Cercando Grace
eBook - ePub

Cercando Grace

  1. 182 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Cercando Grace

Informazioni su questo libro

La Costa Azzurra e il suo meraviglioso profumo di mare e baguette calde, le bancarelle vivaci di una brocante francese, una donna sconosciuta con una borsa Kelly di inestimabile valore: chi avrebbe mai detto che la breve vacanza di Enzo si sarebbe trasformata nell'occasione unica per ascoltare una storia tanto preziosa? Virginia – quarant'anni portati benissimo, una carriera nell'azienda di famiglia e un guardaroba di invidiabile eleganza – sorseggia una flûte di champagne sprofondata in poltrona. Dalla finestra, i tetti di Brera e le luci della città la ipnotizzano e una leggera malinconia la prende: nel suo passato si nasconde un dolore profondo ma nel suo presente c'è una passione irrefrenabile che le tiene compagnia, quella per Grace Kelly. Lo stile impeccabile della diva, il suo fascino magnetico, la sua vita da attrice e la trasformazione in principessa: è tutto parte di una favola nella quale Virginia ama perdersi.

Domande frequenti

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Informazioni

Editore
RIZZOLI
Anno
2012
Print ISBN
9788817059152
eBook ISBN
9788858635773

1

Microscopiche goccioline di sudore le scendono lentamente lungo le tempie. Fa caldo, è verissimo, e starcene qui impalati l’uno di fronte all’altra sotto il sole cocente di mezzogiorno non aiuta di certo. Ma la brezza leggera che spira dal mare e la dolce frescura che arriva dal fitto parco a ridosso della costa ci danno un po’ di sollievo. E soprattutto una speranza: i nostri cervelli non fonderanno prima di domani. Possiamo farcela. Dobbiamo crederci! Eppure il viso di Sara, che si ostina a tenere lo sguardo basso come una comunicanda, è ormai imperlato di sudore. Brutto affare per il suo make-up. Sarà il caso di preoccuparmi?
Intendiamoci, non sono in ansia per il suo blush, ma per il check finale. Eccetto alcune cose, a quest’ora dovrebbe esserci proprio tutto. Quando i preparativi sono agli sgoccioli, faccio almeno due controlli al giorno. Lei capisce subito quando arriva il momento: qualsiasi cosa stia succedendo, mi blocco, prendo la mia borsa portadocumenti e cerco la lista. La sfoglio, controllo che il numero delle pagine sia quello giusto e urlo il suo nome. Urlo perché è molto probabile che nel delirio generale lei non riesca a sentirmi; urlo perché è anche possibile che lei non voglia sentirmi. Se qualcosa non va per il verso giusto, Sara è la prima – ma di certo non l’ultima della brigata – a risentire del mio malumore (per usare un eufemismo).
E quando è così preoccupata, c’è sempre qualcosa che non va. Scorro i miei fogli e comincio a interrogarla.
«Ventisette tovaglie d’organza?»
«… Ci sono.»
«Venti candelabri in argento?»
«… Ci sono.»
«A otto fiamme, vero?»
«Co… co…»
«Ho detto: a otto fiamme, vero?»
«Ah… sì, certo. A otto fiamme.»
«Uno di questi giorni mi farai venire un infarto. Duecento candele?»
«Le abbiamo.»
«I dodici vasi medicei?»
«A posto.»
«E le lanterne bianche?»
«Pure.»
«Benissimo. Segnaposto?»
«…»
«Sara, ti senti bene?»
Mi fissa con gli occhi sbarrati.
«Oddio, Sara, cos’è successo ai segnaposto?»
«Niente, niente! Quelli sono… sono… a posto.»
«Dio sia lodato. Le sedie?»
«Ecco, le sedie, in effetti…»
Voglio morire. «Le sedie, in effetti, COSA
Niente. Se in questo istante potesse sprofondare, Sara lo farebbe volentieri. Comincio a perdere la pazienza, e nel panico totale vedo lo sguardo della mia assistente alzarsi e puntare verso il palazzo.
