La passione di conoscere
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La passione di conoscere

  1. 341 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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La passione di conoscere

Informazioni su questo libro

"Frova possiede la capacità di insegnar e a nuotare controcorrente, a staccarsi dalle sponde del senso comune per risalire il corso dell'uncommon sense." — Pietro Greco Gli ultimi cinquant'anni della nostra storia, grazie all'impiego di nuovi, straordinari materiali - i semiconduttori, alla base della nostra elettronica - sono stati segnati da un impressionante sviluppo scientifico e tecnologico. Una rivoluzione che Andrea Frova, fisico e saggista, ha potuto seguire giorno per giorno grazie all'assidua frequentazione dei suoi protagonisti e che ora ripercorre in questo libro di sapore autobiografico, passandone in rassegna i momenti fondamentali. Un viaggio nella memoria che ci porta a tu per tu con i grandi scienziati e con le invenzioni che ci hanno cambiato la vita: da John Bardeen, Walter Brattain e William Shockley, gli inventori del transistor, ai molti vincitori di Nobel - Nevill Mott, Leo Esaki, Horst Störmer e anche i maggiori esperti italiani, come Gianfranco Chiarotti, Giuseppe Franco Bassani - che con le loro scoperte hanno contribuito alla nascita dell'era digitale che stiamo vivendo, emblematicamente illustrata dal genio di Steve Jobs. La straordinaria avventura di un attore e testimone italiano, un'appassionata riflessione sullo statuto della scienza e sul valore che essa rivestirà nel futuro del nostro pianeta.

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Informazioni

Editore
BUR
Anno
2012
Print ISBN
9788817057523
eBook ISBN
9788858631300
Argomento
Storia

1
Perché questo scritto

Introduzione

Quando nel 2006 presso il Dipartimento di Fisica dell’Università «La Sapienza» è stato organizzato un piccolo convegno per festeggiare il mio settantesimo compleanno, ho realizzato in modo evidente che i momenti speciali nella vita di un uomo, e di un fisico in particolare, sono molti, moltissimi, difficili da contare, raccontare e ancor più da rammentare. In questo libro mi propongo di selezionarne alcuni e cercare di riviverli, in primo luogo per una mia esigenza di rivisitare il passato, poi per farli conoscere a quegli amici e colleghi che vorranno riandare con me alle vicende che li hanno visti agire al mio fianco. Mi accompagnerà nel cammino il formidabile sviluppo scientifico e tecnologico che in mezzo secolo ha portato i semiconduttori dal semplice, rudimentale transistor ai più preziosi dispositivi dell’odierna micro e nanoelettronica,1 avviando quell’era digitale che ha influito in modo determinante sul nostro stile di vita. Uno sviluppo che ho avuto la fortuna di seguire quasi giorno per giorno attraverso la frequentazione di molti dei protagonisti di questa «rivoluzione».
Mentre inizio a scrivere – è il gennaio del 2010 – provo la sensazione di stare vivendo uno dei miei ultimi anni. I molti acciacchi che mi affliggono, finora spiegati nei modi più disparati dai medici che ho consultato, tengono il mio pensiero rivolto in quella direzione. In quanto fisico e ricercatore di professione, addestrato a cogliere i minimi sintomi dei fenomeni in cui mi imbatto, non posso non rilevare il quotidiano evolversi dei miei malesseri nel senso di un graduale e continuo aggravamento. Con un tocco di paranoia, secondo alcuni amici che lo pensano senza dirmelo. Mi conforto all’idea che entrambi i miei genitori hanno raggiunto la fascia dei novant’anni. Ma è un conforto per modo di dire, giacché se vivessi così a lungo sarei costretto a seguire per vari anni ancora il declino morale e materiale che è in corso di questi tempi in Italia, e in certa misura anche nel resto del mondo. La mia Italia, un Paese che ho molto amato, ma che all’estero mi ha sovente fatto provare umiliazione e vergogna, soprattutto negli ultimi anni. Quando in gioventù la magnificavo agli occhi degli stranieri per le sue bellezze e il suo stile di vita, mai avrei supposto di vederla scendere così in basso.
«La luce della scienza cerco e ’l beneficio», scriveva Galileo Galilei.2 Il continuo degrado morale del Paese, portato agli estremi limiti dall’aberrante scala di valori del berlusconismo,3 ha fatto sì che della scienza oggi non si cerchi più l’illuminazione, bensì soltanto il beneficio, quando questo addirittura non passa in seconda linea di fronte ai pressanti interessi del consumismo liberistico. Viviamo più che mai in tempi in cui, come annotava nelle sue carte private Galileo Galilei, «in materia dell’introdur novità prevalgono i poteri di persone ignorantissime… che agiscono come giudici sopra l’intelligenza». Se era vero al tempo del grande italiano, non lo è di meno oggidì, come se i secoli fossero trascorsi invano. Per uno scienziato, è una drammatica constatazione.

