Il mastino dei Baskerville
eBook - ePub

Il mastino dei Baskerville

  1. 308 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Il mastino dei Baskerville

Informazioni su questo libro

Una maledizione perseguita i Baskerville. Un cane feroce uccide uno dopo l'altro i membri della casata. Almeno Sir Henry, l'ultimo discendente, si salverà? Il suo destino è nelle mani di Sherlock Holmes.

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Informazioni

Editore
BUR
Anno
2013
Print ISBN
9788817063807
eBook ISBN
9788858641606

ARTHUR CONAN DOYLE

Il mastino dei Baskerville

Postfazione di Antonio Faeti










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Titolo originale: The Hound of the Baskervilles
Traduzione di Maria Buitoni Duca
© 1982, 1992 R.C.S. Rizzoli Libri S.p.A.
© 1994 RCS Rizzoli Libri & Grandi Opere S.p.A., Milano
© 1998 RCS Libri S.p.A., Milano


Prima edizione digitale 2013 da edizione Bur ragazzi gennaio 2013
eISBN 978-88-58-64160-6



Copertina:
Illustrazione di Jeffrey Fisher
Progetto grafico di Mucca Design
Per conoscere il mondo BUR visita il sito www.bur.eu
Quest’opera è protetta dalla Legge sul diritto d’autore.
È vietata ogni duplicazione, anche parziale, non autorizzata.