«Sono tutte nel salone. Non sono proprio quelle che abbiamo richiesto, ma…»
Non le do il tempo di finire la frase: corro verso il palazzo con il cuore in gola. Raggiungo il salone delle feste e mi blocco di fronte a una barricata di centosettanta sedie accatastate. Sbianco.
«Enzo, lo so, non sono quelle giuste, ma è già tutto risolto…» Sara, ansimante alle mie spalle, cerca di disinnescarmi.
«Tutto risolto? Tutto risolto?» sbotto. «Non mi sembra proprio! Cosa ci fanno qui queste sedie? Ma volete farmi venire un attacco, forse?» Prendo un respiro profondo. «Avevo detto bianche. Laccate. In stile Luigi XVI. Come ti sembrano, queste?»
«Enzo, io non…»
«No, dimmi. Come ti sembrano?»
«Be’, sono carine, dai…»
«Carine? Carine? Sono dei TRONI. Di mogano INTAGLIATO. In stile VITTORIANO. Mi dici cosa ci trovi esattamente di carino? È tutto sbagliato. Lo sapevo, io, che qualcosa sarebbe andato storto…» Mi accascio su una sedia dall’apparente peso di duecento chili e mi prendo la testa tra le mani. «Se muoio, evitate il mogano» sospiro.
«Enzo, dai, si risolve tutto. Non fare così. La ditta ha già mandato qualcuno a riprenderle…»
«E quando arrivano quelle che abbiamo ordinato?» grido.
«Arrivano, arrivano!»
«Quando, Sara, quando?»
«Forse stasera, massimo domattina all’alba… dicono.»
Non fosse che da morto non servirei a nulla e qui si scatenerebbe il finimondo, morirei. Cerco di riprendere in mano la situazione. Bisogna risolvere questo pasticcio, e mentre sollevo due sedie, le chiedo di chiamare i ragazzi. Alla spicciolata arrivano tutti.
«Allora, vi date una mossa, non penserete che le sposti tutte io… su su, toglietemi subito da sotto gli occhi questi orrori, portatele nel viale, liberiamo tutto, forza, dissolvetevi, sciò sciò
Io e Sara ritorniamo al nostro check e miracolosamente riusciamo ad arrivare alla fine della lista senza altre sorprese. Mentre lei riprende un po’ di colore, io comincio ad armeggiare con una serie di scatole. Dentro c’è la mia collezione di alzatine di cristallo e argento. A dire la verità ne ho molte di più, visto che le colleziono da quasi vent’anni, ma queste sono le più belle e le più preziose. Non voglio che siano maneggiate da troppe persone. Le ho imballate con cura in sette strati di carta di giornale, inscatolate e trasportate personalmente in macchina da Milano. Adesso devo sistemarle come ho studiato sul tavolo dei cadeaux de mariage e dei confetti. Lo ricopro con una tovaglia d’organza e utilizzando la struttura in ferro del bersò lo circondo con un velo di tulle. Tiro fuori dalla borsa uno schizzo che ho disegnato alcune notti fa. In effetti, l’idea delle alzatine è piuttosto recente. Sarà una sorpresa, anzi un mio omaggio personale alla sposa. Anche perché è proprio per via di un’alzatina se oggi sono qui.
Ero appena arrivato nel Sud della Francia per una vacanzina autunnale in un paesino non lontano da Avignone. Avevo bisogno di ricaricare le pile prima di tornare ad affrontare i desideri più strambi delle spose più complicate: venivo da una serie di matrimoni abbastanza impegnativi e da mesi ormai mi immaginavo su una terrazza francese a godere dei colori vivaci e dell’aria rilassante di inizio ottobre. Ma quella mattina quando mi ero svegliato e avevo messo il naso fuori, i nuvoloni grigi e il vento freddo avevano subito sconvolto i miei programmi. Accidenti! Ovvio che non avrei potuto sorseggiare il mio café au lait, sbocconcellare il mio pain au chocolat e sfogliare le mie riviste preferite in terrazza come avrei voluto.
