
- 420 pagine
- Italian
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eBook - ePub
La riconquista di Mompracem
Informazioni su questo libro
Che cosa manca a Yanez, ormai principe dell'Assam? Mompracem è ancora nelle mani degli inglesi. Ma le Tigri della Malesia faranno qualunque cosa pur di riprendersi l'isola mai dimenticata.
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Informazioni
Print ISBN
9788817063814eBook ISBN
9788858641620L’ambasciatore inglese
Mai l’inglese, anche durante le sue cacce in India od in altre regioni dell’Asia, aveva veduto la morte così vicina.
Yanez, fermo a due passi di distanza, teneva sempre puntate le pistole e le sue mani non avevano un tremito. Un rifiuto, un’esitazione, e quattro spari dovevano echeggiare là dove fino allora era vibrato il pianoforte.
– Orsù – disse Yanez, alzando un po’ le pistole. – Vi decidete sì o no? Per Giove! Io a quest’ora, preso così fra l’uscio ed il muro o, se vi piace meglio, fra la vita e la morte, non avrei esitato. È vero che un portoghese non è un inglese.
– Insomma che volete da me? – chiese l’uomo dai favoriti rossi.
– Vi faccio osservare che non mi avete chiamato ancora Altezza, milord.
– Io non vi riconosco questo titolo.
– La corona che mia moglie la rhani porta sulla fronte, ai confini del Bengala, è abbastanza pesante, signor mio, per farvi rispettare le persone. Sono un rajah e basta. Ditemi invece chi siete voi. Sono due minuti che attendo la vostra risposta e che aspetto di graziare od uccidere un uomo.
L’inglese, quantunque facesse degli sforzi supremi per mantenersi tranquillo, impallidiva a vista d’occhio.
– La risposta! – ripeté Yanez.
– Insomma che cosa volete fare di me? Io non lo so ancora.
– Solamente impedirvi di andare a Varauni come ambasciatore dell’Inghilterra, perché quel posto verrà occupato da un’altra persona che io ora non posso nominare.
– E vorreste arrestarmi?
– Certo, milord, vi imbarcherò sul mio yacht, dove sarete trattato con tutti i riguardi possibili.
– E fino a quando?
– Fino a quando piacerà a me.
– È un sequestro di persona.
– Chiamatelo come volete, milord: a me non disturberà i miei sonni. Ed ora, milord, conducetemi nella vostra cabina e consegnatemi le credenziali per il Sultano del Borneo.
– È troppo! – urlò l’inglese.
– Ma obbedendo salvate la vita. Sbrigatevi: abbiamo annoiato abbastanza queste signore e queste signorine.
Si era voltato, facendo un cenno.
Subito quattro malesi, robusti come piccoli tori, lo raggiunsero in mezzo alla sala.
– Voi, poi, – gridò Yanez volgendosi verso la scorta sempre immobile – al primo tentativo di rivolta fate fuoco.
Prese un candeliere che si trovava sul pianoforte e spinse avanti l’inglese il quale, ormai, non si sentiva più in grado di tentare la menoma resistenza.
– Andiamo! – gli disse.
Attraversarono il salone, aprendosi il passo fra i passeggeri terrorizzati e impotenti e sempre seguiti da quattro malesi, raggiunsero il quadro di poppa, dove si trovavano le cabine di prima classe. Yanez si era messo a leggere i cartellini attaccati alle porte e che portavano il nome, cognome e condizione dei viaggiatori.
– Sir William Hardel, ambasciatore inglese – lesse. – È dunque questa la vostra cabina?
– Sì, signor brigante! – rispose l’inglese, furibondo.
– Fareste meglio a chiamarmi Altezza, ve l’ho già detto. Aprite, signor mio.
Sir William non osò rifiutarsi. Si sentiva addosso i quattro malesi, i quali pareva che avessero una voglia pazza di metterlo a pezzi coi loro terribili parang.
La porta fu aperta ed i sei uomini entrarono in una bellissima e spaziosa cabina, ammobiliata con molto lusso e soprattutto con buon gusto.
Yanez, che osservava tutto, balzò verso il canterano dove si trovava una pistola e la passò ai suoi uomini, dicendo al disgraziato ambasciatore:
– Certe volte succedono delle cose che non si possono prevedere e sono quasi certo che se voi foste giunto prima di me presso quell’arma, me l’avreste scaricata in petto.
– Le occasioni non mancheranno – rispose sir William.
Mentre i malesi lo attorniavano per impedirgli di fare il menomo atto di ribellione, aprì la sua grossa e splendida valigia di pelle gialla con gli angoli d’acciaio.
– Sono qui le credenziali? – chiese Yanez.
– Sì, bandito.
– Fatemele vedere.
– Sono in quel pacco di carta rossa sigillata.
– Benissimo.
Il portoghese spezzò i timbri, tolse l’involucro e trasse diversi documenti che scorse rapidamente.
– Sono in perfetta regola, sir William Hardel.
Li rimise nel bagaglio, poi, volgendosi verso due dei suoi uomini, aggiunse:
– Portate tutto ciò a bordo del mio yacht.
– Assassino! – gridò l’inglese. – Mi private perfino delle mie vesti e del mio denaro!
– No, sir William, lo metto solamente al sicuro.
– Ed ora che cosa volete fare di me?
– Seguirete questi due altri uomini, i quali hanno precedentemente ricevuto tutti gli ordini necessari. Badate di non tentare la fuga, perché allora avreste da far i conti coi parang e so io come tagliano.
– Il mio governo non lascerà impunita una simile infamia.
– Certo, sir Hardel – rispose Yanez un po’ beffardamente. – Non so però chi lo avvertirà .
– I passeggeri della nave o il capitano. Appena saranno giunti a Varauni telegraferanno al governatore di Labuan.
