The host - L'ospite (VINTAGE)
eBook - ePub

The host - L'ospite (VINTAGE)

  1. 608 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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The host - L'ospite (VINTAGE)

Informazioni su questo libro

In un mondo dominato dagli alieni, c'è ancora una speranza per gli uomini. L'amore. Appassionante, commovente, ipnotica. La storia di due anime in un solo corpo. In un futuro non troppo lontano, la specie umana sta scomparendo. Un'altra razza, aliena, potente e intelligentissima, ha preso il sopravvento, e i pochi umani rimasti vivono nascosti, raccolti in piccole comunità di fuggiaschi. Tra loro c'è Jared, l'uomo che la giovane Melanie, da poco caduta nelle mani degli "invasori", ama profondamente, e non riesce a dimenticare. Neppure adesso che il suo corpo dovrebbe essere niente più di un guscio vuoto, un semplice involucro per l'anima aliena che le è stata assegnata. Perché l'identità di Melanie, i suoi ricordi, le sue emozioni e sensazioni, il desiderio di rincontrare Jared, sono ancora troppo vivi e brucianti per essere cancellati. Così l'aliena Wanderer si ritrova, del tutto inaspettatamente, invasa dal più umano e sconvolgente dei sentimenti: l'amore. E, spinta da questa forza nuova e irresistibile, accetta, contro ogni regola e ogni istinto della sua specie, di mettersi in cerca di Jared. Per rimanere coinvolta, insieme all'ostinata, appassionata Melanie, nel triangolo amoroso più impossibile e paradossale, quello fatto di tre anime e due soli corpi.

Domande frequenti

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Informazioni

Editore
RIZZOLI
Anno
2013
Print ISBN
9788817065184
eBook ISBN
9788858642597

Dedica

A mia madre Candy,
per avermi insegnato che l’amore
è la parte migliore di ogni storia

