Lo scimmione intelligente
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Lo scimmione intelligente

Dio, natura e libertà

  1. 213 pagine
  2. Italian
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  4. Disponibile su iOS e Android
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Lo scimmione intelligente

Dio, natura e libertà

Informazioni su questo libro

La libertà non è un dono ricevuto per grazia, ma il prodotto delle nostre scelte, una condizione strettamente legata alla nostra stessa evoluzione. Edoardo Boncinelli, biologo e genetista, e Giulio Giorello, filosofo della scienza, si confrontano sui limiti fisici e culturali che influiscono sulle nostre decisioni, e arrivano a un'esplicita conclusione: non serve ricorrere a Dio per spiegare la presenza dell'uomo sulla Terra, per comprendere i meccanismi che regolano il nostro comportamento. Da secoli l'uomo riflette sulla propria natura, dalla questione del libero arbitrio al dibattito sul determinismo, dalle rivoluzionarie affermazioni di Darwin ai nuovi interrogativi suscitati dalle neuroscienze. Domande e risposte che si rinnovano in questo dialogo serrato tra lo scienziato e il filosofo, nel solco di un confronto che da secoli guida il cammino dell'uomo verso la libertà.

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Informazioni

Editore
BUR
Anno
2012
Print ISBN
9788817060363
Lo scimmione intelligente

Indice

A mo’ di premessa

1. I lombrichi e il superfluo
2. L’anima e la macchina
3. Una trappola filosofica
4. Schiavi volontari?
5. Gli occhi della mente

Ringraziamenti
Riferimenti bibliografici
Che cos’è l’uomo, Signore, perché Tu ne abbi memoria?
Salmo VIII
La scimmia, senza sforzo, diventò
l’uomo, che un po’ più tardi disgregò
l’atomo.
RAYMOND QUENEAU

A mo’ di premessa

Nel Candide di Voltaire il precettore Pangloss – quello che predica che il nostro è «il migliore dei mondi possibili» (anche se ci crede sempre meno) – e i suoi sciagurati discepoli finiscono per incontrare un celebre derviscio «che aveva fama d’essere il maggior filosofo di Turchia». Pangloss così gli si rivolge: «Maestro, siam venuti a pregarvi che ci spieghiate perché sia stato creato un animale così bizzarro com’è l’uomo». Gli replica seccamente l’altro: «Ma di che ti vai a impicciare?»; e ben presto congeda tutta quanta la congrega, della quale Candide si dimostrerà alla fine il più saggio, invitando gli altri a «coltivare ciascuno il proprio giardino», prima ancora di mettersi a filosofare.
Noi due non vorremmo essere duramente redarguiti da qualche equivalente del derviscio turco. Un matematico che insegna filosofia e un fisico passato alla biologia si sono messi a discutere di temi che finiscono per coinvolgere persino «i maggiori filosofi di Turchia» in questioni scivolose che, se non riguardano i motivi per cui l’Onnipotente ha creato l’uomo, poco ci manca. Il primo capitolo di questo libro tratta della bizzarra natura di Homo sapiens, la scimmia un po’ troppo intelligente. Il secondo insinua il dubbio che l’uomo possa essere addirittura una macchina, anche se di notevolissima raffinatezza. Il terzo tenta di comprendere se fisica o biologia non finiscano per distruggere la libertà dell’uomo. Il quarto affronta il tema dell’uso della libertà (se mai c’è!) e quello conseguente della responsabilità. Il quinto, infine, mette a confronto le nostre diverse concezioni di quello che è l’Io e di quello che è il Collettivo umano per arrivare alla constatazione che si tratta di due inconoscibili, elusivi come le ombre.
Diversi per formazione e per sensibilità, e dotati di un differente bagaglio di pregiudizi, abbiamo pensato che, per liberarci di questi, la cosa migliore fosse mantenere la forma del dialogo. Se abbiamo raggiunto dei punti di convergenza significativi, giudicherà il lettore.
EDOARDO BONCINELLI
GIULIO GIORELLO

