CRONOLOGIA DELLA VITA E DELLE OPERE
1880 o 1882 Nasce a Dublino. Alcuni biografi tendono a credere che sia nato il 9-2-1880 in ambiente operaio, forse figlio illegittimo, forse orfano in giovane età ; ma Stephens sostenne, anche con i familiari, di essere nato il 2-2-1882.
1886-89 Pare abbia frequentato (ma non se ne hanno prove sicure) la Meath Protestant Industrial School per ragazzi indigenti o senza famiglia.
1896 È apprendista nell’ufficio di un avvocato di Dublino; per i successivi 16 anni sarà impiegato presso vari studi legali in qualità di segretario.
1907 Incontra lo scrittore George Russell (AE) sotto la cui influenza comincerà ad interessarsi di dottrine teosofiche e con il cui appoggio farà ingresso nel mondo letterario dublinese. La coppia presso cui affitta da tempo una camera decide la separazione dopo la nascita della figlia Iris: Stephens inizia a convivere con la donna, Millicent, considerandosi da allora padre di Iris.
1907-11 Prime prove come scrittore: brevi racconti e componimenti poetici pubblicati in vari numeri della rivista nazionalista «Sinn Féin» diretta da Arthur Griffith, giornalista e politico. Seguendo un suggerimento di costui, frequenta corsi di lingua gaelica e partecipa alle riunioni politiche del partito Sinn Féin.
1909 Nasce il figlio James Naoise. Pubblica il primo libro di poesie: Insurrections.
1911 Insieme ad altri letterati pubblica una rivista: «Irish Review» che uscirà regolarmente, con numerosi suoi contributi, fino al 1914.
E rappresentato da una compagnia dilettante un suo lavoro teatrale:The Marriage of Julia Elizabeth.
1912 Pubblica The Chairwoman’s Daughter, lungo racconto o favola moderna che affronta il tema dell’emarginazione urbana, dell’ingiustizia sociale e dell’interrelazione tra mondo dei sogni e mondo della realtà quotidiana.
Pubblica ancora The Crock of Gold, romanzo fantastico che riunisce storie antiche, temi fiabeschi, teorie teosofiche e banalità del mondo quotidiano in una narrazione dal tono semiserio. Appare infine una sua raccolta di poesie: The Hill of Vision.
1913 Il successo di critica ottenuto lo spinge ad abbandonare il lavoro di impiegato e a stabilirsi con la famiglia a Parigi. Qui scrive The Demi-Gods (pubblicato nel 1914), romanzo picaresco che tratta il conflitto tra i sessi, la mistica teosofica e la tirannia della società moderna narrando le avventure di tre angeli discesi sulla terra a far vita da girovaghi insieme ad un vagabondo irlandese e alla figlia.
Pubblica Here are Ladies, raccolta di storie, novelle, discorsi e poesie; scrive inoltre le poesie che appariranno nei volumi Songs from the Clay e The Adventures of Seumas Beg. The Rocky Road to Dublin.
1915 Ritorna in Irlanda dove accetta un posto di segretario alla National Gallery di Dublino. Periodo di serenità in cui ritrova gli amici e approfondisce gli antichi interessi verso la letteratura irlandese antica.
dp n="7" folio="7" ? 1916 Scrive e pubblica due opere ispirate ai moti nazionalisti della Pasqua 1916: Insurrection in Dublin e Green Branches, poesie in memoria dei morti dell’insurrezione.
1918 Pubblica Reincarnations, riadattamenti e traduzioni di poeti gaelici del 17° e 18° secolo.
1919 Sposa Millicent, rimasta vedova. La chiamerà «Cynthia».
1920 Pubblica Irish Fairy Tales.
1923 Pubblica Deirdre, rifacimento di una notissima storia antica che narra il tragico destino della bella Deirdre; scritto in forma di romanzo psicologico, rimane però fedele allo spirito originario.
1924 Pubblica In the Land of Youth, raccolta di narrazioni che dovevano rappresentare — insieme a Deirdre — una delle cinque parti di un ciclo intitolato come il grande testo epico antico-irlandese Táin Bó Cúailnge. Il progetto non fu mai completato per stanchezza, malattia e giudizi critici non incoraggianti.
Pubblica inoltre una raccolta di poesie: Little Things.
