The Bourne ultimatum - Il ritorno dello sciacallo
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The Bourne ultimatum - Il ritorno dello sciacallo

Jason Bourne vol. 3

  1. 684 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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The Bourne ultimatum - Il ritorno dello sciacallo

Jason Bourne vol. 3

Informazioni su questo libro

Jason Bourne si è lasciato tutto alle spalle: la CIA, l'identità fittizia della quale era rimasto prigioniero e il dolore per la perdita della propria famiglia. Ma quando Martin Lindros, vicedirettore della Central Intelligence e suo amico, scompare durante un'azione in Etiopia, solo un cane sciolto come Bourne può scoprire cosa sia veramente successo, e sperare di salvargli la vita. Piagato dal ricordo degli agghiaccianti dettagli di un omicidio che teme di aver commesso, guardato a vista dagli stessi vertici CIA, che lo credono coinvolto nell'evasione di un pericoloso terrorista, braccato e solo come non mai, Bourne scoprirà di essere stato l'ignaro strumento nelle mani di una cellula terroristica che sta progettando un attentato di proporzioni inaudite al cuore dell'America.

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Informazioni

Editore
BUR
Anno
2012
Print ISBN
9788817018128
eBook ISBN
9788858623374

1

La cacofonia si faceva via via più incontrollabile a mano a mano che la fiumana di gente inondava i viali del parco dei divertimenti allestito tra i campi alla periferia di Baltimora. La serata estiva era calda e quasi tutti avevano il viso e il collo madidi di sudore, a eccezione di quelli che si tuffavano lungo le serpentine mozzafiato delle montagne russe, o strillavano precipitando lungo i canali angusti e tortuosi di acqua impetuosa a bordo di canoe dalla forma di tronco. Alle sgargianti luci colorate che ammiccavano follemente lungo il viale centrale, faceva da contrappunto il rimbombo irritante della musica enfatica, metallica, vomitata da troppi altoparlanti — calliopi presto, marce prestissimo. Ambulanti sbraitavano per farsi sentire al di sopra del frastuono, decantando con voce rauca e nasale le loro merci in lunghe arringhe dal tono monocorde, mentre in cielo bizzarre esplosioni rischiaravano l’oscurità e cascate di luci turbinavano e scomparivano sull’acqua nera del vicino laghetto. Vampate di fuochi d’artificio, esplosioni paraboliche di fuoco abbacinante.
Intorno a una fila di macchine "misura la tua forza" si assiepavano uomini dai visi stravolti e le vene del collo rigonfie mentre cercavano, accaniti e spesso frustrati, di dimostrare la propria virilità calando pesanti mazze di legno sulle assi ingannevoli che troppo spesso rifiutavano di proiettare le palline rosse verso le campanelle. Di fronte, altri strillavano con minaccioso entusiasmo sulla pista dell’autoscontro, ogni collisione un trionfo della più nobile aggressività, ogni combattente un’effimera stella del cinema che vince a dispetto di tutte le probabilità contrarie. Sparatoria all’OK Corral alle 9,27 di sera in un conflitto privo di senso.
Più avanti, un piccolo monumento alla morte violenta, un tiro a segno ben poco somigliante alle innocenti collezioni di piccoli calibri esibite nelle fiere di stato e nei carnevali di campagna. Era invece un microcosmo contenente tutti i congegni più letali della moderna industria di armi. C’erano copie di MAC-10 e di mitragliatrici Uzi, lanciamissili dalla struttura d’acciaio e bazooka anticarro e, per finire, la spaventosa replica di un lanciafiamme che sputava crudeli fasci di luce attraverso nuvole gonfie di fumo nero. E anche lì c’erano le facce madide, rivoli di sudore che colavano senza sosta su occhi allucinati e lungo colli tesi — mariti, mogli e bambini — i volti stravolti in maschere grottesche, come se ciascuno di loro stesse facendo saltare nemici odiati — mogli, mariti, genitori e figli. Tutti intrappolati in una guerra senza fine e senza significato, alle 9,29 di sera, in un parco di divertimenti il cui tema era la violenza. Senza controllo né leggi, l’uomo contro se stesso e tutti i suoi nemici, i peggiori dei quali erano, ovviamente, le sue paure.
Una figura snella, con un bastone da passeggio stretto nella mano destra, oltrepassò zoppicando un baraccone in cui clienti eccitati e furiosi scagliavano freccette appuntite contro palloncini su cui erano disegnati a matita i volti di personaggi pubblici. Ogni testa di gomma che esplodeva scatenava feroci discussioni a favore e contro quei miserevoli resti di icone politiche e dei loro esecutori armati di freccette. L’uomo zoppo discese lungo il viale centrale scrutando davanti a sé nella fiumana di gente, come in cerca di un luogo specifico in una zona della città affollata, tumultuosa, e a lui ignota. Vestiva in modo informale ma ordinato, con giacca e camicia sportive, come se il caldo opprimente non avesse su di lui alcun effetto e la giacca fosse in qualche modo un requisito necessario. Il suo viso era il viso gradevole di un uomo di