La strada per Omaha
eBook - ePub

La strada per Omaha

  1. 560 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub

La strada per Omaha

Informazioni su questo libro

Il generale americano MacKenzie Hawkins viene precocemente "messo a riposo" perch. ritenuto troppo scomodo. La scoperta casuale di documenti segreti molto compromettenti per il Governo americano offre al generale, leggendario eroe di tre guerre, l'occasione di ribellarsi. La sua guerra personale lo porter. A scontrarsi con il Presidente degli Stati Uniti, la Corte Suprema, la CIA, il Pentagono, la mafi a. Ma Hawkins procede per la sua strada: la strada per Omaha.

Domande frequenti

Sì, puoi annullare l'abbonamento in qualsiasi momento dalla sezione Abbonamento nelle impostazioni del tuo account sul sito web di Perlego. L'abbonamento rimarrà attivo fino alla fine del periodo di fatturazione in corso. Scopri come annullare l'abbonamento.
Al momento è possibile scaricare tramite l'app tutti i nostri libri ePub mobile-friendly. Anche la maggior parte dei nostri PDF è scaricabile e stiamo lavorando per rendere disponibile quanto prima il download di tutti gli altri file. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Perlego offre due piani: Base e Completo
  • Base è ideale per studenti e professionisti che amano esplorare un’ampia varietà di argomenti. Accedi alla Biblioteca Base con oltre 800.000 titoli affidabili e best-seller in business, crescita personale e discipline umanistiche. Include tempo di lettura illimitato e voce Read Aloud standard.
  • Completo: Perfetto per studenti avanzati e ricercatori che necessitano di accesso completo e senza restrizioni. Sblocca oltre 1,4 milioni di libri in centinaia di argomenti, inclusi titoli accademici e specializzati. Il piano Completo include anche funzionalità avanzate come Premium Read Aloud e Research Assistant.
Entrambi i piani sono disponibili con cicli di fatturazione mensili, ogni 4 mesi o annuali.
Perlego è un servizio di abbonamento a testi accademici, che ti permette di accedere a un'intera libreria online a un prezzo inferiore rispetto a quello che pagheresti per acquistare un singolo libro al mese. Con oltre 1 milione di testi suddivisi in più di 1.000 categorie, troverai sicuramente ciò che fa per te! Per maggiori informazioni, clicca qui.
Cerca l'icona Sintesi vocale nel prossimo libro che leggerai per verificare se è possibile riprodurre l'audio. Questo strumento permette di leggere il testo a voce alta, evidenziandolo man mano che la lettura procede. Puoi aumentare o diminuire la velocità della sintesi vocale, oppure sospendere la riproduzione. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Sì! Puoi usare l’app Perlego sia su dispositivi iOS che Android per leggere in qualsiasi momento, in qualsiasi luogo — anche offline. Perfetta per i tragitti o quando sei in movimento.
Nota che non possiamo supportare dispositivi con iOS 13 o Android 7 o versioni precedenti. Scopri di più sull’utilizzo dell’app.
Sì, puoi accedere a La strada per Omaha di Robert Ludlum in formato PDF e/o ePub. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.

Informazioni

Editore
BUR
Anno
2012
Print ISBN
9788817114547
eBook ISBN
9788858625972

Dedica

A Henry Sutton
Padrino, magnifico attore,
straordinario amico
e grande uomo.