Prologo

L’inserzione

Il nome del Guaritore era Acque Profonde.
Era un’anima, buona per natura: compassionevole, paziente, onesta, virtuosa e piena d’amore. L’ansia era un’emozione insolita, per lui.
Ancor più lo era l’irritazione. Tuttavia, Acque Profonde abitava un corpo umano, perciò l’irritazione a volte era inevitabile.
Tra i bisbigli e il brusio degli studenti di Guarigione all’altro capo della sala operatoria, si fece serio. Un’espressione che stonava, su labbra abituate a sorridere.
Darren, il suo fedele assistente, se ne accorse e gli diede un colpetto sulla spalla.
«Sono soltanto curiosi, Guaritore» disse a bassa voce.
«L’inserzione è un intervento tutt’altro che interessante o difficile. Qualsiasi anima è in grado di compierlo, in caso di emergenza. Per quanto osservino, oggi non impareranno niente.» Fu sorpreso di sentire la propria voce, di solito suadente, viziata da un accento severo.
«Non hanno mai visto un umano adulto» disse Darren.
Acque Profonde alzò un sopracciglio. «Dimenticano come sono fatti? Non sanno cos’è uno specchio?»
«Sai cosa intendo: un umano selvatico. Senz’anima. Un ribelle».
Il Guaritore osservò il corpo privo di sensi della ragazza, prona sul tavolo operatorio. Mentre ripensava alle condizioni in cui si trovava quel povero corpo malconcio quando i Cercatori lo avevano consegnato ai laboratori di Guarigione, sentì un’ondata di compassione. Quanto dolore aveva sopportato.
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Ovviamente, a quel punto era perfetta: totalmente guarita. Se n’era occupato di persona.
«È identica a noi» mormorò a Darren. «Abbiamo tutti un volto umano. E quando si sveglierà, diventerà una di noi.»
«Gli allievi sono un po’ su di giri, tutto qui.»
«L’anima che stiamo per impiantare non merita che il corpo ospite venga sbeffeggiato così. Come se non bastassero i problemi del periodo di acclimatazione. Non è giusto infliggerle tutto questo.» Acque Profonde non alludeva alle beffe degli studenti. Sentì l’irritazione riaffiorare.
Darren gli diede un’altra pacca amichevole. «Andrà tutto bene. La Cercatrice ha bisogno di informazioni e...»
Alla parola «Cercatrice», il Guaritore lanciò un’occhiataccia al suo assistente. Darren trasalì, stupito.
«Scusa» si affrettò ad aggiungere Acque Profonde. «Scusa la reazione. Il fatto è che temo per il destino di quest’anima.»
Il suo sguardo si spostò verso il crioserbatoio issato su un piedistallo accanto al tavolo. Il led acceso, rosso opaco, indicava che era in modalità di ibernazione.
«Quest’anima è stata scelta appositamente per la missione» lo blandì Darren. «È un soggetto eccezionale, più coraggioso della media. Le sue vite parlano chiaro. Scommetto che se fosse stato possibile chiederglielo, si sarebbe offerta volontaria.»
«Chi di noi non si offrirebbe, se gli chiedessero di fare qualcosa per il bene comune? Ma in questo caso? Stiamo davvero agendo per il bene comune? Non metto in dubbio la sua disponibilità, ma è lecito chiederle di sopportare tanto?»
Anche gli studenti di Guarigione discutevano dell’anima ibernata. Acque Profonde li sentiva parlottare; voci sempre più alte e chiassose con il crescere del fermento.
«Ha vissuto su sei pianeti.»
«Io ho sentito sette.»
«Mi hanno detto che non ha mai vissuto due volte di fila nella stessa specie ospite.»
«Possibile?»
«È stata quasi tutto. Un Fiore, un Orso, un Ragno...»
«Un’Alga, un Pipistrello...»
«Persino un Drago!»
«Non ci credo... sette pianeti no.»
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«Come minimo sette. Ha iniziato sull’Origine.»
«Sull’Origine? Davvero?»
«Silenzio, per cortesia!» proruppe il Guaritore. «Se non siete in grado di osservare in silenzio e con professionalità, sarò costretto a chiedervi di andarvene.»
I sei studenti tacquero imbarazzati e si scostarono uno dall’altro.
«Iniziamo pure, Darren.»
Era tutto pronto. I farmaci necessari erano disposti accanto all’umana. I suoi capelli scuri e lunghi erano raccolti sotto una cuffia che lasciava scoperto il collo slanciato. Sotto l’effetto di sedativi pesanti, respirava lentamente. La pelle abbronzata dal sole mostrava appena i segni dell’incidente.
«Inizia la sequenza di scongelamento, Darren.»
L’assistente si era già portato a fianco del crioserbatoio. Tolse la sicura e girò la manopola verso il basso. Il led iniziò a pulsare, e con il passare dei secondi a lampeggiare sempre più veloce, cambiando colore.
Il Guaritore si concentrò sul corpo privo di sensi; affondò il bisturi alla base del cranio con movimenti precisi, poi, prima di allargare la fessura, spruzzò un emostatico. Incise con delicatezza i muscoli del collo, attento a non danneggiarli, e scoprì le ossa pallide in cima alla colonna vertebrale.
«L’anima è pronta» lo avvertì Darren.
«Anch’io. Portala pure.»
Il Guaritore avvertì Darren al proprio fianco e senza nemmeno guardare capì che l’assistente era pronto, la mano aperta e in attesa; lavoravano insieme da anni, ormai.
Acque Profonde divaricò l’incisione.
«Mettila nella sua casa» sussurrò.
Sul palmo della mano di Darren apparve la scintilla argentea di un’anima che si risveglia.
Acque Profonde non riusciva mai a guardare un’anima nuda senza restare colpito dalla sua bellezza.
L’anima spiccava sotto le luci della sala operatoria, più luminosa dei riflessi metallici irradiati dal bisturi. Si torceva, si increspava e allungava come un nastro vivo, felice di uscire dal crioserbatoio. I suoi filamenti sottili e morbidi ondeggiavano delicati come fibre argentee. Ogni anima era bella, ma agli occhi di Acque Profonde questa sembrava particolarmente aggraziata.
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Non fu l’unico a reagire così. Sentì il sospiro trattenuto di Darren e il mormorio di approvazione degli studenti.
Con delicatezza l’assistente collocò la creatura piccola e scintillante dentro la fessura aperta nella nuca dell’umana. L’anima scivolò agile dentro il varco, adattandosi all’anatomia aliena. Acque Profonde ammirò la perizia con cui prendeva possesso della sua nuova casa. Le propaggini si avviluppavano attorno ai centri nervosi, alcune si allungavano con movimenti veloci e decisi fino a raggiungere luoghi nascosti e invisibili, sotto e sopra il cervello, i nervi ottici, i condotti uditivi. Di lì a poco, soltanto un piccolo segmento di quel corpo scintillante fu visibile.
«Ben fatto» le sussurrò il Guaritore, pur sapendo che l’anima non poteva sentirlo. Le orecchie appartenevano alla ragazza, che dormiva ancora profondamente.
Completare l’opera era questione di routine. Pulì e suturò l’incisione, applicò l’unguento cicatrizzante, e infine strofinò il collo con un preparato per cancellare il segno della ferita.
«Perfetto, come al solito» disse l’assistente, il quale, per ragioni che Acque Profonde non era mai riuscito a intuire, aveva mantenuto il nome del proprio ospite umano, Darren.
Il Guaritore sospirò. «Non sono fiero del lavoro di oggi.»
«Hai soltanto fatto il tuo dovere.»
«Questa è una delle rare occasioni in cui la guarigione apre una nuova ferita.»
Darren iniziò a pulire la sala operatoria. Non sapeva cosa rispondere. Il Guaritore aveva eseguito il proprio compito. E tanto gli bastava.
Non ad Acque Profonde, però, fedele in tutto e per tutto alla propria indole di Guaritore. Osservò inquieto il corpo dell’umana che dormiva calma, in una tranquillità pronta a dissolversi con il risveglio. L’orrore patito negli ultimi istanti di vita dalla giovane umana stava per essere risvegliato dall’anima innocente che era appena stata inserita in lei.
Si chinò sulla ragazza e le sussurrò qualcosa all’orecchio, pregando con tutto se stesso che l’anima potesse sentirlo.
«Buona fortuna, piccola Viandante, buona fortuna. Vorrei proprio che non ne avessi bisogno.»

