
- 188 pagine
- Italian
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eBook - ePub
Tredici favole belle e una brutta
Informazioni su questo libro
Questo forse è un libro di magia e di buffoneria, dove i maghi e i buffoni, però, non vengon da fuori, non vengono dal mondo delle fate, non vengono dal mondo del cinema, in 3D o in 2D (se si dice così). No. I maghi e i buffoni, qui, sono i grandi. E, per scoprire chi sono, delle volte basta guardare nell'armadietto delle scope
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Informazioni
Print ISBN
9788817058728eBook ISBN
9788858633533FAVOLA DI VALERIO E DEL SUO BIS-BIS-BISNONNO

C’era una volta, tanto tempo fa, cioè non tantissimo, trent’anni fa, un bambino che si chiamava Valerio, che fin da piccolo lui pensava che quando era grande, di mestiere avrebbe fatto l’architetto e avrebbe costruito una città dove non ci sarebbe stata neanche una strada.
Non si sa perché gli era venuta in mente questa cosa.
Suo babbo, di Valerio, che si chiamava Alessio, una volta aveva fatto un incidente in macchina che si era spaccato tutte e due le gambe. Perché suo babbo, di Valerio, di mestiere vendeva i formaggi, e andava sempre in giro con un furgoncino azzurro a vendere i formaggi su tutte le strade della provincia.

Allora c’è chi dice che l’idea di Valerio, viene da quell’incidente lì che ha fatto suo babbo. Quelli che dicon così, dicon che non è che Valerio aveva preso paura che suo babbo moriva, Valerio era piccolissimo, quando suo babbo aveva fatto l’incidente, non si ricordava neanche, solo che il fatto, dicono, è che dopo che aveva fatto l’incidente, per un po’ di tempo, il babbo di Valerio non aveva potuto guidare, e dicono che la famiglia di Valerio, quel periodo lì, avevano proprio dei problemi a mettere insieme il pranzo con la cena, cioè gli andava male, cioè che non avevano soldi, dicono.


E allora, dicono, quando Valerio è diventato ap-pena un po’ più grande che ha saputo questa cosa, gli è venuto da pensare che un incidente stradale, in un attimo, può rovinare tutta una famiglia, e allora per quello, a Valerio gli è venuto in mente che sarebbe meglio che le città non avessero strade, dicono.
Io, però, non ci credo.
Perché la mamma di Valerio, che di nome si chiamava Anita, di cognome si chiamava Garibaldi, e era una discendente di quei Garibaldi che sono una della famiglie più ricche d’Italia, una stirpe fondata, tanti e tanti anni fa, dal capostipite, Ferito, Ferito Garibaldi, che, insieme a Firmato Diaz, è stato uno dei padri della nostra nazione e, per questo, è stato ricompensato e, fin da allora, il nostro governo, tutti i mesi, gli han dato un sacco di soldi che così i suoi discendenti, tra i quali anche Anita, la mamma di Valerio, non hanno mai avuto nessun problema di mettere insieme il pranzo con la cena anche nel caso, difficile, certo, ma che può succedere, che il capofamiglia si spacchi tutte e due le gambe e anche se, mettiamo il caso, fa un mestiere che vende i formaggi con un furgoncino azzurro in tutta la provincia e essendosi spaccato le gambe non può magari andare a lavorare per dei mesi, che son casi rari, ma posson succedere, e al babbo di Valerio eran successi, però la cosa non era drammatica, perché la mamma di Valerio, Anita, primo, aveva un sacco di soldi, come abbiam detto, secondo, se anche i soldi finivano, lei aveva ancora, in dei magazzini che avevano la sua famiglia su a Ronco Bilaccio, un sacco di memorie, ma non di ricordi, di memorie nel senso di cose, tipo dei vestiti, degli stivali vecchi, che voi direte: “E allora? Se anche aveva degli stivali vecchi cosa vuol dire, non poteva mica comprar da mangiare con degli stivali vecchi” direte voi.


“Eh, no, cari” vi dirò io. Se fossero stati i miei, di stivali vecchi, o i vostri, non si può mica far da mangiare con gli stivali vecchi miei o vostri, ma siccome erano gli stivali vecchi della famiglia Garibaldi, che magari erano appartenuti proprio a Ferito Garibaldi, bastava che Anita telefonava a un qualsiasi museo, la riempivano di euro dalla testa ai piedi, per un cimelio della famiglia Garibaldi, cimelio vuol dire quella cosa lì, roba vecchia di una persona famosa, cioè che quando uno diventa famoso, sembra, diventa importante anche la sua bolletta della luce, anche i suoi calzini; uno che diventa famoso, ma non subito, dopo un po’, dopo che è morto, può vendere tutto, può vendere tutto quello che vuole che lo riempiono di euro dalla testa ai piedi, uno che è molto famoso.

