
- 704 pagine
- Italian
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eBook - ePub
I guardiani dell'apocalisse
Informazioni su questo libro
Una potentissima organizzazione neonazista ha la sua base segreta in una valle delle Alpi austriache. Harry Lathman, agente della CIA, "crede" di essere riuscito a infiltrarvisi, in realtà è un inconsapevole pedina in balìa dei suoi avversari.Suo fratello Drew, anch'egli agente della CIA, è oggetto di una gigantesca caccia all'uomo; costretto ad assumere l'identità di Harry, dovrà affrontare nemici implacabili, disposti a tutto pur di schiacciarlo.Un viaggio mozzafiato attraverso le mosse e i misteri del delirio nazista, un thriller dal ritmo incalzante e "apocalittico".
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Informazioni
Print ISBN
9788817202213eBook ISBN
9788858626177I guardiani dell’Apocalisse
Raramente ho scritto una dedica più lunga di due o tre righe.
Questa volta è diverso, per ovvie ragioni.
A Mary, moglie adorabile e comprensiva da oltre quarant’ anni; e ai nostri figli, Michael, Jonathan e Glynis, che hanno dato prova di forza, determinazione e inesauribile buonumore (pilastro della nostra famiglia). Non avrebbero potuto essere migliori, né io riuscirò mai a dimostrare loro fino in fondo tutto il mio amore e la mia gratitudine.
«L’operazione è riuscita e papà è sulla via della guarigione.»
«Ah sì? E dove sta andando?»
Al dottor Jeffrey Bender, brillante cardiologo, e al dottor John Elefteriades, impareggiabile cardiochirurgo, nonché al personale del reparto chirurgia e a tutta l’équipe del CTICU dello Yale-New Haven Hospital, la cui competenza e disponibilità hanno superato tutte le mie più rosee aspettative. (Si potrebbe obiettare che anch’io sono stato un paziente modello ma, ahimè, pochi ci crederebbero.)
A nostro nipote, dottor Kenneth M. Kearns, anch’egli straordinario chirurgo, che sopporta uno zio non proprio angelico con la pazienza di un martire. A proposito, Ken, grazie per il "Listerine". E a suo fratello Donald Kearns, specialista in medicina nucleare. (Come diavolo ho fatto a farmi accettare da una famiglia di simili cervelloni?) Grazie, Don, per le telefonate e le visite quotidiane. E ai loro colleghi, i dottori William Preskenis e David Grisé, detto "il duca", dell’équipe di pneumologia. Il ricordo di tutte queste persone eccezionali mi dà la carica per comportarmi come si deve.
Ai nostri cugini, I. C. "Izzy" Ryducha e a sua moglie Janet, che sono stati sempre presenti nel momento del bisogno.
Ai dottori Charles Augenbraun e Robert Green del pronto soccorso del Norwalk Hospital, Connecticut, e a tutte le persone meravigliose che hanno contribuito a infondere la speranza di veder sorgere nuovamente il sole in un pover’uomo molto malandato. Impresa non da poco.
Infine, nonostante tutti gli sforzi per passare il fatto sotto silenzio, alle decine di persone, amici e sconosciuti che comunque considero amici, grazie per tutte le cartoline e i bigliettini con i loro migliori auguri. È stato un piacere riceverli e ancor più leggerli.
E vorrei concludere con una risata; c’è sempre un lato divertente anche nei momenti peggiori. Mentre mi lavava con una spugna, un paio di giorni dopo l’intervento, una simpatica infermiera mi disse, con un lampo d’ironia negli occhi: «Non si preoccupi, signor L., di mattina non salto mai addosso ai miei pazienti».
Amen. E a tutti quanti, ancora una volta, mille grazie. Adesso sarei pronto ad affrontare persino una maratona.
Un uomo sano di mente non può che vedere un mistero inspiegabile nel male sistematico perpetrato dal regime nazista. Come un buco nero morale, sembra trasgredire alle leggi della Natura pur facendo parte di quella stessa Natura.