mezza età, ma logoro e segnato da rughe premature e da cerchi profondi sotto gli occhi, dovuti più alla vita che aveva condotto che agli anni. Si chiamava Alexander Conklin ed era un funzionario in pensione dei servizi segreti della CIA. Era anche un uomo preoccupato e tormentato dall’ansia. Non avrebbe dovuto essere lì, in quel luogo e a quell’ora, né riusciva a immaginare quale avvenimento catastrofico doveva essersi verificato per costringerlo a trovarcisi. Si avvicinò al pandemonio del tirassegno e si bloccò, gli occhi fissi su un uomo alto, leggermente calvo, più o meno della sua età e con una giacca di tela a strisce bianche e blu buttata sulla spalla. Morris Panov arrivava dalla direzione opposta, e stava dirigendosi verso il banco rumoreggiante del tirassegno. Perché? Che cos’era accaduto? Conklin si guardò rapidamente intorno, scrutando facce e corpi, istintivamente consapevole che lui e lo psichiatra erano sorvegliati. Era troppo tardi per impedire a Panov di entrare nel cerchio interno del luogo dell’appuntamento, ma forse non troppo tardi per filarsela tutti e due. Il funzionario in pensione dei servizi segreti estrasse da sotto la giacca la piccola Beretta automatica che lo accompagnava sempre e si slanciò in avanti, zoppicando e flagellando con il bastone la folla, colpendo rotule e ventri prominenti e seni e reni, finché le sue vittime, stupefatte e irate, proruppero in successive esclamazioni di sorpresa, quasi una sommossa nascente. Allora accelerò il passo, urtò con il suo fragile corpo il medico perplesso e per farsi udire al di sopra del ruggito della folla gli urlò in faccia:
«Che diavolo ci fai tu qui?».
«Quello che ci fai tu, suppongo. David, o dovrei dire Jason? È così che diceva il telegramma.»
«È una trappola!»
Un urlo lacerante coprì improvvisamente il frastuono che li circondava. D’istinto Conklin e Panov si voltarono verso il tirassegno, che distava solo pochi metri. Una donna grassa, col viso sciupato, era stata colpita alla gola. Là folla si fece frenetica. Conklin piroettò su se stesso nel tentativo di individuare il punto da cui era partito lo sparo, ma il panico aveva raggiunto il suo apice; non vide altro che persone in fuga. Agguantò Panov e lo spinse attraverso il muro di gente urlante, isterica, verso il viale centrale e poi ancora tra la folla che passeggiava in direzione delle imponenti montagne russe proprio in fondo al parco, dove, in un frastuono assordante, clienti eccitati si facevano largo verso la cassa.
«Mio Dio!» urlò Panov. «Vuoi dire che era destinato a uno di noi?»
«Forse... e forse no» replicò senza fiato l’ex agente dei servizi segreti; in lontananza si udivano strepitare sirene e fischietti.
«Hai detto che era una trappola!»
«Perché tutti e due abbiamo ricevuto un telegramma pazzesco in cui David ha usato un nome a cui non ricorreva da cinque anni, Jason Bourne. E se non mi sbaglio, anche il tuo diceva che in nessun caso avresti dovuto chiamarlo a casa.»
«Infatti.»
«È una trappola... Sei più veloce di me, Mo, quindi metti in funzione quelle gambe. Esci di qui, corri come un maledetto figlio di puttana e trova un telefono. Un telefono pubblico, a cui non si possa risalire!»
«Che cosa?»
«Chiama casa sua! Di’ a David di prendere Marie e i ragazzi e di tagliare la corda!»
«Che cosa?»
«Qualcuno ci ha scoperti, dottore! Qualcuno sta cercando Jason Bourne — qualcuno che lo cerca da anni e che non si fermerà finché non lo avrà inquadrato nel mirino del suo fucile. Tu avevi l’incarico di mettere un po’ d’ordine nella testa di David, e io ho tirato ogni maledetto filo a Washington perché lui e Marie potessero lasciare Hong Kong vivi. Le regole sono state violate e noi siamo stati scoperti, Mo. Tu e io! Gli unici collegamenti ufficialmente documentati con Jason Bourne, indirizzo e occupazione sconosciuti.»
«Ti rendi conto di quello che stai dicendo, Alex?»
«Puoi giurarci, che me ne rendo conto. È Carlos. Carlos lo Sciacallo. Fila, dottore. Mettiti in contatto con il tuo ex paziente e digli di scomparire!»
«Ma che cosa dovrà fare?»
«Io non ho molti amici, e certo nessuno di cui possa fidarmi, ma tu sì. Dagli il nome di qualcuno, magari di uno dei tuoi colleghi, uno che possa ricevere telefonate urgenti dai pazienti... come ti capitava con me. Di’ a David di contattarlo, o contattarla, quando sarà al sicuro. Dagli un codice.»
«Un codice?»
«Gesù, Mo, usa la testa! Un nome falso, Jones o Smith...»
«Sono nomi piuttosto comuni...»
«Allora Schicklgruber o Moskowitz, quello che ti pare! Solo, non dimenticare di dirgli di farci sapere dove si trova.»
«Capisco.»
«Ora muoviti, e non andare a casa! Prendi una stanza al Brookshire di Baltimora a nome di Morris, Phillip Morris. Ci vediamo là più tardi.»
«Che cosa vuoi fare?»
«Una cosa che detesto... Mollerò il bastone e comprerò un biglietto per queste fottute montagne russe. Nessuno cercherà uno storpio su quell’affare. Ho una paura d’inferno, ma è una buona scappatoia, a costo di starci per tutta la notte... Adesso muoviti! Presto!»
 
