A Maria Santissima e al suo Cuore Immacolato,
che è stato, è e sarà sempre nostro sicuro rifugio,
affido e consacro questo libro.
Quei bambini del lebbrosario…
Tante persone – scrivendo al mio blog – hanno continuato, nel corso dei mesi, a chiedermi come sta Caterina e come si evolve la sua situazione. Alcuni mi parlano delle proprie afflizioni, delle prove che devono vivere e mi domandano come riuscire a non restarne schiacciati.
Ho scritto questo libro per loro e per ringraziare i moltissimi che hanno pregato e pregano per Caterina. Ma oso (sfacciatamente) mendicare ancora preghiere ardenti perché restiamo nella tempesta o – almeno – siamo ancora in cammino. Un cammino lunghissimo, drammatico e pieno di pericoli e incognite.
Questo libro vuole essere anche un atto di fede in Gesù che ci esorta a pregare come se avessimo già ottenuto ciò che chiediamo. E quindi un atto di ringraziamento.
Insieme vuole essere il mio ringraziamento a Dio per averci dato Caterina. Lo ringrazio di averla creata e fatta cristiana. Lo ringrazio di averla fatta così buona e bella, anche nell’anima. Lo ringrazio dello splendido popolo cristiano in cui è cresciuta e che l’ha sostenuta nella terribile prova presente. A questo popolo chiedo, con gratitudine, ancora preghiere per la nostra principessa…
Voglio testimoniare infine ciò che ha sostenuto me finora, ciò che mi ha dato conforto, coraggio, forza e anche gioia, pur fra le lacrime. Perché forse può essere un conforto e un abbraccio per altri che si trovano nella prova.
È un gesto d’amore che voglio fare con Caterina e per Caterina, verso molti sofferenti che sono soli, che non hanno la fortuna di avere tanti amici accanto, come abbiamo noi. Vorrei che ci sentissero vicini. La Madonna ci esorta ad aver compassione della sofferenza di tutti come l’abbiamo per il dolore dei nostri figli. Come se fossero tutti nostri figli.
Tentare di dare anche un soccorso materiale, concreto, è una delle cose che abbiamo deciso di fare, fin dall’inizio del dramma di Caterina. Abbiamo aiutato i bambini di un lebbrosario di un Paese del Terzo Mondo1 che ci hanno sciolto il cuore facendoci sapere, tramite un meraviglioso missionario, di aver pregato per Caterina. Li sentiamo come parte della nostra famiglia e della nostra compagnia.
Il dolore del mondo è un oceano sconfinato. Se noi facciamo la nostra piccola parte, il possibile, al resto pensa Lei, la Madre dolce e benedetta. Anche con i diritti d’autore di questo libro, dunque, voglio continuare aiutando – finché avrò respiro – altre opere missionarie e di carità per i più poveri e abbandonati.
Per esempio sosterremo il Meeting Point International (partner dell’Associazione Volontari per il Servizio Internazionale, (AVSI) della splendida Rose Busingye2 che a Kampala rappresenta una luminosissima speranza per tante donne poverissime e ammalate di Aids.3
Vorremmo aiutare anche – in ricordo di Andrea Aziani (di cui parlo nel libro) – i ragazzi più poveri delle disastrate periferie di Lima in Perù, per metterli in condizione di poter studiare. E anche una grande opera come Radio Maria, che sta compiendo un mirabile sforzo missionario in Africa.
Infine vorremmo aiutare, con adozioni a distanza, le povere ragazzine cristiane del Pakistan, dove essere cristiani condanna a una sorte pesantissima, a volte orrenda.4
Cosicché da un grande male che ha colpito la nostra famiglia, per grazia di Dio, possano nascere un bene e un conforto per tanti che sono sottoposti a dure prove.
Con Caterina, offriamo le nostre sofferenze per la gloria di Gesù, perché sia visibile la sua misericordia già quaggiù e per la salvezza dell’umanità intera (a cominciare da coloro che odiano).
Antonio Socci
Prima parte
Una figlia crocifissa
«Dio è con noi! Non nell’azzurra volta, non al di là degli infiniti mondi, non nel fuoco violento ed in tempesta, non nell’oblio dei trascorsi tempi. Egli ora è qui! Fra i vani e tristi casi, nel fiume, che la vita ansiosa turba… Dio è con noi!»
Vladimir Solov’ëv
Settembre bello e straziante
«Toglimi il pane, se vuoi,
toglimi l’aria, ma
non togliermi il tuo sorriso.»
Pablo Neruda
La mattina di quel 12 settembre ero baldanzoso come un bambino e non sapevo che Caterina, la mia Caterina, doveva morire quella sera stessa. Era scritto che alle 21,30 sarebbe finito il mondo. Per me. Per sempre. O sarebbe cominciato un nuovo mondo.
Il cielo azzurro, quella mattina, faceva pensare al mantello della Regina del Cielo. Uscendo di casa per prendere i giornali recitai mentalmente il Magnificat entusiasmato da quello splendore, che era come un sorriso materno sui nostri destini e sulle ire e le meschinità degli uomini.
Il cielo di Toscana a volte è scintillante come l’oro di Duccio. Ci sono belle giornate di vento in cui le nuvole si rincorrono fra le stelle. Nell’estate toscana di solito il cielo all’alba brilla proprio di questo azzurro abbagliante. Sembra ogni volta il primo mattino del mondo.