Il signor Sherlock Holmes

Il signor Sherlock Holmes aveva l’abitudine di alzarsi tardi la mattina, molto tardi. Salvo quando, non di rado, passava buona parte della notte in piedi: allora era assai mattiniero. In questo momento era seduto a tavola, intento a consumare la prima colazione. Io ero in piedi accanto al camino; a un certo punto ho preso in mano il bastone da passeggio dimenticato dallo sconosciuto visitatore la sera prima. Era di un bel legno grosso, con in cima un pomo: quei bastoni di tipo malese che chiamano Penanglawyer. Sotto al pomo, c’era una fascetta d’argento alta circa tre centimetri con sopra inciso A James Mortimer, M.R.C.S., dai suoi amici del C.C.H. e la data 1884. Un bel bastone, ideale per un medico di famiglia vecchio stile: dignitoso, solido, rassicurante.
«Allora Watson, cosa ne dice?»
Holmes sedeva di spalle e io non avevo aperto bocca.
«Come diavolo fa a sapere cosa faccio? Possibile che abbia gli occhi anche dietro la testa!»
«No, ma davanti ho una caffettiera d’argento lucida» ha risposto. «Mi dica, Watson, che cosa ne dice del bastone del nostro visitatore? Dal momento che non abbiamo avuto il piacere di incontrarlo e non conosciamo la ragione della sua visita, questo oggetto acquista una certa importanza. Ora che l’ha esaminato bene, vediamo un po’ se saprebbe descriverne il proprietario.»
«Direi» ho cominciato, cercando di adeguarmi il più possibile alla tecnica del mio amico, «che il dottor Mortimer è un medico anziano, di un certo successo e anche stimato, come dimostra questo gentile omaggio.»
«Bene!» ha approvato Holmes. «Magnifico!»
«Si tratta probabilmente di un medico di campagna, che fa gran parte delle sue visite a piedi.»
«Perché?»
«Perché questo bastone, che da nuovo era certamente molto bello, è ridotto così male che non può certo appartenere a un medico di città. Guardi il puntale di ferro: doveva essere molto grosso, ma adesso è tutto consumato. Segno evidente che il suo padrone se ne è servito molto per camminare.»
«Giustissimo!»
«E poi c’è la dedica amici del C.C.H.. Direi che si tratta di un circolo della caccia; probabilmente i membri hanno voluto fargli questo piccolo dono in cambio dell’assistenza medica ricevuta.»
«Watson, lei è davvero insuperabile!» ha esclamato Holmes, spingendo indietro la sedia e accendendosi una sigaretta. «Mi convinco sempre più che, per mettere in risalto le mie piccole imprese, finisce per sottovalutare se stesso. Forse lei non è quel che si dice una fonte di luce, ma certamente è un buon conduttore. È proprio vero: ci sono delle persone che, pur non avendo del genio, riescono tuttavia a stimolarlo meravigliosamente negli altri. Confesso, mio caro amico, che le devo molto.»
Non si era mai espresso in questi termini nei miei confronti e devo ammettere che le sue parole mi hanno fatto un gran piacere, più di una volta mi ero seccato per l’indifferenza con cui aveva accolto i miei slanci d’ammirazione e i miei tentativi di mettere in risalto pubblicamente i suoi straordinari metodi d’indagine. Inoltre, ero orgoglioso di avere assimilato la sua tecnica, tanto da metterla in atto e meritarmi la sua approvazione. Holmes ha preso il bastone e l’ha osservato attentamente per qualche minuto a occhio nudo. Sembrava molto interessato; ha posato la sigaretta, si è avvicinato alla finestra e l’ha esaminato di nuovo con la lente d’ingrandimento.
«Interessante anche se elementare» ha concluso, sedendosi di nuovo nel suo angolo preferito sul divano. «Ci sono un paio di tracce sul bastone che possono costituire certamente la base per parecchie deduzioni.»
«Mi è sfuggito qualcosa?» ho chiesto un po’ risentito. «Mi pare di non avere tralasciato niente d’importante, vero?»
«Temo proprio, mio caro Watson, che la maggior parte delle sue conclusioni siano sbagliate. Quando ho detto che lei ha un effetto stimolante su di me, veramente intendevo dire che, proprio in considerazione dei suoi errori, sono stato talvolta spinto a prendere la strada giusta. Con ciò, non dico che in questa particolare circostanza abbia sbagliato tutto. Si tratta certamente di un medico di campagna che cammina parecchio.»
«Allora avevo ragione.»
«Fin qui, sì.»
«Ma è tutto.»
«No, no, caro Watson! Niente affatto. Direi, per esempio, che è più probabile che un regalo a un medico venga da un ospedale che da un circolo della caccia ed è quindi naturale che le iniziali corrispondano a Charing Cross Hospital.»
«Può darsi.»
«È l’unica probabilità e, se la prendiamo come ipotesi di lavoro, avremo una nuova base da cui partire per costruire la figura del nostro visitatore sconosciuto.»
«Supponiamo allora che C.C.H. stia per Charing Cross Hospital: che altra conclusione possiamo trarre?»
«Provi a pensare! Conoscendo i miei metodi, non le resta che applicarli.»
«Riesco soltanto a trarre l’ovvia conclusione che il nostro uomo ha lavorato come medico in città prima di trasferirsi in campagna.»
«Direi che possiamo andare un po’ oltre. Consideri la cosa sotto questo aspetto: in quale occasione è più probabile che gli sia stato fatto questo regalo? Quando hanno deciso i suoi amici di dargli tutti insieme un segno tangibile della loro stima? Naturalmente quando il dottor Mortimer ha lasciato il lavoro all’ospedale e si è messo in proprio. Sappiamo di sicuro che c’è stato un regalo. Pensiamo che si è verificato un cambiamento, dall’ospedale di città a un lavoro in campagna. Le sembra azzardato dedurre che il regalo è stato fatto proprio in occasione di questo cambiamento?»
«Molto probabilmente è così.»
«Converrà che non poteva essere un primario, perché soltanto un medico di gran successo a Londra può aspirare a tale posizione in un ospedale e in questo caso non deciderebbe certo di andarsene in campagna. E allora, cos’era? Se lavorava in un ospedale, senza tuttavia fare il primario, non poteva essere che un assistente in medicina o in chirurgia: poco più anziano di uno studente, quindi. E se n’è andato cinque anni fa, c’è la data sul bastone. Così la sua immagine di medico di famiglia serio, di mezza età, svanisce nell’aria, mio caro Watson, ed ecco emergere quella di un tipo giovane, sui trenta, simpatico, privo di ambizioni, distratto, proprietario di un cane, diciamo più grande di un terrier e più piccolo di un mastino.»
Sono scoppiato a ridere, incredulo, mentre Sherlock Holmes si lasciava andare contro lo schienale del divano, soffiando piccoli anelli di fumo verso il soffitto.
