Dalla parte di Swann
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Dalla parte di Swann

  1. 256 pagine
  2. Italian
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  4. Disponibile su iOS e Android
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Dalla parte di Swann

Informazioni su questo libro

Dalla memoria dell'infanzia inizia quel viaggio, quella promessa di felicità sulla quale Proust costruirà il suo capolavoro. Primo volume di Alla ricerca del tempo perduto, questo romanzo ha in sé tutti i temi che saranno percorsi nelle oltre quattromila pagine dell'"opera cattedrale": il ritorno alle atmosfere protettive della fanciullezza, con il celeberrimo episodio della madeleine intinta nel tè; la passione travolgente, vista qui attraverso l'amore tormentato di Charles Swann per Odette; la parola come rifugio e liberazione. Ritrovare il tempo non è impossibile, a patto di riuscire a ricreare un mondo letterario, un mondo interiore costruito sul filo della memoria.

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Informazioni

Editore
BUR
Anno
2012
Print ISBN
9788817059879
eBook ISBN
9788858629932
Dalla parte di Swann
PROUST: LA VERA CREDENZA
DELLA GELOSIA SESSUALE
di Harold Bloom
La massima forza di Proust, fra tante altre, è la sua caratterizzazione: nessun romanziere del XX secolo può stargli alla pari quanto a ruolino di vivide personalità. Joyce ha una straordinaria, isolata figura in Leopold Bloom, ma Proust ha una galleria di ritratti: Charlus, Swann, Albertine, Bloch, Bergotte, Cottard, Franose, Elstir, Gilberte, Bathilde la Nonna, Oriane Guermantes, Basin Guermantes, la Mamma del narratore Marcel, Odette, Norpois, Morel, Saint-Loup, Madame Verdurin, la marchesa di Villeparisis, e soprattutto la duplice figura del narratore e del suo io precedente, Marcel. Probabilmente ho dimenticato alcuni di importanza uguale a molti degli elencati, ma già questo è un gruppo di personaggi indimenticabili.
Alla ricerca del tempo perduto (qui di seguito chiamata Ricerca per ragioni di brevità), che purtroppo in inglese rischierà sempre di essere conosciuta con il titolo shakespeariano, bello ma fuorviante, di Remembrance of Things Past (Rimembranza di cose passate), sfida effettivamente Shakespeare quanto a capacità di rappresentare personalità. Germaine Brée notava che i personaggi di Proust, al pari di quelli di Shakespeare, riluttano a tutte le riduzioni psicologiche. E ancora al pari di Shakespeare, Proust è un maestro del tragicomico: sussulto e insieme rido, ma devo convenire con Roger Shattuck che la maniera comica è centrale in Proust perché gli assicura distanza e distacco nell’esplorare la problematica, all’epoca parzialmente proibita, dell’omosessualità. A causa della sovrumana genialità comica di Proust, egli rivaleggia con Shakespeare anche nel ritrarre la gelosia sessuale, uno dei più canonici degli affetti umani a fini letterari, trattata da Shakespeare quale catastrofica tragedia nell’Otello e nella quasi catastrofica commedia in cinque atti, in versi e prosa, che è Il racconto d’inverno. Proust ci offre tre magnifiche saghe della gelosia: in sequenza, i cimenti di Swann, di Saint-Loup e di Marcel (lo chiamo Marcel, ancorché l’io narrante gli attribuisca quel nome solo un paio di volte nel suo sterminato romanzo). Queste tre tragicomiche, ossessive angosce, sono solo uno dei trefoli in un’opera enciclopedica, ma comunque si può dire che Proust, al pari di Freud, si unisca sia a Shakespeare sia allo Hawthorne di La lettera scarlatta nel confermare la canonicità della gelosia sessuale. Questa è inferno nella vita umana ma splendore purgatoriale quale materia poetica. Shelley affermava che l’incesto era la più poetica delle circostanze; Proust ci insegna che la gelosia sessuale può essere la più romanzesca.