DAVID ANSEN
Newsweek, 20 dicembre 1993
Newsweek, 20 dicembre 1993
Prologo
La neve cadeva incessantemente e i venti del Nord soffiavano gelidi sul passo alpino, situato ad alta quota fra le cime austriache dell’Hausruck; molto più in basso, invece, il fondovalle appariva punteggiato dai boccioli di crocus e di giunchiglia, annuncio della primavera incipiente. Non era un passo di frontiera e neppure un valico di transito da un punto all’ altro della catena montuosa. In realtà non era neppure riportato sulle cartine geografiche ufficiali.
C’era un ponte massiccio, lungo circa venti metri e così stretto da consentire a malapena il passaggio di un automezzo, che si estendeva a superare una gola profonda diverse centinaia di metri sul cui fondo scorreva impetuoso un ramo del fiume Salzach. Al di là del ponte, dopo aver percorso una specie di labirinto fra gli alberi si imboccava una strada nascosta nel folto della foresta che scendeva tortuosamente per circa duemila metri fino alla valle isolata dove spuntavano i crochi e le giunchiglie. La piana molto più, calda, era punteggiata di campi verdi e verdissimi alberi... e da numerosi edifici bassi coi tetti a capanna dipinti nei colori della terra e quindi indistinguibili, dall’alto, dal paesaggio montuoso circostante. Era il quartier generale della Bruderschaft der Wachten, La Confraternita dei guardiani, i progenitori del Quarto Reich.
I due uomini che attraversavano a piedi il ponte indossavano giacche a vento imbottite, berretti di pelliccia e pesanti scarponi da montagna; entrambi cercavano di ripararsi il volto dalle raffiche di vento e neve. Giunsero faticosamente dall’ altra parte e quello in testa parlò.
«Ecco un ponte che preferirei non attraversare troppo spesso» disse l’americano scuotendosi la neve dalla giacca e togliendosi i guanti per massaggiarsi il viso.
dp n="10" folio="10" ? «Eppure dovrà farlo per tornare indietro, Herr Lassiter» rispose l’anziano tedesco con un largo sorriso mentre anch’egli, protetto da un albero, si scrollava di dosso la neve. «Non si scoraggi, in un batter d’occhio saremo in un luogo dove l’aria è calda e crescono i fiori. A questa quota è ancora inverno, ma a valle è ormai primavera... Andiamo, il nostro mezzo di trasporto è arrivato. Mi segua!»
Si udì in lontananza lo scoppiettìo di un motore; i due uomini, Lassiter in coda, ripresero a camminare velocemente, seguendo un percorso tortuoso fra gli alberi e giunsero in una piccola radura dove li attendeva un veicolo simile a una jeep, ma molto più grande e pesante, con grossi pneumatici.
«Questo sì che è un mezzo!» disse l’americano.
«Dovrebbe esserne orgoglioso, è amerikanisch! Costruito su nostra richiesta proprio nel suo Stato, il Michigan.»
«Avete tradito la Mercedes?»
«Troppo vicina. Troppo pericoloso» replicò il tedesco. «Per costruire una fortezza nascosta nel proprio Paese, non si impiegano le sue risorse. Ciò che vedrà fra poco è il risultato degli sforzi congiunti di molte nazioni... dei loro più avidi uomini d’affari, è vero, mercanti pronti a tenere nascosti clienti e forniture pur di ottenere profitti maggiori. Naturalmente, una volta effettuate le forniture, i profitti diventano un’arma a doppio taglio; le forniture devono continuare, magari con merci più "esoteriche". Così va il mondo, ja?»