Candore giovanile

Non tutti troveranno queste pessimistiche affermazioni condivisibili. O almeno lo spero, soprattutto tra i giovani. Nelle diverse stagioni della vita, l’ottica sotto cui si guardano le cose può mutare in modo sostanziale. Ricordo ad esempio che io stesso, quando nel 1965 fui intervistato per l’assunzione ai laboratori della Bell Telephone a Murray Hill, New Jersey, fui sorpreso che mi si chiedesse se ero disposto a fare ricerca su materiali che potevano trovare applicazioni belliche. Perché no, risposi, non sarà a me che verrà chiesto di fabbricare armi: questo è un laboratorio di scienza di base, o al più di scienza applicata per usi civili, un luogo dove l’obiettivo è quello di accrescere la comprensione dei fenomeni e delle proprietà della materia. Col candore dei trent’anni, trascuravo il fatto che a valle ci sono altri, con generi di cultura e interessi ben diversi, a fare le scelte politiche.
A quel tempo lavoravo sui semiconduttori, come del resto è stato nel corso di tutta la mia carriera, salvo qualche puntata nei laser a gas e nei materiali ferroelettrici. I dispositivi a base di semiconduttore, se da un lato hanno permesso di realizzare potenti computer, sistemi robotici, sofisticati apparecchi medici e chirurgici, strumentazione per la teletrasmissione di grandi volumi di informazione, sensori ottici per l’esplorazione spaziale, e via dicendo, dall’altro rappresentano i più affidabili sensori e generatori di microonde e raggi infrarossi, componenti nevralgici delle armi teleguidate. Sono impiegati nella trasmissione via satellite, nella radaristica, nella visione notturna, nella guida di missili: occhi micidiali dello spionaggio e delle azioni belliche. Insomma, i semiconduttori sono purtroppo protagonisti nella sopraffazione dei Paesi ricchi sui popoli in sofferenza.
Ricordo che un mio più smaliziato collega indiano, già allora – ripeto, era il 1965 – sentenziava: «In fondo alla via della crescente sofisticazione tecnologica ci saranno solo disgrazie e guerre. Quando i Paesi sottosviluppati impareranno a metterci le mani, il tenore di vita dell’Occidente crollerà. Se addirittura non sarà il principio della fine per tutti». Con gli anni, questo tarlo è andato sempre più rodendomi. Se potessi ricominciare, mi occuperei di ricerche che siano volte soltanto al benessere dell’umanità.
E nondimeno la ricerca nel campo dei semiconduttori mi ha dato grandi soddisfazioni, e ha riempito la mia vita ancor più della pratica degli sport, della montagna e della musica, le altre mie fonti semiprofessionali di godimento. Diodi e transistor, celle solari fotovoltaiche, circuiti integrati e microelettronica, e poi LED, laser, sensori di immagine, trasmissione su fascio di luce, materiali nanostrutturati: questa è la sempre più rapida escalation avvenuta nell’ultimo mezzo secolo.4 Ancora quand’ero studente universitario, i calcoli sui dati sperimentali si facevano con il regolo o con macchinette meccaniche, e la radio, il telefono e il telex erano gli unici mezzi di trasmissione a distanza in tempo reale. Ciò di cui disponiamo oggi sembra essere mille anni avanti – basta pensare ai cellulari intelligenti, alla tecnica touch screen, sostitutiva dei tasti, alle tablet, neppure immaginabili due decenni orsono. O al GPS (Global Positioning System) che ci portiamo in auto: avrebbe potuto credere Albert Einstein che un giorno si sarebbe viaggiato sotto la vigile guida di satelliti artificiali? Eppure il GPS è reso possibile proprio dalle formule della relatività einsteiniana, di cui fornisce una diretta verifica!