Nel 1922, un anno dopo la morte di Proust (avvenuta in età di soli cinquantun anni), Freud diede alle stampe un possente, breve saggio sulla gelosia sessuale, intitolato “Certi meccanismi nevrotici nella gelosia, nella paranoia e nell’omosessualità”. Vi si trova, in apertura, un’associazione tra gelosia e dolore, e Freud ci assicura che persone le quali sembrano non manifestare questi due universali sentimenti sono state soggette a severa rimozione, con la conseguenza che gelosia e dolore divengono ancora più attive nell’inconscio. Con tetra ironia, Freud divide la gelosia in tre tipi: competitiva, proiettiva, allucinatoria. La prima è narcisistica ed edipica; la seconda imputa all’amato/a una colpa, reale o immaginaria che sia, che appartiene all’io; la terza, che sconfina nella paranoia, di solito assume come proprio oggetto rimosso qualcuno del proprio sesso. Com’è abituale in Freud, l’analisi è altamente shakespeariana, sebbene più al modo del Racconto d’inverno, di cui Freud non fa menzione, che non della tragica oscurità dell’Otello, in cui Freud un tempo specificamente localizzava la gelosia proiettiva. Leonte nel Racconto d’inverno quasi sistematicamente interpreta le tre varietà freudiane di gelosia. I tre grandi casi di gelosia in Proust trascurano la varietà normale o competitiva, si soffermano brevemente sul genere proiettivo per incentrarsi spietatamente sulla modalità allucinatoria. Ma Freud è il rivale di Proust, non il suo maestro, e il resoconto proustiano della gelosia è in larghissima parte proustiano. Applicare a proposito della gelosia il freudismo a Proust è altrettanto riduttivo e sviante che analizzare la visione dell’omosessualità nella Ricerca in termini freudiani.
Nel nostro secolo, non c’è stato ironista più sottile di Proust, e il mitologico accostamento nel suo romanzo degli ebrei agli omosessuali non equivale esattamente a una denigrazione dell’uno o dell’altro gruppo. Proust non era né antisemita né omofobo. L’amore che nutriva per il suo padre gentile era effettivo, ma la sua passione per la madre giudea era travolgente, e i suoi rapporti con il compositore Reynaldo Hahn e con Alfred Agostinelli, il prototipo di Albertina, furono sincere relazioni; i profughi di Sodoma e Gomorra sono paragonati, da Proust, agli ebrei della diaspora, e più esplicitamente ancora ad Adamo ed Eva esiliati dall’Eden. J.E. Rivers sottolinea che questo parallelo di Sodoma, Gerusalemme ed Eden si colloca al cuore del romanzo di Proust e fonde la capacità di sopravvivenza ebraica con la sopportazione omosessuale nel corso dei secoli, sicché sia ebrei che omosessuali acquisiscono uno statuto rappresentativo quali esempi dell’umana condizione dal momento che, come dice Proust, “i veri paradisi sono i paradisi che abbiamo perduto”. Lo humour di Proust può sembrare spietato per quanto attiene all’omosessualità masochistica di Charlus o alle insicurezze ebraiche dello sgradevole Bloch, ma facciamo torto a Proust se lo giudichiamo umiliato sia dalla sua ascendenza giudaica sia dai suoi orientamenti omosessuali.
Giudicarlo significa in ogni caso fargli violenza; la Ricerca è un’opera di tale profondità, da trascendere i canoni occidentali di giudizio. Il suo umore, come ha osservato, se ben ricordo, Roger Shattuck, è curiosamente orientale: Proust, il Narratore, e Marcel si fondono nell’implicita convinzione che non siamo mai completamente formati ma sempre soggetti a una lenta evoluzione coscienziale. Sono consapevole che Proust è un’apoteosi della cultura francese, non del pensiero indiano. Forse Ruskin, pazzo com’era, trasmise a Proust qualcosa del suo misticismo secolare o, più probabilmente, la capacità di Proust di padroneggiare il fantasticare lo portò ai confini di una trasformazione interiore. A volte mi chiedo perché Proust sia unico quanto a capacità di osservare e rappresentare l’alta commedia, più che la bassa farsa, della gelosia sessuale. Il continuo meditare della Ricerca lo portò a una prospettiva tale per cui le sofferenze della gelosia in Marcel possono essere viste quali squisitamente, ancorché dolorosamente, comiche.