Prefazione

Anni fa ho scritto un romanzo intitolato La via per Gandolfo. Prendeva spunto da una premessa clamorosa, un’ipotesi così sconvolgente da far tremare il mondo alle sue radici... e sono ormai cose più uniche che rare. Avrebbe dovuto essere una storia raccontata da dèmoni, le legioni di Satana uscite dall’inferno per commettere un crimine scellerato che avrebbe scandalizzato il mondo, portando un colpo mortale a tutti gli uomini e le donne di fede senza distinzione di credo, perché avrebbe messo in mostra tutta la vulnerabilità dei grandi leader spirituali dei nostri tempi. Riducendo la trama all’essenziale, si presumeva che venisse rapito il pontefice, da tutti considerato vero uomo di Dio e di comuni mortali, Papa Francesco I.
Roba grossa davvero, vi pare? Così avrebbe dovuto essere, ma non fu... perché accadde qualcosa. L’Ingenuo, il romanziere, volle sbirciare dietro le quinte, scorse l’altra faccia della moneta, e per sua dannazione eterna cominciò a sghignazzare. Bel modo di trattare una premessa clamorosa, una magnifica ossessione! (Niente male come titolo, a proposito.) Purtroppo l’Ingenuo non seppe trattenersi e cominciò a pensare, fatto sempre pericoloso per un narratore. Entrò in gioco la sindrome dell’e se...
E se l’istigatore di quell’orribile crimine non fosse stato veramente un malvagio, bensì, nella realtà fantastica del racconto, una indiscutibile leggenda militare perseguitata dai politici per le sue vibranti denunce della loro ipocrisia... e se l’amato pontefice non fosse del tutto contrario a essere sequestrato, se solo il suo posto fosse stato occupato da un cugino molto somigliante, un non troppo perspicace figurante della Scala di Milano e a lui fosse stato garantito di presiedere da lontano alle immense responsabilità della Santa Sede, liberato dalle defatiganti incombenze della diplomazia vaticana e dalla sfiancante dispensa di benedizioni da amministrare a supplici convinti di potersi comprare il biglietto per il Paradiso versando oboli nel piatto della questua? Tutt’altra storia, ammettiamolo.
dp n="8" folio="8" ?
Vi sento, vi sento! Si è tuffato da sé nelle acque del tradimento. (Mi sono chiesto spesso a quale fiume faccia riferimento l’anonimo scocciatore. Lo Stige, il Nilo, il Rio delle Amazzoni? Certamente non il Colorado; si finirebbe incastrati nelle rocce delle rapide.)
Ebbene, forse sì e forse no. Io so solo che negli anni trascorsi dopo la pubblicazione di Gandolfo, ci sono stati lettori che, per lettera, telefono, o con esplicite minacce alla mia incolumità fisica, mi hanno chiesto: «Che fine hanno fatto quei buffoni?». (I colpevoli, non la vittima volontaria.)
In tutta onestà, quei "buffoni" aspettavano solo un’altra clamorosa premessa. E un anno fa, a notte fonda, la più stridula delle mie insignificanti muse, strepitò: «Per Zeus, ho trovato!». (Sono sicuro che aveva rubato la battuta.)
Fatto sta che, se l’Ingenuo si era preso certe libertà nel campo della religione e delle scienze economiche in La via per Gandolfo, confessa qui di aver preso libertà analoghe in questo dotto tomo riguardo alle leggi e alle corti di questa nazione.
Del resto, chi non lo fa? Non certo il mio avvocato, o il vostro avvocato, ma sicuramente gli avvocati di tutti gli altri!
L’accurata versione romanzata di autentica storia non documentata di dubbia origine esige che la musa venga meno a certe radicate discipline alla ricerca di verità improbabili. Soprattutto quanto a Blackstone.
Però non abbiate a temere, una morale c’è:
State lontani dalle aule di tribunale se non siete in grado di comprare il giudice; oppure, se eccezionalmente riusciste a ottenere l’assistenza del mio avvocato..., cosa impossibile perché è troppo preso a tenere me fuori di galera.
Dunque, ai miei molti amici che sono avvocati (si dividono equamente fra avvocati, attori e killer; ci sarà un nesso?), che tralascino i punti più sottili della legge che non sono né sottili né molto puntuali. Senza escludere tuttavia che siano inaccuratamente accurati.
ROBERT LUDLUM




Ciò che per modestia Robert Ludlum non rivela è che quando La via per Gandolfo fu pubblicato a suo nome, diventò immediatamente un best seller internazionale in diciotto Paesi.
I lettori saranno lieti di scoprire che il suo talento per la commedia non è inferiore a quello che lo ha reso famoso come scrittore di thriller tanto avvincenti quanto significativi.
L’Editore

Prologo

Le fiamme s’innalzarono crepitando nel cielo notturno e vaste ombre guizzarono sui volti dipinti dei pellerossa intorno al fuoco. Poi il capo della tribù, paludato negli indumenti cerimoniali del suo ministero, con il casco di piume che scendeva dalla sua eccezionale statura a lambire il terreno, levò la voce in tutta la sua maestà.
«Sono venuto a voi per dirvi che i peccati dell’uomo bianco lo hanno inevitabilmente portato a confrontarsi con gli spiriti del male! Essi lo divoreranno e lo precipiteranno nel fuoco della dannazione eterna! Credetemi, fratelli, figli, sorelle e figlie, il giorno della resa dei conti è davanti a noi e noi ne usciremo da trionfatori!»
L’unico problema per molti nel suo pubblico era che il capo avesse la pelle bianca.
«Ma da che scatola di biscotti è saltato fuori?» bisbigliò un anziano membro della tribù Wopotami alla squaw che gli sedeva accanto.
«Sssst!» lo zittì la donna. «Ci ha portato una montagna di souvenir dalla Cina e dal Giappone. Non sputare su ciò che è buono, Occhio d’Aquila!»