La scalata informatica

Mi piace ricordare come si lavorava a Pavia, dove ho svolto la tesi di laurea, per elaborare le curve ottenute durante le misure con i registratori a penna. Era il 1959: sei o sette ricercatori – nella fattispecie Angiolino Stella, Adalberto Balzarotti, Marisa Lazzarino, oltre a me stesso e a qualche laureando – sedevano a un lungo tavolo. Il primo della fila teneva davanti a sé i fogli delle registrazioni e di ogni punto leggeva a voce alta le coordinate (x,y), che per lo più erano segnale elettrico e tempo; il secondo le riportava su opportune tabelle; il terzo e il quarto disponevano di calcolatrici meccaniche le quali, opportunamente smanovellate tra tintinnii di campanelli, fornivano rapporti e valori normalizzati secondo le esigenze; il quinto compilava nuove tabelle con i dati definitivi; il sesto li dettava al settimo, per solito il migliore del gruppo quanto ad abilità grafica, perché li riportasse a matita su carta millimetrata e tracciasse la curva risultante. Restava ancora una cosa da fare, il ripasso in china, che veniva affidato a un disegnatore professionale.
Una calcolatrice meccanica del tipo usato alla fine degli anni Cinquanta
Pochi anni dopo, nel 1965, quando ero in forza ai Bell Laboratories, ci si avvaleva di un grande computer centralizzato. Rispetto ai suoi predecessori di prima generazione a valvole termoioniche,5 era assai ridimensionato, grazie all’avvento prima dei transistor (seconda generazione di computer) e poi dei primi circuiti integrati (terza generazione). Gli integrati già allora contenevano migliaia di transistor nello spazio di una capocchia di spillo. Nondimeno il computer occupava ancora un’intera sala e, quanto ai programmi di software, richiedeva una messa a punto in proprio, perché in commercio non ne esistevano. Ogni programma andava registrato su apposite schede via tastiera e perforatrice, tic-tic-tic-tac, alla fine un mazzo alto dieci centimetri. Una macchina apposita le traduceva dal sistema decimale al sistema binario della logica booleana dei computer.6 Si ricavava un secondo mazzo di schede perforate, tic-tic-tic-tac, anch’esso di grosso spessore; questo veniva fatto «leggere» al grande computer comune. Solo la mattina successiva si ritirava un grande pacco di carta stampata, dove c’erano i numeri che andavano trasferiti a mano su carta millimetrata per ricavare il grafico destinato alla pubblicazione. Gli sbagli di programmazione erano frequenti e la tenzone con il computer, a causa delle liste di attesa, poteva durare qualche giorno.
L’anno successivo fu insegnato al computer a rappresentare i dati graficamente su assi cartesiani in forma di asterischi. E solo nel 1969, quando tornai un’estate ai Bell Labs in veste di visitatore, trovai che era possibile inviare direttamente i dati al computer centrale per via elettronica, così come riceverli e stamparli, stando seduti nel proprio studio davanti a una tastiera. Primo passo verso la personalizzazione del computer, anche se questo rimaneva ancora una grossa macchina condivisa da molti utenti.
Ricordo di avere visto il primo autentico personal computer prodotto su scala industriale all’inizio del 1978 in un negozio sul campus di Berkeley dell’Università della California, quando visitai il mio ex collaboratore Paolo Perfetti, allora impegnato presso il sincrotrone di Stanford. Ci fermammo attoniti davanti alla vetrina: si chiamava Apple II ed era il primo a offrire un display con grafica a colori.7 Creatura di Steve Jobs, il geniale inventore scomparso quando questo libro è prossimo ad andare in stampa, Apple II costava sui 2000 dollari, lavorava con soft­ware alquanto ampio e sofisticato e utilizzava come memoria economici floppy disk (solo più tardi fu sviluppato il primo hard disk). Ebbe un grande successo commerciale e fu perfezionato in vari modelli successivi. La sua CPU (Central Processing Unit) era la MOS 6502 e operava alla frequenza di 1 MHz (megahertz). Poteva pilotare una memoria RAM di 64 kilobyte.