1925 Si licenzia dalla National Gallery e parte per un primo giro di conferenze negli Stati Uniti. Decide di stabilirsi a Londra. Nel decennio successivo compirà altri nove giri di conferenze organizzategli dall’amico e mecenate americano W.T. Howe. Già sofferente di ulcera gastrica, viene ulteriormente debilitato dai viaggi.
1926 Pubblica Collected Poems.
1927 Amicizia con James Joyce.
1928 Lavora per la BBC inglese, posto che terrà fino alla fine della vita.
dp n="8" folio="8" ? Si reca a Firenze in occasione della 3a Mostra Internazionale del Libro, sostituendo l’amico Joyce.
Pubblica Etched in Moonlight, storie brevi di tono cupo, disperato, a volte sardonico, e On Prose and Verse, raccolta di saggi critici.
1930 Pubblica Theme and Variations, lungo poema dedicato all’amico Stephen MacKenna, traduttore di Plotino) composto da una introduzione e 16 variazioni sul tema della Memoria.
1932 Membro fondatore dell’Irish Academy of Letters.
1937 Il figlio James Naoise all’età di 28 anni muore in un incidente. Questa scomparsa, insieme a quella dell’amico AE avvenuta nel 1935, sconvolge Stephens e blocca interamente la sua attività letteraria, ad eccezione delle trasmissioni radiofoniche.
1938 Pubblica un’ultima raccolta di poesie: Kings and the Moon.
1947 Riceve la Laurea ad honorem da parte del Trinity College, l’università protestante di Dublino.
1950 Muore a Londra il 26 dicembre, giorno di Santo Stefano, dopo anni di malattie, operazioni allo stomaco ed episodi di squilibrio nervoso.
INTRODUZIONE
JAMES STEPHENS E JAMES JOYCE: PIÙ DI UNA AMICIZIA
Sulla irlandesità di James Stephens non potrebbero esserci dubbi: ogni suo libro la evidenzia; ma quanto ai suoi dati biografici — luogo e data di nascita, infanzia, educazione, eccetera — i dubbi abbondano. Le notizie a disposizione sono scarse, e durante la sua esistenza Stephens non contribuì certo a far chiarezza. Preferiva che si considerasse la sua vita avvolta nell’anonimato, e la puntuale inaccuratezza con cui riferiva avvenimenti della gioventù sembra quasi ricercata.
Questa volontà di coprire le proprie origini veniva a volte teorizzata da Stephens o rivestita da ragioni estetiche: pochi anni prima di morire, conversando su W.B.Yeats, disse con ammiccante prosa ritmata: «The man who talks about himself is a bore in prose or verse *», per poi proseguire: «C’è il poeta e c’è la poesia. L’uno così comune, l’altra di fatto così incalcolabile. Come siano finiti insieme è un mistero»: in tal modo sottolineando la sua intenzione di separare, in Yeats, l’opera dal personaggio, e la speranza di venire a sua volta giudicato secondo lo stesso criterio.
Sembra quasi che questo geniale e affascinante conversatore, scarsamente dotato dalla natura nel corpo piccolissimo e nella testa sproporzionata, abbia incoraggiato l’identificazione di se stesso con un personaggio fiabesco, Seumas Beg ("il piccolo James"), di un suo scritto poetico, e si sia consenzientemente attirato l’etichetta di «leprechaun* della letteratura irlandese».
Di rado comunque Stephens ruppe il silenzio su se stesso, e quando lo fece fu in modo indiretto. Carica di significato è quindi la frase con cui aprì la trasmissione «The James Joyce I knew**» alla BBC, l’8 ottobre 1946: «Se parlo di Joyce, vedo che devo parlare di me stesso». Stephens ci suggerisce forse che, rovesciando i termini, per parlare di lui dobbiamo parlare di Joyce e della relazione tra loro?
Nel 1912, data dell’ultima visita di Joyce in Irlanda, avviene, naturalmente in un pub, il primo incontro: Stephens, controvoglia, è obbligato dall’interlocutore a pagar da bere; Joyce, alto e severo, dopo la dichiarazione di aver letto due libri del suo piccolo compagno, commenta che questi non sa la differenza tra il punto e virgola e la virgola, che la sua conoscenza della vita irlandese è non cattolica e quindi inesistente, e conclude che farebbe bene a cambiare mestiere. Stephens ribatte di non poter ribattere, perché non ha mai letto né ha intenzione di leggere una sola parola joyciana.
