Impatto
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Impatto

  1. 414 pagine
  2. Italian
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Informazioni su questo libro

La Terra è diventata
un bersaglio.
E all'agente Wyman Ford
restano solo 60 ore
per salvarla.

Che cos'ha in comune un meteorite precipitato al largo della costa del Maine con le misteriose pietre radioattive color ambra in vendita nei mercati clandestini di Bangkok? A Wyman Ford, ex agente della CIA, viene affidato il compito di individuarne il luogo di estrazione: perché quello sconosciuto minerale, nelle mani sbagliate, potrebbe rivelarsi un'arma di potenza distruttiva. O almeno così la pensa il governo americano. Ma quando, in Cambogia, Ford scopre che la cava delle "gocce di miele" ha una insolita conformazione a cratere, si fa pericolosamente concreta l'ipotesi di Abbey Straw, la ragazza appassionata di astronomia che ha previsto l'arrivo del meteorite: secondo lei, il corpo celeste avrebbe perforato la crosta terrestre nel Maine per riemergere dall'altro lato del pianeta. Intanto, in California, viene assassinato lo studioso di astronomia Jason Freeman: aveva scoperto che sulla superficie di Deimos, satellite di Marte, è visibile il profilo di una strana struttura simile a un cannone. È chiaro che la Terra è ormai diventata un gigantesco, indifeso bersaglio. E all'agente Ford restano solo sessanta ore, il tempo di rotazione del satellite, per salvarla da un nuovo, e potenzialmente catastrofico, lancio. Dopo il successo di Eresia, il nuovo thriller apocalittico di Douglas Preston: un vorticoso viaggio nello spazio, un conto alla rovescia che toglie il respiro.

