
- 448 pagine
- Italian
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eBook - ePub
Rapture (VINTAGE)
Informazioni su questo libro
La Maledizione è spezzata, Luce e il suo angelo caduto sono finalmente liberi di amarsi. Ma Lucifero è pronto a cancellare il passato e azzerare il tempo, pur di impedirlo. La saga più amata da milioni di lettori esplode in un gran finale sontuoso, sfolgorante quanto le ali di un angelo in volo.
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Informazioni
Print ISBN
9788817064620eBook ISBN
9788858642559UNO

IL LIBRO DEI VEGLIANTI
«Buongiorno.»
Una mano calda accarezzò la guancia di Luce e le ravviò una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
Luce si voltò su un fianco, sbadigliò e aprì gli occhi, risvegliandosi dal sonno profondo in cui aveva sognato Daniel.
«Oh» trasalì, toccandosi la guancia. Era lui.
Daniel era seduto accanto a lei. Indossava un maglione nero e la stessa sciarpa rossa che portava annodata al collo la prima volta che lo aveva visto alla Sword & Cross. Era più bello di qualsiasi sogno.
Il suo peso piegava il bordo della branda e Luce avvicinò le gambe al petto per raggomitolarsi contro di lui.
«Non sei un sogno» mormorò.
Gli occhi di Daniel erano più chiari del solito, e scintillarono violetti non appena lui la guardò, studiando ogni dettaglio del suo viso come fosse nuovo. Si chinò su di lei e premette le labbra sulle sue.
Luce gli cinse il collo con le braccia, felice di ricambiare il bacio. Non le importava di non essersi lavata i denti o di avere i capelli schiacciati dal cuscino. Non le importava niente di niente, se non di quel bacio. Erano insieme adesso e non riuscivano a smettere di sorridere.
Poi tutto riaffiorò nella sua memoria…
Artigli affilati e occhi rossi. Odore nauseabondo di morte e putrefazione. Tenebre ovunque, così assolute nella loro condanna da far sembrare la luce e l’amore e tutto il bene del mondo come qualcosa di esausto e spezzato e morto.
Che Lucifero un tempo fosse stato qualcos’altro per lei – Bill, la stizzosa gargouille di pietra che aveva creduto un amico – era impossibile. Lo aveva lasciato avvicinare troppo e poiché non aveva fatto quello che voleva lui, rifiutando di uccidere la propria anima nell’antico Egitto, lui aveva deciso di fare tabula rasa.
Di cancellare tutto dal momento della Caduta.
Ogni vita, ogni amore, ogni istante vissuto da mortali e anime angeliche sarebbe stato annullato, spazzato via da un gesto sprezzante di Lucifero. Come se l’universo fosse una gigantesca scacchiera e lui un bambino capriccioso che interrompe il gioco non appena comincia a perdere. Ma di cosa volesse vincere, Luce non aveva idea.
Sentì la pelle scottare al ricordo della sua ira. Lui aveva voluto che lei vedesse, che tremasse nella sua mano quando l’aveva riportata al tempo della Caduta.
Poi l’aveva spinta da parte, per lanciare un Annunziatore come un’enorme rete allo scopo di catturare tutti gli angeli che erano caduti dal Paradiso.
E nel momento in cui Daniel l’aveva afferrata in quel non-luogo stellato, Lucifero era sparito dall’esistenza, e l’intero ciclo era ricominciato daccapo. Adesso si trovava tra gli angeli che cadevano, compresa la versione passata di sé.
Come tutti loro, era precipitato in un isolamento impotente, con i suoi fratelli ma divisi, insieme ma da soli.
Millenni prima, ci erano voluti nove giorni agli angeli per cadere dal Paradiso sulla Terra. Dal momento che la seconda caduta di Lucifero avrebbe seguito la stessa traiettoria, Luce, Daniel e gli altri avevano solo nove giorni per fermarlo.
