Il libro dei profumi perduti (Life)
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Il libro dei profumi perduti (Life)

  1. 426 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Il libro dei profumi perduti (Life)

Informazioni su questo libro

Jac L'Étoi le è da sempre in fuga dal passato. Ultima erede di una grande e decaduta famiglia di profumieri francesi, è tormentata dal ricordo di un amore perduto e da misteriose visioni innescate dalle fragranze esotiche che respira fin da bambina. Per liberarsene è fuggita a New York, dove lavora come studiosa di mitologia e autrice televisiva. Ma il passato riemerge quando il fratello Robbie, deciso a tentare il tutto per tutto pur di risollevare le sorti della famiglia, le annuncia di aver ritrovato un antico testo, Il libro dei profumi perduti, e alcune tracce del leggendario profumo delle anime gemelle, un'essenza in grado di risvegliare memorie di vite trascorse e fornire così la prova della reincarnazione. È l'inizio di un'avventura sconvolgente che costringerà Jac a fare i conti con i propri fantasmi e ad affrontare oscuri nemici per i quali la posta in gioco non sono i sentimenti, ma il potere. Dall'Egitto di Cleopatra alla Francia rivoluzionaria, dalle montagne del Tibet alle catacombe di Parigi, Il libro dei profumi perduti è un vero e proprio thriller dell'anima, un travolgente susseguirsi di intrighi, passioni e colpi di scena capace di regalare forti emozioni a ogni pagina.