Ciò non significa che Proust nella solitudine e nel silenzio della sua stanza foderata di sughero si immergesse in un’opera improbabile come il Bhagavadgitā, ma la Ricerca è letteratura sapienziale, proprio come Montaigne, il dottor Johnson, Emerson e Freud sono in fin dei conti autori che si situano a un confine tra meditazione e contemplazione. Roger Shattuck dice della Ricerca che “Possiamo leggerla fino al limite che ci è permesso dalla nostra età e dalla nostra capacità di comprendere”. Non dobbiamo necessariamente credere, giunti al nocciolo del romanzo, che il Narratore sia giunto a conoscere una verità o una realtà, ma sentiamo che è sul punto di divenire un tipo di coscienza diversa da qualsiasi altra almeno tra quelle da me incontrate nella fiction occidentale. E dal punto di vista di quella coscienza appena emergente che la gelosia sessuale e l’amore appassionato diventano risibilmente, ancorché sublimemente, indistinguibili l’uno dall’altro.
Samuel Beckett, verso la conclusione del suo Proust (1931), afferma che gli uomini e le donne del romanziere francese “sembrano fare appello a un puro soggetto, in modo da poter passare da uno stato di cieca volontà a uno stato di rappresentazione”.
Per Beckett, Proust diviene la pura soggettività: “È quasi esente dalle impurità della volontà”. Suppongo che Beckett qui non si riferisca né all’io narrante né a Marcel, ma piuttosto a Marcel Proust, che soffre di asma, legge Schopenhauer e anela ad attingere alla condizione della musica. Walter Pater, che con Ruskin aveva lo stesso rapporto che aveva Proust, è il critico che meglio avrebbe compreso il romanziere francese. Il “momento privilegiato” di Pater, un’epifania secolarizzata e materialistica, è ciò cui i gelosi amanti di Proust – Swann e Marcel – mirano quando ansiosamente conducono le loro storiche e dotte cerche nel passato erotico. L’alta e terrificante commedia di Proust fa dei suoi protagonisti veri e propri storici dell’arte della gelosia, personaggi che continuano le loro ricerche quando ormai da un pezzo il loro amore è scaduto e persino, nel caso di Marcel, dopo la morte dell’amato. La gelosia sessuale, suggerisce Proust, è una maschera per la paura della mortalità: l’amante geloso è ossessionato da ogni particolare spaziale e temporale del tradimento, perché teme che non ci sarà abbastanza spazio e tempo per lui stesso. Al pari dello storico dell’arte, l’amante abbandonato è teso alla ricerca della verità di una trascorsa illuminazione, ma il cercatore di gelosia scopre che l’illuminazione è una tenebra.
Proust stesso riteneva che la parte fondamentale di Dalla parte di Swann, il primo volume della Ricerca, fosse lo straordinario resoconto delle sofferenze causate a Swann dalla gelosia. Ed effettivamente, quando penso a Swann, ricordo innanzitutto la traiettoria della sua discesa nell’inferno della gelosia. J.E. Rivers dice che “la visione di Proust non è femmina; è androgina”, cosa che a volte vale anche per Shakespeare. La mia personale esperienza della Ricerca, soprattutto della sua sequenza maggiore, quella relativa ad Albertine (La prigioniera e Albertine scomparsa), è che la posizione del Narratore non potrebbe essere definita altrimenti che quella di una lesbica maschile, cosa che di per sé costituisce una variante dell’immaginazione androgina che Proust insieme manifesta e celebra. Il Narratore di Proust in Les plaisirs et les jours rievoca il mondo transessuale della commedia di Shakespeare:
Il giovane uomo che abbiamo tentato di ritrarre era con tanta evidenza una donna, che le donne che lo guardavano con desiderio erano condannate (mancando una particolare sensibilità da parte loro) allo stesso disappunto di quelle che nelle commedie di Shakespeare sono accattivate da una ragazza travestita da ragazzo.