Se non ci fossero riusciti, quando Lucifero e il suo Annunziatore pieno di angeli avessero toccato terra, ci sarebbe stato come un singhiozzo nel tempo, e tutto sarebbe ripartito da zero. Come se i settemila anni fra allora e adesso non fossero mai esistiti.
Come se Luce non avesse finalmente cominciato a capire la maledizione.
L’intero mondo correva il rischio di scomparire, a meno che Luce, sette angeli e due Nephilim non fossero riusciti a fermare Lucifero. Avevano solo nove giorni, e nessuna idea su dove cominciare.
Luce era così stanca la sera prima che non ricordava nemmeno di essersi sdraiata sulla branda, rannicchiandosi sotto la sottile coperta azzurra. C’erano delle ragnatele fra le travi del soffitto del piccolo capanno, un tavolo pieghevole ingombro di tazze ancora mezze piene di cioccolata calda che Gabbe aveva preparato per tutti la sera prima, ma a Luce sembrava tutto un sogno. Il suo volo dall’Annunziatore fino all’isoletta al largo di Tybee, quel rifugio sicuro per gli angeli, era stato offuscato da una stanchezza immane.
Si era addormentata mentre gli altri ancora parlavano, lasciando che la voce di Daniel la cullasse nel sonno. Ora il capanno era silenzioso, e dalla finestra che incorniciava il profilo di Daniel, vide che il cielo era soffuso del grigiore che precede l’alba.
Allungò una mano per sfiorargli una guancia. Lui voltò la testa e le baciò il palmo. Luce strizzò gli occhi per frenare le lacrime. Perché, dopo tutto quello che avevano passato, Luce e Daniel dovevano sconfiggere il diavolo prima di essere liberi di amarsi?
«Daniel.» La voce di Roland risuonò dalla porta del capanno. Aveva le mani infilate nelle tasche del giaccone da marinaio e un berretto di lana grigia calcato sui dread. Rivolse a Luce un sorriso stanco. «È ora.»
«Ora per cosa?» Luce si sollevò sui gomiti. «Stiamo partendo? Di già ? E i miei genitori? Ormai saranno nel panico.»
«Pensavo di portarti da loro adesso» disse Daniel, «per salutarli.»
«Ma come faccio a spiegargli la mia scomparsa dopo la cena del Ringraziamento?»
Ricordava le ultime parole di Daniel la sera prima: anche se aveva l’impressione che fossero stati negli Annunziatori per un’eternità , nel tempo reale erano passate appena due ore.
D’altro canto, a Harry e Doreen Price due ore di misteriosa assenza della figlia dovevano essere parse davvero un’eternità .
Daniel e Roland si scambiarono un’occhiata complice. «Ci abbiamo pensato noi» rispose Roland, porgendo a Daniel le chiavi di un’automobile.
«E in che modo?» chiese Luce. «Una volta papà ha chiamato la polizia quando avevo solo mezz’ora di ritardo da scuola…»
«Non preoccuparti, ragazzina» disse Roland. «Ti abbiamo coperta. Hai bisogno solo di un rapido cambio di abiti.» Indicò uno zaino sulla sedia a dondolo accanto alla porta. «Gabbe ti ha portato le tue cose.»
«Uhm, grazie» disse lei, confusa. Dov’era Gabbe? Dov’erano tutti gli altri? Il capanno era affollato la sera prima, l’atmosfera era calda e accogliente per il fulgore delle ali angeliche e l’aroma della cioccolata calda con la cannella. Il ricordo di quella sensazione piacevole, unito alla prospettiva di salutare i suoi genitori senza sapere dove stava andando, all’improvviso le fecero sembrare quel mattino grigio e freddo.
Posò i piedi nudi sul pavimento di legno grezzo. Abbassò lo sguardo e si accorse di indossare ancora la semplice tunica bianca che aveva in Egitto, l’ultima vita che aveva visitato attraverso gli Annunziatori. Gliel’aveva procurata Bill.