1

Il ricordo

L’inizio cominciava dalla fine, lo sapevo: e la fine per quegli occhi somigliava alla morte. Mi avevano avvertita.
Non quegli occhi. I miei occhi. Miei. Quella ormai ero io.
Il linguaggio che mi ritrovai a usare era strano ma logico. Spezzato, squadrato e lineare. Decisamente semplice rispetto ai tanti che già conoscevo, e tuttavia capace di farsi fluido, espressivo. Persino bello. Il mio linguaggio, adesso. La mia lingua madre.
Grazie all’istinto infallibile della mia specie, mi ero saldata ai centri di pensiero del corpo, fatalmente intrecciata a ogni suo respiro e riflesso, fino a non sentirlo più un’entità estranea. Ero io.
Non il corpo. Il mio corpo.
Sentii svanire l’effetto degli anestetici, e la lucidità tornare. Attesi l’impatto devastante del primo ricordo, ovvero l’ultimo, gli ultimi momenti, la fine. Mi avevano spiegato in dettaglio cosa stava per accadere. Le emozioni umane erano più forti, più vitali di quelle di ogni altra specie. Avevo cercato di prepararmi.
Il ricordo arrivò. E come temevo, fu qualcosa che mai e poi mai avrei potuto prevedere.
Bruciava di colori accesi e suoni squillanti. Il freddo sulla pelle, il dolore urticante agli arti. Il sapore in bocca era intenso e metallico. E poi c’era un senso nuovo, il quinto, che non avevo mai posseduto, che attraeva particelle dall’aria e le trasformava in strani messaggi, piaceri e avvertimenti: gli odori. Creavano confusione, distrazione in me, ma non nei suoi ricordi. I ricordi non lasciarono nessuno spazio all’olfatto. Nei ricordi c’era soltanto paura.
Paura che la stringeva in una morsa, spronava i suoi arti goffi e impacciati a muoversi, ma al tempo stesso li immobilizzava. Fuggire, correre – non aveva altra scelta.