La station wagon correva in direzione sud lungo una strada di campagna che si snodava tra le colline del New Hampshire fino al confine con il Massachusetts; l’autista era un uomo alto, con un’espressione intensa sul viso dai tratti angolosi; un muscolo guizzava spasmodico sulla sua mascella e i limpidi occhi azzurri erano pieni di collera. Accanto a lui sedeva la moglie, bella in modo stupefacente; le luci del cruscotto strappavano bagliori rossastri ai suoi capelli color rame. Tra le braccia teneva una bambina di otto mesi; sul sedile posteriore c’era un ragazzino biondo di cinque anni che dormiva sotto una coperta, protetto da eventuali frenate improvvise da un paracolpi portatile. Il padre era David Webb, docente di studi orientali, ma un tempo aveva fatto parte del famigerato, mai nominato Medusa, e per due volte era stato la leggenda vivente che rispondeva al nome di Jason Bourne, assassino.
«Sapevamo che sarebbe accaduto» disse Marie St. Jacques Webb, canadese di nascita, economista di professione, salvatrice di David Webb per caso. «Era solo questione di tempo.»
«Ma è pazzesco!» David parlava bisbigliando per non svegliare i bambini, ma le sue parole erano cariche di intensità. «È stato sepolto tutto quanto, procedura di massima sicurezza e tutte le altre stronzate! Com’è possibile che Alex e Mo siano stati scoperti?»
«Non lo sappiamo, ma a quest’ora Alex avrà già cominciato a guardarsi intorno. Non c’è nessuno migliore di lui, l’hai detto tu stesso.»
«Ma ormai è segnato, è un uomo morto» la interruppe Webb in tono cupo.
«È troppo presto per dirlo, David. "Lui era sempre il migliore laggiù", sono le tue precise parole.»
«Una sola volta non lo è stato, tredici anni fa a Parigi.»
«Perché quella volta sei stato migliore tu.»
«No! Perché non sapevo chi fosse e lui agiva in base a informazioni più vecchie di cui io non sapevo un accidenti di niente. Lui supponeva che fossi io laggiù, ma io non conoscevo me stesso, e non potevo operare secondo il suo copione... È ancora il migliore. Ha salvato la vita a tutti e due, a Hong Kong.»
«Stai dicendo quello che dico io, non vedi? Siamo in buone mani.»
«In quelle di Alex, sì. Non in quelle di Mo. Quel povero cristo è morto. Lo prenderanno e lo spezzeranno in due!»
«Si farebbe impiccare piuttosto che fornire informazioni sul nostro conto.»
«Non avrà scelta. Lo manderanno in orbita con l’Amytals e tutta la sua vita finirà su un nastro di registratore. Poi lo uccideranno e verranno a cercare me... noi. Ecco perché tu e i bambini ve ne andate a sud, molto a sud. Nei Caraibi.»
«Loro ci vanno, tesoro. Io no.»
«Vuoi piantarla? Abbiamo stretto un patto quando è nato Jamie. Ecco perché abbiamo preso quel posto laggiù, perché abbiamo quasi comprato anche l’anima del tuo fratellino per convincerlo a occuparsene per nostro conto. E devo dire che se l’è cavata benissimo. Adesso siamo proprietari al cinquanta per cento di un prospero albergo in fondo a una strada sterrata su un’isola di cui nessuno aveva mai sentito parlare finché quel pazzo canadese non ci è atterrato con un idrovolante.»
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«Johnny è sempre stato un tipo aggressivo. Una volta papà disse che sarebbe riuscito a vendere una giovenca moribonda spacciandola per un manzo di prima qualità, senza che il compratore pensasse a controllare se aveva i testicoli.»
«Il punto è che lui ti vuole bene, e ne vuole ai ragazzi. Anch’io faccio assegnamento su quello spostato... Oh, insomma, mi fido di Johnny.»
«Be’, fidati quanto vuoi del mio fratellino, ma non contare troppo sul tuo senso dell’orientamento. Hai appena superato la deviazione per il cottage.»
«Maledizione!» proruppe Webb, frenando e invertendo il senso di marcia. «Domani! Tu, Jamie e Alison filate al Logan Airport. All’isola!»
«Ne discuteremo, David.»
«Non c’è niente di cui discutere.» Webb tirò qualche profondo respiro, nel tentativo di imporsi una calma che non provava. «Ci sono già passato prima» disse poi in tono pacato.
Marie guardò il marito, il viso improvvisamente neutro illuminato dal debole chiarore delle luci del cruscotto. Ciò che vide la spaventò molto più dello spettro dello Sciacallo, perché quello che vedeva non era David Webb, l’affabile erudito, ma l’uomo che entrambi credevano scomparso per sempre dalla loro vita.