Non sembra esistesse altra ragione per tale istintiva antipatia se non che entrambi erano scrittori ed entrambi irlandesi.
Dopo questo episodio, un lungo reciproco ignorarsi. Poi, in una lettera del 1922, Stephens parlando di Ulysses (che confessa di non aver letto) fa una osservazione rivelatrice: «Joyce ha scritto all’incirca tre libri in prosa. Sono tutti lo stesso libro... Se un uomo non continua a raccogliere e digerire esperienze, è a un passo dall’esser morto, o al più è solo un esempio di animazione bloccata», sottolineando come la fissazione nel trattare costantemente lo stesso tema sia segno di paralisi.
Pochi anni dopo questo commento, Stephens abbandona per sempre Dublino, il lavoro, gli amici legati come lui alla speranza di rinascita letteraria dell’Irlanda, e va in esilio volontario a Londra. Principale soggetto delle sue opere è ancora e sempre un riflettere sui miti e la storia della propria terra.
Nel 1927, quindici anni dopo il primo incontro con Joyce, ne avviene un secondo, nel quale la relazione tra i due scrittori pare completamente trasformata. Vivono entrambi a Parigi e Joyce comincia forse ad avere dubbi sulla validità della propria scelta letteraria. Gli amici più prossimi, Ezra Pound e Harriet Weaver, sembrano contrari al proseguimento del suo Work in Progress. In una lettera Joyce scrive di aver considerato la possibilità di affidare il libro a qualcun altro perché venga completato.
Pochi giorni dopo comunica alla Weaver di aver trovato il sostituto. Le ragioni che adduce per la candidatura sembrano a prima vista insostanziali. Dice che si chiama James Stephens, che è poeta, nato a Dublino, che di lui ha letto un libro, The Return of the Hero (scritto invece da Darrell Figgis) e ne ha iniziato un altro, Deirdre, il giorno avanti. Aggiunge che Stephens non potrà metter nell’opera neppure una frazione del tempo e della fatica ch’egli sta impiegando, ma che questo sarà un bene per il libro stesso, sempreché si mantengano tre o quattro punti essenziali. E termina osservando che le iniziali J.J. e S. (modo colloquiale di chiamare il whiskey irlandese «John Jameson & Son») figurerebbero magnificamente sotto il titolo.
Anche qui sembra che l’unica ragione apparente per questa eredità sia dettata dalla passione di Joyce per le coincidenze linguistiche e per il whiskey. Stephens stesso parlando di questa «elezione» nella già citata trasmissione dedicata all’amico, sottolinea la passione delle coincidenze come motivo probabile di questa improvvisa stima nei suoi confronti. Racconta infatti che Joyce gli «rivelò» che il nome di entrambi era James, che il cognome Stephens era quello da lui usato come pseudonimo nel suo libro migliore, che entrambi erano nati nello stesso paese, città , anno, mese e giorno e alla stessa ora: le sei del mattino del 2 febbraio 1882; e continuò ricordando, con «contained passion», che il 2 febbraio era il giorno dell’orso, del cinghiale e del tasso; che il 2 febbraio gli scoiattoli alzano il naso dalla coda e cercano di fiutare le noci, il pettirosso cinguetta pensando all’amore e ai vermi, e che in questo giorno dei giorni Dublino e il Diavolo si stringono la mano cantando e esclamando: Eccoci qui di nuovo, si rinnovino il mondo e la luna, viva i poeti, viva i conigli, i ragni e le api!
Dobbiamo aggiungere a questa bizzarra lista che il 2 febbraio è in qualche parte d’Irlanda il giorno di santa Brigida, la più famosa santa del paese, patrona dei poeti, ed è il primo giorno di primavera del calendario celtico.
Stephens terminava la sua rievocazione esclamando: «Ero amato, infine: Joyce mi amava! O forse amava solo la sua data di nascita?».
Non aggiunse che Joyce gli dimostrò amicizia e ammirazione e che, alla fine della sezione "Anna Livia Plurabelle" del suo «lavoro ...