò corto l’altro premendo con forza la mano sulla bocca dell’inquisitore.
C’era, nei gesti e nello sguardo di quello strano personaggio, la freddezza feroce di una belva. Con una lentezza che in altre circostanze sarebbe apparsa elegante, l’uomo sguainò la spada e ne appoggiò la punta sul pomo d’Adamo di Humbert. Questi, con gli occhi fuori dalle orbite, tentò di portare le mani al collo per allontanare la lama, ma non ne ebbe il tempo. La spada affondò nella sua carne e gli recise la gola facendo schizzare un gran fiotto di sangue. Allora il cavaliere estrasse la lama e vide la sua vittima crollare pesantemente al suolo.
Guillaume Humbert, Grande Inquisitore di Francia, carnefice e torturatore, morì in queste tragiche circostanze ma nessun libro di storia ne fa parola. E se i lettori più curiosi si prenderanno la briga di consultare le cronache dell’epoca, dovranno constatare che di questo episodio non c’è traccia alcuna. La dipartita di Humbert resta un mistero, e ora ne comprendiamo la ragione.
Il cavaliere biondo, imperturbabile, scostò il cadavere con il piede e raggiunse il suo compagno accanto alla porta. Ormai non restava che aspettare lo Speziale.

102

«Senti, piccola, hai intenzione di venirci dietro ancora per molto?» chiese Andreas voltandosi verso Aalis, che da quando avevano lasciato la piazza del castello aveva continuato a seguirli a distanza.
La ragazza si fermò e abbassò gli occhi senza rispondere. Andreas attraversò la strada e si avvicinò alla giovane occitana dai grandi occhi verdi. Sentiva che non sarebbe stato facile liberarsi di lei e quasi si pentiva di aver voluto fare la parte del paladino dei deboli.
«Allora, ci pedinerai ancora per molto?» ripeté.
Aalis alzò le spalle.
«È che… A dire la verità, non so cos’altro fare.»
«Vuoi una moneta, così puoi andare a mangiare da qualche parte?»
«Be’… No. Io… Io preferirei restare con voi.»
«Mi dispiace, ma non è proprio possibile, Mademoiselle Aalis, perché il mio apprendista e io dobbiamo andare molto lontano.»
La ragazza scrollò di nuovo le spalle.
«Non mi spaventano i lunghi viaggi.»
«Ma qui non c’è posto per te. Forza, adesso va’ per la tua strada.»
Andreas sospirò e riprese a camminare spingendo avanti Robin. Ma dopo pochi passi, vide con la coda dell’occhio che la ragazza continuava a seguirli. Non sapendo come prenderla, si fermò di colpo e si rivolse al suo apprendista.
«Senti, Robin, tu che hai press’a poco la sua età, sarai pur capace di farti capire da questa… creatura, no? Potresti spiegarle la cosa con parole semplici? Io ho l’impressione che non mi comprenda proprio!»
Robin si fece tutto rosso e balbettò qualcosa di incomprensibile. La ragazza lo metteva a disagio. Con quelle guance coperte di sangue secco, la pelle sudicia, il vestito stracciato, i lunghi capelli castani tutti arruffati, aveva un’aria da selvaggia che lo turbava, e lui si sentiva incapace di dire o fare alcunché.
Andreas sospirò di nuovo, esasperato.
«Evidentemente siamo in piena epidemia di cretinismo» borbottò. «E va bene, ci proverò io per l’ultima volta. Aalis, tu-non-puoi-venire-con-noi. Capito? Tu, Aalis, non puoi, voce del verbo potere, venire con noi, cioè con me e con questo idiota muto e dai capelli rossi. Capito?»
Ma la ragazza rimase immobile e silenziosa, anche se nei suoi occhi si potevano leggere mille pensieri, la paura, la solitudine, la voglia di trovare finalmente una sorta di famiglia, di non dormire più da sola. Le mancavano soltanto le parole, e ce ne sarebbero volute molte per esprimere tutto il dolore che voleva togliersi dal cuore e la fiducia che quell’uomo inspiegabilmente le ispirava.
«Ho fatto in modo che ti fosse restituita la libertà» continuò Andreas. «Approfittane. Fa’ quello che vuoi. Trovati un lavoro, divertiti con le persone della tua età… Il mio apprendista e io dobbiamo fare un lungo viaggio a cavallo, e tu non puoi venire con noi. Allora, te lo dico per l’ultima volta, va’ per la tua strada. Noi non possiamo fare più niente per te.»
«Io… Ho capito» balbettò lei con voce atona. «Vi ringrazio per quanto avete fatto. Addio!»
Aalis voltò le spalle e se ne andò via svelta, a testa bassa. Lei, che davanti ad Ardignac non aveva versato una sola lacrima, ora le lasciò sgorgare tutte, perché non sapeva dove andare ed era sola.
Andreas la guardò allontanarsi nel vicolo, dispiaciuto e sollevato insieme.
«Maestro… Però voi… Non siete stato tanto gentile con quella poverina.»
Lo Speziale guardò il suo apprendista con occhi indagatori.
«Ma come? L’hai conosciuta un’ora fa e ti sei già innamorato?»
«No, che c’entra?» replicò il ragazzo con aria offesa, avvampando di nuovo. «Solo che… Prima la salva...

Indice dei contenuti

  1. Cover
  2. Frontespizio
  3. Copyright
  4. Dedica
  5. Libro I
  6. Libro II
  7. Libro III
  8. Epilogo
  9. Ringraziamenti
  10. Bibliografia
  11. Indice