Nelle commedie, Shakespeare tende a collegare mascheramento sessuale e gelosia sessuale in modi che sfuggono all’ossessività. La commedia proustiana devia da Shakespeare verso l’audacia che permette libero gioco alla compulsività. Alla gelosia Proust non concede mai un’ascendenza letteraria; Otello e Leonte sono lontani anni luce da Swann e da Marcel. Nessun amante geloso in Proust diventerebbe un assassino: lo vieta lo spirito della commedia che è la Ricerca, ed è per questo che la metafora fondamentale nel caso di Swann e di Marcel è quella del dotto ricercatore, in particolare lo storico dell’arte ruskiniano. La tortura causata dai fatti è la formula comica di Proust, dal momento che si tratta di un autotormento e i fatti di per sé sono essenzialmente supposizioni frutto di immaginazione. Il modulo è stabilito da Swann:
Ma, nello strano periodo dell’amore, l’individuale assume una dimensione così profonda che la curiosità ch’egli sentiva destarsi dentro di sé a proposito delle minime occupazioni di una donna era la stessa che, un tempo, aveva provata per la Storia. E tutti quegli atti di cui, fino allora, si sarebbe vergognato, spiare a una finestra e domani, chissà, sciogliere con astuzia la lingua degli indifferenti, prezzolare i domestici, origliare dietro le porte, adesso, situandosi sullo stesso piano della decifrazione dei testi, del confronto tra le varie testimonianze e dell’interpretazione dei monumenti, non gli apparivano più che come altrettanti metodi di indagine scientifica, dall’indubbio valore intellettuale e idonei alla ricerca della verità.
Più avanti, la passione che muove Swann a ricostruire i minuscoli particolari della vita sociale di Odette è paragonata alla passione dell’esteta che saccheggia i documenti ancora esistenti della Firenze quattrocentesca per penetrare più addentro nell’animo della Primavera, della bella Vanna o della Venere di Botticelli.
L’animo di Odette, come Swann scopre, è impenetrabile e diventa una perpetua provocazione a nuovi assalti dei tormenti della gelosia, mescolati al “più nobile” desiderio di conoscere la verità. In una delle più aggraziate ironie di Proust, Swann scopre che un’altra delle facoltà della sua studiosa giovinezza era il fatto che la sua gelosia alimentasse la passione per la verità, ma per una verità che anch’essa si interponeva tra lui stesso e la sua amante, ricevendo luce solo da lei.
Una siffatta verità, alla matrice di tutte le gelosie, riceve solo tenebra dallo splendore emanato dall’amante. L’ironica descrizione data da Freud dell’essere innamorato, “la sovravvalutazione dell’oggetto”, è inadeguata alla passione che la gelosia inizialmente ingrandisce e poi sostituisce. Qui, il genio di Proust va al di là di Shakespeare, al di là di Freud, quale apprendimento per intuizione dell’ossessione erotica:
Certo, dell’estensione del suo amore Swann non aveva immediata coscienza. Quando cercava di misurarlo, gli succedeva a volte di trovarlo diminuito, quasi ridotto a nulla; c’erano giorni, per esempio, in cui riaffiorava lo scarso gusto, il disgusto quasi che gli avevano ispirato, prima che si innamorasse di lei, i tratti espressivi di Odette, il suo colorito privo di freschezza. “È un progresso davvero notevole, si diceva il giorno dopo; a voler essere obiettivi, ieri, a letto con lei, non provavo quasi nessun piacere: che strano, la trovavo addirittura brutta. “E certamente era sincero, ma il suo amore si stendeva ben oltre le regioni del desiderio fisico. La persona stessa di Odette non vi occupava più molto spazio. Quando il suo sguardo incontrava sul tavolo la fotografia di Odette, o quando lei veniva a trovarlo, faticava a identificare quel volto di carne o di cartoncino con il turbamento costante e doloroso che abitava in lui. Quasi con stupore si diceva: “È lei”, come se, all’improvviso, qualcuno ci mostrasse, esteriorizzata davanti a noi, una nostra malattia...

Indice dei contenuti

  1. Cover
  2. Collana
  3. Frontespizio
  4. Dalla parte di Swann