«Chiaro» disse Lassiter sorridendo mentre si toglieva il berretto di pelliccia per tergersi il sudore dalla fronte. Alto poco meno di un metro e ottanta, era un uomo di mezz’età , come dimostravano le tempie brizzolate e le sottili rughe attorno agli occhi infossati. Aveva un viso affilato, dai lineamenti marcati. Si avviò verso l’automezzo lasciandosi precedere di qualche passo dal suo compagno e né questi né l’autista del grosso fuoristrada notarono che teneva una mano in tasca e di quando in quando lasciava cadere furtivamente una pallina di metallo nella neve. Aveva cominciato circa un’ora prima, quando un camion li aveva depositati lungo una strada alpina fra due villaggi di montagna. Ogni pallina era stata sottoposta a radiazioni facilmente intercettabili con uno scanner manuale. Nel punto in cui il camion si era fermato, Lassiter si era tolto dalla cintura un trasponditore elettronico e, fingendo di cadere, lo aveva fatto scivolare tra due rocce. La traccia era chiara; in quel punto la radio-bussola di chi li seguiva avrebbe emesso una serie di bip nitidi e penetranti.
Lassiter svolgeva una professione ad alto rischio. Era un agente dei servizi segreti americani e il suo vero nome era Harry Latham; nelle stanze più segrete dell’Agenzia il suo nome in codice era Sting.
La discesa nella valle affascinò Latham. In passato aveva scalato diverse montagne insieme al padre e al fratello più giovane, ma si trattava di cime minori, del New England, poco spettacolari e certo non paragonabili a quelle che stava attraversando in quel momento. Man mano che procedevano, l’ambiente circostante mutava: colori diversi, odori diversi, brezze più calde. Seduto da solo sul sedile posteriore del grosso fuoristrada scoperto, Latham si vuotò le tasche di tutte le palline radioattive preparandosi alla meticolosa perquisizione che sicuramente lo attendeva. Si sentiva euforico e benché apparisse perfettamente calmo, com’era ovvio per un agente della sua esperienza, una ridda di pensieri ed emozioni gli affollava la mente. Eccola, finalmente! L’aveva trovata! Eppure, quando giunsero nella valle, persino Harry Latham stentò a credere ai suoi occhi.
La superficie di circa tre chilometri quadrati del fondovalle ospitava una base militare, perfettamente mimetizzata. I tetti delle varie strutture a un piano erano dipinti in modo da confondersi con il paesaggio circostante e interi settori dei campi erano sovrastati da un graticcio di funi sostenuto da pali alti circa cinque metri; gli spazi aperti fra le funi e fra i pali erano coperti da una cortina verde traslucida che nascondeva i corridoi di collegamento fra un’area e l’altra. Sidecar grigi con autisti e passeggeri in uniforme sfrecciavano lungo questi "viali" nascosti; altri gruppi di uomini erano impegnati in esercizi di addestramento sia fisici sia, apparentemente, accademici con lavagne e professori che parlavano a folte schiere di studenti. Chi si dedicava alla ginnastica e alla lotta corpo a corpo indossava lo stretto indispensabile: pantaloncini e canottiera; chi invece seguiva le lezioni portava una tuta mimetica. Harry Latham fu impressionato soprattutto dalla sensazione di movimento costante. C’era una frenesia nella valle che spaventava, ma dopo tutto così era la Bruderschaft e quello era il suo nucleo principale.
«Spettacolare, nicht wahr, Herr Lassiter?» gridò il suo accompagnatore tedesco seduto a fianco dell’autista mentre imboccavano uno dei corridoi mimetizzati.
«Unglaublich» convenne l’americano. «Phantastisch!»
«Dimenticavo che lei parla perfettamente la nostra lingua.»
«Il mio cuore è qui. Lo è sempre stato.»
«Natürlich, denn wir sind im Recht.»
«Mehr als das, wir sind die Wahrheit. Hitler ha pronunciato le verità supreme.»
«Naturalmente» disse il tedesco sorridendo ad Alexander Lassiter, all’anagrafe Harry Latham di Stockbridge, Massachusetts. «Andremo direttamente all’Oberbefehlshaber.» Il Kommandant è ansioso di conoscerla.»