1
I lombrichi e il superfluo

Molti son quelli che biasimano la Provvidenza per aver permesso a Adamo di peccare. Oh lingue stolte! Quando Dio lo fornì di ragione, Egli lo fece libero di scegliere, poiché ragionare non è altro che scegliere: altrimenti, Adamo sarebbe stato un mero automa, uno di quegli Adami che vediamo nelle rappresentazioni dei burattini.
JOHN MILTON
Sommario: Una «portentosa» libertà – Un animale (molto) particolare: Homo sapiens – La natura umana e la ritirata della filosofia – Il dualismo di Cartesio… – … e l’evoluzionismo di Darwin – La selezione naturale: un’idea pericolosa – La speciazione – Gli incidenti congelati – Le insinuazioni del vescovo Wilberforce – Genotipo e fenotipo – Il «meccanismo» della mutazione – La neotenia – L’intelligenza tecnica delle scimmie antropomorfe – Homo sapiens: il progetto ritardato – La linguistica strutturale – Il linguaggio d’azione secondo Condillac – Gesti e parole – Linguaggio e tecnica – La scoperta del superfluo e della gratuità – La perfezione delle api e l’imperfezione degli esseri umani.
GIULIO GIORELLO Rappresentazione per rappresentazione, cominciamo da una in cui, normalmente, ci sono esseri umani in carne e ossa, e non burattini. E per di più, «liberi di scegliere», anzi capaci di «portentosa» libertà. «Il mio ragionamento è che nell’uomo […] c’è qualcosa di fantastico che tutti i dotti del mondo non riuscirebbero a spiegare.» Così lo Sganarello di Molière descrive al suo scettico padrone, nientemeno che Don Giovanni, il miracolo del pensiero. «Non è portentoso il fatto che io sia qui, e che qualcosa nella mia testa pensi cento cose diverse in un solo momento e faccia del mio corpo tutto quello che vuole? Se voglio, batto le mani, alzo il braccio, levo gli occhi al cielo, abbasso la testa, muovo i piedi, vado a destra, a sinistra, avanti, indietro, giro intorno…» Il fatto è che girando intorno Sganarello finisce per terra. Drastico il commento di Don Giovanni: «Il tuo ragionamento si è rotto il collo» (Don Giovanni, Atto III, Scena I).
EDOARDO BONCINELLI Non vorremo mica fare la stessa fine del servo troppo pio del grande libertino?
GIORELLO Paradosso di Molière: il 15 febbraio 1665 calca le scene nei panni di Sganarello; una quindicina di giorni dopo, Don Giovanni, ovvero il convitato di pietra è sospeso. Qualcuno ipotizza – forse, non a torto – che l’autore parteggi per l’arrogante Signore che, interrogato sul suo credo, non esita a rispondere: «Credo che due più due fa quattro». Sganarello commenta: «Che bel credere, e che begli articoli di fede! Dunque, la vostra religione è l’aritmetica, a quanto sembra». Posso aggiungere che sarei d’accordo con Don Giovanni? L’aritmetica – più in generale, la matematica – è anche la mia religio.
BONCINELLI La mia è piuttosto strettamente legata alla scienza, alla fisica in primis e in seconda battuta alla biologia (anche se non è in tutto e per tutto così). E a buon diritto l’invoco qui. Parliamo, dunque, di biologia. Uno dei problemi più affascinanti che l’uomo abbia mai affrontato è quello rappresentato dal «portento» segnalato da Sganarello, cioè il problema della peculiarità della natura umana e della libertà dell’individuo. Biologicamente l’essere umano è un animale; ma piuttosto particolare. La difficoltà sta nell’individuare dove e come l’uomo si distingua in maniera inequivocabile dagli altri animali. A prescindere dall’impostazione biologica, mi pare interessante rilevare sin da subito come la filosofia, soprattutto nel Novecento, e la cultura in generale abbiano spesso cercato di stemperare il problema, invocando una plasticità quasi infinita: l’uomo è quello che di volta in volta si fa. Non esisterebbe, allora, una specifica natura umana: ci sarebbero solo delle predisposizioni; e l’uomo sarebbe essenzialmente quello che lui stesso si è fatto e che si vuole fare. Il mio sospetto è che negare il problema sia una buona scusa per non affrontarlo. Anche se, in effetti, non è dei più semplici.