Un po’ corrucciato, mi decisi a uscire. Se per i miei matrimoni ho sempre un piano P (dove P sta per «pioggia»), anche nel tempo libero penso alle alternative: in quel caso, il mio programma di riserva era la brocante che ogni fine settimana si svolge in una cittadina non distante da dove mi trovavo. “Ma sì!” pensai “Non lasciamoci intimidire da qualche nuvoletta”. Smisi il broncio e mi preparai per uscire.
Una volta arrivato al mercatino, però, sentii tutta la mia determinazione scemare rapidamente: le bancarelle non mi entusiasmavano granché. “Possibile che al mondo esistano tante cianfrusaglie? Chi è che si interessa a questa robaccia?” mi chiedevo. Il mio umore peggiorava di minuto in minuto. Continuai a gironzolare svogliatamente, soffermandomi qua e là solo per avere conferma, ogni volta, dello scarso interesse della merce esposta. Fino a quando, miracolo dei miracoli, l’occhio mi cadde sulla bancarella di un baffuto molto, molto francese che, dopo avermi visto completamente immobile di fronte ai suoi oggetti, prese a fissarmi divertito. Mi ero subito reso conto che le sue non erano proprio cianfrusaglie e, dopo una rapida occhiata, la vidi.
«L’alzatina di zia Angelina!» sussurrai, quasi senza fiato.
Cominciai a esaminarla con attenzione: sebbene non fosse identica a quella della sorella di mia madre, avevano diverse cose in comune. Più o meno della seconda metà dell’Ottocento, finemente lavorata, molata a mano, all’apparenza nessuna sbeccatura. Praticamente un capolavoro.
Zia Angelina, ai suoi tempi, l’aveva comprata perché era convinta di averne vista una identica in una foto che ritraeva la neoprincipessa di Monaco, Grace Kelly, con Ranieri. Vai a sapere quale delle tante avesse visto: fatto sta che fu proprio quell’oggetto così luccicante, conservato con tanta cura nella vetrina del suo soggiorno, a far nascere in me l’amore per l’antiquariato, e per le alzatine in particolare. Quegli adorabili decori dal sapore antico, non importa se di cristallo, argento, vetro o porcellana, con il tempo sono diventati una delle mie passioni più grandi.
Non riuscivo a staccare gli occhi da quella chicca. L’antiquario, dapprima solo incuriosito, era ormai inequivocabilmente sul punto di scoppiare a ridere. Ma non potevo fare nulla per la mia espressione rapita: quell’alzatina era stupenda, fantastica, meravi…
«Merveilleuse!» Una voce cristallina interruppe bruscamente i miei pensieri. Mi bastò quell’unica parola per valutarne in pochi secondi la fonte: giovane; dall’accento, italiana; dal commento, un’esperta; come se non bastasse, entusiasta, e quindi pericolosa.
Mi vennero i brividi. “Ok,” pensai facendomi coraggio “se c’è da combattere, non mi tirerò certo indietro.” Come se avesse sentito i miei pensieri, e senza curarsi del fatto che ero imbambolato lì da un po’, la donna alle mie spalle aggiunse, in un mix di francese e italiano dovuto più alla concitazione che ad altro: «Je voudrais l’acheter, mais devo portarla a Milano, pourriez-vous me l’envelopper et la mettre dans une boîte, una scatola molto resistente?».
Nel giro di pochi secondi ero diventato invisibile. Eppure non potevano far finta che non esistessi, non ero né troppo a destra né troppo a sinistra rispetto alla bancarella. Nel centro perfetto, davanti all’alzatina e all’antiquario. È vero, non avevo parlato, non avevo chiesto, non avevo detto «Cielo, è favolosa!» calcando l’accento su ogni sillaba, non avevo espresso il desiderio di possederla, ma accidenti, ero lì da un quarto d’ora a fissarla come un’apparizione. Voleva pur dire qualcosa, no?