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Informazioni

1

Alessandria d’Egitto
1799
Giles L’Étoile era un maestro del profumo, non un ladro. Non aveva mai rubato nulla a eccezione del cuore di una donna, e lei aveva sempre sostenuto di averglielo concesso di sua spontanea volontà. In quella gelida sera egiziana, tuttavia, mentre scendeva la traballante scala a pioli verso la tomba, ogni passo incerto lo avvicinava sempre più allo stato di criminale.
Prima di lui erano entrati un esploratore, un ingegnere, un architetto, un artista, un cartografo e, naturalmente, il generale: la schiera di eruditi e scienziati al servizio di Napoleone stava profanando un luogo di sepoltura sacro, rimasto inviolato per migliaia di anni. La cripta era stata scoperta il giorno prima da Émile Saurent e dalla sua squadra di giovani egiziani, che avevano smesso di scavare quando si erano imbattuti nella porta di pietra sigillata. A ventinove anni, Napoleone avrebbe avuto il privilegio di essere il primo uomo a vedere ciò che era stato perduto e dimenticato per millenni. Non era un segreto che accarezzasse il sogno di conquistare l’Egitto, ma le sue grandiose ambizioni si spingevano oltre le glorie militari. Sotto la sua egida, la storia di quel leggendario territorio veniva setacciata, studiata, ricostruita.
Arrivato in fondo alla scala, L’Étoile raggiunse il gruppo riunito in un vestibolo male illuminato. Fiutò l’aria e distinse il calcare e la polvere di intonaco, il puzzo di chiuso e il tanfo di sudore degli operai, nonché un altro odore, appena accennato.
Quattro colonne di granito rosa, con le basi sepolte sotto mucchi di terriccio e detriti, sostenevano un soffitto dipinto di un lapislazzuli intenso, raffigurante una carta astronomica color argento. Nelle pareti si aprivano più porte, una più grande delle altre. Saurent stava già rimuovendo il sigillo d’intonaco.
I muri dell’anticamera erano decorati con elaborate pitture in delicate tonalità terrose, talmente vivide che L’Étoile si aspettò quasi di captare l’odore dei pigmenti, ma riconobbe solo la colonia di Napoleone. Il motivo stilizzato di ninfee che incorniciava la cripta catturò la sua attenzione: gli egiziani lo chiamavano «loto blu» e da millenni ne usavano l’essenza per la preparazione delle fragranze. L’Étoile, che a trent’anni aveva già dedicato quasi un decennio allo studio della sofisticata e antica arte egizia della profumeria, conosceva bene la pianta e le sue caratteristiche. Possedeva un aroma gradevole, ma si contraddistingueva soprattutto per le sue proprietà allucinogene. Lui le aveva sperimentate di persona e le trovava un’eccellente soluzione quando i ricordi interferivano con il presente.
Il loto non era l’unico elemento floreale dei dipinti. Il primo pannello raffigurava alcuni operai intenti a estrarre manciate di semi da altrettanti sacchi; nel secondo essi li piantavano nel terreno e nel terzo si prendevano cura dei germogli, poi dei boccioli, poi degli alberi, quindi proseguendo recidevano i fiori e raccoglievano i frutti. Nell’ultima scena portavano il raccolto all’uomo che L’Étoile suppose fosse il defunto, posandolo ai suoi piedi.
Abu, la guida portata da Saurent, stava spiegando agli uomini ciò che avevano davanti agli occhi mentre schegge di intonaco si staccavano e cadevano dalle pareti sul pavimento di alabastro. Il racconto era interessante, tuttavia il lezzo di sudore, stoppini bruciati e polvere gessosa cominciava a nauseare L’Étoile. Il profumiere lanciò un’occhiata al generale. Per quanto soffrisse, sapeva che Napoleone stava peggio di lui, essendo dotato di una sensibilità olfattiva talmente acuta da non tollerare la presenza di certi servi, di certi soldati, di certe donne. Girava voce che si concedesse lunghi bagni e facesse un uso eccessivo di acqua di colonia, una miscela esclusiva a base di limone, cedro, bergamotto e rosmarino. Utilizzava persino candele speciali, appositamente inviate fin lì dalla Francia (in quel momento illuminavano la camera buia), prodotte con una cera ottenuta cristallizzando un olio di spermaceti che bruciava rilasciando un puzzo meno disgustoso del solito.
L’ossessione di Napoleone era uno dei motivi per cui L’Étoile era ancora in Egitto: il generale aveva richiesto la presenza di un profumiere, e lui non aveva avuto nulla da obiettare. Tutto ciò che gli stava a cuore era andato perduto sei anni prima in Francia, durante il Terrore. A casa lo aspettavano solo i ricordi.
Mentre Saurent finiva di rimuovere l’intonaco, L’Étoile si avvicinò per studiare le profonde incisioni sulla porta. Anche lì c’era una cornice di fiori di loto blu, con cartigli che riproducevano gli stessi indecifrabili geroglifici diffusi in tutto l’Egitto. Forse, pensò, la stele appena rinvenuta nella città portuale di Rosetta avrebbe fornito qualche indicazione su come tradurre i simboli.
«Fatto» annunciò Saurent porgendo gli attrezzi a uno dei giovani egiziani e spolverandosi le mani. «Generale?»