Quel giorno dunque trascorremmo un dolce, inconsapevole sabato nello splendore delle nostre colline, anticamera del paradiso…
Guardammo le foto scattate all’Isola del Giglio dove io non ero potuto andare sperando che lavorare al nuovo libro su Gesù potesse far intravvedere a molte persone mari più azzurri e fondali d’incanto e una più bella festa con figli e amici e un sole che non tramonta…
Intanto parlavamo della laurea di Caterina («mancano solo dodici giorni», «portiamo noi il vino?») e di quanto è splendida la vita e di tanti progetti e degli amici, cullandoci nel ricordo di lunghe passeggiate sulla spiaggia di Castiglion della Pescaia o fra Donoratico e San Vincenzo.
Nella sua agenda, al giorno 24 settembre, Caterina aveva scritto «LAUREA» a caratteri cubitali con disegni festosi attorno. Dopo anni di studio era il suo bel traguardo. Meritato. Che dono questi figli, tutti e tre. Che bravi e che belli. E che gioia: la nostra primogenita si laurea in Architettura… Piccola grande felicità umana. Mi alzai dal tavolo sotto il ciliegio, entrai in casa e ridendo danzai attorno al tavolo di Alessandra, mia moglie: «Non c’è nessuno più felice al mondo!».
Lei mi sorrise, ma dolcemente allarmata: «Non dirlo, per carità … Non si sa mai cosa ci riserva la vita». Fu una frazione di secondo. Mi tornò in mente l’esultanza di Violaine5 quando non sapeva di essere alla vigilia del suo martirio… O, invece, della sua gloria.
Dolce e luminoso, quel sabato arrivò al crepuscolo. Alessandra era alla messa della comunità . Mentre tornava, io cucinai un piatto di riso troppo salato a mio figlio piccolo (che non lo mangiò) e la sera, ancora estiva, era deliziosa su quel prato pieno di fratelli e nipoti. Mi immersi nei miei libri.
Il telefono suonò alle 21,30. Io lasciai che rispondessero di sopra. Percepii strani rumori di agitazione, poi il grido di Alessandra. In una frazione di secondo rammentai con terrore l’altro momento in cui gridò così: dodici anni prima, il giorno in cui – incinta – si accorse che rischiava di perdere il bambino.
La sera del 12 settembre avremmo preferito che a squarciare il nostro cuore fosse un colpo di lancia in pieno petto. Da Firenze, stavano chiamando le amiche e coinquiline di Caterina: un improvviso arresto cardiaco. Cosa? Caterina? Il cuore? Sì. Non batte più. È caduta in terra e da un’ora il suo cuore si è fermato e i medici, che le hanno tentate tutte per rianimarla, non sanno più che fare. Ormai stanno mollando…
Ci fecero capire che non c’era più niente da fare. Caterina non c’è più e il suo sorriso non lo rivedrò mai.
Un tornado di pensieri ed emozioni mi travolse in un attimo. Ricordo solo di aver cacciato un urlo disperato e assordante: «Gesùmionooooooooo!!!».
Io e Caterina
«Non amiamo se prima non siamo amati.»
Sant’Agostino
Caterina è bellissima. È sempre stata uno splendore, fin da piccola. Era buona, dolce, silenziosa. I suoi occhioni scuri, dalle lunghe ciglia, scrutavano attenti, da sotto una cascata di riccioli. Caterina è il fiore e il frutto di una storia. Di una storia cristiana.
Prima di raccontarvi ciò che accadde nell’ora successiva a quel mio grido, mentre correvamo disperati verso Firenze, è necessario farvi conoscere la storia da cui è germogliata Caterina. Dunque perdonatemi l’apparente divagazione e seguitemi con attenzione, perché è una storia grande e bella.
Ad essa infatti, come a quella del mio poeta amato, han posto mano cielo e terra. Caterina è figlia dell’incontro del Cielo e della Terra.
La terra è quella toscana, e in particolare il Chianti, dentro le cui viscere di carbone mio nonno prima e mio padre poi hanno sudato, per decenni, il loro onesto pane come minatori. Una terra dove si respirano i secoli cristiani.
Alessandra è nata ai piedi del castello di Monteriggioni, a un tiro di sasso dalla chiesa romanica di Abbadia a Isola.
In questa terra, ondulata e turrita, affondo profonde radici. Ne conosco a memoria tutta la gloria, tutti gli odori, i colori, le pievi, le pale d’altare, i boschi e le vigne, fino alle sfumature di ogni stagione e ogni ora del giorno… E i cipressi e gli olivi.
Il cielo azzurro irruppe nella vita mia e della ragazza che avrei sposato con una strana compagnia di amici arrivati dalla turbolenta Milano degli anni Settanta. E fece fiorire la nostra giovinezza, ci fece diventare amici, ci fece amare la nostra terra e i nostri santi. All’origine di questa storia c’è un grande padre e maestro: don Luigi Giussani.
Nel punto d’incontro fra la nostra terra e questo cielo azzurro è stato generato un fiore il cui nome – non a caso – è quello di Caterina, la nostra grande santa del cielo e della terra, perché io e Alessandra non ci saremmo mai conosciuti né sposati se non ci fossimo incontrati in quella meravigliosa «picciola compagnia» di amici, una shakespeariana «banda di fratelli», attorno ad Andrea e Dado, Lorenza e Ornella, mandati a Siena da don Giussani.
Da oggi fino alla fine del mondo verremo ricordati. Noi pochi. Noi pochi felici. Noi banda di fratelli. Perché chiunque ha versato il suo sangue insieme...