1

Il piccolo ufficio decrepito all’ultimo piano dell’edificio statale apparteneva a un’altra epoca, vale a dire che da sessantaquattro anni e otto mesi lo usava solo l’attuale occupante. Non che ci fossero oscuri segreti nascosti nelle pareti o malevoli fantasmi del passato a vagare rasenti il soffitto scalcinato, ma molto più semplicemente il fatto è che nessuno voleva servirsene. E c’è un altro particolare che va chiarito. Non era nemmeno all’ultimo piano, bensì sopra l’ultimo piano, accessibile tramite una stretta scala di legno, come quelle per cui le mogli dei cacciatori di balene di New Bedford salivano a passeggiare sui balconi, nella speranza, quanto meno nella maggioranza dei casi, di scorgere il profilo familiare di una nave a segnalare il ritorno del loro particolare Ahab da procelloso oceano.
Nei mesi estivi l’ufficio era soffocante perché aveva un’unica finestrella. Durante l’inverno si gelava, perché il suo involucro di legno non aveva isolamento e il vetro tintinnava incessantemente, refrattario allo stucco, permettendo, per non dire invitando, i venti freddi a soffiare all’interno. In pratica quella stanza, quell’antiquato locale sovrastante con il suo scarso arredo di mobili acquistati alla fine del secolo scorso, era la Siberia dell’agenzia governativa in cui si trovava. L’ultimo vero e proprio impiegato a sgobbare là dentro era stato un indiano americano caduto in disgrazia per aver avuto la temerarietà di imparare a leggere l’inglese e di suggerire quindi ai suoi superiori, che l’inglese leggevano a stento, che certe restrizioni imposte a una riserva di Navaho erano troppo severe. Si diceva che fosse morto lassù nel gelido gennaio del 1927 e che non fosse stato rinvenuto se non nel maggio successivo, quando con il tempo clemente l’aria si era improvvisamente saturata. L’agenzia governativa in questione era naturalmente il Bureau of Indian Affairs.
dp n="12" folio="12" ?
Per l’attuale occupante, tuttavia, l’antefatto fungeva più da incentivo che da deterrente. Il solitario individuo in quell’anonimo abito grigio, curvo su uno scrittoio ad alzata avvolgibile, che non era più molto scrittoio, ora che tutti i suoi piccoli cassetti erano scomparsi e che l’alzata era incastrata a mezz’asta, era il generale MacKenzie Hawkins, leggenda militare, eroe di tre guerre e due volte insignito della Medaglia all’Onore assegnata dal Congresso. Quel gigante di uomo, la cui asciutta muscolatura nascondeva l’età, forse parzialmente confermata dallo sguardo metallico e dalle rughe nella pelle indurita e abbronzata del volto, era tornato in combattimento. Sennonché, per la prima volta in vita sua, non era in guerra con i nemici dei suoi amati Stati Uniti d’America, ma con il governo di quegli stessi stati. Per una questione che risaliva a centododici anni prima.
Poco importava quando, pensava, mentre girava cigolando sulla vecchia poltroncina girevole e si catapultava a un tavolo ingombro di un cumulo di vecchie carte topografiche e registri rilegati in pelle. Erano gli stessi maiali che avevano fregato lui, lo avevano spogliato della sua divisa e cacciato nei pascoli per gli ex militari! Erano sempre gli stessi farabutti, quelli di cent’anni fa con le loro finanziere e i loro pizzi, o quelli di oggi con i loro azzimati gessati stringiculo. Erano tutti, solo e sempre, dei maiali. No, non importava quando fosse avvenuto, importava solo fargliela pagare!