GIORELLO Stiamo constatando l’esito, sul lungo periodo, dello scacco di un programma filosoficamente ben più ambizioso. Meno di trent’anni prima del Don Giovanni di Molière, René Descartes, ovvero Cartesio, nel suo Discorso sul metodo (1637) aveva preso le mosse dalla creatività del matematico per rifondare la stessa concezione dell’essere umano. In breve: per quanto la geometria sia la scienza delle cose «chiare e distinte», posso, dormiente, sognare di eseguire dimostrazioni geometriche e, al mattino, risvegliarmi deluso, perché non sono in grado di riprodurle; ma chi mi dice che non stia sognando adesso, da sveglio, o piuttosto mentre mi credo sveglio? Tuttavia, se dubito, penso; e se penso, sono. La mia imperfezione di creatura dubitante garantisce la mia esistenza: sono anzitutto «cosa pensante» – e il mondo stesso, quello fatto delle cose estese, verrà dopo: in particolare, dopo che la mia fede in un Dio, creatore perfetto che non inganna, mi avrà indicato come nemmeno la credenza in una realtà esterna sia illusione.
BONCINELLI Dopotutto, lo Sganarello di Molière sarà pure un «villano», come si diceva allora, ma ha probabilmente alle spalle qualche buona lettura…
GIORELLO Cartesio è perentorio: ci ha creati Dio come sostanze pensanti. A nostra volta, noi possiamo creare delle macchine poiché operiamo nel dominio della materia (o estensione), e il nostro corpo (cervello, occhi, mani ecc.) è materiale, «macchina» esso pure – come lo sono anche i «bruti», cioè le bestie.
BONCINELLI Ti devo confessare che non ho mai capito perché fra tutti gli attributi della materia sia stata scelta da Cartesio l’estensione, cioè la capacità, presumo, di occupare spazio. Forse perché la materia deve stare da qualche parte? Con il senno di oggi sceglierei piuttosto la sua capacità di essere divisa o meglio suddivisa in parti più piccole: res dividua in contrapposizione a res individua, che potrebbe essere la sua controparte non materiale. Che cosa poi sia quest’ultima non spetta dirlo a uno scienziato. Voglio solo far notare che la mia definizione avrebbe un bonus assolutamente insperato: anche l’energia è divisibile, e si può salvare così anche la conversione di materia in energia, e viceversa. Nell’universo cartesiano, come in quello di Vico, ci sono due tipi di macchine, nel senso più ampio di questo termine: quelle create da Dio come, per esempio, l’animale e lo stesso corpo umano; e quelle create dall’uomo come gli automi che, fin dall’epoca di Aristotele, suscitano ammirazione per il modo con cui imitano gli organismi viventi. Ma per Cartesio c’è un elemento che caratterizza in modo univoco l’essere umano: il pensiero indipendente, ovvero l’anima.
GIORELLO Il nucleo del dualismo di Cartesio è qui: noi esseri umani siamo il punto d’incontro di due sostanze distinte – la «sostanza pensante» e la «sostanza estesa», l’anima e la materia, la mente e il corpo (in particolare, il cervello, o se si preferisce il cervello e il sistema nervoso). Guai a confondere i due piani: la scienza – senza più i vecchi tabù – può occuparsi del corpo (cervello incluso); può studiare l’anatomia (perfino sezionando i cadaveri: c’era già stato Vesalio); può affrontare la fisiologia (financo correggendo tecnologicamente gli organismi corporei là dove essi non funzionano in maniera adeguata, mediante cannocchiali o microscopi, sperando che un giorno sarà possibile disporre di congegni che consentano di «vedere» persino gli atomi ecc.). La religione, invece, riguarda esclusivamente il rapporto fra Dio e l’essere umano, macchina con anima. Quest’ultima è inestesa, eppure legata al corpo esteso (ben più di quanto lo sia «il nocchiero entro la sua nave», che invece può andarsene in giro dove vuole, mentre l’imbarcazione è all’ancora; o magari può «trasmigrare» su un altro vascello – come sottolineava il filosofo francese nelle sue Meditazioni). Il dualismo di Cartesio è interazionista: la nostra volontà (l’anima) può cambiare lo stato di cose esistente nella materia. In ultima analisi, la nostra libertà è garanzia del successo tecnologico. Eppure, «malignamente» non posso escludere che tra i dubbi che dovevano assillare Cartesio ci fosse anche il sospetto di essere semplicemente un congegno meccanico che pensa: un sofisticato automa – come capita nei racconti di fantascienza – o magari un qualche «animale sapiente», come quelli che vengono spacciati per tali nelle fiere di paese. Del resto, ripetiamolo, gli animali per Cartesio non sono altro che macchine…