«Mi faccia capire,» feci all’antiquario in un francese tremolante per l’indignazione «crede che io sia qui da una vita solo per il gusto di rimirarle i baffi?». Quello si bloccò a metà dell’operazione d’imballaggio e sollevò finalmente lo sguardo nella mia direzione. Un lampo di furbizia gli attraversò gli occhietti neri. «Pouvez-vous répéter la question, s’il vous plaît?» mi rispose, evidentemente per prendere tempo. «Lasci che mi spieghi meglio» ribattei. Non mi ero ancora girato verso la mia rivale, ignorandola volutamente, e mi facevo sempre più spavaldo: «Sono qui da molto prima che arrivasse la signora, e voglio acquistare quell’alzatina. Credo di averne tutto il diritto». Vidi disegnarglisi sul faccione pacioso un sorriso di compassione. «Aaah, je comprends, je comprends!» disse. E aggiunse, in un italiano strascicato: «Vede, Monsieur… vous désirez la alzatinà. Mais mademoiselle, ici, elle l’ha chiesta».
Stavo per perdere le staffe. «Scusate se mi intrometto…» disse allora la voce alle mie spalle. “Ah, questa no, eh!” pensai inviperito “Non mi farò mettere i piedi in testa dalla prima sciura milanese dal capriccio facile!”. Mi voltai, con tutta l’intenzione di saltarle al collo: «Mi stia bene a sentire, signora…». Ma la filippica mi morì in gola: una magnifica spilla di corallo aveva catturato il mio sguardo. Liscia, lucente, grande quasi come un uovo e di uno stupendo rosa pallido, era contornata da una finissima montatura d’oro tempestata da un pavé di diamanti. Proprio il genere di accessorio che mi manda in estasi. Nonostante le dimensioni, era incredibilmente chic. Non c’era dubbio, l’avevo già vista altrove. Certo, ma dove?
Un gocciolone di pioggia, freddo e pesante come solo quelli che annunciano un temporale sanno essere, mi colpì al centro esatto della testa, risvegliandomi dalla trance. Allargai gradualmente l’inquadratura: il gioiello era appuntato sul revers di una sciccosissima redingote, che a sua volta rivestiva una figura alta e sottile, sottolineando l’invidiabile vitino di vespa di una donna lontana anni luce dal genere di personaggio che mi ero immaginato.
I capelli, di un dolce castano chiaro, le ricadevano morbidi e setosi sulle spalle: solo qualche ciuffo ribelle incorniciava il bell’ovale dagli zigomi alti e gli occhi grandi, verdi, contornati da qualche microscopica ruga. A una prima occhiata le diedi quaranta, quarantadue anni al massimo, portati benissimo.
Ma qualsiasi questione di rughe e di età passò velocemente in secondo piano quando mi accorsi di ciò che portava al braccio: ormai anche l’alzatina era distantissima dai miei pensieri. Era una Kelly originale, quella che vedevo? Rimasi a fissarla per qualche istante. Quando sollevai finalmente lo sguardo, la donna mi guardava sorridente. «È esattamente quello che pensa. Un pezzo vintage originale!». Persino la sua voce era molto più dolce di come mi era sembrata all’inizio. Di fronte alla sua rivelazione finsi uno svenimento, e subito scoppiammo a ridere.
A volte basta davvero poco per far scattare l’intesa tra due persone (anche se, diciamocelo, una Kelly originale e una spilla come quella non erano affatto poco). Non avevo più dubbi: quella giornata, iniziata come una catastrofe, stava cambiando rapidamente faccia.
A quel punto, di fronte a un antiquario un po’ allibito, partì la disputa per l’alzatina di cristallo: m...

Indice dei contenuti

  1. Cover
  2. Frontespizio
  3. Copyright
  4. Dedica
  5. 1
  6. 2
  7. 3
  8. 4
  9. 5
  10. 6
  11. 7
  12. 8
  13. 9
  14. 10
  15. 11
  16. 12
  17. 13
  18. 14
  19. 15
  20. 16
  21. 17