Il generale tirò la catenella di una lampada da tavolo con il paralume verde, inizio anni Venti circa, e studiò una carta, con una grande lente d’ingrandimento nella mano destra. Poi ruotò su se stesso, si curvò sullo sgangherato scrittoio e rilesse il paragrafo che aveva sottolineato nel registro con la rilegatura mangiata dal tempo. I suoi occhi perennemente socchiusi si sgranarono all’improvviso, vividi di eccitazione. Si avvicinò allora all’unico strumento di comunicazione che avesse a disposizione, dato che un telefono avrebbe potuto rivelare la sua più che erudita presenza al Bureau. Era un piccolo cono che costituiva l’imboccatura di un tubo e nel quale soffiò due volte, dando il segnale di massima urgenza. Attese una risposta che giunse a quello stesso strumento primitivo trentotto secondi più tardi.
«Mac?» gracchiò una voce.
«Heseltine, ce l’ho!»
«E non sibilare così in questo coso, per l’amor del cielo! C’era qui la mia segretaria e sicuramente avrà pensato che mi fischiasse la dentiera.»
«Non c’è più?»
dp n="13" folio="13" ?
«Non c’è» lo tranquillizzò Heseltine Brokemichael, direttore del Bureau of Indian Affairs. «Che cosa c’è?»
«Te l’ho detto, l’ho trovato!»
«Hai trovato cosa?»
«La più grande truffa messa a segno da quei bastardi, gli stessi bastardi che ci hanno messo in borghese, vecchio mio.»
«Oh be’, non mi dispiacerebbe metterli sotto, quei porci. Dove è successo e quando?»
«Nel Nebraska. Centododici anni fa.»
Silenzio. Poi:
«Mac, ma noi non c’eravamo nemmeno! Neanche tu!».
«Non fa niente, Heseltine. È la stessa fregatura. Gli stessi bastardi che hanno fottuto loro allora, l’hanno fatto con noi due cent’anni dopo.»
«Chi sarebbero questi loro?»
«Discendenti dei Mohawk che si chiamavano Wopotami. Erano emigrati nei territori del Nebraska verso la metà del 1800.»
«E allora?»
«È arrivato il momento di scendere agli archivi riservati, generale Brokemichael.»
«Non dirlo neppure! A nessuno è concesso!»
«A te sì, generale. Ho bisogno di una conferma definitiva, solo pochi particolari ancora da chiarire.»
«Ma a che scopo? Perché?»
«Perché può darsi che i Wopotami siano ancora legalmente titolari di tutti i diritti di terra e aria della zona di Omaha nel Nebraska.»
«Tu sei pazzo, Mac! Stai parlando del Comando Aereo Strategico!»
«Solo un paio di elementi mancanti, qualche dettaglio rimasto fra le righe, ma i fatti ci sono tutti... Ci vediamo nei sotterranei, alla camera blindata degli archivi, generale Brokemichael... o dovrei chiamarti capo aggiunto degli stati maggiori riuniti al mio fianco, Heseltine? Se ho ragione io, e so benissimo di averla, abbiamo in pugno l’asse Casa Bianca-Pentagono al punto che nessuno di loro potrà più nemmeno pisciare se non saremo noi a dirglielo.»
Silenzio. Poi:
«Io ti faccio entrare, Mac, ma poi mi dileguo finché non verrai ad annunciarmi che ho riottenuto la mia divisa».
«D’accordo. Ah, per tua informazione sto facendo i bagagli e trasferisco tutta la mia roba ad Arlington. Quel poveraccio che è schiattato in questo nido di topi ed è stato scoperto solo quando il profumo è arrivato al piano di sotto, non è morto invano!»


Per addentrarsi fra gli scaffali metallici nella fioca luce delle lampade schermate, che a malapena rischiarava l’aria viziata, i due generali preferirono affidarsi alle loro torce. Nella settima corsia, MacKenzie Hawkins si fermò, con il fascio della torcia su un volume antico con la pelle del dorso screpolata. «Credo che sia questo, Heseltine.»
«Bene, ma non puoi portarlo fuori di qui!»
«Questo lo so, generale. Mi limiterò a scattare qualche foto e lo rimetterò a posto.» Hawkins si tolse dalla tasca della giacca grigia una minuscola fotocamera con un film da centodieci.
«Quanti rullini hai?» si informò l’ex generale Heseltine Brokemichael, mentre MacKenzie trasportava il grosso tomo a un tavolo di metallo in fondo al corridoio.
«Otto» rispose Hawkins e aprì il volume, sfogliando le pagine ingiallite per trovare la sezione che gli interessava.
«Io ne ho un altro paio, se ne hai bisogno» disse Heseltine. «Non che mi senta particolarmente entusiasta ...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. La strada per Omaha