No, non Bill. Lucifero. Le aveva sorriso compiaciuto mentre lei si infilava la stellasaetta nella veste, pronta a uccidere la sua anima come lui le aveva consigliato.
Mai, mai, mai. Luce aveva tanto per cui vivere.
Dentro il vecchio zaino verde che un tempo usava per il campeggio estivo, Luce trovò il suo pigiama preferito, quello di flanella a righe bianche e rosse, perfettamente piegato, con sotto le pantofole bianche abbinate. «Ma è mattina» disse. «A cosa mi serve il pigiama?»
Daniel e Roland si scambiarono un’altra occhiata, ma questa volta Luce avrebbe giurato che si stavano sforzando di non ridere.
«Tu fidati e basta» tagliò corto Roland.
Dopo essersi cambiata, Luce seguì Daniel fuori del capanno e si riparò dal vento dietro le sue spalle ampie, mentre camminavano lungo la spiaggia di ciottoli fino al mare.
L’isoletta al largo di Tybee si trovava a un miglio dalla costa di Savannah. Roland aveva assicurato che sulla terraferma c’era un’auto ad attenderli.
Le ali di Daniel erano nascoste, ma lui doveva aver percepito lo sguardo di Luce fisso sul punto dell’attaccatura. «Quando avremo sistemato questa faccenda, voleremo ovunque sarà necessario per fermare Lucifero. Fino a quel momento, sarà meglio restare coi piedi per terra.»
«Okay» annuì Luce.
«Facciamo una gara a chi arriva primo a nuoto?»
Il respiro di lei formò una nuvoletta di condensa nell’aria fredda. «Lo sai che ti batterei.»
«Vero.» Lui le cinse la vita con un braccio per riscaldarla. «Allora sarà meglio prendere la barca. Per preservare il mio famoso orgoglio.»
Lei lo guardò mentre slegava la cima che teneva ormeggiata una barchetta a remi con lo scafo di metallo in una piccola darsena. La fievole luce che si rifletteva sull’acqua le fece venire in mente il giorno in cui avevano nuotato nel lago segreto della Sword & Cross. La pelle di lui brillava di goccioline quando si erano issati sulla roccia piatta al centro del laghetto per riprendere fiato; poi si erano sdraiati sul masso riscaldato dal sole per asciugarsi. All’epoca lei conosceva appena Daniel – non sapeva che fosse un angelo – ma era già pericolosamente innamorata di lui.
«Avevamo l’abitudine di nuotare insieme nella mia vita a Tahiti, sai?» disse lei, sorpresa di ricordare un’altra epoca in cui aveva visto i capelli di Daniel scintillare d’acqua.
Daniel la fissò e lei capì quanto significava per lui poter finalmente condividere alcuni ricordi del loro passato. Parve così commosso che Luce pensò fosse sul punto di piangere.
Invece le diede un tenero bacio sulla fronte e commentò: «E mi battevi sempre anche allora, Lulu.»
Non parlarono molto mentre Daniel remava. A Luce bastava guardare come i suoi muscoli si tendevano e si flettevano a ogni colpo di remi, sentire i tonfi nell’acqua fredda, respirare l’aria salmastra dell’oceano. Il sole che stava sorgendo alle sue spalle le riscaldava la nuca, ma mentre si avvicinavano alla terraferma, notò qualcosa che le fece correre un brivido lungo la schiena.
Una macchina. Riconobbe la Taurus bianca all’istante.
«Qualcosa non va?» Daniel vide Luce irrigidirsi quando la barca toccò la spiaggia. «Oh. Quella.» La sua voce pareva tranquilla mentre saltava a terra e porgeva una mano a Luce. La spiaggia era coperta da cumuli di alghe secche che mandavano un odore intenso. Le ricordò la sua infanzia.