BONCINELLI Lasciamo da parte, per ora, i congegni meccanici artificiali escogitati dall’uomo e concentriamoci, piuttosto, su quelli naturali, cioè su tutti gli altri organismi viventi, che sono sì macchine, ma infinitamente più complesse di quanto Cartesio ai suoi tempi potesse immaginare. Gli esseri viventi sono macchine intrinsecamente molecolari. Tutto ciò che conta nella vita (biologica) avviene a livello molecolare, anche se gli effetti di tutto questo si possono osservare poi sul piano delle cellule, degli organi e degli organismi. In quest’ottica la materia vivente è sostanza suddivisibile per eccellenza: se non fosse così, non sarebbe viva. Potremmo anche dire che «l’anima» della materia vivente risiede proprio nella sua grana finissima.
GIORELLO Sotto un certo profilo, la vera sconfitta di Cartesio, però, è Darwin. L’essere umano è un animale assai particolare, e sembra abbastanza ovvio, almeno a prima vista, che sia diverso non soltanto da un insetto, da un ornitorinco o da un tapiro, ma anche da un primate superiore. Eppure, quando si tratta di precisare mediante qualche parametro quale sia la distinzione tra l’umano e l’animale, ciò che sembrava intuitivamente così chiaro appare sfumato. E per me è questa la ragione della ritirata della filosofia. Si era proposta di dirci cos’è l’uomo: animale razionale, animale politico… a sentire Aristotele. E pensiamo anche a Kant che chiede: «Che cosa posso sapere? Che cosa devo fare? Che cosa mi è dato sperare?»; però poi riassume queste tre domande in una sola: «Che cos’è l’uomo?». E le risposte? Anzi, la risposta? Kant è stato qui più elusivo di quanto ci abbia abituato altrove con il suo rigore prussiano. Piuttosto che risposte che fanno acqua da varie parti, meglio per i non pochi neo o postcartesiani rifugiarsi nella pretesa plasticità dei caratteri dell’essere umano. Per uscire da questo stallo occorre muovere proprio dalla biologia. Può essere curioso che lo dica un filosofo, ma mi sento insoddisfatto di un’antropologia puramente filosofica…
BONCINELLI Ti prendo in parola. Non è esagerato dire che la biologia odierna è dominata in moltissimi aspetti dal concetto di evoluzione del vivente. Rifarsi a Darwin è doveroso, non foss’altro perché sua è stata l’intuizione che tutti i viventi hanno origine da antichissimi antenati comuni e che le varie categorie di individui sono differenziate fra di loro prevalentemente a opera della selezione naturale, sempre mantenendo una grandissima unitarietà di fondo.
GIORELLO L’11 gennaio 1844 Darwin scriveva a Joseph Dalton Hooker: «Sono quasi convinto (in totale contrasto con la mia opinione iniziale) che le specie non sono immutabili (è come confessare di avere commesso un assassinio). Che il Cielo mi preservi dalle assurdità di Lamarck, la “tendenza al progresso”, gli “adattamenti derivanti dal lento volere degli animali” ecc., ma le conclusioni che sono portato a trarre non divergono molto dalle sue, anche se completamente diversi sono i mezzi attraverso cui avviene il cambiamento. Credo di aver scoperto (qui sta la mia presunzione) il semplice modo in cui le specie arrivano ad adattarsi a svariati fini».
BONCINELLI «Il semplice modo» cui Darwin allude è veramente semplice: una produzione continua e inesauribile di nuovi tipi di animali attraverso la mutazione e selezione di alcuni di questi da parte dell’ambiente in cui vivono, così che alcuni si riproducono maggiormente, altri meno o addirittura per niente. Questa discriminazione è opera della selezione naturale, il fulcro del darwinismo, ma anche del neodarwinismo contemporaneo. Darwin alludeva proprio alla selezione naturale. Però, ho ribadito spesso che non ha senso applicare questa concezione ai primissimi eventi collegati con la comparsa della vita sulla Terra e nemmeno, probabilmente, a quelli che hanno portato alla formazione delle prime grandi suddivisioni del vivente. Ma per tutti gli ultimi cinquecento o seic...

Indice dei contenuti

  1. Cover
  2. Piccoli Saggi
  3. Frontespizio
  4. Lo scimmione intelligente
  5. Bibliografia