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Informazioni

Editore
RIZZOLI
Anno
2011
Print ISBN
9788817037907

Parte seconda

Capitolo 37

Ford entrò nell’ufficio di Lockwood e lo trovò seduto alla scrivania. Accanto a lui c’era un generale brizzolato in uniforme da campo; Ford lo riconobbe, era il delegato del Pentagono all’Ufficio della Scienza e della Politica Tecnologica.
«Wyman» fece le presentazioni Lockwood, alzandosi, «già conosci il generale Jack Mickelson dell’aviazione, vicedirettore della National Geospatial-Intelligence Agency. Di fatto, ne è il responsabile.»
Ford porse la mano al generale, che si alzò a sua volta. «Piacere di rivederla, signore» disse, con una certa freddezza.
«Il piacere è tutto mio, signor Ford.»
La stretta di mano del generale non era forte e ruvida come quella tipica dei militari, sempre tesi a dimostrare la propria virilità. Ford ricordò che aveva sempre apprezzato questa caratteristica di Mickelson, ma si accorse di non essere più molto sicuro che quell’uomo gli piacesse, adesso.
Lockwood aggirò la scrivania e indicò il salottino dell’ufficio. «Accomodatevi.»
Ford si sedette; il generale gli si accomodò davanti a lui e Lockwood si sistemò sul divano.
«Ho chiesto al generale Mickelson di essere presente perché so che lo stimi, Wyman, e spero che potremo risolvere la faccenda senza complicazioni.»
«Bene. Allora veniamo al sodo» disse brusco Ford, squadrando Lockwood. «Mi hai mentito, Stanton. Mi hai mandato a compiere una missione pericolosa, mi hai nascosto il vero scopo del mio incarico e hai omesso di comunicarmi delle informazioni importanti.»
«Ciò che stiamo per rivelarti è coperto dal segreto di Stato» disse Lockwood.
«Sai fin troppo bene che non c’è bisogno di ricordarmelo.»
Mickelson si sporse in avanti, appoggiando i gomiti alle ginocchia. «Wyman… posso? E mi chiami Jack, la prego.»
«Con tutto il dovuto rispetto, generale, niente convenevoli. Solo spiegazioni.»
«Molto bene.» La sua voce aveva il giusto tono marziale, i suoi occhi azzurri erano amichevoli, la consapevolezza della sua importanza era moderata dall’uniforme sgualcita e dai modi informali. Ford provò un’ondata di irritazione, perché era certo che stessero per propinargli una versione dei fatti riveduta e corretta.
«Come forse lei sa, abbiamo un network di sensori sismici in tutto il mondo, tramite il quale possiamo tenere sotto controllo eventuali test nucleari illegali. Il 14 aprile, alle 21.44, abbiamo rilevato una possibile attività nucleare tra le montagne della Cambogia. Naturalmente abbiamo indagato. È risultato subito chiaro che si trattava di un impatto meteoritico, del quale abbiamo localizzato il cratere. Più o meno alla stessa ora sulla costa del Maine è stata avvistata una meteora, che è poi caduta in mare. Due eventi simultanei. Gli scienziati hanno spiegato che con ogni probabilità un piccolo asteroide si è spezzato in due e i frammenti si sono allontanati tanto da cadere in località molto distanti tra loro. Pare che sia un evento piuttosto frequente.»
Si fermò, perché dalla scrivania di Lockwood arrivava il suono di un campanello elettronico. Un attimo dopo il solito maggiordomo spinse nello studio il carrello con il bricco d’argento del caffè, le tazzine e le zollette su un piatto di vetro blu. Ford se ne versò una tazza e bevve senza aggiungere zucchero. Scuro, ristretto, appena fatto. Mickelson non lo imitò.
Quando l’uomo fu uscito, il generale riprese a parlare. «Gli impatti di meteoriti non fanno parte delle nostre competenze, quindi ci siamo limitati ad archiviare i dati. La storia sarebbe finita lì, ma…»
Il militare prese un sottile fascicolo azzurro dalla valigetta, lo posò e lo aprì. Dentro c’era un’immagine scattata dallo spazio di quella che Ford riconobbe subito come la miniera delle gocce di miele in Cambogia.
«Subito dopo le gemme radioattive hanno fatto la loro comparsa sul mercato. L’antiterrorismo se n’è interessato immediatamente, temendo che il materiale potesse essere usato per confezionare bombe sporche. Per concentrare l’Americio-241 contenuto in quelle pietre basta un’attrezzatura da laboratorio scolastico.»
«E l’impatto in Maine? Avete mandato qualcuno a indagare?»
«Sì, ma il meteorite è caduto nell’Atlantico, ad almeno sei miglia dalla costa. Era irrecuperabile e non ci è stato possibile determinare il punto preciso dell’impatto.»
«Capisco.»
«Insomma, sapevamo della Cambogia, sapevamo che le gemme venivano da quella zona, ma non potevamo confermare il nesso. Bisognava mandare un uomo sul campo.»
«E qui sono entrato in gioco io.»
Mickelson annuì. «Le è stato detto tutto ciò che le serviva.»
«Generale, con il dovuto rispetto, avreste dovuto darmi più copertura, avrei dovuto saperne di più e avreste dovuto mostrarmi le immagini del satellite. È ciò che avreste fatto se fossi stato un agente della CIA.»
«Francamente, è per questo che ci siamo rivolti a un esterno. Volevamo solo due occhi sul posto. Una conferma indipendente. Non ci aspettavamo…» Si schiarì la voce e si appoggiò allo schienale «Non ci aspettavamo che lei avrebbe distrutto la miniera.»
«Ancora non credo che questa sia tutta la verità.»
Lockwood si raddrizzò sul divano. «Ma certo che non ti stiamo dicendo tutta la verità! Per l’amor del cielo, Wyman, quando mai si gioca a carte scoperte, in questo campo? Volevamo esaminare la miniera intatta. Ci hai creato un enorme imbarazzo.»
«Ecco un altro problema, quando si ingaggia un collaboratore indipendente» commentò Ford, freddamente.
Lockwood sospirò, irritato.
«Perché era tanto importante, quella miniera?» chiese Ford. «Almeno questo me lo potete dire?»
«Il meteorite doveva essere molto insolito, a giudicare dall’analisi delle gemme.»
«In che senso?»
«Anche se lo sapessimo, e ancora non lo sappiamo, non te lo potrei rivelare. Ti basti sapere che non abbiamo mai trovato niente di simile, prima. E ora, Wyman, ci consegni i dati? Per favore.»
Ford aveva già notato i soldati che aspettavano fuori dall’ufficio di Lockwood e sapeva cosa gli sarebbe successo se non avesse obbedito. Non importava: aveva avuto ciò che voleva. Prese dalla tasca una memoria USB e la buttò sul tavolino. «C’è tutto, ed è criptato: fotografie, coordinate GPS, video.» Comunicò loro la password.
«Grazie.» Lockwood sorrise mestamente e prese la memoria. Posò sul tavolo una busta bianca. «La seconda parte del tuo compenso. Ti aspettano a Langley oggi pomeriggio per un rapporto dettagliato: alle due in punto, nella sala conferenze del direttore. Dopodiché il tuo incarico sarà ufficialmente concluso.» Lockwood si sistemò con una mano la cravatta di seta rossa, si aggiustò la giacca blu e si ravviò i capelli all’altezza di una tempia. «Il presidente ti ringrazia per l’ottimo lavoro, nonostante tu non abbia, diciamo, seguito le istruzioni.»
«Concordo» disse Mickelson. «Ottimo lavoro, Wyman.»
«Lieto di essere stato utile» commentò Ford, con un accenno di ironia. Poi, quasi en passant, aggiunse: «Mi sono quasi dimenticato di dirvi una cosa».
«Sì?»
«Avete detto che l’asteroide si è spezzato e che i due frammenti hanno colpito la Terra.»
«Esatto.»
«Vi sbagliate. Si è trattato di un solo corpo.»
«Impossibile» disse Mickelson. «Gli scienziati sono certi che ci siano stati due impatti, uno nell’Atlantico e uno in Cambogia.»
«No. La miniera in Cambogia non era un cratere da impatto.»
«E allora cos’era?»
«Un foro di uscita.»
Lockwood sgranò gli occhi, mentre Mickelson si alzava in piedi. «Stai dicendo…?»
«Esatto. Il meteorite che ha colpito il Maine ha attraversato la Terra ed è uscito in Cambogia. I dati su quella memoria dovrebbero confermarlo.»
«Come fai a distinguere un foro d’ingresso da uno d’uscita?»
«Come per i fori provocati dalle pallottole: il primo è pulito e simmetrico, il secondo è un orribile casino. Vedrete cosa intendo.»
«Ma cosa mai sarebbe capace di attraversare la Terra?» chiese Mickelson.
«Questa» ironizzò Ford, prendendo l’assegno «è una gran bella domanda.»