– Non sono ancora giunti nella capitale del Sultanato. Andiamo, signor ambasciatore, io non voglio farmi sorprendere all’alba da qualche cannoniera, quantunque abbia una flottiglia poderosa.
I due malesi ad un cenno del portoghese avevano afferrato strettamente per le braccia il povero sir, gli altri portavano la valigia che pareva pesantissima.
Quando tornarono nel gran salone, ancora tutti vivi, i passeggeri mandarono un grande sospiro di soddisfazione ed assistettero, al pari dei marinai perfettamente immobili, all’uscita dell’ambasciatore.
Il capitano del piroscafo si avvicinò a Yanez, chiedendogli con voce rabbiosa:
– Che cosa volete ancora da noi?
– Finire il waltzer con quella graziosa signora – rispose il portoghese, tranquillamente.
– Ancora? E quando ve ne andrete fuori dai piedi?
– Ah!… C’è tempo, capitano.
S’avvicinò al pianoforte, dove stava sempre seduta la bionda miss e le disse:
– Signorina, per circostanze indipendenti dalla mia volontà ho dovuto interrompere il ballo. Vorreste riprenderlo? Ah!… I waltzer di Strauss sono veramente meravigliosi!
– Quest’uomo è pazzo! – pensò certo il capitano.
Yanez si era voltato bruscamente, verso il comandante, col viso scuro.
– Signor mio, – gli disse – vorreste dirmi come vi chiamate?
– Tanto v’interessa?
– Non si sa mai.
– John Foster: io non ho paura a dirvelo.
– Grazie.
Trasse da una tasca un piccolo libriccino legato in pelle ed oro e scrisse quel nome; poi mosse, sempre pacato, sempre magnifico nella sua grande calma, verso la signora con la quale aveva incominciato il waltzer e che pareva lo aspettasse.
– Volete finirlo, signora…?
– Lucy Wan Harter.
– Ah! Un’olandese?
– Sì, Altezza.
– Mi ricorderò di voi.
Il waltzer era incominciato ed i passeggeri, vedendo il terribile uomo slanciarsi fra i vortici della danza e sorridere alla sua dama, dapprima timidamente, poi più animatamente, avevano seguito l’esempio, guardando bene però di tenersi lontani dalla coppia che danzava al centro del salone.
Solamente il tenore non si era più fatto udire. Lo spavento doveva aver paralizzato i suoi mezzi vocali.
Il waltzer era terminato e Yanez aveva condotto verso un divano la bella olandese, la quale non cessava di fissarlo intensamente, con quell’olimpica calma che è una specialità dei popoli bagnati dal freddo e tempestoso Mare del Nord.
Una profonda ansietà si era impadronita di tutti. Pareva che si chiedessero che cosa voleva ora fare il terribile uomo.
Yanez si asciugò il sudore che gli bagnava la fronte, poi disse, volgendosi verso i passeggeri:
– Signore e signori: vi accordo dieci minuti per portare i vostri bagagli in coperta.
Il capitano, che digrignava i denti presso il pianoforte, si era slanciato innanzi, colle pugna chiuse, chiedendo:
– Che cosa volete fare ora, furfante?
– Mia Altezza desidera vedere una nave saltare in aria – rispose francamente il portoghese.
– La mia?
– È della Compagnia, quindi non è affatto vostra.
– Mi è stata affidata!
– Difendetela, se vi credete abbastanza forte. Io sono un uomo che non rifiuta mai un combattimento.
– Miserabile pirata! Mi avete preso per il collo e cercate ora di strozzarmi.
– La vostra nave, non voi.
– Avete trenta prahos, fatene saltare uno se volete divertirvi, o anche mezza dozzina.
– Oh! Siete spiccio voi!
– È ora di finirla con questa infame canagliata.
Yanez trasse un portasigari tempestato di brillanti, levò una sigaretta, l’accese, e, dopo aver gettato in aria alcune boccate di fumo profumato, disse con voce che non ammetteva replica:
– Quando io avrò finito di fumare questa sigaretta, il piroscafo dovrà essere sgombro delle persone che lo montano. I macchinisti sono stati tutti arrestati ed ho fatto già collocare presso i forni un barile contenente cento chilogrammi di polvere. Suvvia, capitano: fate portare in coperta i bagagli delle signore e dei signori e date l’ordine che si mettano in mare tutte le scialuppe.
– Bisogna che vi uccida: ricordatevi di John Foster.
– Mi sono segnato il vostro nome, come avete veduto. Talvolta gli uomini si incontrano quando meno credono.
– Ed io spero bene di trovarvi, un giorno! – ruggì il capitano, al colmo dell’esasperazione.
– Ed io sarò lieto di offrirvi una buona bottiglia di vino portoghese a bordo del mio yacht. Badate che ho fumato già ...
Indice dei contenuti
- Cover
- Frontespizio
- Copyright
- L’abbordaggio dei malesi
- L’ambasciatore inglese
- Uno spettacolo selvaggio
- L’attacco alla cannoniera
- Un terribile momento
- Una pesca emozionante
- La crociera dell’yacht
- Le furie sanguinarie di John Foster
- Una partita di dadi che finisce male
- Una corsa attraverso il mare
- La fuga dell’ambasciatore
- Tigri e leopardi
- Un altro attentato
- Le grandi cacce del Sultano
- Il tradimento dei naufraghi
- La stanza da letto dell’elefante
- Un tragico duello
- L’assalto dei rajaputi
- Le bande della Tigre
- Tigri indiane e tigri malesi
- Una battaglia di giganti
- All’assalto di Varauni
- Nella baia
- La riconquista dello scoglio
- Conclusione
- L’isola dell’adolescenza
- Indice