«Per quanto riguarda l’ultima parte, non posso controllare la verità di quanto afferma» ho osservato, «ma possiamo senz’altro sapere qualcosa di preciso sull’età e sulla carriera professionale di questa persona.»
Ho preso dallo scaffale l’Annuario dei Medici e ho cercato il nome. C’erano parecchi Mortimer, ma soltanto uno poteva riferirsi al nostro visitatore. Ho letto ad alta voce la nota che lo riguardava.
«Mortimer, James, M.R.C.S., 1882, Grimpen, Dartmoor, Devon. Medico chirurgo, dal 1882 al 1884, presso il Charing Cross Hospital. Vincitore del premio Jackson di patologia comparata con una tesi sul tema La malattia è ereditaria?. Membro e corrispondente della Società di Patologia svedese. Autore di “Anomalie ataviche” (Lancet, 1882), di “C’è progresso in noi?” (Journal of Psychology, marzo 1883). Medico condotto presso i comuni di Grimpen, Thorsley e High Barrow.»
«Nessun accenno a quel circolo della caccia, Watson» ha notato Holmes, con un sorriso malizioso, «ma si tratta di un medico di campagna, quindi ha indovinato. Quanto alle mie conclusioni, penso siano giustificate. Se ricordo bene, l’ho definito: simpatico, privo di ambizioni, distratto. Ebbene, so per esperienza che solo un tipo simpatico riceve regali, solo un medico privo di ambizioni abbandona una carriera a Londra per ritirarsi in campagna e, infine, soltanto un distratto lascia a casa vostra il bastone anziché il biglietto da visita, dopo che vi ha aspettato per più di un’ora.»
«E il cane?»
«Ha l’abitudine di reggere il bastone del padrone. Essendo pesante, il cane lo addenta ben stretto nel mezzo e infatti sono visibili i segni dei denti. La mandibola del cane, si vede dallo spazio tra un segno e l’altro, secondo me è troppo larga per essere quella di un terrier e d’altra parte non è grande abbastanza per appartenere a un mastino. Potrebbe essere… ma certo, accidenti, è proprio uno spaniel dal pelo ondulato!»
Mentre parlava, si era alzato, camminando su e giù per la stanza. In quel momento era fermo davanti alla finestra e aveva pronunciato quelle parole con tale convinzione, che l’ho guardato sorpreso.
«Come fa a essere così sicuro?»
«Per la semplice ragione che vedo il cane in carne e ossa davanti alla nostra porta, mentre il padrone sta suonando il campanello. Non se ne vada, Watson, la prego! Siete accomunati dalla medicina e la sua presenza può essermi di grande aiuto. È questo il momento drammatico del destino, Watson, quando si sente un passo sulle scale, qualcuno sta per entrare nella vostra vita e non sapete cosa vi aspetta. Cosa può volere il dottor James Mortimer, uomo di scienza, da Sherlock Holmes, specialista del crimine? Avanti!»
Nel vedere il nostro ospite sono rimasto sorpreso, perché mi aspettavo un tipico medico di campagna. Macché: era un uomo alto, magro, col lungo naso a becco proiettato tra gli occhi grigi, penetranti e vicini, vivacissimi dietro a un paio d’occhiali cerchiati d’oro. Era vestito in modo professionale, ma trascurato: lunga giacca impataccata e calzoni lisi. Benché giovane, era curvo e camminava sporgendo il capo in avanti, con espressione attenta e bonaria. Entrando, gli è caduto lo sguardo sul bastone che Holmes aveva in mano e si è precipitato su di esso con un’esclamazione di gioia. «Oh, come sono contento! Non sapevo se l’avevo lasciato qui o all’agenzia di viaggi. Non vorrei mai perderlo per tutto l’oro del mondo.»
«Un regalo, a quanto pare» ha commentato Holmes.
«Sì, infatti!»
«Dal Charing Cross Hospital?»
«Da alcuni amici che avevo là, in occasione del mio matrimonio.»
«Ahi, ahi, che peccato!» si è lamentato Holmes, scuotendo il capo.
Il dottor Mortimer ha sbattuto le palpebre dietro le lenti degli occhiali, meravigliato.
«Perché?»
«Ha mandato all’aria le nostre modeste deduzioni. Ha detto matrimonio?»
«Sì, mi sono sposato e così ho lasciato l’ospedale, abbandonando ogni speranza di fare carriera. Ma era necessario per mettere su casa.»
«Be’, dopo tutto non abbiamo completamente sbagliato» ha detto Holmes. «E adesso, dottor James Mortimer….»
«No, no. Signor Mortimer! Sono solo un membro del Royale College of Surgeons.»
«Un uomo dedito alle scienze esatte, dunque.»
«Piuttosto un dilettante, signor Holmes, un raccoglitore di conchiglie sulle rive del grande oceano sconosciuto. Ho il piacere di parlare con il signor Sherlock Holmes, oppure…»
«No, questo è il mio amico, dottor Watson.»
«Molto piacere di conoscerla, signore. Mi è stato fatto il suo nome, insieme a quello del suo amico. Lei mi interessa molto, signor Holmes. Non mi aspettavo un cranio simile, dolicocefalo, e neppure un orbitale superiore così sviluppato. Permette che le tasti le fessure parietali? Un calco del suo cranio, finché non sarà possibile avere l’originale, farebbe gola a qualsiasi museo antropologico. Non vorrei sembrarle eccessivo, ma ho una gran voglia del suo cranio!»
A questo punto, Sherlock Holmes ha indicato una sedia al nostro strano ospite, dicendo: «Vedo che anche lei è animato da un considerevole entusiasmo professionale. Noto dall’indice che è abituato a farsi le sigarette: fumi pure, se le fa piacere.»
Il dottore ha tirato fuori tabacco e cartina, arrotolando l’uno nell’altra con sorprendente destrezza. Aveva dita lunghe, agili, nervose, che si muovevano senza posa, come le antenne di un insetto.
Holmes non parlava, ma nel suo sguardo acuto e penetrante si leggeva l’interesse che svegliava in lui questo strano tipo.
«Suppongo» ha detto infine «che non mi abbia fatto l’onore della sua visita, ieri ed oggi, semplicemente allo scopo di esaminarmi il cranio.»
«No, no, anche se sono molto contento di avere avuto l’occasione di fare anche questo. Sono venuto da lei, perché riconosco di essere un uomo dotato di scarso senso pratico e perché, improvvisamente, devo far fronte a un problema molto serio, direi straordinario. So che lei è il secondo grande esperto in Europa… »
«Ma davvero, signore! E posso chiederle chi è il primo?» ha chiesto Holmes, con una lieve punta d’acredine.
«Dal punto di vista prettamente scientifico, direi che Monsieur Bertillon è impagabile.»
«E allora perché non si è consultato con lui?»
«Ho detto: prettamente scientifico. Ma dal punto di vista pratico, è risaputo che lei è l’unico. Spero di non avere involontariamente… »
«Soltanto un po’» ha tagliato corto Holmes. «E ora, dottor Mortimer, sarà bene, senza altro indugio, che mi spieghi chiaramente la vera natura del problema che richiede il mio aiuto.»