La legge di Moore

Oggi, cioè tre decenni più tardi, un economico PC portatile da 400 euro ha un microprocessore che opera a 4 GHz, vale a dire 4000 volte più veloce, e un disco fisso di memoria di centinaia o migliaia di gigabyte, ossia sui 10 milioni di volte più capace. Un oggetto, cioè, che supera di molto le caratteristiche del gigantesco computer centralizzato che serviva i ricercatori dell’intera Bell nel 1965. E a questo si è giunti in accordo, grosso modo, con una legge enunciata da Gordon Moore nel 1965, secondo la quale il numero dei transistor in un microprocessore (chip), e pertanto la potenzialità di un computer, cresce con legge esponenziale, raddoppiando ogni 18 mesi. Infatti, un facile conto indica che, dal 1980 a oggi, secondo tale criterio l’aumento delle potenzialità di un computer è stato pari a 220, ossia attorno al milione di volte.
È inevitabile chiedersi: ci vorrà ancora molto perché un computer eguagli l’uomo anche in fatto di volontà e coscienza? Se la potenza di un computer del futuro, anziché essere utilizzata per fare conti o elaborare dati, venisse convogliata a emulare ciò che un cervello fa quando manifesta l’autocoscienza, avremmo di fronte un nuovo cittadino del mondo, dotato delle nostre prerogative e forse di altre ancora.
I casi sono tre: la legge di Moore si mantiene immutata e allora possiamo aspettarci che alla metà di questo secolo il computer sorpassi l’uomo, acquisendone tutte le prerogative più avanzate, anzi raggiungendo uno standard competitivo non tanto con il singolo, ma con l’insieme di tutti i viventi. Seconda eventualità: nel caso i computer si occupassero in prima «persona» del loro sviluppo, lasciandosi alle spalle i relativamente torpidi esseri umani che li hanno avviati, il progresso dei sistemi informatici potrebbe accelerare. La legge di Moore assumerebbe un andamento ancora più rapido, e allora c’è da attendersi soltanto la catastrofe: il mondo dei computer dominerà quello degli uomini e presumibilmente lo annichilirà.
La terza via, invero la più probabile, anzi l’unica realistica, è che l’andamento di Moore rallenti per effetto di meccanismi di contrasto e compensazione, eventualmente arrestandosi a un valore limite (anche perché non sono concepibili dispositivi miniaturizzati al di sotto della dimensione dell’atomo). E che l’uomo stesso riesca a potenziarsi attraverso una sua graduale immedesimazione con le macchine, come auspica Stephen Hawking. In tal caso effetti apocalittici verrebbero spinti a un futuro remoto e gli uomini potrebbero godersi ancora a lungo gli aspetti benefici del progresso informatico.8

Le memorie

Circa le memorie, è sufficiente ricordare che dai pochi kilobyte dei primi floppy disk magnetici, si è passati ai 400 e poi 800 kilobyte di quelli usati dai primi PC e Apple McIntosh, poi ai dischetti rigidi da 100-250 megabyte, indi ai dischi ottici CD e DVD, che per breve tempo sembravano aver soppiantato ogni altro strumento di immagazzinaggio dei dati, avendo raggiunto e superato il traguardo del gigabyte. Fu breve gloria: le memorie fisse interne o esterne al computer, basate sui semiconduttori (ad esempio le memorie EEPROM, programmabili e cancellabili con segnali elettrici), o su speciali materiali detti a «magnetoresistenza gigante», hanno presto eclissato il genere CD, arrivando alle centinaia di gigabyte o persino ai terabyte.9 Gli EEPROM sono l’anima delle chiavette USB e una loro variante sono le flash me...

Indice dei contenuti

  1. Cover
  2. Frontespizio
  3. Copyright
  4. Dedica
  5. 1. Perché questo scritto
  6. 2. Guerra e primi esperimenti
  7. 3. George, Bill e il magico CCD
  8. 4. Veleni e svaghi
  9. 5. Almo Collegio Borromeo
  10. 6. Primi passi con i semiconduttori
  11. 7. Un matrimonio sui generis
  12. 8. Il diodo tunnel e le superstrutture
  13. 9. Parentesi siciliana
  14. 10. Con Bardeen all’Illinois
  15. 11. La grande esperienza presso i Bell Labs
  16. 12. Rientro in Italia
  17. 13. 1968: tempo di contestazione
  18. 14. I semiconduttori a Roma
  19. 15. Fisici «romani»
  20. 16. Vita all’estero
  21. 17. La cortina di ferro
  22. 18. Amaldi e la perestroika
  23. 19. URSS penultimo atto
  24. 20. Altri Nobel nella mia vita
  25. 21. Soggiorni esotici
  26. 22. L’avventura somala
  27. 23. Divulgazione scientifica e Galileo
  28. 24. Fisica e musica
  29. 25. Indovina chi viene alla Sapienza
  30. 26. Considerazioni sul futuro
  31. Appendici
  32. Sommario