Ho fallito.

Il ricordo fu spaventoso, così forte e chiaro da sfuggire al controllo: cancellò il distacco, la consapevolezza che venisse non da me, ma da un’altra memoria. Risucchiata nell’ultimo infernale minuto della sua vita, io ero lei, ed eravamo in fuga.

È buio. Non vedo niente. Non vedo i miei piedi. Non vedo le mani protese in avanti. Corro alla cieca, mi sforzo di ascoltare i passi di chi mi insegue, sento il cuore rimbombare nelle orecchie.
Fa freddo. Conta poco, ormai, ma sto male. Ho tanto freddo.

L’aria nel suo naso era sgradevole. Un cattivo odore. Il fastidio mi liberò momentaneamente dal ricordo. Ma dopo un solo istante fu il ricordo a trascinarmi a sé, e lacrime di terrore gonfiarono i miei occhi.

Mi sono persa... ci siamo persi. È finita.
Sono alle mie spalle, vicini e rumorosi. Quanti passi sento! Sono sola. Ho fallito.
I Cercatori mi chiamano. Il suono delle loro voci mi stringe lo stomaco. Sto per vomitare.
«Va tutto bene, tutto bene» dice una di loro, mentendo, cercando di calmarmi, di farmi rallentare. Il respiro affannoso le spezza la voce.
«Stai attenta!» le urla un compagno.
«Non farti male» raccomanda un terzo. Una voce profonda, piena di premura.
Premura!

Sentii il calore diffondersi nelle vene, quasi soffocata da un odio violento.
Non avevo provato un’emozione simile in nessun’altra vita. Di nuovo il disgusto allontanò i ricordi. Un gemito acuto e stridulo lacerò le mie orecchie e mi risuonò nella testa. In gola sentivo un lieve dolore.
“Urlando” spiegò il mio corpo. “Stai urlando.”
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La sorpresa mi lasciò impietrita, e il rumore si interruppe di colpo.
Non era un ricordo.
Il mio corpo... pensava! Mi stava parlando!
Ma in quel momento il ricordo fu più forte dello sconcerto.

«Per favore» urlano. «Lì davanti è pericoloso!»
Il pericolo è dietro! grido dentro di me. Ma capisco cosa intendono. Un debole rivolo di luce, che arriva da chissà dove, splende in fondo al corridoio. Non c’è una parete né una porta chiusa, o il vicolo cieco che mi aspetto e temo. È un buco nero.
Il vano di un ascensore. Abbandonato, vuoto e inagibile, come questo palazzo. Un tempo rifugio, oggi tomba.
Mi sento inondare dal sollievo, mentre corro in avanti. Non riuscirò a sopravvivere, ma a vincere forse sì.

No, no, no! Pensai, e il pensiero era tutto mio, mentre mi sforzavo di staccarmi da lei. Ormai, però, eravamo inseparabili. E correvamo svelte incontro alla morte.

«Per favore!» Le urla sono più disperate.
Mi viene da ridere, quando capisco di essere troppo veloce per loro. Li immagino allungare le mani, che per pochi centimetri non ries...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. L'ospite
  4. Extra