2

Alexander Conklin impugnava con forza il bastone mentre entrava zoppicando nella sala riunioni della CIA a Langley, Virginia. Si fermò davanti a un lungo tavolo imponente, abbastanza grande da ospitare una trentina di persone; ce n’erano invece solo tre, e l’uomo con i capelli grigi seduto a capotavola era il direttore dell’Agenzia. Né lui né i suoi due collaboratori di più alto grado sembrarono lieti di vedere Conklin. I saluti furono frettolosi e invece di occupare il posto che gli era stato ovviamente assegnato, accanto al funzionario seduto alla destra del capo della CIA, Conklin scostò una sedia all’altro capo del tavolo, sedette e sbatté seccamente il bastone contro il bordo.
«Ora che ci siamo detti salve, possiamo dare un taglio alle stronzate, signori?»
«Un inizio né cortese né affabile, Mr. Conklin» osservò il capo.
«Al momento, cortesia e affabilità sono il mio ultimo pensiero, signore. Quello che voglio sapere è perché un’inattaccabile disposizione Quattro-Zero è stata ignorata e informazioni top secret divulgate, mettendo in pericolo parecchie vite, tra cui la mia!»
«Questo è oltraggioso, Alex!» lo interruppe uno dei due colleghi.
«E del tutto impreciso!» rincarò l’altro. «Una cosa del genere non potrebbe accadere, e tu lo sai!»
«Non lo so invece, ed è accaduto, e voglio dirvi io che cos’è oltraggiosamente preciso» ribatté Conklin, irato. «Là fuori c’è un uomo con una moglie e due figli, un uomo a cui questo paese e buona parte del mondo devono più di quanto si potrà mai ripagare, e che è costretto a fuggire, a nascondersi, terrori...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Copyright
  4. Dedica
  5. Prologo
  6. 1
  7. 2
  8. 3
  9. 4
  10. 5
  11. 6
  12. 7
  13. 8
  14. 9
  15. 10
  16. 11
  17. 12
  18. 13
  19. 14
  20. 15
  21. 16
  22. 17
  23. 18
  24. 19
  25. 20
  26. 21
  27. 22
  28. 23
  29. 24
  30. 25
  31. 26
  32. 27
  33. 28
  34. 29
  35. 30
  36. 31
  37. 32
  38. 33
  39. 34
  40. 35
  41. 36
  42. 37
  43. 38
  44. 39
  45. 40
  46. 41
  47. 42
  48. Epilogo