Voi direte: “E come fa a vendere tutto se è morto?”
E io vi risponderò: “Avete ragione.”
Difatti non era mica Ferito, che vendeva le sue cose, era Anita, che poi non le vendeva, perché, secondo me, aveva tanti di quei soldi che non aveva problemi a mettere insieme il pranzo con la cena per degli anni, non solo per i pochi mesi che suo marito Alessio, il babbo di Valerio, non poteva lavorare perché si era spaccato tutte e due le gambe e non poteva guidare il furgoncino azzurro che usava di solito per vendere i formaggi in tutta la provincia.
Quindi, in conclusione, il motivo per cui a Valerio gli è venuta in mente, fin da quando era piccolo, di fare una città senza neanche una strada, di preciso noi non lo sappiamo.
Però sappiamo che gli è venuto in mente, e che la città doveva esser fatta tutta di piazze, una piazza con dentro una piazza con dentro una piazza con dentro una piazza con dentro una piazza con dentro una piazza, e la piazza centrale, la piazza principale, non sarebbe stata la piazza più grande, come succedeva di solito con le città che costruivano quando Valerio era piccolo, che la piazza principale si chiamava delle volte piazza Maggiore, come a Bologna, o piazza Grande, come a Livorno, no, nel progetto di Valerio la piazza principale sarebbe stata la più piccola, e si sarebbe chiamata piazza Minore, o piazza Piccola, e la gente non sarebbe andata in macchina, nessuno avrebbe avuto la macchina, avrebbero avuto delle biciclette, o dei pattini a rotelle, o sarebbero andati in autobus, che però sarebbero stati autobus strani, come delle funivie, e anche le piste ciclabili, o pattinabili, sarebbero state soprelevate, la gente che si spostava si sarebbe spostata tutta nel cielo, e quelli che stavano per terra avrebbero tutti camminato, “Perché la terra è fatta per camminare” avrebbe detto Valerio, che chissà come mai gli era venuta in mente una cosa del genere.


Alcuni dicono che gli era venuto in mente perché era stanco di vedere dei monumenti del suo bis-bisnonno Garibaldi, non Ferito, il figlio di Ferito, Giuseppe, che era uno che di mestiere faceva l’eroe e che anche a lui il governo italiano gli aveva dato un sacco di soldi e gli aveva anche dedicato una marea di monumenti, e in quasi tutti questi monumenti Garibaldi era a cavallo, non era mai a piedi, e c’era un museo, il museo della città di Modena, che come cimelio dei Garibaldi, tutti i musei dovevano avere almeno un cimelio della famiglia Garibaldi, co- me cimelio dei Garibaldi, il museo della città di Modena aveva la pelle del cavallo di Giuseppe Garibaldi, avevan conservato la pelle del cavallo di Giuseppe Garibaldi che era una cosa, dicono, che a Valerio gli faceva un po’ schifo, e allora dicono che lui aveva deciso che nella sua città, niente cavalli, solo funivie, biciclette, pattini e piedi.

Oh, queste cose le dicono, ma son delle ipotesi, non si sa di sicuro, l’unica cosa sicura è che Valerio, fin da quando era piccolo, voleva fare l’architetto per costruire una città senza strade.
Adesso voi mi chiederete: “Ce l’ha fatta a far l’architetto?”
E io vi risponderò: “Sì.”
E dopo voi mi chiederete: “E ce l’ha fatta a costruire la città senza strade?”
E io vi risponderò: “No.”
E dopo voi mi chiederete: “E perché?”
E io vi risponderò: “Non lo so.”
Che io, lui, non che lo conosca bene, però un po’ lo conosco, e una volta, qualche anno fa, in un bar di Casalecchio di Reno, a me mi interessava questa faccenda della città fatta tutta di piazze e senza neanche una strada, mi sembrava una bellissima idea e allora una volta gli sono andato vicino gli ho detto: «Ascolta Valerio, ma quella città senza strade, tutta fatta di una piazza dentro una piazza dentro una piazza dentro una piazza, con la piazza centrale che si doveva chiamare piazza Minore, ma quella città lì» gli ho chiesto, «che fine ha fatto?»
E lui ha cominciato tutto un discorso complicato, di putrelle, di calcestruzzo, di fogne, di piloni, di autorizzazioni, di piani regolatori che io, devo dir la verità, non ho capito niente.

Tutto un discorso lunghis-simo che io alla fine gli ho detto: «Ah, grazie» che però, veramente, non è che avessi tanto da ringraziarlo, non si capiva niente.
Però, insomma, avevo preferito non indagare e ho fatto bene, secondo me, perché poi mi hanno detto, adesso non sono sicuro, ma mi han detto che a Valerio, questi ultimi anni, di sera, lo va sempre a trovare, lì in una villetta a San...
Indice dei contenuti
- Cover
- Frontespizio
- Copyright
- Dedica
- Favola di Luisella e del suo papà
- Favola di Kevin
- Favola di Martina
- Favola di Mirco
- Favola dei giganti e del vegetariano
- Favola di Rosa e dei due Mariolini
- Favola di Valerio e del suo bis-bis-bisnonno
- Favola di Aurelio
- Favola della dormita
- Favola di Agnese
- Favola di Piera e del panino
- Favola così corta che non ha neanche il titolo
- Favola di Ester
- Favola di Celestina
- Intanto, e poi
- Indice