Napoleone fece un passo avanti, mise le mani sul lucido anello d’ottone e provò a ruotarlo. Tossì. Tirò più forte. Era un uomo asciutto, quasi emaciato, e L’Étoile si augurò che riuscisse nell’impresa. Alla fine il portale si aprì con un forte cigolio.
Saurent e L’Étoile raggiunsero il generale sulla soglia, allungando le candele nell’oscurità per illuminare la camera interna, e nella luce gialla fioca e tremolante comparve un corridoio zeppo di tesori.
Ma ciò che L’Étoile avrebbe ricordato per il resto della vita non sarebbero stati i sofisticati disegni murali, i vasi di alabastro, le sculture finemente intagliate e decorate, nemmeno i forzieri di legno traboccanti di oggetti preziosi, bensì l’aria calda e dolce che lo avviluppò.
Il profumiere avvertì all’istante l’odore della morte e della storia. Deboli accordi di fiori appassiti, frutti, erbe, legni. Li conosceva quasi tutti, ma distingueva anche altre note meno familiari, più labili. Accenni di fragranze che lo inebriarono, solleticanti e irresistibili come un bel sogno sul punto di svanire.
Ignorò sia l’avvertimento di Saurent, secondo il quale stavano entrando in un territorio inesplorato – in agguato potevano esserci trabocchetti o serpenti –, sia i moniti di Abu sugli spiriti nascosti, più pericolosi dei serpenti. Seguì il proprio naso nel buio, armato di una semplice candela, superando il generale e tutti gli altri, in cerca di una traccia più densa del profumo misterioso.
Procedette lungo il corridoio elegantemente ornato verso un locale interno, inspirando a fondo, tentando di raccogliere informazioni. Frustrato, espirò e spense la candela senza volerlo.
Dovevano essere stati tutti quei respiri profondi a procurargli un senso di vertigini, o forse la colpa era delle tenebre impenetrabili o dell’aria stantia. Non aveva importanza. Mentre lottava contro i capogiri, la sua percezione del profumo si fece più incisiva, più intima. Alla fine iniziò a riconoscere i singoli ingredienti. Incenso e mirra, loto blu, olio di mandorle. Tutte sostanze molto usate nelle fragranze del luogo. Eppure c’era qualcos’altro, qualcosa di elusivo e inafferrabile.
Solo, nell’oscurità, L’Étoile era così concentrato da non udire i passi dei compagni che si avvicinavano.
«Cos’è questo odore?»
La voce lo fece trasalire. Si voltò. Napoleone era entrato nella camera interna.
«Un aroma che non viene respirato da secoli» sussurrò L’Étoile.
Quando arrivarono gli altri, Abu spiegò che si trovavano nella camera funeraria e indicò le pitture murali dai colori vivaci. Una mostrava il defunto che vestiva la grande statua di un uomo con la testa di sciacallo e depositava del cibo ai suoi piedi. Alle sue spalle una donna bellissima e aggraziata con indosso una veste trasparente reggeva un vassoio carico di boccette. Nella scena successiva la stessa figura accendeva un incensiere da cui uscivano fili di fumo. Nel pannello seguente lo sciacallo compariva tra vasetti, torchi e alambicchi, oggetti che L’Étoile conosceva perché li aveva visti nella bottega di suo padre a Parigi.
«Chi è seppellito qui dentro?» domandò Napoleone.
«Non lo sappiamo ancora, generale» rispose Abu. «Ma quello dovrebbe esserci d’aiuto.»
La guida indicò il centro della stanza.
Il sarcofago di granito nero era grande cinque volte un uomo e aveva la superficie lucida, intagliata e intarsiata con il ritratto color turchese e lapislazzuli di un giovane avvenente dalle fattezze feline; intorno al capo, ninfee blu. L’Étoile lo riconobbe. Nefertum, figlio di Ptah, il dio dei profumi.
Ma certo! Quella era la tomba di un profumiere e, a giudicare dallo sfarzo, dagli elaborati incensieri negli angoli della camera, dalle pitture sopraffine, il sacerdote doveva essere stato oggetto di una profonda venerazione.
Saurent impartì alla squadra alcuni ordini e gli operai sollevarono il pesante coperchio di pietra. All’interno era depositata una larga bara di legno sulla quale erano raffigurate le stesse due persone rappresentate sulle pareti. La aprirono senza grandi difficoltà.
All’interno riposava una mummia gigantesca, lunga quanto un uomo ma larga circa il doppio, apparentemente annerita con terriccio del Mar Morto. Indossava due raffinate maschere d’oro, entrambe sormontate da acconciature di turchese e lapislazzuli e accompagnate da pettorali di corniola, ametista e oro. La maschera sulla destra era maschile, quella sulla sinistra femminile.
«Non ho mai visto nulla di simile» mormorò Abu sconcertato.
«Cosa significa?» domandò Napoleone.
«Non lo so, generale. È molto insolito.»
«Apritelo, Saurent» ordinò Napoleone.
Nonostante le proteste di Abu, l’esploratore insistette affinché gli operai tagliassero il lino e scoprissero la mummia, e siccome li avrebbe pagati, gli egiziani obbedirono. Le antiche tecniche di imbalsamazione con oli odorosi e unguenti, insieme all’aria asciutta presente nella cripta, avrebbero dovuto impedire la decomposizione di muscoli e tessuti molli, questo L’Étoile lo sapeva. Anzi, era addirittura possibile che ci fossero ancora i capelli. Aveva già visto alcune mummie, ed era rimasto affascinato soprattutto dal loro odore dolciastro.
Per rimuovere la tela scura bastarono pochi minuti.
«Non ho mai visto nulla di simile» ripeté Abu.