Trentadue mesi di faticose e intricate ricerche stavano per dare il loro frutto, pensò Latham. Quei tre anni spesi a costruirsi un’identità e a vivere una vita che non era la sua sarebbero presto finiti. Non ne poteva più dei continui, pazzeschi ed estenuanti viaggi per tutta l’Europa e il Medio Oriente, programmati ora per ora, minuto per minuto, perché potesse essere nel luogo convenuto all’ora convenuta e altri fossero pronti a giurare sulle proprie teste di averlo visto. E nemmeno della gente marcia con cui aveva avuto a che fare... mercanti d’armi senza scrupoli, incuranti dei fiumi di sangue che erano alla base dei loro esorbitanti guadagni; signori della droga che uccidevano e rovinavano generazioni di giovani in ogni parte del mondo; politici corrotti, persino uomini di Stato che piegavano e sowertivano le leggi a vantaggio dei manipolatori... era tutto finito. Niente più manovre occulte di immensi capitali attraverso conti svizzeri, numeri segreti e firme spettrografiche, giochi mortali del terrorismo internazionale. L’incubo personale di Harry Latham era finito.
«Siamo arrivati, Herr Lassiter» disse l’accompagnatore tedesco di Latham quando l’automezzo si arrestò di fronte alla porta di una baracca nascosta dal tetto verde. «Fa molto più caldo ora, si sta meglio.»
«Non c’è dubbio» rispose l’agente segreto scendendo dal sedile posteriore. «A dire la verità sto sudando con questi vestiti.»
«Una volta dentro ce li toglieremo e faremo asciugare i suoi per il ritorno.»
«Gliene sarei grato. Devo essere a Monaco entro stasera.»
«Certo, capisco. Venga, il Kommandant ci attende.» Mentre i due uomini si avvicinavano alla pesante porta di legno nero con la svastica scarlatta al centro, si udì un sibilo nell’aria. In alto, attraverso la schermatura verde traslucida scorsero le grandi ali bianche di un aliante che scendeva in cerchi concentrici nella valle.
«Un’altra meraviglia, ja, Herr Lassiter? Vengono trainati da un altro velivolo a motore fino a una quota di circa quattrocento metri da terra. Natürlich, il pilota deve essere molto ben addestrato perché le correnti d’aria sono pericolose, imprevedibili. Viene usato solo in casi di emergenza.»
«La planata è perfetta, ma come fa a risalire?»
«Sempre grazie alle correnti e con l’aiuto di razzi di spinta sganciabili. Negli anni Trenta noi tedeschi progettammo un modello molto sofisticato di aliante.»
«Perché non usate un piccolo velivolo convenzionale?»
«Perché sarebbe più difficile da controllare. Un aliante può essere fatto alzare in volo da un campo, un pascolo. Un aeroplano a motore deve essere rifornito di carburante, necessita di manutenzione e spesso anche di un piano di volo.»
«Phantastisch» ripeté l’americano. «E, naturalmente, l’aliante ha poche parti in metallo, spesso nessuna, mentre ne ha molte in materiale plastico o in legno e tessuto speciale. Difficile che venga intercettato da un radar.»
«Difficile» convenne il neonazista. «Non impossibile al cento per cento, ma estremamente difficile.»
«Straordinario» disse Lassiter mentre il suo accompagnatore apriva la porta del quartier generale. «La vostra efficienza è ammirevole, questo isolamento vi garantisce il massimo della sicurezza. Stupendo!» Fingendo una spontaneità che non sentiva, Latham si guardò intorno nella sala. Vi era un gran numero di sofisticate apparecchiature computerizzate, quadri di comando lungo tutte le pareti e di fronte a ognuno di essi operatori in uniformi inamidate, un gruppo eterogeneo di uomini e donne... Uomini e donne – c’era qualcosa di strano, o perlomeno, di anomalo in loro. Che cos’era? Alla fine Latham capì; presi uno per uno gli operatori erano giovani, generalmente fra i venti e i trent’anni, per la maggior parte...
Indice dei contenuti
- Copertina
- Frontespizio
- I guardiani dell'Apocalisse