Capitolo 38

Per cena, Abbey aveva preparato cheeseburger, ma la carne era troppo cotta e troppo asciutta, il formaggio si era bruciacchiato nella padella e il pane era umido. Il padre sedeva di fronte a lei, con gli occhi bassi, e masticava in silenzio. Era stato zitto per tutta la sera.
Posò il panino mezzo mangiato sul piatto, lo allontanò appena dal bordo del tavolo e guardò Abbey. Aveva gli occhi iniettati di sangue. Per un istante lei temette che avesse ricominciato a bere, come dopo la morte di sua madre, ma poi si accorse che il problema era un altro, e che lui non odorava di birra.
«Abbey?» Aveva la voce spezzata.
«Sì, papà?»
«Oggi ho parlato con quelli dell’assicurazione.»
Sentì il boccone bloccarsi in gola. Riuscì a mandarlo giù a fatica.
«Non copriranno il danno.»
Ci fu un lungo silenzio.
«Perché?»
«È una delle clausole della polizza. Non stavi pescando. Quello che stavi facendo, per loro, è un uso ricreativo.»
«Ma… potremmo far finta che stavo pescando.»
«C’è il rapporto della Guardia Costiera, quello della polizia, gli articoli di giornale. Non stavi pescando. Fine della storia.»
Abbey aveva la bocca improvvisamente secca. Cercava qualcosa da dire, ma non le veniva in mente niente.
«Sto ancora pagando la barca e finché non saldo il debito nessuno mi farà un prestito per comprarne una nuova. Il mutuo vale più della casa. I pochi risparmi che avevo se ne sono andati per i quattro anni e mezzo che hai perso all’università.»
Abbey deglutì di nuovo, fissando il piatto. Aveva la sensazione che la sua bocca fosse piena di cenere. «Ti darò il mio stipendio. Venderò il telescopio.»
«Grazie. Accetto l’aiuto. Jim Clayton mi ha offerto un posto da timoniere per il resto della stagione. Tra i tuoi guadagni e i miei, se la pesca va bene, forse riusciremo a non perdere la casa.»
Abbey sentì un’enorme lacrima formarsi e scenderle lungo la guancia, indugiare un attimo e poi cadere sul piatto, seguita da un’altra e un’altra ancora. «Mi dispiace tanto, papà.»
La mano ruvida di lui si strinse attorno alla sua. «Lo so.»
Lei piangeva sul piatto, a capo chino, con le lacrime che cadevano sul panino. Dopo qualche istante il padre si alzò, andò alla vecchia poltrona di tela nera accanto alla stufa, ci si accomodò e iniziò a leggere il «Lincoln County News».
Abbey sparecchiò, buttò quel che restava dei cheeseburger nel secchio per le galline e lavò i piatti, impilandoli sul piano da lavoro. Dicevano sempre che avrebbero comprato una lavastoviglie, prima o poi, ma quel giorno non sarebbe mai arrivato.
Bene, pensò Abbey, con uno strano senso di distacco, aveva definitivamente rovinato la vita di suo padre.

Capitolo 39

«Destinazione raggiunta» disse la suadente voce femminile del GPS. Wyman Ford parcheggiò sullo spiazzo sterrato davanti all’emporio, scese dall’auto e si guardò intorno. Dall’altra parte della strada c’era un campo pieno di lupini pronti a fiorire. In cima alla collina dietro di lui si ergevano due chiese ai lati della strada, una, congregazionalista, marrone, e l’altra, una «casa del culto» metodista, bianca. Sulla stessa via si affacciavano una decina di case di legno e il negozio di alimentari, che occupava un brutto e decadente edificio.
Il paese era tutto lì.
Ford consultò gli appunti. Aveva già visitato e spuntato sul suo elenco le località di New Harbor, Pemaquid, Chamberlain e Muscongus, quindi restava sola questa.
Round Pond.
La strada oltrepassava il n...

Indice dei contenuti

  1. Cover
  2. Rizzoli best
  3. Frontespizio
  4. Dedica
  5. Parte prima
  6. Parte seconda
  7. Ringraziamenti
  8. Indice