Il cadavere sulla destra non aveva le braccia incrociate sul petto, come voleva l’usanza. La mano destra si allungava invece a stringere la sinistra della donna con la quale era stato mummificato, e i due amanti erano così ben conservati che sembrava fossero stati seppelliti solo qualche mese prima.
I presenti proruppero in un mormorio stupito, ma non L’Étoile: lui rimase immobile, in perfetto silenzio, perché finalmente aveva identificato la fonte del profumo che lo stuzzicava da quando aveva sceso la scala.
Si sforzò di isolare le note che conosceva, cercando di individuare gli ingredienti che mescolati insieme evocavano lunghe notti voluttuose, sogni, abbracci, lusinghe, speranza: un patto eterno carico di possibilità, la promessa che due anime perdute si sarebbero riunite. Quando inspirò di nuovo, gli venne quasi da piangere. Quello era il tipo di profumo che aveva sempre immaginato di catturare.
Giles L’Étoile stava annusando un’emozione liquida, stava annusando l’amore.
Ed era disperato. Cosa conferiva a quella fragranza la sua complessità? Perché era così sfuggente? Aveva fiutato e memorizzato più di cinquecento ingredienti diversi. Cos’altro c’era nella formula?
Se solo fosse esistita una macchina in grado di aspirare l’aria e separarne i componenti… Ne aveva parlato con suo padre, molto tempo prima. Ma Jean-Louis l’aveva schernito, come faceva con quasi tutte le sue invenzioni e le sue fantasie, rimproverandolo perché perdeva tempo con idee irrealizzabili, abbandonandosi a uno stupido romanticismo.
«Il profumo può evocare sentimenti, papa» aveva obiettato Giles. «Immaginate quanti soldi faremmo se vendessimo sogni e non solo formule.»
«Sciocchezze» l’aveva rimbeccato Jean-Louis. «Siamo chimici, non poeti. Il nostro compito è mascherare il lezzo delle strade, coprire i miasmi della carne e dare ai sensi un po’ di sollievo dall’assalto furibondo degli odori sgradevoli, ripugnanti e malsani.»
«No, padre, vi sbagliate. La poesia è l’essenza stessa del nostro lavoro.»
Nonostante l’opinione di Jean-Louis, L’Étoile era convinto che le fragranze avessero altro da offrire, uno scopo più nobile. Per questo motivo era andato in Egitto, e lì aveva scoperto di avere ragione. I profumieri antichi erano sacerdoti, il profumo faceva parte di rituali sacri e usanze religiose. L’anima saliva verso il cielo sul fumo dell’incenso.
Il generale si avvicinò per ispezionare le mummie. Quando allungò il braccio verso la bara, Abu borbottò un avvertimento. Napoleone lo ignorò, sfilando un vasetto d’argilla dalle dita dell’uomo. «Straordinario» commentò, mentre toglieva un oggetto identico dalla mano della donna. «Ne hanno uno per uno.» Aprì il primo, poi il secondo. Trascorse un istante, il generale fiutò l’aria. Infine si portò i recipienti al naso, annusandoli.
«L’Étoile» disse, «si direbbe che contengano una sostanza profumata.» Gli porse uno dei contenitori. «È forse una pomata? La riconoscete?»
Il vasetto era abbastanza piccolo da stare in una mano, smaltato di bianco, impreziosito da elaborati disegni color corallo e turchese e da geroglifici che correvano lungo il bordo: il linguaggio perduto degli antichi che nessuno sapeva leggere, ma che il profumiere sapeva cogliere con l’olfatto. L’Étoile toccò la superficie cerosa e sorrise.
Non aveva il dono della preveggenza, non era un medium. Era sensibile a una cosa sola, il profumo, e per questo motivo nel 1789, a soli vent’anni, aveva abbandonato Marie-Geneviève e Parigi per il clima asciutto e caldo dell’Egitto: voleva studiare gli effluvi magici e inebrianti di cui era permeata quella cultura arcaica. Niente di ciò che aveva scoperto fino a quel momento, tuttavia, reggeva il confronto con ciò che teneva in mano adesso.
Da vicino il profumo era intenso, penetrante, e L’Étoile si sentì trasportare lontano sulle sue ali, via dalla tomba, sotto il cielo e sotto la luna, verso la sponda di un fiume dove si percepiva la carezza del vento e si assaporava la frescura della notte.
Gli stava succedendo qualcosa.
Sapeva chi era – Giles L’Étoile, figlio del più bravo profumiere e guantaio di Parigi – e dove si trovava – con il generale Napoleone Bonaparte in una tomba sotterranea ad Alessandria –, ma allo stesso tempo era altrove, seduto accanto a una donna sulla riva di un largo fiume verde, all’ombra delle palme da datteri. Conosce...

Indice dei contenuti

  1. Cover
  2. Fabbri Editori Life
  3. Frontespizio
  4. Dedica
  5. Prologo
  6. 1
  7. 2
  8. 3
  9. 4
  10. 5
  11. 6
  12. 7
  13. 8
  14. 9
  15. 10
  16. 11
  17. 12
  18. 13
  19. 14
  20. 15
  21. 16
  22. 17
  23. 18
  24. 19
  25. 20
  26. 21
  27. 22
  28. 23
  29. 24
  30. 25
  31. 26
  32. 27
  33. 28
  34. 29
  35. 30
  36. 31
  37. 32
  38. 33
  39. 34
  40. 35
  41. 36
  42. 37
  43. 38
  44. 39
  45. 40
  46. 41
  47. 42
  48. 43
  49. 44
  50. 45
  51. 46
  52. 47
  53. 48
  54. 49
  55. 50
  56. 51
  57. 52
  58. 53
  59. 54
  60. 55
  61. 56
  62. 57
  63. 58
  64. 59
  65. 60
  66. 61
  67. 62
  68. 63
  69. 64
  70. Nota dell’autrice
  71. Ringraziamenti
  72. Glossario