«Non è come pensi» le spiegò Daniel. «Quando Sophia è fuggita dalla Sword & Cross dopo…» Luce fece una smorfia, sperando che Daniel non dicesse: Dopo aver ucciso Penn. «Dopo che abbiamo scoperto chi fosse in realtà , gli angeli le hanno confiscato l’auto.» Il suo volto si indurì. «Ci deve questo, e molto altro.»
Luce pensò al viso di Penn che impallidiva, sempre più esangue. «Dov’è Sophia adesso?»
Daniel scrollò la testa. «Non lo so, ma purtroppo lo scopriremo presto. Ho il presentimento che si ritaglierà un ruolo tutto suo nei nostri piani.» Prese le chiavi della macchina dalla tasca e ne infilò una nella portiera dal lato del passeggero. «Ma non è di questo che dovresti preoccuparti al momento.»
«Okay.» Luce lo fissò mentre sprofondava nel sedile di tessuto grigio. «Quindi c’è qualcos’altro di cui dovrei preoccuparmi al momento?»
Daniel girò la chiave dell’accensione e l’auto si mise in moto. L’ultima volta che era stata su quel sedile, Luce era tesa perché si trovava in macchina da sola con lui. Era la prima sera in cui si erano baciati – per quanto ne sapeva lei all’epoca, per lo meno. Strattonò la cintura di sicurezza che non voleva saperne di allacciarsi, quando sentì le dita di lui sulle sue. «Ricordi?» mormorò lui, chinandosi per aiutarla e lasciando la mano sulla sua ancora per qualche istante. «C’è il trucco.»
Le diede un dolce bacio sulla guancia, poi ingranò la marcia e fece uscire l’auto dalla sterpaglia bagnata per immettersi nella stretta strada asfaltata a due corsie. Erano soli.
«Daniel?» chiese Luce di nuovo. «Di cos’altro dovrei preoccuparmi?»
Lui scoccò un’occhiata al pigiama. «Quanto sei brava a fingerti malata?»

La Taurus bianca aspettava nel vicolo dietro la casa dei genitori di Luce, mentre lei sgattaiolava furtiva sotto i tre alberi di azalea di fianco alla finestra della sua camera da letto. D’estate c’erano piante di pomodori, con i tralci che si arrampicavano dal terreno scuro, ma d’inverno il piccolo cortile laterale era spoglio e triste, e non aveva nulla di familiare. Non riusciva a ricordare l’ultima volta che era stata lì, davanti a quella finestra. Era sgusciata fuori da tre diversi collegi, ma mai dalla casa dei genitori. Ora stava per sgusciare dentro e non sapeva nemmeno come funzionava la finestra. Si guardò intorno, scrutando il quartiere addormentato, il giornale del mattino chiuso nel sacchetto di plastica sul bordo del prato, il vecchio canestro senza rete nel vialetto dei Johnson dall’altro lato della strada. Non era cambiato niente da quando se n’era andata. Niente, tranne lei stessa. Se Bill fosse riuscito nel suo intento, anche quel quartiere sarebbe svanito?
Salutò un’ultima volta Daniel in auto, tra...
Indice dei contenuti
- Cover
- Frontespizio
- Dedica
- Prologo - La caduta
- Uno - Il Libro dei Veglianti
- Due - Separazione
- Tre - Il santuario sommerso
- Quattro - Un accordo sulla fiducia
- Cinque - Un bacio, mille baci
- Sei - Un’attesa snervante
- Sette - Gli angeli dei nodi
- Otto - E il paradiso pianse
- Nove - Il desideratum
- Dieci - Una stellasaetta nella polvere
- Undici - La via dolorosa
- Dodici - Acqua non consacrata
- Tredici - Lo scavo
- Quattordici - La mappa
- Quindici - Il dono
- Sedici - Apocalisse
- Diciassette - L’invenzione dell’amore
- Diciotto - Come una stella cadente
- Diciannove - Il prezzo di lucinda
- Venti - Perfetti sconosciuti
- Epilogo - Le stelle negli occhi
- Ringraziamenti