La maledizione dei Baskerville

«Ho in tasca un manoscritto» ha cominciato il dr. James Mortimer.
«L’ho notato quando è entrato» ha ribattuto Holmes.
«Si tratta di un vecchio manoscritto.»
«Del primo Settecento, a meno che non sia un falso.»
«Come fa a dirlo?»
«Ho avuto modo di osservarne qualche centimetro, mentre parlava. Sarebbe davvero un cattivo esperto chi non riuscisse a stabilire la data di un manoscritto, sia pure con una certa approssimazione. Forse le è capitato di leggere una mia piccola monografia in merito. Direi che è del 1730.»
«La data precisa è 1742.» Il dr. Mortimer lo ha tirato fuori dalla tasca. «Questo documento di famiglia mi è stato affidato da Sir Charles Baskerville, la cui morte improvvisa, avvenuta in circostanze misteriose circa tre mesi fa, ha suscitato grande scalpore del Devonshire. Io ero suo amico intimo, oltre che medico personale. Era un uomo di carattere molto deciso, perspicace, pratico; e senza fantasticherie, come me. Eppure ha preso molto sul serio questo documento, e in cuor suo prevedeva la terribile morte che infatti lo ha colto.»
Holmes ha preso il manoscritto e lo ha posato sulle ginocchia, osservandolo attentamente.
«Vede, Watson, l’uso alternativo della “s” lunga e corta. È una delle indicazioni che mi ha permesso di scoprire la data.»
Ho letto a fatica le parole scolorite sul foglio ingiallito. In alto c’era scritto: Baskerville Hall e sotto, quasi illeggibile, la data: 1742.
«A quanto pare, è una specie di deposizione.»
«Sì, è la trascrizione ufficiale di una leggenda che si tramanda nella famiglia dei Baskerville.»
«Ma mi par di capire che è venuto a consultarmi per qualcosa di più recente, di più pratico.»
«Molto recente. Una faccenda di carattere assai pratico, urgente, che deve decidersi in ventiquattro ore. Ma il manoscritto è breve ed è strettamente collegato alla faccenda. Se permettete, ve lo leggo.»
Holmes si è lasciato andare contro lo schienale del divano, congiungendo i polpastrelli delle dita e ha chiuso gli occhi, con aria rassegnata. Il dr. Mortimer ha messo il manoscritto sotto la luce e ha cominciato a leggere con voce alta e asciutta questa strana storia dei te...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio